proudhon - del principio federativo

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  • 7/29/2019 Proudhon - Del Principio Federativo

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    Pierre-Joseph Proudhon

    DEL PRINCIPIOFEDERATIVO

    Introduzione, traduzione e curaPaolo Bonacchi

    II libri dell'Unione

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    Pierre Joseph Proudhon:

    Del principio federativo

    Traduzione e curaPaolo Bonacchi

    Propriet letteraria riservata 2005 Bonacchi Paolo.

    E- Mail dell'autore:

    I diritti di riproduzione e traduzione sono riservati. Nessuna parte diquesto libro pu essere usata, riprodotta o diffusa con un mezzoqualsiasi senza autorizzazione scritta dell'autore.

    In copertina: ritratto di Pierre Joseph Proudhon fatto dall'amico pittoreGustave Courbert.

    Stampa Global Print, Gorgonzola (Mi)

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    Cenni sulle esperienze federaliste

    Le esperienze federali che storicamente si possono rivendicare

    sono diverse secondo i popoli che s'interrogano sull'argomento.Un israelita sosterr che la prima stata la federazione tribale delledodici trib della Bibbia.Un greco ricorder che le Leghe anfizioniche costituiscono il classicoesempio di unione federale.Un toscano affermer che la federazione fra le citt dell'Etruria lapi antica.Uno svizzero vorr vedere riconosciuta al suo Paese la paternit del

    federalismo, perch settecento anni fa in quella terra vennero poste lecondizioni per la salvaguardia dell'autogoverno del popolo e dellalibert degli individui.Un americano non esiter ad appellarsi alla maggioranza degli studiosiche riconoscono nell'esperienza delle tredici colonie la primafederazione moderna.In realt ognuno di questi momenti rappresenta aspetti parziali pi omeno importanti del federalismo, dottrina e pratica politica che si basasu un concetto affine a quello di legge di natura, il che, tradotto intermini giuridici, pone il diritto naturale come fondamento dell'ordinesociale e politico della societ.Lo sforzo maggiore degli studiosi delle istituzioni stato per lungotempo volto a concepire un sistema politico attraverso il quale siapossibile comporre permanentemente i rapporti fra gli Stati, i rapportifra gli individui e le loro istituzioni e quelli fra i soggetti stessi, in

    modo tale da garantire internamente ed esternamente ai propriassociati un ordine politico in grado di assicurare la pace, una certaeguaglianza delle condizioni ed il benessere, per mezzo di un giustogrado autorit che non vada mai a scapito della maggiore libertpossibile.Per tali ragioni il diritto federale comincia ad essere considerato come"diritto degli individui e dei popoli" e viene posto in relazione aldiritto degli Stati ed al diritto dell'umanit.Come ricordavamo, molti autori concordano nell'indicare negli StatiUniti d'America la prima grande federazione di Stati dellera moderna.

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    Nel Nuovo mondo le tredici colonie inglesi che si ribellarono allamadre patria, si costituirono in Repubbliche indipendenti e siassociarono con vincolo confederale fin dal 1776 (anche se lostrumento giuridico che doveva regolare la convivenza fra gli Stati, gli

    articoli di Confederazione, fu in vigore dal 1781 al 1789).In considerazione del parziale insuccesso del regime confederale, conla Convenzione di Filadelfia (1787) le tredici colonie si costituirono infederazione.Partita con lo scopo di formulare proposte in merito alle disposizioniindispensabili per rendere il governo adeguato alle esigenze

    dell'Unione, la Convenzione oltrepass i propri limiti ed i poteri adessa assegnati per trasformarsi in una vera e propria Assemblea

    costituente.In quasi quattro mesi di dibattiti e di lavori, dal 20 maggio al 17settembre 1787 fu redatta la nuova Costituzione degli Stati Uniti,sottoscritta da 39 dei 55 delegati degli Stati.Il disegno delle istituzioni americane illustrato in una famosa serie diarticoli apparsi su tre diversi giornali dello Stato di New York, tutti afirma Publius, ma scritti da Alexandre Hamilton (1775-1804), JohnJay (1745-1829) e James Madison (1751-1836) fra la fine dellaConvenzione di Filadelfia e la ratifica della Costituzione (1787-1788).Pubblicati in due volumi nel 1788 con il titolo di The Federalist, orthe New Constitution, i saggi hanno lo scopo di illustrare la superioritdel sistema federale rispetto a quello confederale del 1776,precedentemente adottato dagli Stati indipendenti sorti dalle excolonie inglesi.The Federalistnon si occupa direttamente del valore e del fondamento

    della democrazia, piuttosto cerca di fornire definizioni delle varieforme di governo: democrazia, repubblica e federazione, e dei modi incui possibile allinterno di questi assetti istituzionali conciliare ilpotere con la libert.La federazione concepita dai tre autori come un principio di rangocostituzionale attraverso il quale possibile coordinare fra loro diversicentri di potere in modo tale che al governo federale, competente perl'intero territorio degli Stati federati, sia conferita una quantit minimae ben definita, ma tuttavia sufficiente a garantire l'unit politica edeconomica di tutta la federazione.

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    Attraverso ci, secondo gli autori, si sarebbe giunti ad un'effettivalimitazione del potere del governo centrale, mentre gli Stati federatiavrebbero potuto disporre di poteri tali da permettere di esercitare unautogoverno reale.

    In sostanza, l'equilibrio costituzionale federale in grado di conciliarel'unit politica della federazione con l'indipendenza degli Stati chehanno aderito al patto, garantendo alcuni principi fondamentali qualila pace al suo interno, la difesa verso l'esterno, la moneta, la libert ela forma di governo repubblicana, cio la democrazia.Tale concezione di architettura istituzionale, chiara nella sua struttura,anche se non esente da gravi difetti, sar fondamentale per il modo diintendere il federalismo da allora in poi.

    Il modello americano ha contribuito, infatti, ad affermare il concettoche il federalismo deve essere riferito soprattutto ai rapporti fra Statiindipendenti e sovrani ed al modo in cui suddiviso il potere fra idiversi livelli istituzionali sia all'interno dei singoli Stati, sia perquanto riguarda il potere federale.Per effetto di tale concezione del federalismo, la maggioranza delpopolo americano ha certamente conosciuto uno straordinariobenessere ed una grande libert, ma spesso si guardato bene dalvalutare a spese di chi tale benessere stato ottenuto.In effetti sembra che i costituenti americani si siano dimenticati che,come ricordava Montesquieu: l'amore della repubblica, in unademocrazia, quello della democrazia; l'amore della democrazia

    quello dell'eguaglianza (Lo spirito delle leggi, libro V, cap. III); e chenelle monarchie e negli Stati dispotici nessuno aspira all'eguaglianza,

    non se ne ha nemmeno l'idea, ciascuno vi tende alla superiorit.

    (Ibid., cap. IV).Lo spirito del dispotismo cui tendeva la monarchia inglese e di cui lamaggioranza dei padri fondatori americani era ben a conoscenza, fusostituito con lo spirito del dispotismo economico, che si cerc diraccordare col principio democratico, inteso a stabilire la libert e lapropriet assoluta.Del resto i costituenti americani rappresentavano in maggioranza i ceti

    dei grandi proprietari terrieri e degli interessi protocapitalistici esoprattutto del capitale finanziario speculativo: essi non intendevano

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    rinunciare alle proprie prerogative ed al dominio che erano in grado diesercitare sulle istituzioni e sugli esseri umani.La democrazia americana appare, dunque, essere fondata, oltre che suprincipi condivisibili di libert e di giustizia (per i soli bianchi,

    inizialmente), anche sul dispotismo dell'utile e della produzione a tuttii costi, le cui esagerazioni introducono inevitabilmente nel corpo dellacomunit locale e nazionale aspetti negativi ed antisociali.A distanza di oltre due secoli, possiamo oggi affermare che l'America,che per prima stata una federazione di grandi Stati, ha certamentedimostrato di essere in grado di mantenere la pace al suo interno(lasciando da parte il caso della Guerra civile e delle guerre alle tribindiane, che aprirebbero un capitolo a parte sulla concezione

    americana del federalismo), e di generare una libert ed un benesseremai conosciuto in precedenza, ma non stata in grado di conciliarel'idea della democrazia con una certa eguaglianza delle condizioni.Pochi, infatti, sono a conoscenza del fatto che le cifre ufficiali dellapovert negli Stati Uniti riportate da Edward N. Luttwak, nel libroLadittatura del capitalismo, mostrano una realt molto diversa da quellarappresentata nei media. Dopo aver riportato che circa il 14% dellapopolazione americana non ha sufficiente reddito per garantirsi il ciboe che tale percentuale supera il 20% tra i giovani, Luttwak prosegue:

    Nonostante l'immaginario cinematografico equipari la povert americana alcolore della pelle, le nude cifre raccontano tutt'altra verit. Nel 1996 su untotale ufficiale di 36.529.000 poveri residenti negli Stati Uniti, 26.650.000erano bianchi, di cui 16.267.000 non ispanici, a fronte di 9.694.000 neri. E'vero che, in termini proporzionali, i rapporti variano: nelle statistiche sulla

    povert risultavano inclusi il 28,4% di neri, l'11,2% dei bianchi e l'8,5% dei

    bianchi non ispanici.1

    Non essendo riuscita a risolvere il problema delluguaglianza nellaterra pi ricca del mondo, l'America ha mantenuto la conflittualit siaall'esterno della federazione, partecipando a numerose e talvoltaingiustificate guerre, sia all'interno, dove gli effetti negativi edantisociali della grande propriet e degli eccessi di libert hannoprodotto, per una parte rilevante della popolazione, miseria,

    criminalit, degrado ed ignoranza.

