parte prima cap. 1

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  • 8/9/2019 Parte Prima Cap. 1

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    PARTE PRIMA

    LA REINCARNAZIONE

    La morte all'intersezione del tempo e dell'eternit.

    Simone Weil

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    Cap. 1 LA FORZA DI UN'IDEA

    L'UOMO FRA FUTURO E PASSATO

    Tutti noi percorriamo questo scorcio finale del ventesimo se-

    colo avendo, rispetto alle generazioni precedenti, qualche

    problema in pi a credere fermamente nel futuro. Da ogni parte

    giungono inviti ad affidarsi alla sapienza scientifica e alla

    potenza tecnologica acquisita (dall'Occidente), le quali raf-

    figurano l'Uomo capace di dominare tutte le forze disgreganti:

    di sconfiggere la malattia, la povert, e anche la morte.

    Dovremmo, secondo questo punto di vista, contare su quanto

    l'uomo oggi sa di se stesso e su quanto riesce a fare per se

    stesso nel presente; considerare, cio, il nostro essere vivi,

    come singoli e come specie, un dato sempre pi sicuro e gover-

    nabile.

    Contare ciecamente sulle conquiste intellettuali umane, per,

    richiede di accantonare tante cognizioni e tante evidenze.

    Dimenticare che la libert decisionale sconfinata nella sen-

    sazione di onnipotenza. Dimenticare che l'uomo si dato gli

    strumenti e la mentalit per compiere azioni distruttive im-

    possibili ai suoi predecessori.

    Anche se una "congiura del silenzio" ne confina il ricordo al

    periodo degli anniversari, in questo secolo passa una linea di

    demarcazione imprescindibile per valutare realisticamente la

    civilt sviluppata negli ultimi quattrocento anni in Occiden-

    te. Questa demarcazione ha nomi esotici: Hiroshima e Nagasaki,

    nomi di luoghi dove l'uomo ha dimostrato di aver raggiunto un

    grado di possibilit concreta e di spersonalizzazione psicolo-

    gica tali da distruggere migliaia di vite senza necessit di

    coinvolgimento diretto e personale.

    Pertanto, oggi, per credere con la stessa convinzione di un

    tempo alla sicurezza della vita, nonostante le meraviglie del-

    la scienza medica e le conquiste sociali, si deve stenderenella memoria collettiva e personale una grande zona di amne-

    sia. Oppure si possono sminuire i fatti avvenuti, o argomenta-

    re politicamente l'impiego contro gli esseri umani dell'ener-

    gia nucleare. O, ancora, non avere dubbi che la lezione di

    evidenza distruttiva sia stata sufficiente: che quel che ac-

    caduto non accadr pi.

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    Ma questo richiede una nuova amnesia sul fatto che la potenza

    distruttrice si moltiplicata oltre ogni possibile immagina-

    zione e potrebbe cancellare l'umanit e il suo habitat. In

    definitiva, per essere del tutto convinti che l'uomo abbia il

    diritto di fare e decidere secondo ci che sa, senza tener

    conto di ci che non sa, deve essere dimenticata l'evidenza di

    un fallimento avvenuto nel perseguire i valori umani.

    Esiste, per, una possibilit diversa per pensare al ruolo

    dell'uomo e per concepire il significato della vita, una pos-

    sibilit che consiste nel riportare a noi la consapevolezza

    del mistero che circonda l'origine della vita sulla Terra. In

    questo mistero nascosta la ragione stessa delle singole esi-

    stenze individuali, addirittura la definizione stessa di Vita.

    Quanto pi ci limitiamo a quanto stato scoperto ed inventa-

    to, tanto pi ci identifichiamo con la parte transitoria e

    mortale di noi stessi, ovvero l'intelligente e abile Io, che

    , per, una parte assai piccola della mente.

    Se stabiliamo di rammentare il mistero che sta alla nostra

    origine, il punto di vista per guardare al mondo e al nostro

    ruolo in esso, si espande rispetto ai confini abitualmente

    pensati della vita umana, ovvero la nascita e la morte. Allar-

    gare il concetto di Vita a un tempo che va oltre la durata del

    corpo fisico e dell'Io implica effetti incisivi sul modo di

    condursi e nel modo di intendere il senso dell'esistenza. Ef-

    fetti, magari non soltanto positivi, come avremo modo di ri-

    cordare, ma fra questi effetti uno positivo e, in raffronto ai

    tempi attuali, anche innovativo innegabilmente esiste: viene

    introdotto e rafforzato il criterio della responsabilit, per-

    sonale e collettiva, sulle decisioni e le azioni da intrapren-

    dere. Con una pi ampia concezione della vita, infatti, l'ele-

    mento di giudizio non risiede pi esclusivamente, totalmente e

    rigidamente in quello che la personalit vivente sa, desiderao teme; il concepire la propria durata nel tempo pi estesa di

    quella del corpo fa albeggiare una forma pi incisiva di con-

    sapevolezza degli effetti che scaturiscono dagli orientamenti

    mentali, dalle attivit svolte, dai rapporti intrattenuti con

    l'ambiente e con gli altri individui.

    Dare alla Vita - anche solo in via ipotetica - il valore di

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    una vita fra altre possibili, cambia la profondit con cui la

    vita presente viene vissuta. Tutta la rimozione narcisistica

    dei fallimenti personali, e collettivi, non trova pi un ter-

    reno preparato per l'amnesia; le sfide del quotidiano, come i

    grandi enigmi insoluti della condizione umana, cominciano ad

    esigere un confronto a pi vasto respiro, promuovono la visio-

    ne che l'orientamento tenuto nel presente non esaurisce i suoi

    effetti nella realt immediata.

    E'per questa sua potenziale capacit di suscitare una maggiore

    consapevolezza nel vivere la propria vita che il diffondersi

    capillare della credenza nella Reincarnazione costituisce una

    sfida preziosa alla piattezza filosofica e morale del mondo

    moderno. L'ipotesi che la situazione del vivente possa avere

    un collegamento ad un retaggio di vite passate e che un compi-

    to futuro si stia preparando per altri tempi un colpo di

    gong che risveglia dal torpore la mente oppressa da preoccupa-

    zioni e aspirazioni di breve termine.

    La singolarit di questa sfida consiste nel non essere un mo-

    derno prodotto dell'intelletto, ma la variante moderna di un'

    idea presente presso vari popoli ed in ogni tempo, a volte

    come nozione istintiva, a volte come problema ai pi alti li-

    velli del sapere. Nella civilt dell'Occidente, regno dell'IO

    dove vige il culto della personalit brillante che si impone e

    che emerge "qui e subito", non viene dedicata alcuna attenzio-

    ne alle tradizioni sulla metempsicosi e la trasmigrazione del-

    le anime presso i popoli antichi, studiate per lo pi per mo-

    tivi culturali che ne mantengono la caratteristica di idee

    obsolete; neppure si viene indotti a considerare che milioni

    di persone di altre aree culturali credono tuttora alla vali-

    dit del concetto di rinascita.

    Ma l'idea, sotto il nuovo nome di Reincarnazione, da decenni

    ormai viene incontro all'Occidente con forza propria suscitan-do interesse per l'Induismo e il Buddismo che con questo argo-

    mento si confrontano da millenni. Sarebbe stato del tutto

    plausibile riscontrare nel mondo cristiano, che da 1500 anni

    almeno non tiene in considerazione l'idea di una preesistenza

    dell'anima, un interesse scarso o un'assenza di simpatia per

    la reincarnazione. Invece, l'attenzione sempre pi vasta dimo-

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    stra che essa fa vibrare corde profonde dell'animo, risveglia

    un "sospetto", mai del tutto sopito, che la vita oggi vissuta

    non esaurisca tutto ci che vi da vivere.

