8. zona del sacro - tarkovskij

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    Aesthetica Preprint

    La Zona del SacroLestetica cinematografica di Andrej Tarkovskij

    di Alessio Scarlato

    Centro Internazionale Studi di Estetica

    Sped.ina.p.art.2comma

    20/clegge662/96FilialediPalermo

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    Il Centro Internazionale Studi di Estetica

    un Istituto di Alta Cultura costituito nel 1980 da un gruppo di studiosi di Estetica.Con D.P.R. del 7-1-1990 stato riconosciuto Ente Morale. Attivo nei campi della ricercascientifica e della promozione culturale, organizza Convegni, Seminari, Giornate di Stu-dio, Incontri, Tavole rotonde, Conferenze; cura la collana editorialeAestheticae pub-blica il periodico Aesthetica Preprintcon i suoi Supplementa. Ha sede presso l'Uni-versit degli Studi di Palermo ed presieduto fin dalla sua fondazione da Luigi Russo.

    Aesthetica Preprint

    il periodico del Centro Internazionale Studi di Estetica. Affianca la collanaAesthetica(edita daAesthetica Edizioni, commercializzata in libreria) e presenta pre-pubblicazio-ni, inediti in lingua italiana, saggi, bibliografie e, pi in generale, documenti di lavoro.

    Viene inviato agli studiosi impegnati nelle problematiche estetiche, ai repertori biblio-grafici, alle maggiori biblioteche e istituzioni di cultura umanistica italiane e straniere.

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    75Dicembre 2005

    Centro Internazionale Studi di Estetica

    Aesthetica Preprint

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    Il presente volume viene pubblicato col contributo del MURST (fondi di ricerca scienti-fica PRIN 2003, coordinatore scientifico prof. Luigi Russo) Universit degli Studi di Pa-lermo, Dipartimento di Filosofia, Storia e Critica dei Saperi (FIERI), Sezione di Estetica.

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    Alessio Scarlato

    La Zona del SacroLestetica cinematografica di Andrej Tarkovskij

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    Indice

    Introduzione 7

    I Limmagine cinematografica e il tempo

    1. Unincomprensione 92. Contro la letteratura nel cinema 103. Il tempo in forma di fatto 144. Limmagine temporale: dal logocentrismo allaudiovisivo 185. Uno sguardo storico sullimmagine audiovisiva:

    asincronismo e polifonia 21

    II Limmagine cinematografica e il sacro1. Tecnica e sacro 272. Lo sguardo del viaggiatore immobile 28

    3. Vedere lAltro al cinema 324. Limmagine sacra secondo la teologia dellicona 365. Limmagine sacra letteraria. Cristo in Andrej Rublv 396. Limmagine sacra temporale (la visione della Sofia) 437. La Sofia neLo Specchio 45

    III La zona dellimmagine sacra: Stalker1. Verso la realizzazione di Stalker 532. Struttura di Stalker 553. La costruzione della messa in scena 58

    4. Le leggi della Zona 615. Verso la soglia della Zona(il nichilismo estetico, scientifico, religioso) 67

    6. Il ritorno 717. Conclusioni. Ancora sulla Zona del cinema 73

    Filmografia 77

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    Introduzione

    Un monaco, passo dopo passo, secchio dopo secchio portava lac-qua sulla montagna e innaffiava lalbero inaridito, credendo senza om-bra di dubbio nella necessit di ci che faceva, senza abbandonare

    neppure per un istante la fiducia nella forza miracolosa della sua fedenel Creatore e perci si assistette al Miracolo: una mattina i rami del-lalbero si rianimarono e si coprirono di foglioline. Ma questo forseun miracolo? soltanto la verit1. Con questa breve parabola Tarko-vskij chiudeZapecatlennoe vremja (Scolpire il tempo, 1986), il suo librodi estetica (ed etica) cinematografica, dove ha raccolto, con lievi riela-borazioni, saggi scritti nel corso di un ventennio. Essa costituisce lospunto narrativo per la sua ultima opera, Offret-Sacrificatio(Sacrificio,1986). La racconta il protagonista Alexander al piccolo figlio, muto

    per unoperazione alla gola. Al termine del film, Alexander d fuocoalla propria casa e si riduce al silenzio. Sacrifica cos se stesso, peradempiere un voto fatto a Dio, teso a scongiurare una catastrofe apo-calittica. Il piccolo figlio Ometto risponde al voto sacrificale del padre,riproponendo il compito ascetico del monaco della parabola: sale sullacollina con un secchio per poter innaffiare lalbero, finalmente fioritoe inondato dalla luce. I l gesto meccanico apre al miracolo, che altronon che la verit. Questo lagire estatico del monaco, che cercanella ripetitivit dei suoi gesti e delle sue parole lirrompere del sacro.Ma questo anche lagire della macchina cinematografica, che passo

    dopo passo, immagine dopo immagine, fotogramma dopo fotogram-ma, pu catturare allimprovviso la sorpresa, il miracolo dellesistenza.

    La nostra ricerca su Andrej Arsenevic Tarkovskij (1933-86) affron-ter la sua opera alla luce di questo problema: la connessione tra tec-nicit e sacralit dellimmagine nel cinema. Ci concentreremo sui trefilm che riteniamo decisivi nello sviluppo dellopera tarkovskiana: An-drej Rublv (1966), Zerkalo (Lo Specchio, 1974) e soprattutto Stalker(1979). Lorizzonte che si delineer ci appare adeguato anche per lacomprensione degli altri lungometraggi del regista: Ivanovo detstvo

    (Linfanzia di Ivan 1962), Soljaris(Solaris, 1972), Nostalgija(Nostalghia,1983), Sacrificio. Unopera limitata, a causa degli ostacoli produttivi in-contrati da Tarkovskij, ma che lestremo rigore con cui stata realiz-

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    zata ci permette di studiare senza dover raccontare di film snaturati, ri-montati o tagliati, a causa delle pressioni degli organi dirigenti dal par-tito, come al contrario abituale nel cinema sovietico 2. Unopera che,nellepoca del collasso del sistema sovietico, ha rivendicato una libert

    spirituale anche dagli ideali del mondo occidentale, e che stata cosoggetto di diverse incomprensioni e forzature, ma ha soltanto cerca-to di portare larte delle masse, larte della riproducibilit tecnica, aesprimere la sacralit e il miracolo, la verit, delle foglioline che sboc-ciano sullalbero.

    1 A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, a cura di V. Nadai, Milano 1988, p. 212. Questo sag-gio, tradotto in numerose lingue occidentali subito dopo la sua preparazione (1986), statoedito in URSS in unedizione critica solo nel 2002, la quale per ha tagliato alcuni passi comequello sopra citato: A. A. Tarkovskij, Zapecatlennoe vremja, in P. D. Volkova (a cura di),Andrej Tarkovskij. Archivy, Dokumenty, Vospominanija, Mosca 2002, pp. 95-348. Il nucleooriginario era stato un saggio con lo stesso titolo, scritto nel 1967, durante la preparazione delRublv, e apparso su Iskusstvo Kino.

    2 Se si deve parlare di opere tarkovskiane snaturate in fase di post-produzione, biso-gna purtroppo citare invece il caso delledizione italiana di Solaris, curata da Dacia Maraini,rovinata da tagli per circa unora e da un doppiaggio che utilizzava per i contadini russi ac-centi dialettali italiani.

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    I L'immagine cinematografica e il tempo

    1. UnincomprensioneUn film profondamente russo e rivoluzionario, che esprime in ma-

    niera tipica la sensibilit delle giovani generazioni sovietiche: cos

    Jean-Paul Sartre, in una lettera ad Alicata, direttore dellUnit, pubbli-cata il 9 ottobre 1962, replicava alle accuse della critica di sinistra ita-liana aLinfanzia di Ivan, vincitore del Leone dOro a Venezia. Il suoautore, Andrej Tarkovskij, non sarebbe un piccolo borghese sospet-to, malato di occidentalismo, da vedere di cattivo occhio 1, ma piut-tosto un esempio di surrealismo socialista, capace di mettere in di-scussione lesaltazione delleroismo che pure le migliori realizzazionidel realismo socialista proponevano. Attraverso una contestazione gar-bata di schematismo ai critici dellUnit, Sartre recuperava cos Tar-kovskij alla lezione pi profonda di Hegel e Marx: La societ degliuomini progredisce verso i suoi fini, i vivi realizzeranno quegli scopi,con le loro forze e tuttavia, quel piccolo morto, minuscola spazzaturadella storia, rimane una domanda senza risposta che non compromettenulla, ma che fa vedere tutto sotto una luce nuova: la Storia tragica.Lo diceva Hegel. E anche Marx, il quale aggiungeva che essa progre-disce sempre attraverso i suoi lati peggiori2. Linfanzia di Ivan, untipico prodotto della nouvelle vague sovietica? La destalinizzazione,lanciata da Chruscv nel 1956, attraversava da alcuni anni anche ilcinema sovietico, dopo decenni di accademismo e di retorica staliniana.