    1 E. N. LUTTWAK,La dittatura del capitalismo, Milano, Mondadori, 1999, pp. 115-116.

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    Oltre a ci, accecata dallo spirito di potenza, la federazione americanaha represso nel sangue sporadici e limitati tentativi di rivolta per lalibert e l'autodeterminazione di piccoli gruppi nei confronti delleistituzioni federali, mostrando una decisa tendenza all'accentramento

    del potere; segno evidente della sua debolezza di fondo, del continuoripiegamento dell'idea federale e delle grandi contraddizioni in cui sidibatte la pi potente e libera nazione della terra.Considerate le caratteristiche della prima e pi vasta federazione diStati, esaminiamo brevemente come si storicamente formata l'idea dicontratto politico o di federazione nel vecchio mondo.La lotta per esercitare il potere antica quanto lumanit, ma aglieffetti del nostro discorso un periodo storico assume particolare

    importanza: quello delle autonomie comunali che si affermano nellearee italiche dall'anno mille in poi e sono un precedente storico eideale per l'affermazione del Rinascimento.Scomparsa la democrazia dalla Grecia antica, cessata la civilt diRoma, sopravvivono i municipi, ma devono trascorrere secoli primache venga affrontata concretamente la contesa fra potere temporale epotere spirituale che non tocca solo le relazioni fra Papa edImperatore, ma si estende anche ai rapporti fra sovrano e sudditi.La teoria del contratto politico (successivamente definito da P. J.Proudhon di federazione), trova le sue origini in una disputa storica frasostenitori di Ildebrando da Soana, divenuto Papa con il nome diGregorio VII, ed i sostenitori dellImperatore (Gregoriani edAntigregoriani), verso lanno 1080, al tempo in cui nell'Italia centralesorgono le prime autonomie comunali.Il re, sostengono i Gregoriani, non governa i sudditi per diritto divino

    illimitato, ma per un contratto tacito esistente fra lui e gli individuiche si impegna a governare, rispettando alcuni principi e regole moralie religiose, violando le quali rimane privo del suo diritto davanti alpopolo.Seguito dal principio di sussidiariet di cui si trovano tracce sia inTommaso d'Aquino (1225-1274) sia in Dante (1265-1321), questo ilprimo anello della catena che attraverso Johannes Althusius (1557-1638), Ugo Grozio (1583-1645), Thomas Hobbes (1588-1679), JohnLocke (1632-1704), Charles-Louis de Secondat de Montesquieu(1689-1755) ed il filosofo Immanuel Kant (1724-1804), passandoattraverso la teoria del contratto sociale di J..J. Rousseau, avrebbe

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    trovato nell'esposizione dei principi del federalismo-contrattualismo diP. J. Proudhon il suo ultimo anello e nel federalismo integrale o dellapersona, la sua quasi definitiva composizione.Apparsa nei decenni appena successivi l'anno mille, l'idea contrattuale

    dei rapporti sociali riemerge con vigore fra il sedicesimo ediciassettesimo secolo con Althusius, secondo il quale lo Stato non da intendersi come obbligo contrattuale unilaterale del popolo neiconfronti del principe, ma come obbligo reciproco tra i due.Althusius riconosce anche il diritto di resistenza dei cittadini control'assolutismo della monarchia e si dichiara favorevole all'autogovernodella comunit.Grozio definisce il diritto naturale (giusnaturalismo) e, ponendolo in

    corrispondenza alle cosiddette leggi della natura non scritte, ne coglieil fondamento nei princpi della ragione.Nel corso della storia, egli afferma, la civilt si evoluta creandoorganismi sociali sempre pi complessi e nuove leggi; leggi che nonpossono contraddire o limitare in nessun modo il diritto naturale.Da ci deriva la sua idea di contratto sociale: gli uomini sono portati astabilire rapporti con i propri simili, anche se gli egoismi e gli interessiindividuali sono cause di permanenti conflitti. Per tale ragione essicontraggono tra loro dei patti rinunciando ad una parte dei poteri checiascuno ha in quanto essere nato libero ed istituiscono un'autoritsuperiore alla quale ognuno deve obbedire: lo Stato.Anche Grozio rileva l'importanza della stabilit del potere politico, masostiene la legittimit dei cittadini a ribellarsi nel caso in cuilistituzione che detiene il potere sovrano si manifesti come un nemicodellintero popolo.

    Un altro pensatore politico del Seicento, Hobbes, afferma che nellostato di natura gli uomini nascono nell'eguaglianza, ma non possono

    restarci, dunque la ricerca dell'eguaglianza che provoca e mantienelo stato di guerra fra gli individui. Dall'ineguaglianza- egli scrive-procede la diffidenza e dalla diffidenza la guerra (Leviathan, parte I,cap. XIII). Anche questo autore vede lo Stato come il risultato di un"patto" fra il sovrano ed i cittadini inteso a salvaguardare la pace ed aconservare la vita degli individui.John Locke neiDuetrattati sul governo (1690), attacca la dottrina deldiritto divino, secondo la quale il sovrano riceve da Dio il diritto digovernare, proponendo un modello contrattuale, (per certi versi

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    diverso da quello gi teorizzato da Grozio e da Hobbes), chericonduce l'origine del potere politico e dello Stato a un patto traindividui, cio ad uncontratto.Tuttavia, a differenza di Hobbes, per il quale gli individui rinunciano

    ai loro diritti in favore di un potere assoluto che assicuri loro il solodiritto alla vita, Locke sostiene che i cittadini si limitano a delegarel'esercizio della forza (esercizio del potere) al sovrano, il quale devegarantire a tutti i diritti naturali, ossia il diritto alla vita, il diritto allalibert, il diritto alla propriet. Cos facendo essi rinunciano ad un solodiritto naturale, quello allautodifesa, ossia il diritto alla difesa diquesti diritti.Se lo Stato viola o usurpa la sovranit popolare, i cittadini, afferma

    Locke, hanno il diritto naturale di rimuovere, anche attraverso unarivoluzione, il potere costituito.Nel 1748, a Ginevra, Montesquieu pubblica De l'Esprit des lois (Lospirito delle leggi), un vasto progetto di teoria politica, al quale dedicaquasi venti anni di studio. Il 29 novembre 1751 la Chiesa metteall'indice il libro e nei giorni prossimi alla morte di Montesquieuanche luniversit della Sorbona lo censura.L'opera un'attenta analisi di come si sono formate le leggi nelleRepubbliche dell'antichit. Il punto centrale dellanalisi lindicazionedella libert come il diritto di fare ci che le leggi permettono.Per limitare il potere dello Stato, sempre soggetto al rischio didiventare un governo dispotico sugli individui basato sulla forza esulla paura, ed al fine stabilire le condizioni alle quali la libert pufiorire, egli sostiene, necessariosuddividere il potere dello Stato.In ogni Stato- afferma Montesquieu- vi sono tre generi di poteri: il

    potere legislativo; il potere esecutivo delle cose che dipendono daldiritto delle genti, e il potere esecutivo di quelle che dipendono dal

    diritto civile. (Montesquieu,Lo spirito delle leggi, libro XI, cap. VI).Le sue definizioni delle tre forme di governo (repubblicano che sifonda sulla Virt, monarchico che si fonda sull'Onore e dispotico che

    si fonda sulla Paura) e la divisione dei poteri dello Stato (legislativo,esecutivo e giudiziario), nonostante le forti critiche a cui l'opera immediatamente sottoposta, entrano nella coscienza del suo secolo edi quello successivo che vedono in Montesquieu il grande teorico delpensiero politico liberale, e anche lassertore di un'idea superiore dellagiustizia intesa come rispetto dovuto alla dignit umana.

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    Il Contratto sociale il titolo di un famoso libro concepito da J.J.Rousseau (1712-1778) fin dal 1744 e pubblicato nel 1762 adAmsterdam. In esso l'autore ha il grande merito di riaffermare convigore l'idea di patto, contratto, nelle relazioni fra le persone, le

    persone e le istituzioni e fra gli Stati.Rousseau riconosce essere cosa difficilissima preservare agli individuila libert e di conseguenza vorrebbe ricondurre la democrazia a"procedimento" in grado di rendere possibile il contratto fra gliindividui che compongono la societ.Affronta il tema del "Contratto sociale" con queste parole:

    Trovare una forma di associazione che protegga e difenda con

    tutta la forza comune la persona ed i beni di ciascun associato,mediante la quale ognuno unendosi a tutti non obbedisca che a sestesso e resti libero come prima. Tale il problema fondamentaledi cui il contratto sociale d la soluzione. (..) Queste clausole

    beninteso, si riducono tutte ad una sola, cio all'alienazione totaledi ciascun associato con tutti i suoi diritti a tutta la comunit:infatti, in primo luogo, dando ognuno tutto se stesso, lacondizione uguale per tutti, e la condizione essendo uguale pertutti, nessuno ha interesse a renderla gravosa per gli altri.2

    e prosegue:

    Ciascuno di noi mette in comune la sua persona e tutto il suo poteresotto la suprema direzione della volont generale; e noi, come corporiceviamo ciascun membro come parte indivisibile del tutto.3

    E l'alienazione totale e perpetua dell'individuo, che si fonde con lo

    Stato, inteso come volont generale, posta esternamente ai cittadini, aquesti ultimi eticamente superiore.Questa visione rappresenta il punto di partenza, che sar poi inveratonel corso della Rivoluzione francese, per la nascita e lo sviluppodell'idea di Stato unitario sovrano ed indivisibile, cui ha fatto seguitola sua esaltazione attraverso lo Stato nazionale, che tanti conflitti eguerre disastrose ha determinato.E' il filosofo Immanuel Kant che formula per primo i principi della

    teoria federale (Per la pace perpetua. Progetto filosofico, 1795), come2 J. J. ROUSSEAU,Il Contratto sociale, Roma-Bari, Laterza, 1997, p. 21.3Ibid., p. 23.

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    dottrina sociale a carattere globale ed indica la guerra come il pigrande ostacolo alla moralit, la pi grande nemica del progresso.Se gli individui- afferma Kant- sono costretti ad adattare il lorocomportamento ad un ordine politico modellato su principi autoritari o

    di eccessiva libert o se la loro coscienza informata all'etica dellaconflittualit e della violenza, lo sviluppo delle loro capacit restamutilato ed il loro progresso morale limitato.Il grande filosofo definisce profeticamente una chimera l'idea distabilire la pace universale sulla base dell'equilibrio delle potenze edafferma che l'accordo della politica con la morale solo possibile inun'unione federativa universale.Il federalismo comporta dunque, per Kant, una radicale

    trasformazione sia dei rapporti fra gli Stati, sia del modo di intendere irapporti fra gli individui; trasformazione che segna il punto di rotturadella concezione dello Stato sovrano, in vista di un ordine politico ingrado di eliminare la conflittualit e segnato dalla tendenza alcontrollo ed alla limitazione del potere di azione dello Stato, in gradodi sottoporre l'arbitrio individuale alla legge morale. ilProgetto politico per realizzare ilRegno dei fini attraverso il qualesar possibile trattare tutti gli esseri umani come fini in tutte lerelazioni personali e sociali e non come mezzi.Sia la filosofia della storia, sia l'idea di una federazione mondialeconcepita dal filosofo, partono dal presupposto che la coscienzadell'umanit abbia la tendenza ad unificare ed a porre le condizioni perla pace perpetua.Bisogna giungere a Pierre Joseph Proudhon (1809-1865) perch iconcetti su cui si regge la teoria del federalismo o contrattualismo

    siano chiariti definitivamente indicando una nuova logica alla quale loStato si deve uniformare, che sia in grado di eliminare, o almenoridurre, le cause che avevano generato i problemi.Nel periodo compreso fra la fine del Settecento e le rivoluzioni socialidel 1848, si realizza in Europa un enorme sforzo di elaborazioneideologica, che costituisce la base per ogni successiva critica ecostruzione sociale. Mentre la teoria sociale e politica ridefinisce iconcetti di proletariato, sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo,classi sociali, capitalismo, associazione di produttori, socializzazionedei mezzi di produzione, propriet privata, concorrenza, questoperiodo, caratterizzato da brutali e violente trasformazioni, segna il

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    passaggio dalla vecchia societ contadina alla societ capitalistica edindustriale. In pochissimi anni sono evidenziati i grandi problemi chesuccessivamente determineranno la storia delle lotte sociali del XIX edel XX secolo.