    Vogliamo, per, chiarire senza ombra di dubbio che il nostro

    intento non promuovere una "fede" nella "reincarnazione";

    abbiamo l'incrollabile convinzione che, nell'ambito di quello

    che trascende le umane possibilit di certezza, ognuno debba

    riflettere e orientarsi liberamente. D'altra parte, la consta-

    tazione del diffuso interesse su questo argomento, evidenzia

    la necessit di esperire numerosi mezzi per orientare la ri-

    flessione.Non affermiamo, quindi, la "verit" dell'idea rein-

    carnazionista; ne riconosciamo l'antica dignit e assumiamo

    come ipotesi che, esattamente come suggerisce l'esperienza

    quotidiana a ogni altro livello, il presente dell'Anima in-

    trattenga delle connessioni col passato e che, a sua volta, il

    presente possa costituire la ragione di una vita futura.

    Osservando, poi, che l'idea del ritorno di un principio vitale

    in nuovi corpi ha una storia antica, diffusa e multiforme,

    riteniamo che, per lo meno allo stato attuale dello sviluppo

    dell'umanit, la sua vera funzione consista nel costituirsi

    prima di tutto come una sfida alla mente. Questa idea del ri-

    torno alla vita non appartiene di diritto ed esclusivamente ad

    una religione, per quanto alcune confessioni l'abbiano inglo-

    bata a differenza di altre, e non si configura, pertanto, come

    una fede da coltivare, ma come una diretta e libera assunzione

    di responsabilit nel ragionare sul senso globale della pro-

    pria vita.

    METEMPSICOSI, TRASMIGRAZIONE, REINCARNAZIONE

    Questi vocaboli sono dati come sinonimi, anche nei pi comuni

    dizionari della lingua italiana, ma identici non sono. Vero

    che risulta oltremodo difficile formulare per ognuno di essiuna perfetta definizione, sia per l'abitudine ad intercambiar-

    li, sia per il loro utilizzo nell'occultismo che ne ha diffe-

    renziato variamente il significato.

    Tendenzialmente si pu considerare la metempsicosi come il

    passaggio di un "principio eterno" in corpi fisici dei tre

    regni della natura, come pianta, animale, uomo; si applica

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    comunemente alle dottrine pitagoriche. La trasmigrazione un

    termine di pi ampia portata, frequentemente riferito alle

    dottrine orfiche ed orientali, con cui si intende il passaggio

    di elementi psichici dell'uomo dopo la sua morte in altro (o

    altri) essere umano. La reincarnazione invece il termine pi

    moderno e si riferisce, nell'accezione pi stretta e pi pub-

    blicizzata, alla continuit dell'individuo, dovuta al passag-

    gio dopo la morte di tutti i suoi elementi psichici in un nuo-

    vo corpo umano. E' con questo termine che la molteplicit del-

    le vite diventata un concetto famigliare in Occidente, ag-

    gregando via via credenze sempre pi legate alla remunerazione

    o alla punizione di quanto compiuto nelle esistenze preceden-

    ti.

    Alla visione strettamente reincarnazionista si riallacciano le

    ricerche su testimonianze di vite gi vissute, diventate usua-

    li dal secolo scorso negli ambienti dello spiritismo, condotte

    da studiosi contemporanei che sottopongo-

    no le testimonianze alle opportune operazioni di verifica.

    Sembra consigliabile andare cauti con le memorie di vite pas-

    sate, quandanche abbiano superato le verifiche pi rigorose,

    perch le potenzialit della mente sono ancora in larga parte

    sconosciute. Non da considerarsi improbabile che una persona

    posta nelle adatte condizioni (come nell'ambito di un esperi-

    mento di regressione o per effetto dell'ambiente di nascita,

    come nel caso dell'India) possa "conoscere" vite che sono sta-

    te gi vissute; ma da questo non consegue necessariamente che

    tali vite siano state vissute dalla sua "anima". La non cono-

    scenza dei limiti della mente e di quanto essa abbia immagaz-

    zinato, gi avvenuto dalla notte dei tempi o ancora da avveni-

    re, rende imprudente considerare questi ricordi come veramente

    personali. Essi assumono un valore di indizio, quando non ad-

    dirittura di prova, in Occidente perch il loro carattere in-solito suscita scalpore; ma cos non accade nei paesi dove la

    trasmigrazione un'idea globalmente accettata. Nei testi sa-

    cri indiani, come le Upanishad, il credo nella trasmigrazione

    dell'anima da un corpo all'altro non dipende da fatti di memo-

    ria, ma semplicemente dalla convinzione che l'anima indi-

    struttibile.

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    Da un altro punto di vista, queste ricerche di esistenze pre-

    cedenti possono essere l'effetto negativo della diffusione

    dell'idea reincarnazionista in Occidente; infatti la ricerca

    su vite passate pu trasformarsi in un'espressione narcisisti-

    ca, in una costituzione di miti personali che consentono di

    sfuggire alla normalit insoddisfacente del quotidiano.

    La considerazione pi importante da farsi che la ricerca di

    memorie di incarnazioni passate, per spiegare circostanze con-

    crete o lati del carattere, si configura come una risposta ad

    una domanda non posta che invece essenziale: che cosa ritor-

    na in vita? Cercare memorie di una "propria" vita passata si-

    gnifica aver automaticamente accettata l'ipotesi che l'Io di

    oggi coincida con l'Io del passato e che porti con s - sepol-

    te in strati profondi della memoria- storie del tutto sue, o

    con un'altra parola diventata comune: il suo karma. Questo

    tipo di approccio alle vicende dell'anima, gradito alla menta-

    lit occidentale gelosa dell'individualit e restia a dissol-

    verla, non da ritenersi, per, l'unico o il pi diffuso. Dal

    punto di vista generale della trasmigrazione, infatti, il ri-

    torno alla vita non riguarda forzatamente elementi personali

    dell'uomo, ma solo effetti delle azioni che vengono compiute;

    secondo questa visione l'uomo stesso sarebbe karma incarnato.

    Su questa sottile, ma fondamentale questione di "chi" si rein-

    carna diremo meglio a proposito dell'Induismo e del Buddismo;

    vi accenniamo qui per suggerire che nell'accostarsi all'idea

    della reincarnazione il primo compito da proporsi identifi-

    care dei criteri che risuonino come verit alla propria intima

    ricerca di significato.

    Tanto meglio se tali criteri avranno il sostegno di testi ca-

    rismatici, o delle opinioni delle persone vicine, perch que-

    sto ispirer una rassicurante sensazione di unit con i propri

    simili, ma non a prezzo della rinuncia alla responsabilit perle proprie credenze e per il proprio destino spirituale, per-

    ch non da escludere che ci che avverr dopo la morte con-

    sister precisamente in quello in cui si avuto fede nel cor-

    so della vita.

    Le generazioni che ci hanno preceduto, dissodando il terreno

    dell'inconsapevolezza in cui l'uomo era avvolto, hanno lascia-

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    to un giardino fiorito di tante tradizioni e credenze ove pos-

    siamo oggi addentrarci, confortati dal sentire che interrogar-

    ci sulla nostra umanit il momento spirituale pi bello, che

    ci distingue da altre pur meravigliose forme di vita.