    Film-simbolo del disgelo era stato Letjat zuravli (Quando volano lecicogne, 1957) di Michail Kalatozov, Palma dOro al Festival di Can-nes del 1958, ma novit tematiche e stilistiche erano al centro di nu-merose opere a cavallo del decennio, tra cui si ricordano Ballada osoldate (La ballata di un soldato, 1959) di Grigorij Cuchraj, Dom v ko-torom ja zivu (La casa dove abito, 1957) di Lev Kulidzanov e JakovSegel, Deviat dnej odnogo goda (Nove giorni di un anno, 1961) di Mi-chail Romm. Comprensibile la tentazione di una lettura sovieticadellInfanzia di Ivan, sia per ripetere abituali accuse di decadentismo,

    formalismo, sia per inserire Tarkovskij tra i capofila di quel nuovo cli-ma culturale, pur controverso, dei primi anni 60; periodo nel quale ilcompito del cinema rimane quello di contribuire, secondo le parole

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    dello stesso Chruscv, allaffermazione delle idee comuniste, ed adassestare robusti colpi ai nemici del socialismo e del comunismo 3,senza mettere in discussione lintelligibilit per milioni e i temi det-tati dalla linea del partito.

    Tarkovskij sar, ad anni di distanza, duro con Sartre. In unintervi-sta del 1986: Non linterpretazione che io contesto. Sono assoluta-mente daccordo con questa visione: la guerra produce degli eroi-vitti-me. Non si ottiene nulla in una guerra. Appena si vince una guerra, lasi perde allo stesso tempo. Non linterpretazione che io contesto, mala cornice di questa polemica: le idee, i valori furono messi avanti, lartee lartista dimenticati4. Pi esplicitamente qualche anno prima, in unanota del suo diario (17 aprile 1980): Ieri, non so perch, non ho scrit-to che ieri laltro morto Sartre [] La sua ultima intervista lascia

    unimpressione molto triste perch Sartre rinuncia a molte delle ideeche professava e con le quali si rivolgeva ai giovani. Ma ormai da unpo che sentivamo a cosera giunto alla fine della sua vita. Non chefosse invecchiato anzitempo, ma le sue idee erano troppo superficiali 5.Non poteva aver dimenticato quel lontano intervento critico, che al suoesordio lo aveva immesso nel novero dei grandi autori del cinema eu-ropeo. Ma con categorie interpretative che furono fonte di incompren-sione. Ci cheLinfanzia di Ivan aveva di sovietico derivava in granparte dallessere un film sul quale Tarkovskij era intervenuto a lavora-

    zione gi iniziata, su una sceneggiatura gi scritta e con parecchio ma-teriale girato. Dichiar di essere guidato da un unico intento: veri-ficare se ero capace o no di occuparmi di regia cinematografica 6. Ilgusto figurativo (le icone scrostate, le acque stagnanti, i muri dirocca-ti, la fanghiglia della terra, il cielo coperto da foreste di alberi) e il temaprincipale (linfante orfano di fronte al male della guerra) gi sono quel-li del Tarkovskij maturo, tra virtuosismi della macchina da presa e unacomplessit a volte inutile della linea narrativa. Ma lequivoco di Sar-tre comprensibile: i primi film di Tarkovskij sono stati il tentativo diripensare generi tipici del cinema sovietico (il cinema bellico, lepopea,

    la fantascienza) alla luce della cultura religiosa (e popolare) russa 7. Sarpoi Lo Specchio il vero spartiacque nel suo percorso artistico, allinternodi un progetto estetico che per si era gi andato delineando riflettendosulla specificit del cinema durante la preparazione del Rublv. Il risul-tato di queste riflessioni Scolpire il tempo, uno dei pochi tentativi nelsecondo dopoguerra di pensare il cinema, non solo alla luce di questionimetodologiche o di campo, ma propriamente ontologiche 8, con unaproduttivit teorica che rimane da esplorare.

    2. Contro la letteratura nel cinemaNon si pu dire che il cinema fatto di piccole storie recitate efilmate. Questo non ha niente a che vedere col cinema. Prima di tut-

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    to il film unopera, che impossibile realizzare con qualsiasi altromezzo artistico. I l cinema solamente ci che si pu creare con i mez-zi del cinema, e solo con quelli9. Il primo compito di Scolpire il tem-po sar affermare ci che il cinema non . E, in primo luogo, non

    letteratura. La letteraturadescrive il mondo per mezzo del linguaggio,mentre il cinema non ha linguaggio: esso ci mostra se stesso senza in-termediari 10. Questa demarcazione ritorna per tutto il saggio: Iopongo il cinema e la musica tra le arti immediate, che non abbisognanodi un linguaggio mediato. Questa caratteristica fondamentale, costitu-tiva, apparenta la musica e il cinema e, per la stessa ragione, distingueil cinema dalla letteratura, nella quale tutto viene espresso per mezzodella lingua, cio di un sistema di segni, di geroglifici11. Ci si traducein una svalutazione del ruolo della sceneggiatura nel processo di

    realizzazione dellopera: La tendenza pi spaventosa, pi perniciosaper il futuro film consiste nel tentativo di attenersi esattamente nelproprio lavoro a ci che stato scritto sulla carta, di trasferire sulloschermo delle costruzioni pensate precedentemente, spesso puramenteintellettualistiche. Una banale operazione di questo genere in gradodi effettuarla qualsiasi artigiano dotato di una certa professionalit12.

    Dopo la nazionalizzazione dellindustria cinematografica (1919), cheaveva permesso una progressiva centralizzazione, e linserimento del ci-nema nel primo piano quinquennale, con conseguente logica industriale

    (aumento delle infrastrutture e organizzazione-divisione del lavoro), ilconcetto del cinema intelligibile per milioni negli anni 30 era divenutola formula con la quale il partito aveva tradotto lestetica del realismosocialista, la sua esigenza di partiticit (partijnost), nel campo cinemato-grafico, trasferendo in esso metodi formali e stilemi narrativi elaboratinel campo letterario. La supremazia dello sceneggiatore, che program-ma il film, e la deferenza verso le opere letterarie, segnano un cambia-mento che il cinema sovietico vive fino allepoca dellaperestrojka. Sonogli scrittori a conoscere le tecniche narrative, le leggi della drammatur-gia, a costruire e dare forma al materiale. I film apriranno quasi sem-

    pre i titoli di testa con il nome dello sceneggiatore, e saranno conside-rati opera comune dello scrittore con il regista. Tarkovskij pi volte cri-tica questo ruolo dello sceneggiatore: Non sempre sono giuste le accu-se rivolte ai registi di distruggere unidea interessante. Sovente, infatti,lidea talmente letteraria, e solo in questo senso interessante, che ilregista semplicemente costretto a trasformarla e a farla a pezzi perfarne un film13. La sceneggiatura, a differenza dellopera teatrale cheha una sua fisionomia gi prima della sua messa in scena, deve essererifusa nel film, e la trascrizione letteraria dellopera, il foglio di mon-

    taggio, solo la narrazione di ci che si visto a un cieco14

    . La let-terariet e quindi la supremazia della sceneggiatura hanno in primo luo-go un significato politico: il controllo del materiale da parte del GOSKI-

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    NO, lente di stato predisposto alla produzione e distribuzione dei film.Per realizzare un film, un cineasta doveva essere obbligatoriamente di-plomato a una scuola di cinema e trovare una produzione dentro unodegli studi dellURSS. In Russia erano la Leninfilm, la Mosfilm e la

    Gorkij. Questi studi comprendevano numerose unit di produzione,dirette da un autore famoso e ideologicamente in linea. Lunit diproduzione doveva sottomettere sceneggiatura e budget al direttore ar-tistico dello studio, che proponeva-imponeva le modifiche fino al mon-taggio. Restituito il film al GOSKINO, questi decideva sulla presentazionedel film ai festival esteri ed il numero di copie stampate (1000, fino a500, meno di 50), ossia sulla categoria di distribuzione (A, B, C), in-fluenzando cos pesantemente le possibilit commerciali dellopera.