    E' soprattutto dopo il 1830 che si comprende in modo sempre pichiaro che la grande Rivoluzione giacobina, con la quale erano statespossessate le classi feudali, non ha apportato evidenti benefici alpopolo, mentre erano enormemente cresciuti i vantaggi ottenuti dadiversi settori: la propriet terriera, il capitale finanziario e industriale.Ai sogni egualitari dei rivoluzionari dell'Ottocento, fanno dacontraltare la grande miseria delle squallide periferie delle cittindustriali, le condizioni di incertezza e di sfruttamento delle classi

    operaie e la rapidissima accumulazione di enormi ricchezze da partedelle classi privilegiate che possono avere accesso al potere politico eai favori che questo garantisce.In questa situazione di profonda diseguaglianza ed ingiustizia sociale,gli intellettuali dell'epoca si trovarono costretti a rispondere a tredomande fondamentali:1) come interpretare la situazione sociale e come prevedere la suaevoluzione allo scopo di giungere o almeno avvicinare l'idea di unacerta eguaglianza delle condizioni;2) verso quale modello di societ orientare l'azione rivoluzionaria;3) quali sono i mezzi necessari per conseguire gli obiettivi.E' questa l'epoca in cui Proudhon, di origini popolari e sempredifensore della classe operaia, si trova in concorrenza con le idee dialtri esponenti del movimento rivoluzionario come Saint-Simon,Fourier, Luis Blanc, Marx, Engels, Bakunin.

    In questo periodo (1840) pubblica, infatti, Che cosa la propriet? oricerchesul principio del diritto e del governo, definito da Marx Ilprimo esame critico spietato ed insieme scientifico, della propriet

    privata (K. Marx, La sacra famiglia), che ha immediata e notevolerisonanza nel mondo politico e culturale europeo.Nel 1846, Proudhon, nel Sistema delle contraddizioni economiche oFilosofia della miseria, amplia i temi trattati in precedenza ericonsidera sia la propriet, sia l'intera organizzazione economica delcapitalismo come un insieme di contraddizioni derivanti dagli aspettinegativi ed antisociali degli eccessi della propriet e della libert.

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    Il suo Che cosa la propriet?, sebbene scritto pi di centosessantaanni fa, ci riconduce al presente e ci trasporta nel futuro.E' una sorta di avvertimento che una delle menti pi profonde del suosecolo lancia alle generazioni future: la propriet- egli afferma-

    genera necessariamente il dispotismo, il governo arbitrario, il regnod'una volont bramosa.Per lui evidente che la permanente conflittualit all'interno dellasociet, generata dagli arbitrii e dagli abusi della propriet assoluta, siadestinata a generare la guerra o la rivoluzione.L'indifferenza mostrata dall'uomo del ventesimo e del ventunesimosecolo nei confronti degli avvertimenti di Proudhon, sintomodell'irreversibilit del pericoloso processo iniziato con l'irrazionale

    concezione della propriet e della libert assoluta su cui statofondato il diritto su scala mondiale.Forse intuendo le contraddizioni politiche ed economiche determinatedalle profonde diseguaglianze sociali, Proudhon, negli ultimi annidella vita, indica e definisce in Del principio federativo le basicontrattuali su cui deve reggersi il governo della societ per evitarel'instabilit cui segue il degrado, la corruzione delle istituzioni, laconflittualit interna e la guerra.Con la definizione di contratto politico egli estende l'orbita delfederalismo da contratto fra Stati a contratto fra individui e pone lacomunit, lo Stato federale e la federazione fra Stati, come risultatoultimo di tale contratto.Ci considerato, possiamo distinguere tre diversi ordini di patto ocontratto politico:1) fra individui;

    2) fra individui e Stato;3) fra Stati.Lo Stato, nel pensiero di Proudhon, una strana ed instabilecondizione della societ; considerato dai pi come ...qualcosa di cuinon si pu fare a meno, oggetto di diffidenza e male necessario.Continuamente chiamato ad assicurare giustizia, stabilit, sicurezza epace, si presenta come in perenne stato di agitazione, di demolizione edi ristrutturazione.In fondo sempre l'incapacit di risposta al bisogno di eguaglianzadelle condizioni che determina l'instabilit dello Stato e diconseguenza porta a giustificare il ricorso alla sua definizione come

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    principio di necessit.In base all'idea di considerare lo Stato sotto il profilo della necessit,ogni tiranno tende ad identificarlo nel suo potere personale.Luigi XIV ha potuto tranquillamente affermare: lo Stato sono io,

    seguito a ruota da Napoleone I, la Costituzione sono io, a sua voltaimitato dalla democrazia che, essendo costretta a stabilire il governosull'opposizione degli interessi e non potendo tradire in toto la suaorigine di rivolta popolare contro gli interessi della nobilt, del clero odei potenti, ha escogitato la ragion di Stato per continuare apermettere il dispotismo di alcuni (i pochi) nei confronti di altri (ipi), attraverso le ipocrisie di concetti cristallizzati nel tempo quali lala nazionalit, l'unit, l'indivisibilit e la sovranit dello Stato.

    Dunque, osserva Proudhon, come forma di organizzazione dellasociet umana lo Stato ha avuto, fin dalle sue origini, la tendenza aporsi comepotere che non riconosce alcun limite.Dopo aver affermato che distinguere gli Stati in base alla loro forma,sulla scorta dellinsegnamento di Aristotele, non conduce da nessunaparte, egli identifica il regime come la costituzione esterna dellapotenza sociale e prosegue:

    A causa di questa costituzione esterna della sua potenza esovranit, il popolo non si governa da s: c sempre qualcuno, avolte un solo individuo a volte molti, a titolo elettivo o ereditario,incaricato di governarlo, amministrare i suoi affari, trattare e farecompromessi in suo nome, fungere insomma da capofamiglia,tutore, gerente o mandatario, munito di procura generale, assolutaed irrevocabile. (.) Ora precisamente questa nozione astrattadellessere collettivo, della sua vita, della sua azione, della sua

    unit, della sua individualit, della sua personalit perch, capite,la societ una persona, come una persona lumanit intera -; questa la nozione di essere umano collettivo come ente di ragione,che noi neghiamo oggi; e perci neghiamo anche lo Stato,neghiamo il governo, neghiamo (.) qualsiasi costituzione della

    potenza popolare che si ponga al di sopra ed al di fuori della massa,assuma essa sembianze di monarchia ereditaria, istituzione feudaleo delegazione democratica. Affermiamo, invece, che il popolo, la

    societ, la massa, pu e deve governarsi autonomamente, pensare,agire, alzarsi ed arrestarsi come un uomo, manifestarsi insommanella sua individualit fisica, intellettuale e morale senza laiuto diquella specie di sostituti che in passato furono i despoti, adesso

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    sono gli aristocratici, qualche volta sono stati i pretesi delegati,devoti servitori della folla, e che noi chiamiamo puramente esemplicemente agitatori del popolo, demagoghi. In due parole:neghiamo il governo e lo Stato perch affermiamo e questo ifondatori di Stati non lhanno mai creduto - la personalit e

    lautonomia delle masse. Inoltre affermiamo che ogni costituzionedi Stato ha il solo scopo di condurre la societ a questo stato diautonomia; che le varie forme di Stato, dalla monarchia assolutafino alla democrazia rappresentativa, sono tutti mezzi termini,

    posizioni illogiche ed instabili, che hanno di volta in volta unafunzione transitoria o di tappe verso la libert, nel senso cheformano i gradi della scala politica attraverso cui le societ sielevano di coscienza ed al possesso di se stesse.4

    Essendo dunque necessario, per esercitare il potere, identificarnelorigine nella societ, pur di sottrarlo ai legittimi proprietari, lepersone, la gente, gli individui, non si esitato a porre lo Stato al difuori (costituzione esterna) degli stessi, indicandolo come una sorta dimaschera, un vero e propriofantasma, un ente onnipotenteposto sopradi loro.Tale la ragione per cui Proudhon considera il contratto in termini

    diversi da quelli indicati nel Contratto sociale di J.J. Rousseau e lodefiniscepolitico.Il contratto politico, afferma, non pu consistere nellalienazionetotale della volont dell'individuo allo Stato come prevede Rousseau,bens in un patto positivo, effettivo, limitato quanto al suo oggetto,che realmente proposto, discusso, votato, adottato e che si modifica

    regolarmente secondo la volont dei contraenti.Non pu esistere alcun dubbio sul fatto che i contraenti siano, inprimo luogo, i cittadini, le persone e che il contenuto del contrattosuifatti la legge, che deve essere informata ad una costituzioneprogressiva per essere sempre aderente al variare degli interessi edelle aspettative materiali e spirituali dei "contraenti".Proudhon chiarisce in modo cristallino la differenza fra "contrattosociale" e "contratto politico" in Del principio federativo, in una notaal capitolo VII: Sviluppo dell'idea di federazione, in cui afferma:

    Nella teoria di J.J. Rousseau, che quella di Robespierre e dei

    4 Citato in P. Ansart, P. J. Proudhon, Milano, La Pietra, 1978, pp. 72-73, daLa Voix du Peuple,del 3 dicembre 1849.

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    Giacobini, il Contratto sociale una finzione di legista,immaginata per rendere conto, senza ricorrere al diritto divino,all'autorit paterna o alla necessit sociale, della formazione delloStato e dei rapporti fra il governo e gli individui. Questa teoria,mutuata dai Calvinisti, costituiva nel 1764 un progresso, poich

    aveva per scopo di ricondurre ad una legge razionale ci che finoallora era stato considerato come un appannaggio della legge dinatura e della religione. Nel sistema federativo il contratto sociale

    pi che una finzione; un patto positivo, effettivo, che statorealmente proposto, discusso, votato, adottato, e che si modificaregolarmente secondo la volont dei contraenti. Fra il contrattofederativo e quello di Rousseau e del '93, c' tutta la distanza che

    passa fra la realt e l'ipotesi.5

    Qui lo Stato non pi una generica volont generale posta sopra oesternamente al popolo, che determina la legge, come gli autoriprecedenti hanno sostanzialmente ammesso, bens l'insieme dellescelte della maggioranza dei contraenti (le persone) sui fatti; scelte

    che si traducono in legge.

    E' evidente che cos definito il contratto politico sia sinonimo diautogoverno, in quanto senza la partecipazione diretta e responsabile

    dei contraenti il contratto politico non pu aver luogo.L'autogoverno un concetto molto importante (..) In origineesso voleva semplicemente affermare che il popolo ha il diritto digovernare se stesso, perch composto di cittadini, non di sudditi.Perci nessuna oligarchia - non l'aristocrazia tradizionale, non unamoderna nomenklatura- pu rivendicare alcuna legittimit. Esisteuna sovranit fondamentale del popolo, e questa la base della

    democrazia.