    L'ANIMA IN TERRA GRECA

    Anima significa vento, aria, spirito, soffio vitale, ed come

    soffio vitale che la intesero le civilt primitive in ogni

    parte della Terra, alcune dandole una sede interna, in qualche

    organo o nelle ossa, altre intendendola esterna, magari inse-

    diata nell'ombra proiettata dal corpo.

    Principio vitale era considerata anche dai popoli antichi del-

    la Grecia; fino all'epoca omerica, l'anima aveva una sola fun-

    zione: abbandonare il corpo e con ci determinarne la morte.

    Per il suo successivo destino Omero non nutriva grandi aspet-

    tative: essa confluiva nell'Ade e restava priva di contatti

    con il mondo vivente, tranne che con gli eroi che talvolta

    nell'Ade si introducevano fortunosamente per interrogarla. A

    quel tempo, gli uomini erano eroi o vili, buoni o cattivi,

    nobili o schiavi per volere degli dei; non era ancora sorto

    quel sentimento del merito o demerito personale originato da

    un concetto che informer tutta la civilt successiva del ba-

    cino del Mediterraneo: il senso di colpa.

    Fu la nascita delle citt greche in sostituzione della civiltdei palazzi, a creare nuovi rapporti sociali e a sottomettere

    il singolo al giudizio dei suoi simili. Nacque cos il concet-

    to di colpa personale che non fu senza influsso sul concetto

    di anima. Oppure possiamo dire che fu l'Anima ad influire sul-

    le attivit mentali, a risvegliare gli uomini e a manifestarsi

    come sede di valutazioni morali?

    Ci che conta che questa nuova concezione provoc una rivo-

    luzione e, circa sette secoli prima della nostra era, in Gre-

    cia il destino dopo la morte assunse linee pi complesse.

    L'anima cominci ad essere descritta come dimensione interme-

    dia fra il basso livello degli animali e quello altissimo de-

    gli dei e le scuole di pensiero che maggiormente si affermaro-

    no proposero diverse vie di uscita da questa condizione.

    Il movimento dionisiaco, originario di una zona "barbara", os-

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    sia esterna alla Grecia e situata nell'Asia minore, fu il pri-

    mo a porre l'anima come soggetto di una visione iniziatica che

    si articolava di vita in vita; la liberazione da questo rivi-

    vere doveva avvenire "dal basso", con la sperimentazione da

    parte dell'uomo di una condizione ferina, selvaggia, inebriata

    e, pertanto, scevra dalle colpe abituali della normalit uma-

    na. Successivamente, al movimento dionisiaco si collegarono

    due correnti filosofico-religiose che, ugualmente ribadirono

    la trasmigrazione. Esse proponevano, per una via di uscita

    "verso l'alto", con la divinizzazione dell'anima e differivano

    fra loro nell'obiettivo sotteso alla catena delle vite.

    La scuola di Pitagora, il quale era essenzialmente uno sciama-

    no, consisteva in una comunit iniziatica, maschile e femmi-

    nile, le cui regole di vita erano condizionate dall'aspetta-

    zione di vite future; la promessa pitagorica era che, al ter-

    mine delle esperienze in ogni genere di corpi, l'anima avrebbe

    acquisito conoscenza e potere, diventando un demone o una di-

    vinit.

    La scuola che si richiamava ad Orfeo era formata da sacerdoti

    itineranti e definiva il corpo come un "carcere" per l'anima,

    che in esso veniva punita per le colpe di cui era macchiata.

    Lo scopo della trasmigrazione per gli orfici consisteva in una

    espiazione e la promessa per il futuro era, semplicemente, la

    purificazione dell'anima.

    E' importante sottolineare questa differenza di orizzonte tra

    i pitagorici e gli orfici, poich il dilemma sullo scopo della

    reincarnazione, se sia apprendimento o espiazione, permane in-

    tatto nel presente e sembra rispondere ad un dualismo profon-

    damente radicato nella mente umana.

    C' da chiedersi, comunque, da dove, secondo gli antichi gre-

    ci, venisse agli uomini tanta malvagit. La risposta si trova

    ancora nel dionisismo; il mito racconta che i progenitori de-gli uomini, i Titani, uccisero, smembrarono e divorarono il

    corpo dell'innocente Dioniso, lasciando questa colpa come ere-

    dit per i posteri. L'inclinazione violenta degli esseri umani

    si spiegherebbe con questo crimine primordiale e causerebbe la

    necessit della trasmigrazione dell'anima. L'idea di una colpa

    originaria un mito universale; oggetto di studio della

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    Psicologia moderna che la rintraccia nella costituzione stessa

    dell'Io, ed inglobato in molte religioni come dimostra la

    Genesi con la cacciata di Adamo dal Paradiso. Anche gli Assi-

    ro-Babilonesi, fondatori dell'astrologia, sottolinearono il

    concetto di colpa, immaginando che, sciolti i legami col cor-

    po, l'anima scendesse nel regno di divinit oscure per sotto-

    stare al giudizio sulle azioni compiute.

    Pertanto, tutte le civilt dell'area mediterranea condivisero,

    portandola a varie conclusioni, l'idea che l'anima abbia una

    vita separata dal corpo; ovunque, progressivamente si sottoli-

    ne l'importanza della valutazione morale sul comportamento in

    vita, proprio in conseguenza del credere alla persistenza del-

    l'anima oltre la durata corporale.

    Constatiamo, quindi, che sebbene non prioritaria l'idea della

    trasmigrazione non era estranea alle radici della nostra ci-

    vilt; chi pi autorevolmente ha dato voce a questa tendenza

    spirituale Platone. Pur tenendo conto della vastit dei suoi

    scritti e delle variazioni del suo pensiero, questo frammento

    della Repubblica ha una grande forza suggestiva perch enfa-

    tizza la partecipazione diretta dell'anima alla scelta della

    nuova vita e descrive questo momento decisivo con mirabile

    rispondenza ai meccanismi orientativi umani.

    [...] Anime dall'effimera esistenza corporea, incomincia per

    voi un altro periodo di generazione mortale, preludio a nuova

    morte. Non sar un demone a scegliere voi, ma voi a scegliervi

    il demone" Dopo queste parole dell'araldo divino, Er, il nar-

    ratore scelto dagli dei per vedere e riportare questi fatti,

    racconta che sulle anime vengono lanciate le "sorti", ovvero

    il turno per scegliere la vita futura. Ogni anima si affretta

    a raccogliere la sorte cadutale accanto che le d il diritto

    di scegliere da un mucchio contenente ogni tipo di vita, ani-

    male e umana. Esistenze con tanta belt, valore, ricchezza, ocon una mescolanza di povert e ricchezza, salute e malattia;

    vi erano gerarchie di vite [..] non c'erano per gerarchie di

    anime perch l'anima sarebbe diventata necessariamente diversa

    a seconda della vita che sceglieva. L'araldo continua a dare

    istruzioni [...] Anche chi si presenter per ultimo, purch

    scelga con senno e viva con regola, pu disporre di una vita

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    amabile, non cattiva. Il primo cerchi di scegliere con cura e