    Tarkovskij pot in parte beneficiare della notoriet acquisita alla

    prima opera e vivere con questo sistema produttivo-critico un rap-porto conflittuale, fatto di continui rallentamenti e intoppi al suo lavo-ro, che lo toller ma non lo ridusse al silenzio, come altri registi chedovettero rassegnarsi a vedere i propri film a non essere distribuiti, aessere messi sugli scaffali, e a rifugiarsi spesso in riduzioni accademi-che di opere letterarie 15. Il Rublv, oltre ad alcuni tagli, usc in URSSsolo sei anni dopo il suo completamento, mentre Solaris fu alquantosorprendentemente approvato, nonostante Tarkovskij avesse rifiutato i35 cambiamenti richiesti dal Dipartimento culturale del GOSKINO.

    Questo, almeno fino al contrasto decisivo con Lo Specchio, che sanclemarginazione. Ed difatti il primo film che rifiuta il compromessodi lavorare allinterno dei generi e attraverso una sceneggiatura bendefinita. Il successo di Solarisgli aveva permesso di lavorare con unacerta libert aLoSpecchio, ma la sua incomprensibilit agli occhi diErmas, presidente del GOSKINO, lo condann alla seconda categoria ea una distribuzione pessima. Si pu quindi comprendere perch Tarko-vskij apra Scolpire il tempo sulle lettere che testimoniano la compren-sibilit tra la massa del suo film pi oscuro. Una spettatrice diGorkij: La ringrazio per Lo Specchio. Io ho avuto uninfanzia esatta-

    mente come questa [] Soltanto Lei, come lha saputo? Cerano lostesso vento e la stessa tempesta [] Galka, manda fuori il gatto! grida la nonna [] Nella stanza cera il buio [] E allo stesso modosi spegneva la lampada a petrolio e lAttesa della madre mi riempivacompletamente lanima. Com bello poi nel Suo film il risveglio dellacoscienza, del pensiero nel bambino! [] E, Dio mio, com vero []per la prima volta ho sentito di non essere sola. Unoperaia di Novo-sibirsk: In una settimana sono andata quattro volte a vedere il suofilm. E ci sono andata non semplicemente per vederlo, ma per vivere

    qualche ora di una vita vera, assieme a degli artisti veri e a degli esse-ri umani veri [] Tutto ci che mi tormenta, che mi manca, di cui honostalgia, che mi indigna, che mi nausea, che mi soffoca, che mi illumi-

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    na e mi riscalda, di cui vivo e mi uccide, tutto questo lho visto nel Suofilm, come in uno specchio. Per la prima volta un film diventato perme realt, ecco perch vado a vederlo: vado a vivere dentro di esso 16.

    Criticare la letteratura nel cinema ha al contempo un significato

    estetico. Si basa su una constatazione: i film, subito dopo la scopertadel cinematografo, girano sempre attorno a delle parole. I primi filmdei fratelli Lumire celavano in s la genialit di un principio estetico.Subito dopo di loro, per, il cinema si avvi su una strada falsamen-te artistica [] Nel corso di due decenni fu portata sullo schermo tut-ta la letteratura mondiale e unenorme quantit di soggetti storici e te-atrali. I l cinema venne impiegato come un semplice e accattivante pro-cedimento di registrazione dello spettacolo teatrale 17. Sono i modidella letteratura a costruire ancora i modi della costruzione e dellin-

    terpretazione dellopera filmica. Lintroduzione del sonoro non ha fattoaltro che rafforzare questa letterariet, come molti teorici del cine-ma, Arnheim su tutti, avevano intuito gi negli anni 20 18. Quale ruolopu avere la parola allinterno dellaudiovisivo? La supremazia dellaparola nellopera formativa del materiale filmico significa nella produ-zione una centralit della sceneggiatura, che conduce a dare al testoverbale il ruolo che ha nel teatro o nel racconto, e quindi a interpretar-lo secondo i modi prima della critica letteraria sociologica, e poi del-la semiotica o della narratologia, che negli anni 60 si andavano af-

    fermando, con studiosi come Metz (Essais sur la signification au cin-ma, 1968), anche nel campo della teoria cinematografica. I l modelloprevalente, quello teatrale, significa costruire il film a partire dai dia-loghi dei protagonisti, o sui pensieri interiori che vengono comunqueesternati, sentiti, come negli a parteteatrali. Questo condiziona la mes-sa in scena e orienta la sua decifrazione da parte dello spettatore. Lim-magine viene resa leggibile, e quel che le parole non riescono a dire, odicono male, deve essere deve perspicuo, deve essere detto, dalla stessamessa in scena, attraverso una sua organizzazione simbolica: A cosaserve la messa in scena? A questa domanda nove volte su dieci vi ri-

    sponderanno che serve a esprimere il significato di ci che sta avvenen-do. E basta. Ma non si pu limitare soltanto a questo il significatodella messa in scena, perch significa mettersi su ununica strada, quel-la dellastrazione19. La centralit della parola viene in questo cinemateatrale spesso mimetizzata, punteggiando sempre il dialogo con azionibanali, come spostare un oggetto sul tavolo, che per servono a ren-dere meno pesante la centralit del dialogo e a dargli un accento. Ognipersonaggio viene cos detto dal proprio atto di parola.

    Il secondo modello di supremazia della parola nasce dalladozio-

    ne dei modi del racconto. La parola, in particolare quella della voceoffe dei commenti, riprende alcune caratteristiche degli intertitoli delcinema muto, poich ha il potere di materializzare eventi, luoghi, per-

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    sonaggi. solitamente una voce fuoricampo, o che comunque assumeun mandato autoriale allinterno del racconto. Pu limitarsi a introdur-re lazione, per poi scomparire; pu essere affidata ad una voce deltutto esterna o a un personaggio principale come a uno secondario.

    Ci che conta il suo potere: evocare delle immagini. Creare un mon-do a partire dalla propria parola. Laudiovisivo pu essere quindistrutturato secondo una dinamica verbale, tendente allastrazione delpuro movimento della commedia o del cinema dazione hollywodiano;oppure essere illustrazione del racconto di una voce autorevole, di unavoce a cui dar fede, anche solo per poter constatare la sua dissonan-za rispetto allimmagine offerta, come accade in Welles o Godard, eanche in Tarkovskij (in particolare nello Specchio) 20.

    Ma vi e una terza modalit duso delle parole. quella che, seguen-

    do il suggerimento di Chion, possiamo definire laparola-emanazione, eche Tarkovskij usa in modo intensivo soprattutto in Stalker eNostalghia.Si pu scrivere: I protagonisti si arrestano accanto a un muro, e poiriportare un dialogo. Ma da che cosa vengono determinate le parole chevengono pronunciate? impossibile concentrare il significato della scenanelle parole pronunciate dai personaggi. Parole, parole, parole nellavita reale il pi delle volte esse sono solo acqua, e solo di rado e perbreve tempo si pu osservare una piena coincidenza della parola e delgesto, della parola e del fatto, della parola e del senso21. Parole come

    acqua, che immergono il tessuto verbale nel continuumsonoro. A livellotecnico si pu gi realizzare un chiaroscuro verbale, rendere lintelli-gibilit della parola variabile, allo stesso modo degli altri elementi sonori,con effetti di parola sommersa, usata spesso nelle scene di massa. Laperdita dintelligibilit della parola di un personaggio usata gi piraramente, mentre la tecnica pi usata quella della proliferazione orarefazione della presenza della parola. Il decentramento della parolapu affidarsi per non solo alla qualit acustica dellimmagine, ma allacostruzione della stessa messa in scena, quando il testo viene reso intel-ligibile ma gli elementi (inquadratura, recitazione degli attori, montaggio,

    colonna sonora) non sono centrati sui dialoghi. Questo decentramentoin nome di quale specificit del cinema viene attuato da Tarkovskij?