    6

    Il che equivarrebbe ad una radicale rivoluzione dell'attuale concezionedello Stato, non solo per quanto riguarda il nostro sfortunato Paese,ma anche gran parte del resto del mondo, visto che, salvo forse laSvizzera ed alcuni Stati americani, nessuno attua una sorta difederalismo cos concepito.E occorre ricordare che anche nei in America e Svizzera il federalismo

    si sta gradualmente ed inesorabilmente degenerando ed accentrando5 Cfr. infra, nota a p. 100.6 R. DAHRENDORF, Dopo la Democrazia, Roma-Bari, Laterza, 2001, p. 28.

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    sotto la spinta inesorabile delle banche e della grande finanza.Tutte le mie concezioni politiche si riducono ad una formula:

    Federazione politica o Decentralizzazione, afferma Proudhon inquesto saggio.

    E' evidente che il federalismo interno agli Stati, dovendo ridurre ilcentro fino alla sua scomparsa o alla sua abolizione (tale ilsignificato pi vero di decentralizzazione),non gradito ai centri dipotere che vorrebbero invece ridurre la nozione di federalismo allaconcezione di "patto fra Stati e fra istituzioni", escludendo il popolodall'esercizio della Sovranit sui FATTI limitati che riguardano tutti.La stampa ed i mezzi di comunicazione di massa, in centocinquantaanni, non hanno cambiato di una virgola il loro atteggiamento ipocrita,

    repressivo ed arrogante nei confronti di chi osa parlare dicontrattualismo ofederalismo, in contrapposizione all'idea illuministadi Stato unitario nazionale, sovrano ed indivisibile, o di ci che idifensori dellostatu quo gabellanoper federalismo.Appare impossibile, infatti, che giornalisti e perfino costituzionalisti famosinon conoscano la differenza fra decentramento e decentralizzazione.Se non la conoscono comunque una loro grave colpa e quandoscrivono di "decentramento" o "devolution", lo fanno senza sapereesattamente di cosa parlano.

    La partecipazione attiva alla vita politica richiede un massimo didecentralizzazione a livello industriale e politico. A causa della logicaimmanente dell'attuale capitalismo, aziende e governi divengono sempre

    pi vasti e finiscono per diventare giganteschi organismi amministrati inmaniera verticistica attraverso una complessa macchina burocratica. Unodei requisiti della societ umanistica la cessazione del processo di

    centralizzazione al posto del quale deve intervenire una decentralizzazionesu vasta scala e ci per parecchi motivi.7

    Anche il concetto di "sussidiariet" che del federalismo un corollarioinseparabile, ha subito lo stesso destino.Il perch abbastanza evidente: il contratto sociale, in definitiva,tende a giustificare l'esistente, lostatu quo, il regime, in quanto in essila legge finzione del legislatore; mentre il contratto politico mette lo

    Stato nelle mani dei cittadini responsabili, attraverso l'autogoverno ed

    7 Erich FROMM, Avere o essere? Milano, A. Mondadori, 1999, p. 200- 201.

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    una costituzione progressiva sempre riformabile parzialmente ototalmente dagli stessi.E' chiaro che tali condizioni si verificano pienamente soprattutto nellecomunit in cui i cittadini trascorrono oltre il novanta percento della

    loro esistenza: i Comuni.In una pagina del Sistema delle contraddizioni economiche Proudhonesprime con grande vigore l'ideale comunitario che si concretizzanell'aspirazione degli individui responsabili a partecipare in primapersona alla vita della propria comunit, cellula fondamentale delloStato, seconda solo alla famiglia: il comune ha diritto di governarsida s, di amministrarsi, di imporsi tasse, di disporre delle sue

    propriet, dei suoi proventi, di creare scuole per la sua giovent, di

    nominarvi gli insegnanti, di istituire la sua polizia, di avere la suagendarmeria e la sua guardia civica, di nominare i suoi giudici, di

    avere i suoi giornali, le sue riunioni, le sue particolari associazioni, i

    suoi magazzini, il suo mercuriale e la sua banca ecc. Il comune

    prende delibere, emana ordinanze, che cosa impedisce che esso arrivi

    a darsi delle leggi?..Non c' via di mezzo: il comune sar sovrano o

    sar una succursale, o tutto o nulla.L'idea di federazione fra Stati sovrani rovesciata; la federazionecomincia dagli individui, dalle persone, che rinunciando alla parteminore della loro sovranit costituiscono lo Stato nei modi e nelleforme che essi stessi stabiliscono.Allo Stato inteso come ipotetica volont generale, cos sostituito loStato generato dall'autogoverno delle persone che deliberano, con osenza intermediari, le loro leggi suifatti che li riguardano.Il processo del federalismo inverte la direzione del potere: non parte

    pi dai grandi Stati sovrani che si federano, ma da comunit limitate, iComuni basati sull'autogoverno dei cittadini, che si uniscono mediantecontratto politico o di federazione.Al Comune, inteso come centro della vita collettiva, per la parte disovranit ad esso conferita dai cittadini, attribuito il potere (oggi nonconsiderato nell'ordinamento giuridico del nostro Paese) di emanareleggi e di tassare, di mantenere l'ordine pubblico e di nominare igiudici.Il Comune diventa una piccola comunit, una piccola patria, federatacon altri Comuni in nazione per stabilire, attraverso la federazione, la

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    "garanzia" collettiva della libert, della democrazia, della sicurezzainterna, della pace e dell'autogoverno.Perch negli Stati moderni ci si avveri tuttavia, necessaria ladecentralizzazione, cio l'abolizione del centro, il che un passo

    molto pi avanzato e diverso rispetto al decentramento.Il federalismo non consiste, come alcuni vorrebbero, nel porre ilpotere un po pi vicino alla gente, bens nel mettere il potere delloStato nelle mani del popolo.E' questo cambiamento di logica che realizza l'idea contrattuale deirapporti politici fra cittadini e fra questi e le istituzioni che essi stessiprogressivamente creano, potendole modificare quando nonrispondono alle loro aspirazioni o ai loro interessi.

    E' attraverso l'ordine politico basato sul contratto fra individui, chenega gli eccessi dell'autorit, limita la gerarchia, abolisce ilcentralismo, accresce la partecipazione, permette l'autogoverno,sviluppa la responsabilit e la coscienza sociale delle persone, chepermette agli individui di controllare il "potere" che deriva dallapolitica, che lo Stato pu agire per il bene di tutti.Il Comune, dunque, e non il grande Stato sovrano, nazionale,autoritario, unitario, indivisibile ed accentrato, la vera patria degliindividui; mentre la federazione fra Comuni, la Nazione, diventa intali condizioni lo strumento, la garanzia della pace, della sicurezza,del benessere e della solidariet sociale.Anche l'idea di federalismo economico-sociale di Proudhon deveessere inquadrata in questa logica, dalla quale deriva che ladimensione territoriale e numerica che consente sia la limitazione delpotere dello Stato nei confronti della vita degli individui, sia il

    controllo, da parte della gente, dei gruppi privilegiati che tale poteresostengono e vogliono mantenere a loro esclusivo vantaggio.Prima della Grande Guerra solo alcuni grandi federalisti (Proudhon,Frantz, Cattaneo, Ferrari, Rensi) avevano posto il problema dei limitidel potere dello Stato nazionale sovrano sorto dalla Rivoluzionefrancese.Lo Stato unitario nazionale sovrano ed indivisibile derivato dalgiacobinismo, affermavano, non pu avere la pretesa di porsi comel'unica forma di Stato attraverso cui accedere all'organizzazionepolitica del genere umano.

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    Tale concezione, infatti, favorisce la divisione dell'umanit in Statisovrani e genera un permanente antagonismo fra gli stessi che imponead ognuno di subordinare gli obiettivi di benessere di giustizia degliindividui e delle comunit, alle esigenze di accentramento del potere

    ed alla crescita della potenza nazionale.Il diciannovesimo ed il ventesimo secolo sono stati caratterizzati dallaconcezione che lo Stato debba esseresovrano, unitario ed indivisibile,perch ci, secondo i sostenitori dell'accentramento edell'autoritarismo, offrirebbe ai cittadini maggiore garanzia disicurezza nei confronti degli altri Stati.Il dogma della sovranit dello Stato stata messa in dubbio da moltiautori, (fra i quali Luigi Einaudi - 1874-1961), che affermavano che

    un tale sistema avrebbe generato una permanente anarchiainternazionale portatrice di conflitti.In un articolo pubblicato nel 1918 sul Corriere della sera dal titoloLaguerra e l'unit europea, Einaudi afferma che lo stesso sistema dianarchia degli Stati sovrani a sconvolge l'equilibrio europeo e portarealla guerra.Appena cessata la Grande guerra si fa dunque strada un'idea nuovache attribuisce allo Stato nazionale sovrano la responsabilit deiconflitti internazionali ed indica una precisa alternativa riesumandol'idea kantiana della federazione degli Stati che assicura la paceperpetua. E' ovvio che estesa a livello planetario tale idea difederazione produrrebbe, fra gli Stati che aderiscono, la pace nelmondo.Tuttavia le ragioni del potere (per necessit chiamateRagion di Stato)che determinarono la Seconda guerra mondiale, hanno indotto alcuni

    studiosi a considerare l'idea, gi presente nei primi federalisti modernie ribadita da liberali come Einaudi e da marxisti come Lev Trockij(1897-1940), che i conflitti sono connaturati con la struttura anarchicadel sistema degli Stati nazionali basati sul principio della sovranitillimitata.Alla luce dell'esperienza storica recente l'idea di federare gli Statinazionali in una federazione mondiale fondata sui valori condivisi esulla globalizzazione dei mercati, appare come iniziare la costruzionedi una casa dal tetto. Una tale tendenza sembra contraddirel'osservazione elementare che la costruzione delle case comincia dallefondamenta; e le fondamenta della casa politica, lo Stato, sono in