    l'ultimo non si scoraggi. A queste parole [...] colui che ave-

    va avuto la prima sorte si era subito avanzato e aveva scelto

    la peggior tirannide. A questa scelta era stato spinto dal-

    l'insensatezza e dell'ingordigia, senza averne valutato abba-

    stanza tutte le conseguenze. E cos non s'era accorto che il

    fato racchiuso in quella scelta gli riservava la sorte di di-

    vorarsi i figli, e altri mali. Quando l'aveva esaminata a suo

    agio, si percoteva e si lamentava della scelta, senza tenere

    presenti le avvertenze dell'araldo divino. Non gi incolpava

    se stesso dei mali, ma la sorte e i demoni, tutto insomma ec-

    cetto s. Quest'anima incauta nella scelta proveniva da un'e-

    sistenza ben ordinata ed era inesperta di sofferenze, mentre

    altre, provenienti da vite pi sofferte, non si lanciavano in

    scelte precipitose. Il risultato era che in genere si vedevano

    le anime permutare beni con mali e mali con beni, perch la

    maggior parte sceglieva in base alle abitudini contratte nella

    vita precedente [...] S'era avanzata poi a scegliere l'anima

    che era stata Ulisse, cui il caso aveva riservato l'ultima

    sorte; ridotta senza ambizioni dal ricordo dei precedenti tra-

    vagli, se ne era andata a lungo in giro cercando la vita di un

    privato individuo schivo di ogni seccatura. E non senza pena

    l'aveva trovata, buttata in un canto e negletta dalle altre

    anime; al vederla aveva detto che si sarebbe comportata al

    medesimo modo anche se la sorte l'avesse designata per prima;

    e se l'era presa tutta contenta. A scelta effettuata, ogni

    anima ricevette per compagno il demone guardiano che le avreb-

    be fatto adempiere al destino scelto; poi, al calar della sera

    tutte le anime bevettero le acque del Lete e dalla memoria

    scomparve la nozione di tutto quanto avvenuto e deciso. [...]

    Poi s'erano addormentati, quando a mezzanotte era scoppiato un

    tuono e s'era prodotto un terremoto; d'improvviso chi di quachi di l, eccoli portati in su a nascere, ratti filando come

    stelle cadente.

    L'EGITTO E LA SAPIENZA ERMETICA

    Nel lungo periodo della civilt egizia si sviluppata la con-

    vinzione della persistenza dell'anima e di una superiore valu-

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    tazione da subire dopo la morte. Nei miti di Osiride spicca,

    per, una tradizione trasmigratoria (che probabilmente diede

    origine alla classificazione gnostica degli uomini in "comuni"

    ed "eletti") secondo la quale, periodicamente, all'interno del

    genere umano rinascerebbe una sacra trib di eroi con il com-

    pito di assistere ed elevare le condizioni materiali e spiri-

    tuali della Vita sulla Terra.

    Il pi efficace contributo egizio al pensiero della trasmigra-

    zione, si ha, per, tardivamente negli scritti di Ermete Tri-

    smegisto che tanto influenzarono l'epoca rinascimentale.

    Ecco un frammento che espone la trasmigrazione dell'anima come

    un destino (quasi) collettivo e che echeggia concezioni rin-

    tracciabili in India [...] Da una sola Anima dell'Universo

    derivarono tutte le anime. Queste anime hanno molti mutamenti,

    alcuni assumendo pi fortunato stato, altre tutto il contra-

    rio... Non tutte le anime umane, solo le anime pie sono divi-

    ne. Una volta separata dal corpo, e dopo aver lottato per rag-

    giungere la piet, che consiste nel riconoscer Dio e nel non

    fare del male a nessuno, una tale anima diviene tutta intelli-

    genza. L'anima empia, comunque, punisce se stessa nella ricer-

    ca di un corpo umano in cui entrare, giacch non altro corpo

    pu ricevere l'anima umana; essa non pu entrare nel corpo di

    un animale privo di ragione. La legge divina preserva l'anima

    da simile infamia... L'anima passa da forma a forma; e le di-

    more del suo pellegrinaggio sono molteplici. Tu deponi i tuoi

    corpi come vestimenti; e come vesti torni ad indossarli. Tu

    esisti da tempo, anima dell'uomo; anzi, tu esisti da sempre.

    LA SORGENTE INDIANA: Induismo e Buddismo

    Orientarsi nell'arcipelago delle tradizioni, delle osservanze

    e delle stratificate interpretazioni della filosofiareligiosa dell'India opera riservata a specialisti e non

    abbiamo la pretesa di emularli. Sottolineiamo, per, che la

    gamma delle spiegazioni sulle vicende del principio spirituale

    dentro l'uomo ben pi vasta e complessa della generale con-

    vinzione occidentale che vuole tutti gli indiani credenti nel-

    la reincarnazione e nel karma.

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    Cerchiamo di individuare i concetti chiave unificanti la mol-

    titudine di credenze. Prima di tutto l'esistenza in ogni uomo

    di un principio permanente che non l'Io (non , cio, la

    persona che nasce, ha un nome, viene mossa da sentimenti e

    risentimenti e alla fine muore) bens una misteriosa presenza

    immune dalle circostanze del tempo e dello spazio: l'anima

    individuale. Secondariamente, viene generalmente condiviso che

    tale principio permanente identico all'Anima universale,

    ossia alla immota purezza della Coscienza cosmica. Terzo punto

    condiviso che questa identit con l'Anima universale del

    tutto ignota all'anima individuale.

    Da questa base comune, le varie scuole si differenziarono per

    spiegare le ragioni dell''"ignoranza" dell'anima e i suoi ef-

    fetti.

    Vi furono gli assertori di un determinismo assoluto, secondo i

    quali l'uomo subirebbe senza via d'uscita un destino cieco a

    causa della natura stessa delle cose, del capriccio del caso,

    dell'azione del tempo e altro ancora. Questi pensatori invita-

    rono all'edonismo; o all'indifferenza esistenziale risultando,

    per lo meno, tiepidi sul problema etico e la condotta morale.

    La maggior parte delle scuole sostenne, invece, che, non cono-

    scendo la sua natura divina, l'anima lascia libert all'Io di

    creare false rappresentazioni mentali e nutrire desideri che

    hanno il potere di intrappolarla nella dimensione materiale.

    L'anima trasmigra cos di vita in vita incontrando gli effetti

    delle azioni delle vite passate, ossia il karma.

    Lo sviluppo di questo concetto rappresenta l'avvento della

    morale nella cultura induista, ed equivale alla transizione

    greca dalle credenze omeriche sull'anima a quelle dionisiache.

    Karma (o karman ) significa azione ed indica essenzialmente

    che gli effetti delle azioni buone o cattive conservano in-

    fluenza nel tempo. Con l'idea del karma la vita assume un si-gnificato che va oltre le possibilit di conoscenza dell'uomo,

    il quale, per, interrogandosi sulla qualit dei suoi compor-

    tamenti diventa, in gradi o in modi diversi a seconda delle

    scuole religiose, partecipe della formazione del suo destino.

    I testi sacri sul karma introducono, pertanto, nell'India la

    questione della libert morale, anche se nessuno ne d una

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    soddisfacente spiegazione definitiva; come pu, infatti, l'uo-

    mo essere libero se alle sue spalle premono gli effetti del

    karma? Ma, il fatto di avanzare il principio dell'esistenza

    della libert morale, permette all'Induismo di porre all'oriz-

    zonte una via di uscita dalla dolorosa catena delle vite. Ogni

    uomo, insegnarono la maggior parte delle scuole, nasce in una

    condizione predeterminata, ma dispone della libert morale per

    disegnare il karma futuro a seconda dei comportamenti e delle

    decisioni della vita presente.