    3. Il tempo in forma di fattoIl tempo registrato nelle sue forme e manifestazioni fattuali, ecco in

    che cosa consiste, secondo me, lidea fondamentale del cinema e del-larte cinematografica. Questa idea mi consente di pensare alla ricchez-za di possibilit non sfruttate dal cinema, al suo sconfinato futuro. Ed partendo da essa che costruisco le mie ipotesi di lavoro22. E ancora

    pi incisivamente: Il tempo in forma di fatto! Insisto di nuovo suquesto. I l cinema ideale per me rappresentato dal film di attualit(chronika): in esso non vedo un metodo di ripresa, ma un metodo di

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    ricostruzione, di ricreazione della vita [] Il film nasce dallosserva-zione diretta della vita ecco a mio parere la vera via per giungere allapoesia cinematografica. Infatti, nella sua essenza, limmagine cinema-tografica losservazione di un fatto che si svolge nel tempo23. Que-

    sto il nodo teorico centrale di Scolpire il tempo: il cinema come os-servazione diretta della vita nel tempo. Tarkovskij insiste sul caratteretestimoniale del cinema: Il cinema nella sua purezza, nella sua inso-stituibile forza, si manifesta non nella pregnanza simbolica delle imma-gini (fosse anche la pi audace), bens nel fatto che queste immaginiesprimono la concretezza e lirripetibilit del fatto reale24. Ci chespinge quindi lo spettatore al cinema la ricerca di unesperienza vi-tale del tempo: egli si reca l alla ricerca del tempo o di quello per-duto, o di quello che finora non ha trovato. Luomo ci va alla ricerca

    di unesperienza vitale del tempo, perch il cinema come nessunaltraforma darte, amplia, arricchisce e concentra lesperienza fattuale del-luomo [] Nel cinema autentico lo spettatore non tanto uno spet-tatore quanto un testimone25.

    Tarkovskij riporta in Scolpire il tempo due esempi, entrambi daLoSpecchio, che ci aiutano a comprendere come la dicotomia documen-tario/finzionale sia insufficiente per intendere queste riflessioni. Il pri-mo la sequenza iniziale dopo i titoli di testa, e prende le mosse da unricordo privato. Vediamo la madre del Narratore deLo Specchio, sedu-

    ta di spalle sulla staccionata, come in una foto di famiglia, come in unricordo privato. Uno zoom a stringere e la voce del Narratore animanotale immagine fissa nel proprio passato, e ci introducono in essa. Marija,la madre, guarda il campo di grano saraceno che si stende di fronte alei. La voce narrante sottolinea un cespuglio di fronte alla casa; solodopo averlo superato, chi veniva dalla stazione si rendeva visibile. Ma-rija attende cos che il marito, come di ritorno da ogni viaggio, appaiada dietro quel cespuglio; poi un giorno pap non sarebbe pi torna-to, ci avverte per il Narratore. Quella donna sola di fronte alla Na-tura diviene, nella costruzione finzionale di un ricordo privato del Nar-

    ratore, una donna colta nel momento in cui sta per prendere coscien-za del suo abbandono. Lattrice, Margarita Terechova, non sapeva du-rante le riprese se il marito sarebbe tornato, in modo da vivere sulloschermo le stesse sensazioni, la stessa incertezza sul proprio destino, cheaveva vissuto la madre reale di Tarkovskij. Doveva vivere al presente idubbi, la paura, la delusione per lapparire del medico piuttosto che delmarito ed il leggero fastidio per una conversazione da lei non cercata.Limmagine deve restituirci la vita colta nel suo accadere: ci si traduce,nella forma pi esemplare, nellincontro tra due persone, straniereluna

    allaltra. Non si conoscono, n mai si rivedranno. Non sono legati danessuna comunanza, da nessun rapporto, se non quello di essere dueesseri soli nelluniverso tutto26. Proprio in quanto non legati da nes-

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    suna pre-comprensione dellaltro, n da alcun interesse superiore che lilega, possono entrare in dialogo. Nel rischio e nella responsabilit del-lincontro la vita si d, appunto, al presente, evento aperto a un futu-ro incompiuto. Il passante, un medico, cade dalla staccionata e inizia a

    riflettere ad alta voce sulla natura come cosmo organico, sullerba, leradici, su un mondo che trascuriamo, da cui ci siamo distaccati, e chepotrebbe al contrario avere coscienza e sentire. Marija ironizza al di-scorso del dottore, paragonandolo al medico di Cechov neLa corsia n.6. Questa era un reparto di un ospedale per malattie mentali, dove lapazzia del protagonista, il dottor Ragin, veniva certificata dal suo de-dicarsi a conversazioni sui massimi sistemi con un internato. Quella solo limmaginazione di Cechov, afferma il passante, sottolineandoimplicitamente al contrario lattualit in epoca staliniana della carcera-

    zione per malattia mentale per chi si occupasse di massimi sistemi. I ldottore esprime verbalmente, letterariamente, e per questo in modo chenon pu che provocare lironia di Marija, quello che sar lorizzonte disenso che proprio intorno alla figura di Marija il film andr configuran-do. Lincontro casuale le ha mostrato la verit: il passante ne ha intui-to la solitudine (Lei non ha marito), ma anche ha indicato quel tema,la natura naturans, che al contrario fa della madre licona del legameorganico di tutto con tutti. I l medico riprende la strada per la citt,ma una folata di vento che muove il cespuglio ne attrae lattenzione e si

    volge indietro, a incontrare per unultima volta lo sguardo di Marija.Volutamente Tarkovskij inser tale folata di vento, in modo che appun-to rimanesseevento quel voltarsi del medico e impossibile cos da spie-gare razionalmente le motivazioni di quello sguardo. Tarkovskij fa sche linteresse e la malinconia per il distacco tra i due non divengaidea, significato da mettere in scena, come sarebbe stato se il medi-co si fosse semplicemente girato, senza alcuna sollecitazione esterna. Lafinzione ha ricostruito le condizioni perch accadesse al presente quel-lincontro, quel ricordo privato.

    Il secondo esempio riguarda invece la scena centrale de Lo Spec-

    chio, costruita a partire da un ricordo storico: le immagini di reperto-rio dei soldati russi che attraversano nel 1943 il lago Sivas. Una traver-sata di cui sentiamo tutta la pesantezza, grazie al rumore amplificatodellacqua calpestata. Dopo le tracce della memoria privata, di quellastoria quotidiana, che sembrano costruire finzionalmente, e quindi inmodo soggettivo, quella che una memoria collettiva, Tarkovskij siconcentra sui documenti audiovisivi, sulle testimonianze oggettiveche al contrario paiono affermare lincontrovertibilit di ci che met-tono in immagine. Questa scena appunto da Tarkovskij stesso indi-

    cata come il cuore del film, ricercata con pazienza tra migliaia di metridi pellicola di cinegiornali. E a un tratto eccomi davanti fatto inau-dito per un cinegiornale! alle riprese di uno degli episodi pi dram-