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    primo luogo gli individui, le persone che lo formano e non i governiche spesso agiscono a loro insaputa.Se non riusciremo a fondare su solide basi le leggi che regolano irapporti fra le persone ed a concepire l'educazione in armonia con le

    leggi della natura, infatti, nonostante i possibili accordi per la paceplanetaria, anche all'interno delle societ del ventunesimo secoloresteranno immutati gli elementi conflittuali che sono le potenti radicidei gravi problemi dell'umanit.Per tali ragioni il Federalismo fra gli Stati, che pu condurre senzadubbio alla pace mondiale, deve essere preceduto dal federalismo frale persone che attraverso Leggi intese come contenuto del Contrattopolitico, riduce o elimina in primo luogo la conflittualit fra gli

    individui e gli individui e le loro istituzioni.Infatti, non essendosi verificate tali condizioni, trascorreranno soloalcuni decenni dalle osservazioni di Einaudi sopra riportate, e ilmondo sar di nuovo in guerra ('40 -'45).Negli anni oscuri del nazionalismo incontrastato, si costituisce attornoalla rivistaL'Ordre nouveau, pubblicata a Parigi dal 1933 al 1938, ungruppo di federalisti che proseguir la propria attivit anche neldopoguerra.Gli esponenti pi conosciuti di tale gruppo sono: Robert Aron (1898-1975), Arnaud Dandieu (1891-1933), Denis de Rougemont (1906-1985) ed Alexandre Marc (1904-2000).Questi autori osservano che la crisi della civilt investe tutto il mondocontemporaneo, perch le Istituzioni che governano la societ nonsono pi in grado di seguire le rapide trasformazioni sociali.Sulla scorta delle analisi di Proudhon, che critica il carattere

    accentratore dell'idea di Stato unitario uscita dalla Rivoluzionefrancese, essi elaborano un modello completamente nuovo di societfondato su una concezione integrale e non solo istituzionale delfederalismo.Alla base della crisi dell'uomo moderno dominato ed oppresso dallegrandi organizzazioni (partiti, sindacati, grande impresa, pubblicaamministrazione, grande finanza, ecc.) - essi affermano- c' unacultura di stampo individualistico che ha le sue radici nelgiacobinismo scaturito dalla grande Rivoluzione.Il carattere accentrato dello Stato comunque costituito- sostengono-accrescendo lo spazio fra le persone e le Istituzioni, o riducendo i

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    principi ed i valori della politica a finzioni giuridiche, instaurapotenzialmente una nuova forma di totalitarismo democratico.Da ci deriva una cultura di stampo individualistico che alla basedelle ideologie totalitarie contemporanee, soprattutto del comunismo,

    del nazismo e del fascismo.E' in questa prospettiva che si sviluppa la critica del federalismointegrale nei confronti del centralismo democratico di originemarxista e dei regimi accentrati, autoritari e gerarchici del nazismo edel fascismo.La cultura di stampo individualista, affermano i nuovi federalisti,disintegra gradualmente le relazioni sociali, rompe i rapporti disolidariet personale, induce l'anarchia degli Stati sovrani sul piano

    internazionale, determina un'abnorme crescita degli apparatiburocratici e militari e, sospinta dall'esigenza di allargamento deimercati, d l'avvio al sistema conflittuale della globalizzazioneforzosa.Lo Stato, sostengono i federalisti integrali riferendosi a Proudhon,deve essere ridotto meramente ad esecutore di funzioni di carattereamministrativo e deve essere costantemente subordinato alle sceltedegli individui responsabili sui fatti, attraverso il procedimentodemocratico.Con ci il federalismo integrale non si limita a criticare gli aspettiautoritari dello Stato unitario, nazionale, indivisibile, sovrano ed acondannare l'ideologia che lo ha generato, ma pone l'idea di contrattopolitico fra gli individui e fra gli Stati come alternativa alla crisi dellacivilt.Da veri eretici, i federalisti integrali propongono un rifacimento

    radicale di tutte le strutture, siano esse sociali o politiche,economiche o mentali (Alexandre Marc).La strada del rinnovamento dell'idea di democrazia consiste, dunque,non solo nella decentralizzazione, ma anche nel "controllo", da partedelle personedelpotere che deriva dalla politica.Bisognerebbe sempre ricordare che.:

    Bobbio: Il potere si nasconde perch si sente tanto pi forte quanto

    pi segreto. Se il potere vuol farsi temere deve farsi conoscere ilmeno possibile. (.....)B. Il massimo della corruzione corrisponde al massimo dellasegretezza.

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    Viroli: ...pi il potere vero si nasconde, meno i cittadinipartecipano alla vita pubblica. Se i consigli pubblici e gli organi diautogoverno non hanno vero potere, perch il vero potere si rifugiato altrove, per quale ragione i cittadini dovrebbero

    partecipare all'attivit di Consigli che, di fatto, li ha esautorati?8

    I seguaci del federalismo integrale sono tuttavia consapevoli che lamaggiore difficolt alla realizzazione dei loro progetti, consiste nellaricerca di una strategia politica in grado di contrapporsi allesistentebasato sull'idea dello Stato unitario, sovrano ed indivisibile fondatosull'accentramento, sulla gerarchia e sul potere.L'insuccesso del Federalismo integrale dovuto, in gran parte,all'incapacit di elaborare modelli teorici concreti in grado di indicare

    ai federalisti una guida, un orientamento per la lotta politica.Pur essendo consapevole della estrema difficolt di immaginarestrutture sociali in grado di controllare e limitare gli eccessi del potere,che dovunque tendono a generare conflittualit all'interno e guerre diappropriazione e di dominio verso l'esterno, non difficile perProudhon, rendersi conto che la direzione verso la quale necessariorivolgere l'attenzione non quella dei personaggi che dietro le quinte

    manovrano la politica dei grandi Stati, n quella della Spada delloStato sovrano, unitario, accentrato, indivisibile ed autoritario, bens lastrada difficile, ma perseguibile, delle comunit contrattuali minime,dellepiccole patrie federate, come i Comuni medievali o le citt dellaGrecia antica, il cui insuccesso da attribuire proprio all'incapacit diconcepire, allora, comunit internamente ed esternamente"contrattuali".

    L'economia del gigantismo e dell'automazione, un residuo del pensiero

    del secolo diciannovesimo, ed del tutto incapace di risolvere i problemidi oggi.(..) Che cosa significano democrazia, libert, dignit umana,livello di vita, realizzazione di s, appagamento? E' una questione dimerci o di persone? Naturalmente una questione di persone. Ma le

    persone possono essere se stesse solo in piccoli gruppi che sicomprendono. Non ci sono forse abbastanza "segni dei tempi" cheindicano la necessit di una nuova cultura?9

    Anche la Chiesa, perfezionando il pensiero di S. Tommaso d'Aquino8 N. BOBBIO, M. VIROLI,Dialogo intorno alla Repubblica, Roma - Bari, Laterza, 2001, pp. 103-105.9 E. F. SCHUMACHER, Piccolo bello, Milano, Mondadori, 1998, p. 58.

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    relativo al Principio di sussidiariet, pone l'idea dell'autogoverno deicittadini all'interno della Comunit come uno dei fondamenti della suadottrina sociale.Papa Pio XI nell'enciclica Quadragesimo anno (1931) d la seguente

    definizione del principio di sussidiariet:siccome non lecito togliereagli individui ci che essi possono compiere con le loro forze el'industria propria per affidarlo alla comunit, cos ingiusto

    rimettere ad una maggiore e pi alta societ quello che dalle minori e

    inferiori comunit si pu fare. Ne deriverebbe un grave danno e uno

    sconvolgimento del retto ordine della societ poich l'oggetto

    naturale di qualsiasi intervento della societ stessa quello di aiutare

    in maniera suppletiva (subsidium afferre) le membra del corpo

    sociale, non gi distruggerle ed assorbirle.

    Da osservare, oggi, che sebbene il Trattato di Maastricht (7 febbraio1992) dichiari che il Principio di sussidiariet sia la direttricefondamentale che guida il processo di formazione dell'UnioneEuropea, l'Europa stata costruita come un supergoverno gerarchicoed accentrato, contraddicendo lo spirito e la lettera del Principio disussidiariet che essa stessa ha posto alla base della sua esistenza.

    E' evidente che i gruppi di potere che hanno travisato nell'opinionepubblica le concezioni della democrazia, della repubblica e delfederalismo, hanno anche mal interpretato il concetto di"Sussidiariet", limitandola all'architettura istituzionale econtraddicendo nella pratica i principi sui quali si regge, per volgerlo aloro vantaggio.Scrive Proudhon ad Antoine Gauthier:

    Tu mi chiedi di spiegare il modo di ricostruire la societ..Non si trattaora di immaginare, di combinare nel nostro cervello un sistema che inseguito presenteremo: il mondo non si riforma cos. La societ non pucorreggersi che da se stessa.10

    Proprio a causa della semplicit del ragionamento molti, purtroppo,non comprenderanno questo messaggio e non saranno in grado diimmaginare le conseguenze, davvero rivoluzionarie, che in grado di

    generare.10 Sainte Beuve C-A., 1947,Proudhon, sa vie et sa correspondence, 1838-1848, A. Costes,Paris, p. 154.

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    Per chi ha seguito fin qui, dovrebbe risultare abbastanza evidente che possibile determinare l'equilibrio politico fra autorit e libert,verit, propriet, potere e giustizia, attraverso la contrattualit deirapporti fra le persone e fra queste e le istituzioni che esse liberamente

    si danno.I grandi Stati, anche se federati come l'America, hanno dimostrato dinon essere pi in grado di difendersi dagli effetti negativi edantisociali delle immense concentrazioni di propriet e di capitale chetendono continuamente ad influenzare i governi e ad estendere ilproprio dominio su tutta la collettivit.Nelle piccole comunit contrattuali, al contrario, la democrazia,ricondotta a procedimento e partecipazione responsabile delle persone

    al governo per stabilire condizioni di eguaglianza e la sovranitrestituita al suo originario significato di "potere prevalente che hanno icittadini di fare, riformare ed abrogare le leggi", non consentono pi lefinzioni e gli inganni che il potere politico e finanziario in grado difare.E', questa, la soluzione politica alla permanente conflittualit socialedeterminata dalla diversit delle condizioni; diversit che, al di fuoridel contrattopolitico o di federazione, comporta per gli individuieccessiva ed ingiusta diseguaglianza e per la societ, instabilit eprecariet politica incessante.I grandi Stati, le vaste nazioni, le grandi federazioni basatesull'accentramento del potere dello Stato in poche mani, non si sonomostrati adatti a porre le condizioni per sradicare il maledall'individuo e dalla societ e per far crescere ed universalizzare ilbene in modo apprezzabile; la contrattualit politica posta a base

    dell'autogoverno dei cittadini in piccole comunit potrebbe esserlo.E' evidente che i metodi tradizionali - dalle elezioni ai Parlamenti -non producono pi i risultati per cui erano stati inventati. Ma il

    problema del futuro della democrazia resta la democrazia, e ciocome rispondere all'esigenza che abbiamo individuato all'iniziodella nostra conversazione: dare voce al popolo.11

    Dare voce al popolo, sostanzialmente anche il vangelo di Proudhon,

    perch significa fornire al popolo gli strumenti culturali e politici per

    11 R. DAHRENDORF, Dopo la democrazia, Roma- Bari, Laterza 2001, p.71.

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    deliberare o legittimare direttamente le leggi che riguardano tutta lacomunit.In presenza di queste condizioni lo Stato diventa realmente unacreatura delle scelte e della coscienza dei cittadini responsabili che,

    partecipando alla vita della collettivit, attraverso il procedimentodella democrazia diretta prevalente sulla democrazia rappresentativa,sono in grado di garantirsi le giuste regole (autorit), riservandosi lapi grande libert ed iniziativa.Tale potrebbe essere la risposta alla domanda formulata daDahrendorf di come dar voce al popolo, per rivitalizzare l'asfittica edegradata democrazia degli Stati sovrani, unitari ed accentrati.Daniel J. Elazar (1934-1999) grande studioso americano di origine

    ebraica del federalismo afferma:La sovranit nelle repubbliche federali viene invariabilmenteattribuita al popolo, che delega i propri poteri ai diversi governi oche si accorda per esercitare direttamente quei poteri come se fosseesso stesso il governo. ( ....) Il popolo sovrano pu delegare edividere i poteri come meglio crede ma la sovranit rimane una sua

    propriet inalienabile.12

    Nello Stato federale o contrattuale, dunque, la sovranit, che ilpotere di scelta delle gente sui fatti, rimane sempre proprietinalienabile, illimitata, imprescrittibile ed inviolabile del popolo, degliindividui responsabili che formano la Comunit, lo Stato.

