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EMPATIA e FENOMENOLOGIA A cura del Prof. Alfredo Nazareno d’Ecclesia

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Page 1: Empatia e Fenomenologia - alfredonazarenodecclesia

EMPATIA e

FENOMENOLOGIA

A cura del Prof. Alfredo Nazareno d’Ecclesia

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L’originalità della fenomenologia husserliana, si evidenzia come un modello di

pensiero che manifesta la sua validità anche all’interno di molteplici e differenti

atteggiamenti scientifici. Ne consegue che essa è la descrizione delle differenze fra

le “cose” del nostro mondo circostante e l’esperienza che di esso abbiamo.

Alla crisi provocata dal sociologismo e dallo psicologismo, Husserl oppone una

speculazione filosofica che non è più rielaborazione del vecchio dogmatismo

filosofico delle verità eterne.

Questa nuova riflessione, tende dal punto di vista speculativo ad una filosofia

integrale che sia compatibile con lo sviluppo unitario delle ricerche sul significato

dell’essere umano.

L’originalità della fenomenologia husserliana consiste, appunto, nel trovare un

metodo che permetta di pensare sia all’esteriorità, che è il principio stesso delle

scienze, sia all’interiorità, che è condizione della filosofia.

LA FENOMENOLOGIA

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Il comprendersi reciproco, il mettersi in sintonia con il vissuto di un’altra persona è

un’esperienza che si compie sempre tra gli esseri umani, a volte in maniera più

immediata, altre con modalità più complesse ed articolate. Se non c’è alcuna

possibilità di comprendersi, non è tanto per le difficoltà dovute a tale atto quanto per

una non volontà di trovare punti in comune attraverso cui poter intendersi.

Infatti, vi è un piano tutto umano muovendo dal quale è sempre possibile cogliere i

vissuti dell’altro essere umano e dal quale è possibile anche comprendere, per

analogia, se stessi e finanche comportamenti di animali superiori, la cui psichicità è

affine alla nostra. Ciò che ci consente di cogliere il vissuto dell’altro è un atto

particolare che definiamo empatia.

Filosofia e Antropologia

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Empatia o entropatia in tedesco “Einfühlung” equivale a:

partecipazione emotiva, simpatia simbolica che mi fa cogliere l’altro come

simile a ciò che io sono, alla mia corporeità.

Nella lingua italiana il termine Einfühlung è stato tradotto da Enrico Filippini con

“entropatia”, poi è prevalso l’uso del vocabolo “empatia”.

La professoressa A.Ales-Bello in una sua pubblicazione “L’Universo nella

coscienza”(ETS, Pisa 2003) preferisce il termine “Entropatia”perché vi è un abuso

nella sua utilizzazione e non corrisponde a ciò che i fenomenologi intendono nel

riferimento-distinzione rispetto alla psicologia.

La teoria dell’empatia, comunque, proviene da un lontano passato; Aristotele

nella poetica evidenzia il dato di fatto dell’immedesimarsi dello spettatore

nelle vicende rappresentate in teatro.

ARISTOTELE, Poetica, 49b, 24-28.

EMPATIA o ENTROPATIA

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*EINFÜHLUNG* “Una singola azione o anche una semplice espressione del

corpo, come uno sguardo o un sorriso, possono offrirmi un

barlume con quale intravedere il nucleo fondamentale della

persona”.

La riflessione sull’empatia

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L’empatia è quell’atto attraverso il quale si coglie un vissuto estraneo in modo non originario.

Prima definizione

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• Quando mi trovo di fronte a qualcosa che chiamo essere umano,

come posso dire che lo conosco?

• Il primo atto/vissuto importante è l’empatia che mi dice: io vivo originariamente il contenuto non originario che è simile al mio.

• Posso chiedermi: “come si costituisce questo simile al mio?”

• Dalla somiglianza è data la comprensione dell’essere umano,

cioè la comprensione di come esso è fatto.

SECONDA DEFINIZIONE

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Secondo Edith Stein, che utilizza in modo felice il metodo

fenomenologico, si possono distinguere tre gradi di attuazione

dell’empatia:

Come si attua l’empatia?

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Primo momento:

L’emergere del vissuto dell’altro attraverso un’espressione emotiva della quale posso rendermi conto: in questo momento il vissuto altrui “emerge improvvisamente davanti a me”, quasi travolgendomi con il suo impatto;

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Secondo momento:

La mia “esplicitazione riempiente”, cioè il mio rivolgermi con attenzione verso lo stato d’animo dell’altro, che così riempie il mio animo: in questo momento non sono concentrato sull’espressione emotiva esteriore dell’altro (sul suo pianto, sulla sua voce bassa…) ma sul suo stato d’animo interiore, e cerco di immedesimarmi con esso. In questo momento è come se io mi avvicinassi il più possibile al vissuto dell’altro, come un “essere presso di lui”;

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Terzo momento :

• L’oggettivazione complessiva del vissuto esplicitato, che significa porre attenzione al dolore dell’altro. Più precisamente, in questo momento è come se io riguadagnassi una distanza tra me e l’altro, una consapevolezza che il vissuto dell’altro è esterno a me: tuttavia questa consapevolezza è arricchita dal momento precedente e non è dunque una faccenda puramente intellettuale, né semplicemente emotiva.