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    matici dellavanzata del 1943 [] Quando sullo schermo davanti ame, come emergendo dallinesistenza, comparvero quegli uomini deva-stati da una fatica inumana e da un tragico destino, divenne per meassolutamente chiaro che quellepisodio non avrebbe potuto non di-

    ventare il centro stesso, lessenza stessa il nerbo e il cuore del nostrofilm, cominciato come una semplice reminiscenza lirica di carattereintimo27. Ermas, presidente del GOSKINO, chiese che proprio questoepisodio venisse tagliato dal film. Tarkovskij stesso ne spiega lincredi-bile forza espressiva: Nellinquadratura apparivano soltanto degliuomini. Degli uomini che avanzavano immersi fino al ginocchio nel-lacqua fangosa attraverso la palude sconfinata che si stendeva fino allimite dellorizzonte sotto un cielo piatto e biancastro. Di laggi nonera ritornato pi nessuno28. La storia prima di tutto debito con le

    sue vittime senza nome; debito che Tarkovskij sconta proprio in quellungo lavoro darchivio, visionando immagini su immagini.Larchivio di immagini audiovisive quella memoria collettiva che

    salva dalloblio. Ma ritorna un problema antico: come riconoscerne laverit? Problema tanto pi urgente oggi, in unepoca di proliferazio-ne delle immagini, che rischia al contrario di promuovere loblio. Eforse non vi sono altre soluzioni che quella che Tarkovskij mette inopera: unattenzione quasi religiosa a quel diluvio di immagini, di in-formazioni visive, tra simulazioni di pessima qualit, brani frammentari

    che fissavano la vita quotidiana di parata, dove si avvertiva che ceratroppo di pianificato e troppa poca verit29, in attesa di un miracolo.Quel materiale documentaristico mostra la sua verit perch Tarko-vskij ne riconosce la verit temporale rispetto al miscuglio di immaginisempre documentarie ma pianificate. quindi un criterio estetico chepermette di discriminare le immagini, pi che la possibilit di ricostru-ire la verit della fonte originaria: Era impossibile credere, neppureper un istante, che quelle sofferenze fossero state prive di senso []Eravamo colpiti dalla dignit estetica grazie alla quale quel documentoacquistava una straordinaria potenza emotiva. La verit, colta con sem-

    plicit ed esattezza e fissata sulla pellicola, aveva cessato di essere sol-tanto simile alla verit [] La molteplicit di dimensioni e la profon-dit di quei minuti impressi sulla pellicola generava un sentimentosconvolgente prossimo alla catarsi30.

    Tale criterio estetico si fonda a sua volta su un principio etico, chepotremo indicare in molti modi (pudore, onest, sincerit), e che ilproblema dello sguardo cinematografico moderno, il problema del ci-nema dopo Auschwitz (e Hiroshima, e i Gulag, e tutti i campi che ilnostro secolo ha saputo predisporre). La memoria collettiva ha, dopo

    la tecnicizzazione e lautomazione sempre maggiore della traccia docu-mentaria visiva, non il pericolo di non avere immagini, ma quello diaverne troppe, e soprattutto di non saperle pi distinguere, poich non

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    ha saputo conservare, rispetto allo spettacolo oscenodella morte, quelladistanzache salva laltro. Si pensi a tutte le immagini documentarie diviolenza che Tarkovskij assembla neLo Specchio, da Hiroshima al ca-davere di Hitler: sono appunto immagini che hanno violato tale distan-

    za, che si prestano e si sono prestate a un uso proliferato del sogget-to autoriale che di volta in volta le ha utilizzate. In quei casi limma-gine ha violato tale distanza, poich ha reso immaginabileallo stessomodola vita e la morte. Tarkovskij racconta che il documentarista sco-nosciuto mor il giorno stesso delle riprese: come se avesse visto la sof-ferenza di quegli uomini da un punto liminare tra vita e morte, daquellimmortalit cantata nei versi di Zizn, Zizn (Vita, vita), sempredi Arsenij Tarkovskij, che ascoltiamo durante il cammino dei soldatirussi. Tutto immortale [] C solo realt e luce, n tenebra, n

    morte su questa terra. Quella catena di volti stanchi, che immaginia-mo morti probabilmente gi durante il cammino che la m.d.p. ha trat-tenuto, vengono trasportati da queste parole e da quelle immagini inun passatoeterno dove convivono le generazioni degli avi e dei nipo-ti. il rovesciamento dellimmagine oscena, che rende indistinguibilela vita e la morte; limmagine temporale vera, che riesce a vedere lamorte alla luce di quellimmortalit che la memoria permette. Entram-be le due sequenze sono fatti, la cui verit non viene dallessere ricordoprivato, intimo, o traccia audiovisiva documentaria. Lavorando al loro

    intreccio, al di l del soggettivo, che scivola nel puramente finzionale,o delloggettivo, segno di unincontrovertibilit totalitaria, la loro ve-rit nasce dallessere state capace di comunicare unesperienza tempo-rale, lattestazione testimoniale di qualcosa che accaduto. Allontanan-doci per un momento dal linguaggio tarkovskiano, sono espressione diun pathos che obbliga il nostro sguardo: obbliga a non allontanarei nostri occhi dalla datit assoluta di quellevento, quando sarebberotentati di trasformarlo in immagine funzionale a unidea, a occasionedi una semplice rifigurazione dellorizzonte di senso.

    4. Limmagine temporale: dal logocentrismo allaudiovisivoLimmagine (cinematografica, come quella letteraria, pittorica, mu-

    sicale) quel qualcosa di indivisibile e inafferrabile, che dipende dalnostro mondo reale che essa si sforza di incarnare [] una sorta diequazione che indica il rapporto esistente tra la verit e la nostra co-scienza limitata dallo spazio euclideo31. Limmagine cinematograficapu esprimere tale irripetibilit, attraverso la forma visibile del reale 32.Unennesima ontologia-utopia realistica, che confonde limpressionedi realt del cinema con la realt stessa? La riflessione di Tarkovskij,

    in linea con le estetiche realistiche del cinema, crede che compito del-limmagine non sia toglierequalcosa, come per i teorici dei fattoridifferenzianti (Arnheim, Munsternberg), che individuano lelemento

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    estetico nei limiti dellimmagine cinematografica (la mancanza di suo-no, le tre dimensioni, il colore, la continuit spazio-temporale); n ag-giungerequalcosa alla realt filmata (le avanguardie francesi e sovieti-che degli anni 20-30 in particolare), acquisendo il suo senso attraver-

    so lattivit costruttiva del regista. Tarkovskij, in linea con lapprocciorealistico di Bazin, Kracauer, Balzs, ritiene che limmagine cinemato-grafica sia rivelazione; ma tale carattere rivelativo non deriva dalla suaqualit fotografica, visiva, a cui aggiungere poi successivamente suonie colori, e magari altri elementi in grado di accrescere le facolt ripro-duttive del dispositivo cinematografico 33.

    Tutte le teorie realistiche mettono al centro limmagine visiva, perpoi subordinare a essa gli altri elementi o per porli in rapporto con-trappuntistico34. Non immagine visiva a cui aggiungere il tempo,

    attraverso il montaggio e ancor meglio attraverso lintroduzione delsonoro, che ha garantito una normalizzazione e una stabilizzazione del-la velocit di scorrimento del film; ma immagine temporale che si dalla visibilit, si d allo sguardo. Da qui la conclusione pi radicaledella riflessione tarkovskiana: Il fatto poi che questo stesso scorreredel tempo viene rivelato anche dal comportamento dei personaggi, daitrattamenti figurativi e dai suoni, tutto ci costituisce soltanto una se-rie di componenti collaterali che ragionando da un punto di vista te-orico possono essere del tutto assenti e, nondimeno, lopera cinema-

    tografica esisterebbe lo stesso. Ad esempio ci si pu immaginare unfilm senza attori, senza musica, senza scene e persino senza montaggio,ma non ci si pu immaginare unopera cinematografica senza la sensa-zione dello scorrere del tempo allinterno dellinquadratura35. Lim-magine temporale viene prima, in termini di condizioni di senso, dellesue componenti. I l tempo deve cominciare a vivere quindi gi dal rit-mo, dalla pressione che esercita nellinquadratura, e non sopraggiun-gere su del materiale amorfo, privo di vita. I l montaggio non deve npu aggiungere un terzo concetto alle due inquadrature montate,ma soltanto non disturbare lunione organica delle singole scene 36.

    Limmagine non concetto, idea, parola, ma ritmo. Tarkovskij criticain modo indistinto i teorici del cinema del montaggio, ma le suecritiche andrebbero circoscritte alle prime teorizzazioni di Kulesov 37.Il senso della ricerca teorica della scuola sovietica degli anni 20-30 ri-mane agli occhi di Tarkovskij quello della vulgata: il film come pro-dotto linguistico, e il processo di significazione come qualcosa che na-sce dallaccostamento delle inquadrature.