    Non sfuggir che, nei fatti, questa concezione finisce per

    inglobare tutte le esperienze di sofferenza dell'uomo dando

    loro un carattere di fatalit; alcune tradizioni offrono una

    visione fortemente punitiva della trasmigrazione, che diventa

    una spiegazione fatalistica delle disparit delle condizioni

    di vita fra gli esseri umani.

    In epoca pi tarda, intorno al V secolo a.C., dall'alveo delle

    credenze induiste si stacc la predicazione di Budda e dalle

    sue parole, ma ancor pi dalle sue reticenze, ebbe origine un

    grande movimento innovativo. Questa complessa dottrina si di-

    stinse mettendo in risalto l'incessante mutabilit di tutto

    l'esistente: non c' niente che possieda un'esistenza sostan-

    ziale autonoma, n una materia eterna, n un'anima eterna, n

    un dio eterno. Esistono solo le Leggi universali, lo spazio

    vuoto e il Nirvana, parola con cui viene designato lo stato di

    assenza di tutti quei desideri che l'uomo prova a causa della

    dolorosa illusione di essere un'entit separata. In modo net-

    tamente contrastante con la generalit delle tradizioni, il

    Buddismo insegna che ci che si intende come "persona" non

    sarebbe la somma di un'anima e di un corpo, ma la risultante

    di vari livelli di incessanti combinazioni di atomi [simili

    concetti echeggiano nella fisica moderna]. Tutto ci che esi-

    ste (o meglio: sembra esistere) sorge dalla combinazione dipropriet senza possessori, di condizioni senza soggetto spe-

    rimentante, di accadimenti senza un substrato su cui svilup-

    parsi. Il concorso di questi elementi, nei livelli pi grevi,

    sarebbe responsabile della grande illusione che esistano enti-

    t materiali separate e dotate di una loro propria unit.

    Con la morte, che dissolve la coesione delle componenti spiri-

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    tuali e materiali, il flusso della coscienza illusoria alimen-

    tato dal karma persiste aggregando le componenti di un nuovo

    essere che, pur diverso dal precedente, ne continua la vita

    come erede delle sue azioni.

    Per il Buddismo, quindi, Il karma non punisce esseri - che non

    esistono pi e neppure sono realmente esistiti - ma guida il

    divenire del mondo come un'esigenza di bilanciamento di tutte

    le azioni compiute nel mondo stesso. In altre parole la nasci-

    ta degli esseri umani avviene perch i resti psichici delle

    azioni compiute dagli esseri precedenti reclamano un altro

    corpo che dia loro espressione; l'arresto del processo di ri-

    versamento karmico lo scopo da perseguire comprendendo l'

    illusoriet di ogni separatezza, affinch il karma possa

    estinguersi nella beatitudine del Nirvana.

    Queste concezioni, che non contemplano alcuna divinit crea-

    trice e definiscono il mondo come appare ai sensi una semplice

    illusione, furono, e ancora sono, difficili da comprendere,

    cosicch presto nel Buddismo si formarono due tendenze desti-

    nate a divergere sempre pi. Le loro denominazioni sono: la

    scuola del "Piccolo" Veicolo, che mette l'accento sulla libe-

    razione individuale da ottenere con una vita ritirata dal mon-

    do e l'aspirazione al (proprio) Nirvana, e la scuola del

    "Grande" Veicolo, che sottolinea la salvezza di tutti gli es-

    seri, da perseguire con la compassione e la carit.

    L'India stata un grande laboratorio per i molteplici orien-

    tamenti della credenza nella trasmigrazione e ci permette di

    individuare come possano ampiamente divergere gli effetti so-

    ciali e concreti di questa credenza. L'Induismo, pur pervaso

    dal grandioso concetto di ahimsa, riduttivamente tradotto come

    "non violenza", affiancava a tale mite regola di condotta la

    divisione in caste che, nei fatti, si configurava come una

    violenza alla dignit umana. La societ tradizionale anticaera divisa in gruppi sociali secondo l'attivit della famiglia

    del nativo, diretta conseguenza del suo karma: dalla prima ca-

    sta braminica, esentata da lavori materiali, alla quarta dei

    servi, assoggettata ai servizi per le caste superiori, seguita

    poi dalla sterminata massa degli "intoccabili", fuori casta.

    Limitando la libert sociale, veniva limitata anche la libert

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    morale sulla quale avrebbe dovuto, invece, fondarsi il karma

    della vita futura.

    Il Buddismo, non enfatizzante il concetto di colpa ma quello

    di compassione, rifiut fin dalle origini la divisione sociale

    in caste separate. La tradizione narra che il re Ashok, prima

    persecutore e poi convertito al Buddismo, ripudi il ricorso

    alla guerra, viet i sacrifici di esseri viventi, costru case

    di accoglienza e ospedali per uomini e per animali, scav poz-

    zi e piant alberi ombrosi per i pellegrini.

    L'accento sulla compassione sembra rendere pi mobile ed evo-

    lutiva la societ, promuovendo lo spirito di servizio dei sin-

    goli e togliendo al karma le valenze persecutorie che non di

    rado tende ad assumere.

    LE "VIE " CINESI

    La cultura cinese si caratterizzata fin dalle origini come

    molto attenta al ruolo dell'individuo di fronte alla societ;

    pi che alle tematiche interiori ha dato importanza a quelle

    esteriori, lasciando l'uomo immune da quel senso di colpa che

    ha caratterizzato la societ greca classica e quelle giudaico-

    cristiane. L'uomo cinese provava "vergogna" e non colpa ogni

    volta che il suo comportamento lo rendeva passibile del rim-

    provero da parte dei suoi simili. Dal magma dell'Universismo

    cinese nel VI sec. A.C. emersero due filoni.

    Il Confucianesimo, che divenne una vera e propria filosofia di

    stato, considerava specifico compito morale dell'uomo svilup-

    pare il sentimento dell'Ordine Universale e poneva l'accento

    sulla morte come momento di interesse sociale, promuovendo una

    grande e duratura tradizione di riti funebri. Il culto degli

    antenati si fondava sulla convinzione che l'anima persistesse

    dopo la morte del corpo e che entrambi avessero come comune

    luogo di destinazione la dimensione sotterranea: il corpo pertornare alla sua matrice e l'anima per ricongiungersi agli dei

    della Terra; ma per alcune correnti la sopravvivenza dell'ani-

    ma costituiva una semplice credenza di conforto per i vivi. Le

    credenze popolari, a fianco della religione ufficiale, contem-

    plavano la possibilit che sporadicamente le anime dei trapas-

    sati potessero tornare in vita assumendo i corpi di orsi e di

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    serpenti.

    L'altro filone fu il Taoismo che affermava essere l'Ordine

    Universale una realt concreta, fonte di vita per tutti gli

    esseri attraverso un'armonia dei contrari, sebbene indefini-

    bile, o definibile come: Vuoto o Nulla. L'osservanza delle

    regole di vita taoiste proponeva una via mistica ed ascetica,

    avente lo scopo di dare l'immortalit all'anima personale at-

    traverso il metodo della quiete, dello svuotamento del cuore e

    dello spirito da ogni sentimento particolare, al fine di rag-

    giungere l'estasi, ossia l'identificazione con l'Ordine uni-

    versale.