    Il processo di formazione del diritto dovrebbe essere riformato inmodo da diventare un processo principalmente, se nonesclusivamente, spontaneo, come il commercio, il parlare o

    l'intrattenere altre relazioni compatibili o complementari da partedi individui con altri individui. Si pu obiettare che una simileriforma sarebbe equivalente ad un mondo utopico. Ma tale mondofu, tutto sommato certamente non utopico in diversi paesi e indiverse epoche storiche, alcune delle quali non sono del tuttosvanite dalla memoria delle generazioni viventi. D'altra parte, senz'altro molto pi utopistico continuare a levare appelli ad unmondo ove i vecchi ideali stanno morendo e rimangono solo

    vecchie parole, come gusci vuoti, che ognuno pu riempire col

    12 D. J. ELAZAR,Idee e forme del federalismo, Milano, Comunit, 1995, p. 90.

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    significato preferito, a prescindere dall'esito finale.13

    Non semplice azzardare ipotesi per dare voce alla gente, al popolo,ed comprensibile che possa apparire velleitario o utopistico nelleattuali condizioni economiche, politiche e sociali.

    Il potere costituito non accetter facilmente una concezione chesarebbe in grado di subordinarlo, sulle scelte fondamentali cheriguardano la vita di tutti, alla volont della maggioranza dei cittadiniresponsabili, limitando di fatto il dominio che le cosche ed i clan cheincarnano lo Stato cercano di stabilire all'interno della comunit localee nazionale.

    I migliori (.) vogliono poter essere malvagi, quando a loro

    piaccia, senza cessare di essere i padroni. Un predicatore politicoavr un bel dire loro che, essendo la forza del popolo la loro forza,il loro pi grande interesse che il Popolo sia fiorente, numeroso etemibile. Sanno benissimo che non vero. Il loro interesse

    personale soprattutto che il popolo sia debole, miserabile e chenon possa mai resister loro.14

    Di fronte alla grande crisi determinata dalle ideologie sociali che non

    riescono pi a trasmettere una visione del futuro coerente con lanatura e con il successo della vita umana su tutto il pianeta, ilfederalismo integrale comincia a gettare una nuova luce sullapossibilit di evoluzione della societ.Dal federalismo integrale all'idea di piccoli Stati, Comunit, Patrie,libere indipendenti e federate sia al loro interno sia esternamente, ilpasso breve.E' mia convinzione che la concezione riguardante l'ordine politico

    enunciata da P. J Proudhon, che pone nella legge il punto di equilibriodell'autorit con la libert, possa ancora essere aggiunto un tasselloche concerne un "principio superiore" cui riferire i concetti dellapolitica e della religione che determinano l'ordine sociale.E' evidente, infatti, che la pace ed il benessere universale possanoriposare stabilmente solo sull'equilibrio, nella mente dell'uomo, negliordinamenti della societ e nel comportamento delle persone, di ci

    13 B. LEONI,La libert e la legge, Macerata, Liberilibri, 1994, pp. 147-148.14 J.J. ROUSSEAU, Il Contratto sociale, cit., p. 105.

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    che in grado di generare i concetti relativi alla religione ed allapolitica.Quelli attuali, purtroppo, non sono pi adeguati alle necessit delmondo moderno perch:

    Tutti i concetti pi pregnanti della moderna dottrina dello Statosono concetti teologici secolarizzati. Non solo in base al lorosviluppo storico, poich essi sono passati dalla teologia alladottrina dello Stato, facendo per esempio del Dio onnipotentel'onnipotente legislatore, ma anche nella loro strutturasistematica.15

    Ma questo un discorso di cui oggi avvertiamo i primi segni e sar

    sviluppato nel corso dei prossimi decenni o secoli se, come umanit,ne avremo il tempo.

    15(C. Schmitt,Le categorie del "politico", a cura di G. Miglio e P. Schiera, Il Mulino,Bologna, 1972, p. 61)

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    Introduzione a

    Del Principio federativo

    Prima che il lettore affronti la lettura del libro di Proudhon,desidero indicare due concetti in grado di orientarlo: il primo siriferisce al modo di porsi davanti al problema del cambiamentoprogressivo dello Stato, condizione necessaria a soddisfare ilprogresso incessante prodotto dall'evoluzione della societ; il secondoriguarda il significato della parola Federalismo o, meglio,

    "Contrattualismo" di cui moltissimi parlano senza conoscerlo.Cercher subito di definire i due concetti in estrema sintesi.In questo modo, poste le condizioni della riflessione e sgombrata lamente dalle contraddizioni, ci che oggetto del libro funzioner peril lettore, come una bussola per comprendere il pensiero di questogrande autore dimenticato e, confrontandolo con la situazione dellapolitica attuale, non lascer scampo a fraintendimenti.

    1) Non si pu trovare la soluzione al cambiamento delloStato in sensofederale usando la stessa logica che ha generatoquello esistente accentrato.

    2) Il Federalismo (o Contrattualismo) una concezionedell'ordine politico dello Stato basata sull'autogoverno, opartecipazione al governo della gente.

    Una volta compreso il senso delle due osservazioni, ognuno potrarmonizzare e rendere coerenti i suoi pensieri con l'opera di Proudhonche qui presento, e la comprensione del federalismo sar pi facile pertutti gli spiriti liberi e sinceri.Ho curato la traduzione dal francese questo libro per far conoscere ilfederalismo nella purezza dei suoi principi secondo il pensiero del pi

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    grande ed originale dei federalisti moderni: Pierre Joseph Proudhon(1809-1865).Forse nessuno come lui ha saputo descriverlo in modo tanto efficace ecomprensibileanche per i non addetti ai lavori.

    Bisogna subito osservare che forze oscure agiscono contro gli uominie contro la societ; queste forze si riassumono nell'ignoranza,nell'egoismo e nel potere che per dominare impedisce, con la suaazione, la realizzazione di un ordine sociale e politico in grado diporre fine alla conflittualit e di determinare la crescita della coscienzaindividuale e collettiva.Molti cittadini, anche colti, si pongono davanti al tema della politicacon grande superficialit e sviluppano una concezione dello Stato

    altrettanto arbitraria di quella che dell'universo avevano gli uomini delmedioevo.Alcuni, poi, si prestano al gioco della politica, pi per soddisfare leproprie ambizioni narcisistiche o per i vantaggi economici che speranodi ottenere, che per un reale sentimento di servizio nei confronti dellacollettivit.Capisco che non sia facile al tempo d'oggi, per un cittadino comunecome per un politico, avere la pazienza e la buona volont necessarieper leggere un libro di politica scritto ben pi di un secolo fa.Lo scempio che viene quotidianamente perpetrato contro lo spiritodella societ da chi detiene il potere delle informazioni, ha allontanatoi cittadini dalla passione della politica e dalla partecipazione alla vitacollettiva.Tuttavia quelli che si vorranno cimentare nell'impresa di leggere Delprincipio federativo e si sforzeranno di capire quanto in esso

    contenuto, si renderanno conto di quali sono le ragioni ed i principi suiquali si basa il federalismo di cui molti, oggi, parlano senzaconoscerlo.La gente, in genere, crede che per realizzare uno Stato federale siasufficiente portare le Istituzioni un po' pi vicine ai cittadini.Ma non affatto cos perch la prima condizione del federalismo che lo Stato sia un effetto delle loro scelte sui fatti e pertanto deveessere messo nelle loro mani.Le istituzioni poste pi vicine ai cittadini sono una conseguenza delfederalismo, non certamente la sua causa.La grande difficolt nell'essere dei veri federalisti consiste nel fatto di

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    conoscere le sue origini, i suoi principi e le ragioni sulle quali poggia.Chi si dichiara contrario al federalismo, poi, dovrebbe almeno avere ilpudore di giustificare l'avversione con argomentazioni che dimostrinola conoscenza di ci che avversa.

    Del resto non si pu neppure continuare ad avere la pretesa dicambiare lo Stato in senso federale, presentando ai cittadiniun'immagine assurda, falsa, incompleta o di comodo di ci che esso ,come in genere fanno i politici e tutti i mezzi di comunicazione dimassa.La trasformazione dello Stato in senso federale che essi propongononon che un inganno il cui vero scopo il mantenimento dei privilegie delle opportunit offerte dall'esistente.

    Salvo alcune lodevoli eccezioni, nelle loro intenzioni di federalismonon c' assolutamente niente.Questa forse la ragione pi importante che mi ha indotto apubblicare di nuovo questa opera (la prima edizione stata pubblicatanel 2000 da Terza via, Asefi, Milano).Sebbene siano sconosciute al grande pubblico, le opere di Proudhonsono state studiate da sociologi, filosofi ed economisti ed il suopensiero stato condiviso sia da conservatori, sia da progressisti, dasindacalisti riformisti o rivoluzionari, da circoli di estrema destra e dacircoli di estrema sinistra, da liberali e da comunisti ed anche dareazionari.I pi attribuiscono ci alle contraddizioni del suo pensiero in cuiognuno pu vedere quello che gli torna comodo.Bisogna tuttavia osservare che la verit non ha definizioni, non hapartiti n correnti, n indirizzi particolari.

    Per trovarla per necessario cercare con attenzione, guardare inprofondit, e non limitarsi a leggere superficialmente o isolatamentesolo le parti che corrispondono al punto di vista di chi legge o chesono conformi ad alcuni aspetti dell'ideologia politica praticata.Nelle opere di Proudhon, infatti, per la dimensione globale delpensiero e per la facilit della lettura, destra e di sinistra possonoritrovare alcune delle proprie ragioni ed avere, per questo, un'ideaerrata della frammentariet, della contraddizione e del disordine dellesue analisi.Leggendo tutte le sue opere e riflettendo sul loro contenuto, tuttaviafacile trovare la radice unitaria e quindi senza contraddizioni, del suo

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    pensiero.Alla traduzione del testo non ho aggiunto alcun commento personale,n ho riportato giudizi oppure osservazioni di scienziati della politica,o di filosofi, sociologi ed economisti.