    Una delle sezioni pi interessanti di Scolpire il tempo quella de-dicata allanalisi delle varie componenti delle immagini: le parole della

    sceneggiatura e dei dialoghi, i gesti degli attori, la definizione figura-tiva, i suoni e i rumori della colonna sonora. Ogni volta Tarkovskijcerca di individuare i tranelli che possono derivare dalladozione di

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    modi derivanti dalle arti verbali o pittoriche: gestualit enfatiche diattori che vogliono dare significato ai propri gesti; partiture colori-stiche elaborate a partire dalle convenzioni della pittura; oltre ai rischigi sottolineati della supremazia della sceneggiatura. In questi tranel-

    li cade anche lidea di una presunta sinteticit dellimmagine cine-matografica, che parlando di drammmaturgia o di contrappuntodegli elementi del quadro, cerca di trasportare analogicamente i pro-cedimenti teatrali o musicali. Dove quindi il discorso di Tarkovskijtrova il suo fulcro applicativo nella organizzazione della componentesonora del film. Difatti il decentramento dellelemento verbale nonavviene attraverso la sua negazione (il silenzio del muto), poich que-sto implica a sua volta una leggibilit dellimmagine, ma attraverso unapresenza delle parole che per viene relativizzata e fatta rifluire nel

    tessuto sonoro e rumoristico proprio della percezione reale.Tessuto sonoro e rumoristico. Da una parte significa appunto quellaparola-emanazione prima discussa, ma dallaltra implica un ripensamen-to della musica daccompagnamento. Tarkovskij cosciente difatti dellecontraddizioni in cui anche il suo cinema resta coinvolto dalle conven-zioni stilistiche. Quella principale nasce nellepoca del muto, quando lamusica daccompagnamento esibiva quel ritmo che i pi coerenti cerca-vano nel rapporto tra la durata delle diverse inquadrature e nei rapportiformali che si instauravano tra esse. Com noto la musica apparve nel

    cinema ancora ai tempi in cui lo schermo rimaneva muto, grazie al pia-nista che illustrava quello che avveniva su di esso con un accompagna-mento musicale corrispondente al ritmo e allintensit emotiva delleimmagini. Si trattava di una sovrapposizione abbastanza meccanica, ca-suale o primitiva, in senso illustrativo, prodotta da questo o da quel-lepisodio. Per quanto ci possa apparire strano, il principio di utilizza-zione della musica nel cinema il pi delle volte ancora lo stesso 38.

    Tarkovskij si riferisce a quella musica daccompagnamento che poi di-venuta dominante nel modello hollywodiano, le cui cattive abitudinifurono individuate da Adorno ed Eisler in Komposition fr den Film

    (1947-69): luso di letimotiv per dare con il loro valore rievocativo unaguida ben salda allo spettatore; la ricerca del melodico, intesa cometendenza verso una successione di suoni che sia di per s autosufficien-te; lutilizzo di musica discreta, che non si percepisce; lillustrazionedellimmagine visiva e subordinazione a essa; la presenza di musica co-nosciuta e di clich musicali, di stimoli standardizzati di eccitazione(suoni sinistri in un luogo pieno di pace come prefigurazione del peri-colo, per esempio) 39. Tarkovskij, pur in modo raffinato, non si sot-tratto a queste abitudini. Lo riconosce quando afferma la sua predile-

    zione per limpiego della musica come il ritornello nella poesia. Spessolo fa ricorrendo ad alcuni brani particolarmente vicini alla sua sensibi-lit religiosa, comeLe Passioni di Bach o lo Stabat Mater di Pergolesi.

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    Come nel caso del parlato, anche il ruolo della musica rischia di ri-prendere abitudini del teatro. Fondamentalmente, due sono gli usi (tea-trali) della colonna sonora: quello di accrescimento realistico dellim-pressione di realt dellimmagine visiva; o quello di aura emozionale

    (patetica o comica) che si irradia sulla scena, e pi in generale di sot-totesto di commento allazione. Solitamente questi due usi corrispon-dono a una localizzazione in-off (in scena o fuoricampo assoluto) delsuono, ma numerose sono le eccezioni: spesso la fonte sonora di unsuono naturalistico situata in un fuoricampo relativo, mentre possiamoattraverso espedienti narrativi (presenza di uno stereo, ascolto di unconcerto) situare allinterno del quadro la fonte del commento emozio-nale. Il timore di una risoluzione teatrale non solo dei dialoghi ma ditutta la colonna sonora trova anche in questo caso proprio nel passaggio

    al sonoro negli anni 20 elementi di un dibattito ancora attuale. Neglianni, detto per inciso, nei quali i paragoni tra il cinema e la musicaerano molto diffusi. Verbocentrismo, naturalismo sonoro e commentoempatico della musica daccompagnamento si tengono insieme.

    5. Uno sguardo storico sullimmagine audiovisiva: asincronismo epolifoniaSe allarghiamo lo sguardo alle polemiche degli anni 20, a proposito

    della possibile risoluzione letteraria dellimmagine sonorizzata, possia-

    mo individuare lorizzonte teorico germinale della ricerca tarkovskiana,e paradossalmente ritroviamo una consonanza teorica con il riferimentopolemico di Scolpire il tempo: Ejzenstejn.In Unione Sovietica lintrodu-zione del sonoro era stato ritardata per alcuni anni. Non vi era limpul-so alla competitivit e alla concorrenza in uneconomia pianificata, enon vi era quindi un interesse particolare alla ricerca di nuovi mezzitecnici, e vi era una condizione di dipendenza per il rifornimento deimezzi di produzione. Ma gi nel 28, alla diffusione del cinema sono-ro, alcuni esponenti dellavanguardia sovietica (Ejzenstejn, Pudovkin,Grigorij Aleksandrov) riflettevano sulle novit estetiche che avrebbe

    comportato, in Buduscee zvukovoj filmy. Zajavka (Il futuro del sonoro.Dichiarazione), meglio conosciuto come il Manifesto dellasincronismo:Il suono uninvenzione a doppio taglio, e la sua utilizzazione piverosimile seguir la linea di minor resistenza, cio la linea dellappaga-mento della curiosit40. Gli stessi timori che avr Tarkovskij decennidopo: luso commerciale con la merce pi richiesta, i film parlati, e an-cora di pi con i drammi dalta cultura e le rappresentazioni di tipoteatrale semplicemente fotografate; soluzioni che domineranno anchela cinematografia sovietica e saranno imposte dalla politica culturale

    anche a musicisti come Sostakovic. Il Manifesto dellasincronismo affi-dava la soluzione alla cultura del montaggio: Solo lutilizzazione con-trappuntistica del suono in relazione al pezzo di montaggio visivo pu

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    offrire nuove possibilit di sviluppo e perfezionamento del montaggio.I primi lavori sperimentali con il suono devono essere indirizzati versouna decisa non coincidenza con le immagini visive. Solo con un simileassalto si avr la sensibilit necessaria alla creazione coerente di un

    nuovo contrappunto orchestraledelle immagini visive e sonore41.Si intrecciano in questo manifesto duepoetiche del suono: lasincro-

    nismo e lapolifonia. Lasincronismo, basata sullidea di scarto sistema-tico tra immagine visiva e sonora, sar sviluppata da Pudovkin nei suoiscritti dei primi anni 30 e nel suo primo film sonoro, Dezertir (Il diser-tore, 1933), e ritorna nellambito della pratica di alcuni registi davan-guardia degli anni 60 (Alain Robbe-Grillet, Duras, Straub e Huillet).Questi radicalizzeranno le posizioni del regista sovietico, e vedrannolimmagine sonora come un altro testo, concomitante a quello visivo,

    che non ha pi possibilit di essere totalizzabile. La colonna visiva esonora lavorerebbero, in questa pedagogia dellaudiovisivo (Syber-berg, Godard), in totale autonomia: Allesteriorit dellimmagine visivain quanto unica inquadratura (fuoricampo), si sostituito linterstiziotra le due inquadrature, la visiva e la sonora, linterruzione irrazionaletra le due immagini, la visiva e la sonora 42. Vi comunque alla basedellasincronismo il presupposto di uno sviluppo orizzontale autonomo,di ununit della colonna sonora. Lasincronismo si concentra sullo svi-luppo orizzontaledellimmagine sonora e visiva, e vede il loro rapporto