    Alle credenze autoctone universiste si affiancarono visioni

    penetrate dall'esterno; forse intorno I secolo d.C. i monaci

    itineranti indiani approdarono in Cina, trovando il terreno

    preparato dai concetti mistici taoisti e, nonostante le suc-

    cessive frequenti persecuzioni, la loro filosofia provoc una

    rivoluzione delle credenze. Essi introdussero i concetti del

    tutto nuovi della trasmigrazione e della legge morale del kar-

    ma che, intrecciandosi con i sentimenti popolari locali, die-

    dero origine a minuziose regole di rinascita in conseguenza

    dei vari tipi di peccato: per l'usura la rinascita come asino,

    cammello o pecore da tosare, per l'adulterio la rinascita come

    anatra; invece, per una condotta ossequiente alla morale comu-

    nemente condivisa, la rinascita in una nuova vita lunga e fe-

    lice. Nonostante questi aspetti folcloristici ed integralisti,

    l'idea di poter rinascere in corpi umani ebbe ampia diffusione

    presso le popolazioni cinesi e vari riti per propiziare alle

    anime defunte una buona rinascita divennero ogni anno il cen-

    tro di una grande festa popolare della morte e della reincar-

    nazione.

    EBRAISMO E CRISTIANESIMOLa Bibbia pone costantemente l'accento sulla potenza creatrice

    di Dio raffigurato in forma personale, senza nulla in comune

    con la visione impersonale di un Tutto onniaccogliente, o Ani-

    ma universale caratteristica delle concezioni orientali.

    L'uomo composto di anima e di corpo ed creato da Dio, per-

    tanto n l'Ebraismo n le religioni derivate si soffermano

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    sulla condizione dell'anima prima della nascita. Una sua even-

    tuale pre-esistenza in Dio potrebbe non discordare con le dot-

    trine bibliche che, per, esplicitamente non la sostengono.

    Viceversa, l'Ebraismo molto si interrog sulla condizione uma-

    na e sulla sofferenza, specialmente quando essa colpisca uomi-

    ni giusti e obbedienti al Signore. Le speculazioni sul proble-

    ma del dolore umano trovano la pi alta espressione biblica

    nel Libro di Giobbe, che si conclude con il riconoscimento

    della umana debolezza e del dovere dell'uomo di sottomettersi

    totalmente alla volont divina, per pacificarsi col proprio

    dolore e ricevere da Dio nuove e pi grandi benedizioni mate-

    riali.

    Anche sulle vicende dell'anima dopo la morte, la religione uf-

    ficiale ebraica si scarsamente pronunciata, ma nelle creden-

    ze popolari era presente la convinzione che essa sostasse in

    una specie di terra dell'oblio. Sottolineando soprattutto lo

    stretto rapporto dell'anima col corpo, l'Antico Testamento ac-

    coglie, invece, la credenza nella resurrezione del corpo, come

    una prospettiva generale e realizzabile alla fine dei tempi.

    Similmente il Cristianesimo accetta l'idea della resurrezione

    finale dell'uomo ponendola, per, come diretta conseguenza

    dell'evento centrale, e decisivo per la salvezza dell'anima,

    costituito dall'avvenuta resurrezione di Cristo.

    A fianco delle forme ufficiali di queste due religioni, sono

    state portate avanti speculazioni mistiche contemplanti in

    qualche caso l'idea della trasmigrazione. Nello Zohar, che

    il nucleo della Cabala, si prospetta una riunione delle anime

    nel divino, allorch esse abbiano attraversato le vite neces-

    sarie per maturare tutte le perfezioni in esse seminate fin

    all'origine. Le sette gnostiche, alcune apparentate al Cri-

    stianesimo e considerate sue derivazioni eretiche, nelle loro

    speculazioni pervennero talvolta a concezioni reincarnazioni-ste simili a quelle indiane; generalmente, per, l'ambito gno-

    stico sottoline con forza l'effetto salvifico della conoscen-

    za, ponendo l'accento sulla rivelazione divina destinata a

    pochi eletti, salvi per natura, e preclusa agli altri uomini.

    Non mancarono, inoltre, Padri della Chiesa che si interrogaro-

    no sulla preesistenza dell'anima, talvolta affrontando aper-

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    tamente l'idea della trasmigrazione. Il II Concilio di Costan-

    tinopoli nel 553 intervenne con un'anatema, scomunicando i

    sostenitori della preesistenza dell'anima e della sua reinte-

    grazione finale in Dio; gli studiosi moderni avanzano dubbi

    sulla effettiva conoscenza di questo anatema da parte del Pa-

    pa, ma innegabile che il Cristianesimo, abbandonando il sin-

    cretismo degli inizi, divenne col tempo sempre pi dominato

    dalle alte gerarchie del clero concordemente avverse ad ogni

    ipotesi di trasmigrazione dell'anima.

    UN "ERETICO" INGENUO ED IRRIDUCIBILE

    Il giudizio su Giordano Bruno come uomo controverso, ma del

    pensatore tutti sono concordi nel sottolineare il carisma e la

    carica innovativa. La sua filosofia si sviluppata nella se-

    conda met del 1500, avendo sullo sfondo, da una parte la ri-

    voluzione copernicana che riconosceva il Sole e non pi la

    Terra come centro intorno al quale ruotano i pianeti, e, dal-

    l'altra la Riforma protestante che si riprometteva un distacco

    dalle prassi mondane della Chiesa e dalla sua interpretazione

    delle Sacre Scritture.

    La ricerca di nuovi orizzonti era il filo conduttore del pen-

    siero di Bruno che affrontava nelle sue formulazioni pi ele-

    vate l'idea della molteplicit dei mondi, dell'Anima Universa-

    le il cui Intelletto muove la materia dal di dentro e che,

    come "fabbro del mondo", dall'interno del seme fabbrica ogni

    corpo. Bruno celebrava, quindi, il carattere divino della Na-

    tura e intendeva la divinit come Uno, che tutto comprende,

    avvicinandosi, dunque, a Pitagora e all'ermetismo e non rifiu-

    tando la possibilit di trasmigrazione delle anime, sulla qua-

    le egli si interrogava e che probabilmente, al di l dello

    stimolo intellettuale, gli dava anche forza personale nell'ul-tima parte del suo destino travagliato.

    Troppo libero e fuori dagli schemi per venir tollerato dalla

    Chiesa coinvolta da uno storico periodo di difficolt, troppo

    malaccorto nelle relazioni sociali della sua vita di esule

    pellegrino, troppo ingenuo e illuso per dubitare che, spiegan-

    do diffusamente le sue idee, avrebbe dissolto l'accusa di di-

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    sprezzo per la religione, Bruno visse gli ultimi dieci anni

    della sua vita confinato nelle prigioni romane. "Accolgo la

    sentenza con paura minore di quella che provate voi nel comu-

    nicarmela" disse ai giudici che lo condannarono e con lo stes-

    so sprezzante coraggio affront il rogo nel febbraio del 1600.

    Questa una delle sue risposte ai giudici, nella fase vene-

    ziana del processo, e documenta un'umanissimo atteggiamento

    problematico sulla reincarnazione; una visione complessa, pos-

    sibilista e dubitativa delle capacit umane di pervenire alla

    soluzione, che non lontana dall'essere, forse, l'atteggia-

    mento pi razionale che sia dato tenere. [...] Ho sostenuto e

    sostengo che le anime sono immortali.. Cattolicamente parlan-

    do, io credo, che le anime non passino da un corpo all'altro,

    ma vadano in paradiso, in purgatorio o in inferno. Ragionando

    per col lume naturale, e parlando da filosofo, ho considerato

    che l'anima non pu sussistere senza il corpo, eppure non un

    corpo; quindi pu alla stessa guisa passare da un corpo al-

    l'altro. Il che se non vero, pare almeno verisimile l'opi-

    nione di Pitagora...[...]