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• Il vissuto dell’altro torna davanti a me non come

coinvolgimento dell’animo, quanto piuttosto come oggetto di

coscienza, di pensiero.

• La Stein dà una bellissima definizione della coscienza, nel

senso che è chiarificatrice del significato di essa: sono il luogo

in cui si rispecchia tutta l’attività umana, il luogo in cui

l’essere umano ha una consapevolezza, più o meno esplicita

naturalmente, di ciò che sta vivendo e dei singoli atti che

vengono vissuti nel corso della sua vita, della sua vita

interiore.

Empatia e Coscienza

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Una precisazione importante:

L’esperienza

dell’empatia è

originaria, nel senso

che nasce ed avviene

nel soggetto che la

vive, che la sperimenta.

Invece il vissuto empatico non è originario quanto al contenuto. Ciò significa che esso non nasce da me, perché si origina in un altro, e solo successivamente arriva a me.

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Scrive Edith Stein:

“Nella mia esperienza vissuta non originaria, io mi sento accompagnata da un’esperienza vissuta originaria, la quale non è stata vissuta da me, eppure si annunzia in me, manifestandosi nella mia esperienza vissuta non originaria”.

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Quindi l’empatia intensamente vissuta non serve

soltanto a comprendere l’altro, ma anche a

comprendere se stessi, o meglio a “risvegliare ciò

che è in noi, ma di cui non siamo consapevoli,

perché è come assopito”.

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Scrive Edith Stein:

• “Nell’empatia colgo l’altro non solo come corpo, ma come corpo vivente, come essere vivente: oltre al corpo, colgo il soggetto che vi abita, colgo l’altro come persona spirituale e scopro che i suoi gesti, le sue parole sono motivati dalla sua struttura personale. È lo spirito dell’altro che parla al mio spirito. Lo sforzo di penetrare nel suo mondo di valori mi porta ad approfondire la conoscenza del mio Io, a confrontare il mio mondo di valori con il suo, a volte fa risvegliare quanto in noi sta dormendo e scoprire quello che siamo e quello che non siamo”.

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Parole fondamentali:

“Solo chi vive se

stesso come persona,

come un tutto che ha

senso, significato, può

capire altre persone”.

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IO - TU

“Quando prendiamo il nostro io come assoluto criterio, allora ci chiudiamo nella prigione della nostra particolarità: gli altri diventano degli enigmi per noi o, cosa ancora peggiore, li modelliamo secondo la nostra immagine e falsiamo la verità storica”.

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• Però attenzione ai limiti dell’empatia. Quello che noi

riusciamo a vivere è naturalmente ( prendiamo un

esempio che la Stein fa spesso: la gioia) qualche cosa

che in questo momento probabilmente noi stiamo

sperimentando. E se qualcuno ci viene avanti con

alcuni tratti fisici particolari o con un’espressione

linguistica particolare dicendoci: "Io sento gioia", noi

immediatamente capiamo che cosa sta vivendo.

Limiti dell’Empatia

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Attenzione: noi capiamo la struttura del suo atto, ma

mai l’intensità e il significato peculiare che

quell’atto ha per lui, quindi il vissuto dell’empatia è

un vissuto che ci pone in correlazione con gli altri,

ma impedisce assolutamente (cioè non è possibile)

che ci sia una immedesimazione, quindi una

unipatia.

L’Empatia non è unipatia:

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Naturalmente, per quanto i nostri vissuti

possano essere simili, non sarà possibile una

immedesimazione totale con l’altro.

NOI

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Individualità irriducibile

Nonostante i nostri vissuti siano comuni (nel senso che tutti possediamo una struttura affettiva simile), ciascun uomo presenta una individualità irriducibile, una sua personalità che sfugge sempre a tutte le schematizzazioni.

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Empatia e condizione femminile

Al tema dell’empatia Edith Stein ha legato la propria considerazione sulla condizione femminile: è proprio la maggiore possibilità e capacità di partecipazione empatica a costituire il tratto peculiare e filosoficamente più significativo che distingue le donne dagli uomini e apre loro una sfera di possibilità cognitive che gli uomini invece spesso si precludono.

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EMPATIA ED ETICA

L’amore per il prossimo, che consiste semplicemente nel

prendersi cura amorevolmente dell’altro, del suo essere e

divenire etico, è una disposizione verso gli altri, verso

l’intera umanità che nessuna tecnologia può offrirci, per

quanto la modernità sia imperante e indispensabile. Esse

non potranno sostituire quella relazione ontologica che

cerca di accogliere l’intento dell’altro nel suo desiderio di

aiutare, l’entusiasmo deve accompagnarci verso un fine

che non è l’io, ma il

TU.

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GRAZIE PER L’ATTENZIONE