    in termini di una logica binaria: alla convenzione quindi della risonanzanaturalistica/emozionale, contrappone la dissonanza: Esso implica unapre-lettura del rapporto suono/immagine, e blocca questultimo su unacomprensione a senso unico poich essa suppone uno scarto retori-co (del tipo: dovrei sentire ci, ora sento ci) prestabilito. In realt,essa introduce il linguaggio e le sue categorie astratte, poste in termi-ni di s/no, ridondante/contraddittorio43. Lasincronismo appare quin-di una variante della modalit del commento. La poetica del contrap-punto audio-visivo, che si preciser, sempre sul modello musicale, co-me orchestrazionepolifonicadei piani espressivi mobilitati dal film, sar

    sviluppata invece da Ejzenstejn, il quale vedr nel Manifesto solo unmomento polemico iniziale 44. Quello che vediamo emergere nella con-cezione polifonica di Ejzenstejn la precedenza del montaggio verticalerispetto a quello orizzontale 45. I l rapporto tra suono e immagine visi-va deve riportare gli elementi dellimmagine cinematografica, proprioperch sia possibile una loro comparabilit e quindi un loro montag-gio, a una sfera originaria comune. Una dimensione pi originaria dicui gi parlava nel 1929 in Certvrtoe izmerenie v kino (La quarta di-mensione nel cinema), quella de lio sento, comune denominatore che

    permette il rapporto e la comparazione tra lio vedo e lio ascolto,e su cui torner nella terza parte di Montaz (Teoria generale del mon-taggio, 1937). Non il lavoro su due sistemi distinti, ma lesplorazione di

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    un territorio che permetta di raggiungere la radice comunedel visivo edel sonoro (e degli altri piani espressivi coinvolti) 46. Da qui un passodecisivo sulla questione-musica: [] la musica, intesa in senso ampiosia come parola, sia come voce, sia come suono in generale, non

    qualcosa di totalmente nuovo che fa il suo ingresso nella cinematografiasolo con il cinema sonoro. Con la musica si denomina una manifesta-zione emotiva organizzata artisticamente nel suono 47. La musica prece-de la sua espressione sonora materiale, e si manifesta nelle immagini vi-sive del cinema muto quando tali immagini mettono in gioco nella per-cezione dello spettatore componenti dellesperienza sonora. Larchitet-tura concettuale di Montaz trova il suo fulcro nella tensione tra ladatit della rappresentazione (izobrazenie) e la sua immagine (obraz),ossia il suo senso, il suo originario processo formativo. Dopo essere

    stato compito del montaggio, nel cinema audiovisivo il senso viene pre-so in carico dalla musica che, ripetiamo, precede la materialit sonora,e da questa va distinta. Il caratteremusicaledellimmagine serve a sot-tolineare che il senso, lattivit formativa che sta alla radice della rap-presentazione, non risponde a forme concettuali ma piuttosto, in ana-logia con la musica (e il pensiero) a delle regolarit costruttive prelin-guistiche, a dei ritmi. Gli elementi sonori materiali permettono dilavorare in modo pi articolato su tale organizzazione musicale, e non-linguistica, del senso; ma questo territorio, dove esplorare la radice co-

    mune del visivo e del sonoro, il sentirsi allinterno di unesperienza,esiste gi in nuce nel cinema muto.Verso questo territorio muove la sua attenzione Tarkovskij. Limma-

    gine temporale in Scolpire il tempo lasensazione(oscuscenie)del tem-po che scorre nel quadro, e questa precede attori, musiche, immaginivisive: Il fatto che poi questo scorrere del tempo viene rivelato anchedal comportamento dei personaggi, dai trattamenti figurativi e dai suo-ni, tutto ci costituisce soltanto una serie di componenti collaterali che,ragionando dal punto di vista teorico, possono anche essere del tuttoassenti e, cionondimeno, lopera cinematografica esisterebbe lo stes-

    so 48. Una sensazione, un ritmo, che sta prima appunto delle immaginivisive e sonore. Tarkovskij, in sintonia inconsapevole con Ejzenstejn, cosciente per che la manifestazione di tale sensazione si gioca nel mo-do con il quale si rapportano gli elementi sonori materiali (pre-codifi-cati, come linguaggio e musica, e gli sfondi sonoro-rumoristici) con leimmagini visive. Eccolo quindi criticare luso della musica, che purenon abbandona mai del tutto nei suoi film, per unorganizzazione delmondo dei suoni e rumori: La musica cinematografica per me, in ognicaso, una componente naturale del mondo dei suoni, una parte del-

    la vita umana, sebbene sia pienamente possibile che in un film sonororealizzato in maniera coerente dal punto di vista teorico non rimangaaffatto posto per la musica e questa venga sostituita dai rumori ripen-

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    sati dal cinema in maniera via via sempre pi interessante49. Tarko-vskij non sta abbandonando la funzione-commento per una esaltazio-ne delluso naturalistico: Se la selezione dei suoni non stata effettua-ta, ci vorrebbe dire che il film equivale a un film muto, poich esso

    privo di espressivit sonora50. La critica alluso della musica volto acontestare ladozione di un brano musicale dotato gi di una propriaorganizzazione del materiale; dalluso asincrono a quello empatico, il re-gista non avrebbe altre possibilit se non di farlo dialogare con limma-gine visiva, secondo appunto un rapporto illustrativo, di commento.Per giungere invece a una reale immagine audio-visiva, a una scultu-ra del tempo, si dovr tentare un uso espressivo delle possibilit sono-re della natura o della musica elettronica capace di dissolversi nellat-mosfera sonora generale, come appunto Tarkovskij far con il compo-

    sitore Artemev, in particolare ne Lo Specchio e in Stalker. Volevamoche il suo suono si avvicinasse a uneco poeticizzata, a dei fruscii, a deisussurri. Questi avrebbero dovuto esprimere una realt convenzionalee, nello stesso tempo, avrebbero dovuto riprodurre esattamente deter-minati stati danimo, il suono della vita interiore [] La musica elet-tronica doveva venir depurata dalla sua origine chimica perch fos-se possibile percepirla, e venisse percepita, come lorganico risuonaredel mondo51. Una concezione del suono che avrebbe potuto trovarenelluso del Dolby multipista lo strumento tecnico adeguato, e che il ci-

    nema odierno sfrutta per lo pi nellambito del film di genere. La po-vert acustica del supporto ha contribuito, allavvento del sonoro, a pri-vilegiare gli elementi sonori pre-codificati, la musica e il linguaggio, dicontro ai suoni e rumori. Oggi ci sarebbe la possibilit di rispondere alprogetto descritto da Tarkovskij, la creazione di un ambiente sonoroespressivo, di un campo sonoro, dotato di pieni e vuoti molto piampio rispetto al cinema classico, e in grado di far sentire masse sonoredefinite piuttosto che segni convenzionali sonori di rumori.

    Limmagine temporale, realmente audiovisiva, conduce il senso daun principio unitario linguistico (la parola-teatro o racconto) verso

    qualcosa di pre-linguistico e insieme di invisibile, ossia di non ridu-cibile al piano esclusivo del visibile stesso. Il mondo non si riduce aincarnare un lgos, sia questo verbale o visivo. In Tarkovskij, il decen-tramento della parola (la parola-emanazione) e lorchestrazione espres-siva del tessuto sonoro-rumoristico, sono attuati in nome di unespe-rienza del tempo dove lorganico risuonare del mondo, proprio gra-zie alla natura oscillante (tra fuoricampo diegetico e assoluto) del suo-no, vengono orchestrati in nome di unesperienza sacrale del tempo.Prima di studiare il risultato pi avanzato dello sforzo di Tarkovskij

    nel campo dellimmagine temporale (sacra), ossia il lavoro poieticocompiuto in Stalker, necessario quindi allargare lo sguardo, risalen-do alle sue fonti teologiche. E, in primo luogo, al tempo dellicona.

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    1 J . P. Sartre, Discussion sur la critique propos de Lenfance dIvan, ora in Aa. Vv.Andrej Tarkovskij, tudes cinmatographiques, 135-138, Parigi 1983, pp. 5-13.

    2 Ivi, p. 11.3 G. Buttafava, Il cinema russo e sovietico, a cura di F. Malcovati, Roma 2000, p. 102.4 L. Coss, a cura di, Portrait dun cinaste en moine pote. Entretien avec Andrei Tarko-

    vskij, in A. De Baecque, Andrei Tarkovski, Parigi 1989, p. 1075 A. Tarkovskij, Diari. Martirologio 1970-1986, a cura di Andrej A. Tarkovskij, trad. it.di N. Mozzato, Firenze 2002, p. 327. Ledizione italiana per la prima volta racchiude linterocorpusdei diari di Tarkovskij, verificato sui manoscritti originali raccolti presso la sede del-lIstituto Internazionale Andrej Tarkovskij a Firenze.