    UN'AMBASCIATRICE DALL'ORIENTE

    La parola teosofia significa conoscenza di Dio e si applica a

    tutti i mezzi che possono permettere il contatto con il divino

    e le sue rivelazioni. Tutta la storia del pensiero percorsa

    da correnti di speculazione teosofica; abbiamo citato nel no-

    stro percorso Pitagora e gli Orfici, gli gnostici e gli erme-

    tici, Platone e Giordano Bruno. Tutti gli ambienti della spe-

    culazione teosofica condividono l'enfasi sull'unione mistica

    con Dio, intravedono una dimensione esoterica dei testi sacri,

    anche dei Vangeli, velata negli insegnamenti divulgati alla

    generalit degli uomini, nonch la possibilit di esperienzestraordinarie, occulte o, con dizione moderna, parapsicologi-

    che.

    Dal 1875 la parola "teosofia" designa correntemente anche il

    complesso di credenze raccolte, amalgamate e diffuse da Helena

    Blavatsky, un'intraprendente personalit russa (fra le sue

    esperienze sembra esserci anche la partecipazione alle imprese

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    garibaldine) che a lungo soggiorn in India. I principi che

    essa pose come base della sua Teosofia, che non nacque come un

    nuovo credo, ma come diffusione di cognizioni segrete note

    agli iniziati dall'antichit, sono essenzialmente tre.

    L'onnipresente, eterno, sconfinato Principio Divino che tra-

    scende le pi eccelse capacit di formulazione della mente

    umana. L'eternit dell'Universo, che ciclicamente soggetto a

    fasi di manifestazione e di scomparsa. La fondamentale identi-

    t di tutte le anime con l'Anima universale e l'inevitabile

    pellegrinaggio di ogni anima nel ciclo delle reincarnazioni

    secondo le cause create dal karma; all'origine di questa pere-

    grinazione vi sarebbe la fondamentale condizione non evoluta

    dell'anima che con la trasmigrazione pu progredire verso la

    conoscenza di quei piani, non materiali, entro cui l'Universo

    si evolve. Pertanto, la personalit umana non sarebbe che un

    vestito per coprire un'individualit reale, che permane nelle

    varie vite e soffre, attraverso le varie personalit, per i

    suoi peccati.

    La fondazione della Societ Teosofica diffuse negli Stati Uni-

    ti questi concetti filosofico-religiosi e rese popolare l'idea

    di karma, estesasi poi a tutti i paesi occidentali. Sebbene i

    seguaci non fossero, n sono oggi, enormemente numerosi, la

    Societ svolse un grande ruolo culturale mettendo a confronto

    la cultura illuminista e cristiana con quella del mondo indui-

    sta e buddista, introducendo, inoltre, nuovi, sebbene non sem-

    pre chiari, criteri di riflessione.

    La Blavatsky aveva ben presente il disagio delle societ indu-

    strializzate dell'Occidente che stavano cancellando antichi

    ritmi e modi di vita, stratificando nuovi tipi di emarginazio-

    ni e di ingiustizie sociali. Questo frammento della sua Dot-

    trina Segreta avanza una spiegazione alle disparit del mondo

    e, senza nominarla, risente molto pi della concezione inddelle caste che della fondamentale illusoriet del mondo, pro-

    pria del buddismo.

    [...] Karma una parola dai molti significati [...] Come si-

    nonimo di "colpa" indica un'azione compiuta per raggiungere

    l'oggetto del desiderio terreno, e quindi egoistica, che non

    pu non essere dannosa per qualcun altro. Il karma "azione"

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    [...] "effetto" di un'azione eseguita egoisticamente, dal

    momento che la grande legge dell'armonia subordinata all'al-

    truismo. [...] solo questa dottrina, io sostengo, che pu

    spiegare il misterioso problema di Dio e del Maligno e ricon-

    ciliare l'uomo con la terribile ed evidente ingiustizia della

    vita. [...] Per questo, quando qualcuno, ignaro della nobile

    dottrina, si guarda intorno e vede le ingiustizie e le dise-

    guaglianze dovute alla nascita e alla fortuna [...] gli onori

    tributati agli stolti e ai dissoluti [...] mentre il loro fra-

    tello pi vicino, con tutta la sua intelligenza e le sue nobi-

    li virt, di gran lunga pi meritevole, dilaniato dal biso-

    gno e dalla mancanza di comprensione [..] proprio quella

    benedetta conoscenza del Karma l'unica cosa che gli pu impe-

    dire di maledire la vita e gli uomini...

    In altra parte dei suoi scritti la Blavatsky chiarisce come la

    sua Teosofia contempli una dottrina di punizione severa, basa-

    ta sull'assoluta giustizia perch nessuna azione, e neppure un

    solo pensiero colpevole, restano impuniti; anzi, il pensiero

    sar giudicato assai pi severamente dell'azione, avendo esso

    molte pi possibilit di produrre risultati negativi di un

    qualsiasi gesto materiale.

    Fra i contributi indiani al pensiero della Blavatsky, compare

    anche l'astrologia applicata all'indagine sull'anima; solo

    dopo l'affermazione della Teosofia in Occidente si sviluppa

    un'astrologia detta "karmica". Fin dalle sue origini mediter-

    ranee l'astrologia si era sempre occupata pi della vita pra-

    tica dell'uomo che degli aspetti trascendenti; talvolta si era

    accompagnata alla magia, all'esoterismo, specie di derivazione

    egizia, ma di astrologia del karma si pu parlare compiutamen-

    te solo con la diffusione della Teosofia.

    Avendo avuto origine nell'ambito teosofico, derivato da conce-

    zioni induiste, l'astrologia karmica porta non di rado un'im-pronta cupa o punitiva, etichettatrice, invece che suggeritri-

    ce di riflessioni. A questo atteggiamento, anticipiamo, non

    aderisce il contenuto di questo libro.

    UN SALTO NELLA LUCE

    Dissodato dalla Societ Teosofica il duro terreno dell'indif-

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    ferenza occidentale per la possibilit di un "passato" dell'a-

    nima, l'interesse per le dottrine orientali ha incentivato la

    traduzione di vari testi antichi. Il Bardo Thotrol o Libro

    Tibetano dei Morti un'antico insegnamento iniziatico per

    abbandonare il ciclo della rinascita ed unisce le pi antiche

    concezioni tibetane con quelle, successive, del Buddismo.

    Il titolo ingannevole perch, prima che di morte, il libro

    tratta della vita, cio degli stati psicologici che si ripre-

    sentano in ogni momento come condizioni che dominano l'uomo e

    lo tengono in balia del karma. Il libro incoraggia a ricono-

    scere questi stati emotivi e a dominarli perch altro non sono

    che proiezioni della mente. L'insegnamento si fonda completa-

    mente sulla necessit di liberare la mente dalla sua pi tena-

    ce illusione: l'esistenza di realt separate, al fine di por-

    tarla a riconoscere come ogni cosa abbia origine nelle sue

    proiezioni.

    Tutto questo perch al momento della morte gli stati psicolo-

    gici del karma si presentano con maggior forza e spingono ad

    una nuova incarnazione. La mente deve giungere alla crisi del-

    la morte allenata a riconoscere le sue proiezioni come prive

    di realt. Contemporaneamente a queste proiezioni, nel trapas-

    so i si manifesta la luce sconfinata della Mente pura e vuota

    di ogni proiezione. Questa la vera realt e la coscienza

    dell'uomo deve riconoscerla immediatamente ed immergersi in

    essa.