    Mi capitato di conoscere le opere di Proudhon per caso, da semplicecittadino che ad un certo punto della vita, alcuni anni orsono, havoluto occuparsi della politica.Ho cercato di capire il federalismo al di fuori degli schemi, dei partiti,delle fazioni, degli indirizzi e mi sono convinto che ognuno deve farsiuna sua idea personale di cosa esso sia.Che ognuno giudichi da s, secondo la propria capacit, esperienza espirito di osservazione: penso che questo sia il modo migliore per

    apprezzare la sua opera ed entrare in sintonia col federalismo, cheProudhon indicava con la parola pi aderente al suo spirito:Contrattualismo.Il lavoro, a parte il rigore della traduzione, non ha alcuna pretesascientifica.InDel principio federativo Proudhon si rivolgeva direttamente ai suoilettori, che erano pi che altro semplici operai, artigiani, piccolicommercianti ed imprenditori: gente comune che aveva poca onessuna dimestichezza con le scienze sociali.Mi sono limitato a ripresentare il suo pensiero con le sue stesse parole.Ognuno potr poi valutare quanto grandi fossero le sue intuizionipolitiche con ci che l'esperienza del ventesimo secolo ci hadimostrato.Via via che il libro scorrer davanti ai vostri occhi vi renderete contodelle enormi forze che in ogni tempo agiscono nella societ; della

    natura e dell'origine del potere; delle sue degenerazioni attraverso ipartiti; di come la politica sia influenzata dall'incessante bisognodell'evoluzione e del miglioramento umano; ed ancora del perch siformi uno Stato unitario ed accentrato, che con le sue infinite leggipermette lo sviluppo e la crescita della corruzione, dello spreco dellerisorse e come esso generi naturalmente l'elefantiasi della burocraziache a sua volta si traduce in inefficienza e tasse senza limiti per icittadini indifesi.Il lettore conoscer cos le ragioni per cui il capitale si allea volentiericon i partiti politici per sfruttare monopolisticamente le risorse che icontribuenti sono costretti a sborsare con la forza e come il popolo,

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    anche in democrazia, possa finire col non contare quasi niente.Comprender le ragioni per le quali le elezioni, in un regimedemocratico, possano essere solo una finzione, una maschera delpotere e perch le leggi dello Stato riflettano non tanto la volont del

    popolo, quanto quella dei gruppi economici e politici che attraverso ipartiti ed i sindacati lo dominano.Vi sembrer che il libro sia stato scritto ieri e non quasi un secolo emezzo fa.In poche parole: chi avr la pazienza di leggere tutto il libro e dimeditarlo, capir come col federalismo, che Proudhon illustra conspirito semplice, chiaro ed innovativo presentandolo nella sua veranatura, ogni societ possa progredire tranquillamente nella sicurezza e

    nel maggior benessere, perch ognuno sa che lo Stato, costruito dalpopolo per il popolo, gli amico e gli rende pi libera, facile, serena,dignitosa e sicura la vita di ogni giorno.Ancora una cosa chiedo ai lettori: non abbiate pregiudizi su Proudhon,senza aver letto le sue opere.Egli ha sempre avuto contro il potere economico, il potere politico edil potere della chiesa; ma il modo in cui essi, nel suo secolo ed inquello in cui viviamo, abbiano rappresentato un'economia, un potereed uno Spirito veramente al servizio del progresso materiale espirituale dell'uomo, storia che tutti conoscono.La sua opera rispecchia lo spirito dell'epoca, lacerata da fortissimetensioni sociali, angosce e contraddizioni che, purtroppo, sono ancorapresenti e per la gran parte irrisolte nel terzo millennio.Come ho detto, le opere di Proudhon sono oggi quasi sconosciute inItalia.

    L'anatema di Marx contro di lui in Miseria della filosofia, che scrissein risposta al libro di Proudhon Il sistema delle contraddizionieconomiche o Filosofia della miseria, valido ancora oggi.A poco serve osservare che prima di aver letto il libro menzionato,Marx esprimeva giudizi molto diversi su Proudhon, avendolo definitoIl Rousseau-Voltaire di Luigi Bonaparte.Esclusi coloro che lo conoscono per motivi di studio, per tuttiProudhon ricordato per la risposta che lui stesso diede ad unadomanda che era anche il titolo di un suo libro: Che cosa lapropriet?La propriet un furto afferm.In realt Proudhon non intendeva affatto la propriet in s come un

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    furto, anzi sosteneva che La propriet la libert, tuttavia essadiventa furto quando la somma degli abusi odiosi della ricchezzache genera povert e miseria per i pi deboli e per i fanciulli che senzacolpa devono subirla.

    Ho voluto fare questa breve presentazione, per rendere un poco digiustizia a questo straordinario pensatore condannato ingiustamente adessere dimenticato o mal interpretato.

    Il socialista, l'ateo e l'anarchico.

    Torniamo, dunque, al Proudhon che viene presentato all'opinionepubblica come socialista, anarchico ed ateo.

    Per lui essere socialista significava, probabilmente, conoscere,definire, isolare e combattere culturalmente le forze negative cheagiscono nella societ per effetto della natura e del comportamentoegoistico degli uomini; forze che impediscono la progressiva crescitaumana individuale e collettiva.Il suo essere socialista aveva solo rari punti in comune col socialismodi oggi.

    Egli dimostra in ogni suo scritto di rifiutare e di non identificarsi sianelle tendenze comuniste che hanno preceduto Marx, sia nella teoriapolitica ed economica da questo elaborata.Le origini modestissime gli fecero presto comprendere quanto ingiustafosse la miseria soprattutto per i fanciulli innocenti che, come lui,senza colpa dovevano subirla e si chiese, allora ancora giovanissimo,dove dovesse ricercarsi la causa che genera la povert e l'ignoranza.Gi in una delle sue prime opere, De la clbration du Dimanche, si

    propose di: trovare uno stato d'eguaglianza che non sia ncomunismo, n dispotismo, n dispersione, n anarchia, ma libert

    nell'ordine ed indipendenza nell'unit.

    Pur dichiarandosi socialista, non nascose mai a se stesso l'impotenza,nella pratica, di questa concezione politica a causa soprattutto del suoaltalenante velleitarismo riformista e della sua incoerenza; in unaparola, delle debolezze eterne del socialismo storico.Egli forse si definiva socialista perch aveva una concezione spiritualedella societ in cui, in contrasto col suo dichiarato ateismo, cercavaun'ipotesi d'un Dio senza la quale gli era impossibile andare innanzied essere capito. (....) Se io seguo, attraverso le sue trasformazioni

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    successive l'idea di Dio, trovo che quest'idea innanzitutto sociale;

    intendo dire che essa piuttosto un atto di fede nel pensiero collettivo

    che un concetto individuale (P. J. Proudhon,Prologo al Sistema dellecontraddizioni economiche o filosofia della miseria).

    E' probabile che nel suo pensiero dalla societ emergesse un Principiosuperiore, dotato di forza e di una ragione segreta, quasi unEssere, unQuid misterioso ed inconcepibile che lui non riusciva ad identificarenel Dio delle religioni e della storia.Gli uomini, affermava, non possono ingabbiare il destino diquell'Essere in un dogma, i n un assoluto, poich si riassumenell'imprevedibilit del divenire, nell'imperscrutabilit dei disegnidella natura che, anche nella societ umana, si realizzano con la

    continua ricerca di equilibrio fra le forze che in essa devono operare eche, scontrandosi continuamente, generano conflitti, contrasti, lotte,ribellioni, violenze, sofferenze e rivoluzioni di ogni genere.E' il modo di realizzare tale equilibrio attraverso l'osservazione dellanatura, affermava, ci verso cui bisogna indirizzare la nostraattenzione.Nel federalismo, Proudhon trov il punto di equilibrio fra le forze checontinuamente si scontrano nella societ e vide che dal loro equilibrioderiva l'eliminazione della finzione, della ragion di Stato e del potereabusivo, immaginario ed illegittimo che determina ogni Statu quo:assoluto terribile che impedisce il progresso ed il miglioramentomateriale, ma anche culturale e spirituale di tutto il popolo.Il potere dello Stato, osserva, per le chiese discende dall'assoluto di unDio, per il comunismo dalla propriet, per gli Stati sovrani dal bisognodi un qualsiasi ordine sociale e per il federalismo, finalmente, non pi

    dalle finzioni, dall'immaginazione o dagli abusi ed arbitrii del poteredello Statu quo, ma dalla somma delle "volont concrete" e reali(contratto politico), degli individui sui "fatti" che li riguardano.Egli vide, con enorme anticipo sugli eventi, come il comunismo,eliminando semplicemente la propriet e sostituendola col piano,avrebbe disegnato una societ in cui tutto sarebbe apparso semplice eprevisto; il suo Dio sarebbe stato il dogma ideologico, guai adallontanarsene, guai a tradirlo, guai a contraddirlo.Il comunismo, riferendosi all'idea di perfetta eguaglianza, infatti,rende tutto facile da capire e da condividere; le sue soluzioni aiproblemi che emergono nella vita della societ, sono incredibilmente

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    semplici e comprensibili per tutti: soddisfano il bisogno di giustizia, dieguaglianza e di libert, aboliscono tutti mali dell'uomo attraverso ladittatura del piano e la dittatura di una classe.La semplicit del comunismo, fu certamente la causa dei suoi successi

    e dei grandi entusiasmi che suscit nelle masse.Tuttavia i suoi princpi rispondevano, e rispondono ancor oggi, pi albisogno di dare una risposta razionale alla tendenza violentadell'anima collettiva di emergere dalla barbarie della disuguaglianza,della povert e dell'ignoranza, che ad un'osservazione esauriente dellarealt sociale e dei fenomeni che nella societ continuamente sigenerano.La sua attuazione pratica, se da un lato port nel tempo al disastro

    economico, alla tirannia ed al fallimento dello Stato, esattamentecome Proudhon aveva predetto, dall'altro gener un insperatoindebolimento della fede nelle ideologie, la cui affermazione negliStati determina spesso tirannia e violenza, servit e regresso, oppurecorruzione e degrado dell'ordine sociale.I risultati del fallimento comunista sono sotto gli occhi di tutti:determinato dalle cause che Proudhon aveva enunciato molti decenniprima che esso apparisse nella storia come realt sociale.Da parte loro i socialisti, incapaci di valutare con chiarezza il pensieropolitico del socialista Proudhon, si sono sempre vestiti con abiticomunisteggianti che egli non avrebbe mai accettato n condiviso.Sosteneva, infatti, che: Per lui (per il socialismo, N.d.A.) l'economiapolitica, considerata da molti come la fisiologia della ricchezza, non

    altro che la pratica organizzata del furto e della miseria; come la

    giurisprudenza, decorata dai legisti del nome di ragione scritta, non

    altro ai suoi occhi (per il socialismo, N.d.A.), che la compilazionedelle rubriche del brigantinaggio legale e ufficiale, - e per dirlo in

    una sola parola, della propriet. - Considerate nei loro rapporti

    queste due pretese scienze, l'economia politica ed il diritto formano, a

    detta del socialismo, la teoria completa dell'iniquit e della discordia.