    Da questo insegnamento consegue che si reincarnano coloro che

    non padroneggiano l'attivit mentale e lasciano esplodere la

    paura della dissoluzione o tutti i desideri connessi all'esi-

    stenza corporea. Nell'intervallo fra vita e morte, l'uomo,

    dunque, decide il destino futuro: se non teme la sconfinata

    luce e vi confluisce, esce dalla ruota delle reincarnazioni,

    se si lascia afferrare dalle proiezioni karmiche rientra inuna nuova vita terrena. Ma anche il grado di immedesimazione

    nelle illusioni della mente importante, perch determina il

    genere della nuova esistenza: quanto pi il morente riuscir a

    resistere alle sue proiezioni, tanto pi avr la possibilit

    di scegliere un'esistenza meno dolorosa o comportante pi am-

    pie possibilit di evoluzione spirituale. Su questo controllo

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    esercitato sull'impulso a reincarnarsi si basa il lamaismo

    tibetano.

    Ogni vita, concludendosi con il bardo della morte e con la

    possibilit di scelta in esso implicita, d, secondo gli inse-

    gnamenti del Bardo Thotrol, la possibilit della liberazione,

    a somiglianza del Cristianesimo che, col pentimento finale, d

    all'uomo l'estrema possibilit di salvare l'anima dalla danna-

    zione eterna.

    Risolversi all'immersione, quindi alla dissoluzione di s,

    nella luce sconfinata della Mente vuota molto difficile per

    la mente umana abituata ai confini del corpo; lo stato supremo

    in bilico fra la liberazione definitiva e la paura della libe-

    razione viene mirabilmente descritto da Aldous Huxley nel ro-

    manzo Il tempo si deve fermare. [...] La luminosit si avvici-

    nava, si faceva pi intensa. Egli divenne una parte della bea-

    titudine, divenne una stessa cosa con il silenzio e con la

    bellezza. Per sempre, per sempre.

    Ma con la partecipazione alla bellezza si accompagn la parte-

    cipazione alla conoscenza. E improvvisamente egli riconobbe

    quei frammenti riacquistati del suo io per quello che essi

    vergognosamente erano: li riconobbe per semplici grumi ed ele-

    menti disintegranti, per mere assenze di luce, per mere priva-

    zioni destituite di ogni trasparenza, per un nulla che doveva

    essere annientato, doveva essere sottoposto a quella forza in-

    candescente, considerato in tutta la sua bruttura alla luce di

    quel silenzio illuminante, considerato e capito e quindi ripu-

    diato, annientato per far luogo alla bellezza, alla conoscen-

    za, alla beatitudine. [...] Bruscamente, quasi violentemente,

    la bellezza della luce e la sofferenza di partecipare alla co-

    noscenza furono intensificati oltre i limiti della possibili-

    t. Ma nello stesso istante egli si rese conto di poter di-

    strarre la sua attenzione, di potersi rifiutare a quella par-tecipazione. Deliberatamente, limit la sua consapevolezza....

    UN PENSATORE SCETTICO E LEALE

    Carl Gustav Jung indiscutibilmente la personalit che ha

    maggiormente influito sulla conoscenza del funzionamento della

    psiche. Avendo evitato di intrappolare la Psicologia nel li-

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    vello fisiologico, ne ha fatto una scienza iniziatica, oltre-

    ch un'efficace psicoterapia.

    Nutriva una profonda e costante ammirazione per la saggezza

    orientale e sappiamo da una sua esplicita affermazione che dal

    Libro Tibetano dei Morti Jung ha tratto molte cognizioni, in-

    coraggiamenti e intuizioni. Lo defin anche un libro di grande

    umanit e di profonda penetrazione dei misteri della psiche.

    Non possiamo quindi supporre in lui un pensatore prevenuto, al

    contrario, egli era un leale estimatore del pensiero orienta-

    le; pertanto possiamo accogliere come utile incitamento alla

    riflessione le sue argomentazioni sulla reincarnazione, scrit-

    te a commento psicologico del Libro tibetano dei Morti: [..]

    L'idea orientale del karma una specie di teoria psichica

    dell'ereditariet, basata sull'ipotesi della reincarnazione,

    cio in ultima analisi della sovratemporalit della psiche. N

    il nostro sapere N la nostra ragione possono accordarsi con

    questo modo di vedere che contiene per noi troppi se e troppi

    ma. Anzitutto, quel che sappiano di una possibile sopravviven-

    za della psiche individuale oltre la morte desolatamente

    scarso, tanto scarso che non nemmeno possibile determinare

    come si potrebbe dimostrare qualcosa in proposito. Inoltre

    sappiamo fin troppo bene che dimostrare questo , per motivi

    gnoseologici, altrettanto impossibile quanto dimostrare Dio.

    Possiamo accettare prudentemente il concetto di karma solo in

    quanto esso in generale compreso come ereditariet psichica

    nel senso pi ampio della parola. C' un'ereditariet psichi-

    ca, cio eredit di peculiarit psichiche come disposizione

    alle malattie, tratti del carattere, talenti ecc.... Si tratta

    di fenomeni vitali essenziali che agiscono soprattutto psichi-

    camente, come vi sono anche caratteristiche ereditarie che

    agiscono soprattutto fisiologicamente, cio fisicamente.

    Sono parole giustamente prudenti perch provengono da un mae-stro che non ha mai cessato di mettere in guardia dai pericoli

    di frettolose giustapposizioni della mentalit occidentale e

    orientale. Inoltre Jung era un medico, cio uno scienziato

    dedito alla ricerca di spiegazioni rigorose. Tuttavia, come

    scrisse nella prefazione dell'edizione tedesca dell'I Ching,

    nutriva anche questa generale convinzione [...] L'irrazionale

  • 8/9/2019 Parte Prima Cap. 1

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    pienezza della vita mi ha insegnato a non scartare mai nulla,

    neanche quello che urta contro tutte le nostre teorie (ho

    quanto effimere!) o sembra per ora inspiegabile. Questo ci

    turba, n siamo mai del tutto sicuri che la bussola indichi la

    direzione giusta; ma a nessuna scoperta si pu giungere nella

    certezza, nella sicurezza e nella tranquillit.

    Con queste premesse, prendendo le proprie decisioni coraggio-

    samente, senza lusingarsi di aver raggiunto la pietra miliare

    della Verit, si pu pensare alla possibilit della Reincarna-

    zione come ad un allargamento della base su cui poggia la con-

    cezione globale dell'essere umano. Il che potrebbe costituire

    una svolta culturale opportuna.

    Abbiamo visto, infatti, che alle radici della civilt occiden-

    tale esiste la credenza nella trasmigrazione e che questa cre-

    denza stata bloccata, spiritualmente e culturalmente, dalle

    religioni testamentarie. Sappiamo bene che nulla scompare dal-

    la psiche, semplicemente si inabissa. La convinzione di poter

    rivivere, esclusa dalla coscienza occidentale, potrebbe esser-

    si alleata con forze collettive oscure, soprattutto con il

    lato spaventevole della morte, e rendere pi aggressivi la

    supremazia ed il senso di onnipotenza della nostra civilt.

  • 8/9/2019 Parte Prima Cap. 1

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    i. Bar-do sta per "tra due (esistenze)", o comunque per "intervallo"

    fra uno stato e quello successivo.