    Passando poi dalla negazione all'affermazione, il socialismo oppone

    al principio di propriet quello di associazione e si vanta di

    restaurare da cima a fondo l'economia sociale, ossia di costruire un

    nuovo diritto, una novella politica, istituzioni e costituzionidiametralmente opposte alle forme antiche. Come si vede, la linea di

    separazione fra il socialismo e l'economia politica netta e l'ostilit

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    flagrante. L'economia politica inclina alla consacrazione

    dell'egoismo, il socialismo pencola verso l'apoteosi e la comunanza.

    Per lungo tempo i socialisti hanno quasi completamente dimenticatoProudhon; di qui, forse, la ragione dell'incoerenza che li ha portati al

    frazionamento ed all'insuccesso politico irreversibile.Al successo straordinario dell'ideologia marxista, che ha mostrato ilsuo fallimento dovunque sia stata applicata, ha corrispostol'insuccesso parziale dell'idea federalista enunciata da Proudhon, cheper ha mostrato il suo valore e la sua efficacia alla luce degliordinamenti federali di alcuni Stati che hanno prodotto condizioni dibenessere generalizzato e di libert mai viste nel corso della storia

    umana.Nonostante ci, provate a chiedere nelle librerie qualche opera diProudhon; la risposta sar quasi sempre negativa mentre nellebiblioteche pubbliche i suoi libri sono quasi introvabili.Talvolta si trova qualche sua opera in francese, in edizioni vecchie didecine e decine di anni.Non parliamo poi dell'universit, dove fino a poco tempo fa le sueopere erano quasi all'indice e guai a presentare una tesi su Proudhon o

    sul federalismo, mentre infinite erano quelle presentate anche sugliaspetti pi marginali ed insignificanti del comunismo marxista.Escludere Proudhon dal dibattito sul federalismo, come stato fatto inquesti anni in Italia, come escludere Ges da un dibattito sulcristianesimo, oppure Maometto da uno sull'islamismo.A cosa servito che pochi socialisti zelanti lo presentassero talvoltasolo come avversario della libert di mercato e della propriet, senza

    conoscere il suo pensiero federalista?Chiunque si avvicinato alle sue opere con spirito di imparzialit,deve riconoscere innanzitutto che Proudhon era un uomo Libero: nontanto un "socialista" nel senso che noi oggi attribuiamo a questaparola, ma un uomo che poneva la libert personale e collettiva, anchedi mercato, alla base del progresso e della civilt.Il resto, per me, ciarlataneria politico culturale.Proprio a causa del suo grande senso della libert, Proudhon non

    poteva appartenere ad una religione; ma il dubbio di un Dio, di unEssere, di uno Spirito, rimase incessante in lui.I suoi scritti affermano il suo rifiuto, ma traspare sempre evidente che

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    anche il suo cuore ha ragioni che la ragione non conosce.Nel suo Sistema delle Contraddizioni economiche afferma ad un certopunto: Si ricorda anche, qualche volta, che se il sentimento dellaDivinit affievolisce fra gli uomini; se l'ispirazione dall'alto si ritira

    progressivamente per far posto alle deduzioni dell'esperienza, se vi scissione sempre pi flagrante fra l'uomo e Dio; se questo progresso,

    forma e condizione della nostra vita, sfugge alle percezioni di

    un'intelligenza infinita, e per conseguenza antistorica; se, per dir

    tutto, il richiamo alla Provvidenza per parte di un governo nello

    stesso una codarda ipocrisia ed una minaccia alla libert;

    nulladimeno il consenso universale dei popoli, manifestato con lo

    stabilimento di tanti diversi culti, e la contraddizione per sempre

    insolubile che tocca l'umanit nelle sue idee, le sue manifestazioni ele sue tendenze, indicano un rapporto segreto della nostra anima, e

    per essa dell'intera natura, con l'infinito, rapporto la cui

    determinazione esprimerebbe nello stesso tempo il senso dell'universo

    e la ragione della nostra esistenza.

    Probabilmente, nel segreto della sua coscienza, egli covavauna fedesegreta nello Spirito di un Dio, di un Quid misterioso che vedeva

    emergere dalla societ degli uomini e dalla natura come un Esserefantastico, denso dimotivi di stupore e di misteri.Forse per nessuno come per lui la spiritualit non era sinonimo direligiosit.Egli fu quindi un credente dello Spirito, mai un uomo religioso.Sempre alla ricerca delle ragioni e delle vie del progresso per favorireil benessere materiale e l'evoluzione dello Spirito, che vedeva come

    proiezione della societ, dedic la sua vita e la sua opera geniale allaricerca delle contraddizioni umane, sociali, politiche ed economiche,la cui ordinata composizione considerava come condizioni essenzialidell'equilibrio universale.Nel silenzio del suo cuore, egli cercava di capire ....se l'umanit tendea Dio secondo l'antico dogma, oppure se essa stessa diventa Dio.Come molti Proudhon aveva cercato ma non aveva trovato; ma il suocercare lo libera dall'ateismo, che forse la maschera di una potente

    ragione gli imponeva.Il suo spirito libero e la profondit della sua coscienza, lo condusseroa definirsi anarchico; macosa intendeva egli peranarchia?

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    Vale la pena, per chiarezza, ripetere la sua concezione della societformulata ad appena trenta anni in Clbration du Dinamiche:Trovare uno stato d'eguaglianza sociale che non sia n comunismo,

    n dispotismo, n frazionamento, n anarchia, ma libert nell'ordine

    ed indipendenza nell'unit.Dice ancora molti anni pi tardi in Del principio federativo: Comevariante del regime liberale, ho indicato l'ANARCHIA o governo di

    ognuno da parte di se stesso, in inglese self-government.L'espressione di governo anarchico implica una sorta di

    contraddizione, la cosa sembra impossibile e l'idea assurda. Non c'

    qui che da rivedere il termine; la nozione di anarchia, in politica razionale e positiva come nessun'altra. Essa consiste nel fatto che,

    una volta ricondotte le funzioni politiche alle funzioni dellaproduzione, l'ordine sociale risulterebbe solo dal fatto delle

    transazioni e degli scambi. Ognuno allora potrebbe dirsi autocrate di

    se stesso. Il che l'estremo opposto dell'assolutismo monarchico.

    (......). Malgrado il richiamo potente della libert, n la democrazia

    n l'anarchia nella pienezza ed integrit della loro idea, si sono

    realizzate in nessun luogo.

    Volendo combattere un principio oppure un'idea, non esiste metodomigliore che denigrare il suo sostenitore, di condannarlo ieri al rogodella carne, oggi a quello delle opere.Cos le due grandi Chiese dell'umanit degli ultimi due secoli, quellacattolica e quella marxista, applicando alle sue opere una collaudataesperienza di mistificazione e di condanna, hanno confinato Proudhonnell'oscurit.

    Tuttavia il loro giudizio appare oggi pi come la condanna di se stessealla perpetua intolleranza, alla discriminazione, alla falsit,all'incomprensione ed all'impotenza.Accusato di ateismo dalla Chiesa, di liberalismo e di essere unborghese dai comunisti, di comunista dai liberali, Proudhon passatoalla storia come uno dei pensatori pi contraddittori della sua epoca.Proprio la storia ha poi mostrato che la contraddizione non era nel suopensiero, ma nella natura stessa delle cose e degli uomini e niente pi

    del comunismo, del socialismo, dello stesso liberalismo oggi tanto dimoda e della Chiesa cattolica, lo hanno dimostrato e lo dimostreranno.La contraddizione vera nelle ideologie, nelle religioni e nelle

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    costruzioni logiche della mente umana, che partendo da un'analisisempre incompleta e personale della realt, pur contenendo una partedi verit, hanno la pretesa di possedere la ricetta della felicituniversale e della verit eterna; le prime per ci che materiale, le

    seconde per ci che spirituale.Per Proudhon questa ricetta non esiste, come non esister per lungotempo la mente che in un lampo di genio concepir la struttura di unasociet in perfetta armonia con le leggi materiali della vita e con lemisteriose attese dello Spirito.Egli era un osservatore, un profondo analizzatore della societ e degliuomini e per di pi dotato di un'eccezionale intuizione.Comprese che i rapporti sociali ed individuali sono soggetti a continue

    contraddizioni e possono essere composti nel modo migliore lasciandoi cittadini liberi di darsi gli ordinamenti che sembrano loro i pi adatti,in relazione al variare dei tempi e degli interessi.Ci avrebbe permesso ad ognuno di impegnarsi per perseguire gliscopi materiali e spirituali in cui crede e che vuole affermare nellapropria esistenza e nella societ alla quale appartiene.Cap che questo avrebbe comportato inevitabilmente una forterestrizione dell'azione dello Stato nella societ, ed avrebbedeterminato l'avvento del regime della giusta autorit, della giustalibert e della vera democrazia.

    Genesi dell'opera

    Del principio federativo comunemente considerato il testamentopolitico di Proudhon.

    L'origine del libro si deve ad un articolo pubblicato il 7 settembre1862 sul giornale Office de pubblicit a Bruxelles, dal titolo Garibaldiet l'unit italienne, che seguiva di poco un altro articolo su Mazzini(Mazzini et l'unit italienne, 13 luglio 1862).Entrambi ebbero vasta risonanza sia sulla stampa sia nell'opinionepubblica del tempo.L'interesse di Proudhon verso l'Italia era dovuto al fatto che da noi glispiriti democratici propugnavano una repubblica unitaria edindivisibile in nome di un'ancora inesistente nazionalit, che dovevaessere ottenuta con ogni mezzo e ad ogni costo.Aveva affermato a pi riprese la sua idea della democrazia... che si

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    spaccia continuamente per liberale, repubblicana, socialista, mentre

    il suo vero scopo solo "l'unit".La democrazia tiene ben poco contodelle libert individuali e del rispetto delle leggi, poich incapace di

    governare a condizioni diverse da quelle dell'unit, che non altro

    che il dispotismo. (......)La democrazia innanzitutto centralizzatriceed unitaria, ha orrore del federalismo (.....) essa consideral'indivisione del potere come la grande molla, l'ancora di salvezza del

    governo...la democrazia inclina fortemente al comunismo: ed solo

    attraverso il comunismo che concepisce l'uguaglianza. La democrazia

    ha come principio l'unit; il suo obiettivo l'unit; il suo mezzo,

    l'unit; la sua legge, sempre l'unit. L'unit per essa l'alfa e

    l'omega, la sua formula suprema, la sua estrema ratio.

    Proudhon, infatti, sapeva bene che le origini de