    6 Id., Scolpire il tempo, cit., p. 28.7 Non senza tensioni con quegli autori neo-slavofili che avrebbero dovuto comprende-

    re la sua ricerca estetica. Lesempio pi doloroso fu per Tarkovskij lattacco gratuito (debolee oscurantista) di Solzenitsyn nel 1984 ad Andrej Rublv su una rivista degli emigrati russi,diffusa clandestinamente a partire dagli anni 20, e con un ruolo importante a partire daglianni 60 (Vestik R.S.Kh., n. 141, I-II , pp. 137-44). In quei mesi Tarkovskij stava deciden-dosi per la richiesta di asilo politico.

    8 Riprendiamo questa tripartizione da F. Casetti,Teorie del cinema 1945-1990, Milano1993, il quale per trascura le riflessioni ontologiche di registi come Bresson, Godard eappunto Tarkovskij.

    9 A. Tarkovski, Diari. Martirologio 1970-1986, cit., p. 107.10 Id., Scolpire il tempo, cit., p. 58.11 Ivi, p. 161.12 Ivi, p. 89.13 Ivi, p. 70.14 Ivi, p 126.15 Il principale collaboratore dei primi film di Tarkovskij, il regista Andrej Koncalovskij,

    co-sceneggiatore per Il rullo compressore e Rublv, un caso esemplare. I l suo Asino scast(Felicit di Asja, 1967), un film dedicato a una figura di donna umile e diseredata, ambien-tato nella provincia russa, viene bloccato prima della distribuzione, che avr luogo negli anni

    90. Si dedica allora alla riduzione di classici da Turgenev e Cechov, prima di emigrare inUSA, negli anni 80.

    16 A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, cit., pp. 12-14.17 Ivi, p. 59.18 Quelli che non capivano niente dellarte cinematografica parlavano del silenzio come

    duna delle sue deficienze pi gravi; e sono quegli stessi che considerano oggi lintroduzio-ne del sonoro come un miglioramento o un completamento del film muto (R. Arnheim,Film as Art, Berkeley 1957; ed. it. a cura di G. Aristarco, Film come arte, Milano 1960, p.132). Nella combinazione della parola con limmagine, il dialogo limita lazione alluomo, equesto in contrasto con ci che faceva il cinema muto: la rappresentazione del mondo ani-mato delluomo. L introduzione del parlato reintroduce una distinzione rispetto al mondoinanimato. Le possibilit date dallarte dellimmagine in movimento si limitano a tre: le dueforme pure del movimento assoluto del corpo (la danza) e del movimento delluomo allin-

    terno delluniverso in azione (cinema muto); la forma impura del movimento al servizio dellaparola, del linguaggio drammatico (teatro). Il cinema sonoro per Arnheim un ibrido, checombina scene visivamente mediocri piene di dialogo con scene dalla ricchezza visiva tipicadel muto. La possibilit di un immagine in movimento che sottomette a s la parola nonviene presa in considerazione.

    19 A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, cit., p. 69. Si veda anche pp. 26-27.20 Le riflessioni di Tarkovskij trovano una riformulazione sistematica negli studi di M.

    Chion, e in particolare in Laudiovision. Son et image au cinma, Parigi 1990 (trad. it. di D.Buzzolan, Laudiovisione. Suono e immagine nel cinema, Torino 1997).

    21 Ivi, pp. 71-72.22 Ivi, p. 59.23 Ivi, pp. 60-63.24

    Ivi, p. 68.25 Ivi, p. 60.26 un verso della poesia Pervye svidanija (Primi incontri), di Arsenij Tarkovskij, padre

    del regista, che ascoltiamo nel seguito della sequenza.

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    27 A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, cit., p. 122.28Ibidem.29Ibidem.30Ibidem.31 Ivi, p. 97.32

    Ivi, p. 111.33 Tarkovskij, a parte i riferimenti polemici a Ejzenstejn, spesso fuori misura, non esprimerimandi diretti allestetica cinematografica. Mostra idiosincrasia per le teorie metodologicheprevalenti negli anni 60-70, e le sue riflessioni appaiono un dialogo, sia pur implicito, conle teorie classiche degli anni tra il 1915 e il 1950.

    34 La supremazia dellimmagine visiva non decide del ruolo della parola, che pu averebuone ragioni per essere teatrale, narrativa, o parola-emanazione.

    35 A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, cit., p. 107.36 Ivi, p. 110.37 Kulesov fece stampare in tre copie un primo piano inespressivo di Ivan Mozzuchin, e

    lo mont con tre diverse inquadrature (una scodella di minestra, il cadavere di una donna inuna bara, i giochi di una bambina). Quando i tre segmenti furono proiettati in sequenza, ilpubblico attribu allattore tre espressioni diverse (fame, dolore, tenerezza). Oltre a ridurre laricerca di Kulesov alle sue formulazioni pi semplicistiche, leffetto Kulesov assume alme-no due significati (praticamente opposti): o lo si legge come asserzione e dimostrazione deipoteri sintagmatici del film, del riassorbimento obbligatorio, in ununica logica diegetica, dellaframmentazione del montaggio, o vi si vedono piuttosto evidenziati i poteri metaforici delmontaggio e della discontinuit (A. Boschi,Teorie del cinema. Il periodo classico 1915-1945,Roma 1998, pp. 210-11).

    38 A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, cit., p. 145.39 T. Adorno e H. Eisler, Komposition fr den film, Mnchen 1969 (trad. it. di O. P. Ber-

    tini, La musica per film, Roma 1975, pp. 21-34). Ledizione originale del 1947 in inglese eraa cura del solo Eisler.

    40 S. M. Ejzenstejn, Film Form, New York 1949 (trad. it di P. Gobetti, La forma cine-matografica, Torino 1986, p. 270).

    41

    Ibidem.42 G. Deleuze, Limage-temps, Parigi 1983 (trad. it. di L. Rampello, Limmagine-tempo,Milano 1989, p. 278).

    43 M. Chion, Laudiovisione. Suono e immagine nel cinema, cit., p. 39.44 S. M. Ejzenstejn, Montaz (1937), in Id., Izbrannye proizvedenija v sesti tomach, vol. II ,

    Mosca 1963-70 (trad. it. di C. De Coro e F. Lamperini,Teoria generale del montaggio, a curadi P. Montani, Venezia 1985, p. 329).

    45 Lunit della colonna sonora suppone che gli elementi riuniti in un unico supporto diregistrazione si presentino allo spettatore come un blocco compatto. In realt lo spettatorepercepisce ogni suono in relazione al quadro dellimmagine e la sua prima domanda lafonte del suono, e non la relazione con i suoni precedenti. L unit interna della colonnaaudio non esiste, per la semplice osservazione che vi sono sempre, almeno potenzialmente,duespazi dai quali si origina il suono. La nozione di colonna audio, cos come viene utiliz-

    zata, in realt un puro e semplice calco meccanico dellidea di colonna immagine, la qua-le invece esiste, poich essa deve il proprio essere e la propria unit alla presenza di un qua-dro, di un luogo di immagini investito dallo spettatore (M. Chion, Laudiovisione. Suono eimmagine nel cinema, cit., p. 40).

    46 P. Montani, Limmaginazione narrativa. I l racconto del cinema oltre i confini dello spazioletterario, Milano 1999, pp. 27-38.

    47 S. M. Ejzenstejn,Teoria generale del montaggio, cit., p. 316-17.48 A. Tarkovskij, Scolpire il tempo, cit., p. 107.49 Ivi, p. 146.50 Ivi, p. 147.51 Ivi, p. 148.

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    II Limmagine cinematografica e il sacro

    1.Tecnica e sacroPu il cinema, larte dellepoca della riproducibilit tecnica, essere

    occasione di unesperienza estetica sacrale? Al di l della ripetizione di

    motivi narrativi propri della tradizione religiosa, il cinema come pu darvisibilit al divino? Nel cinema primitivo, una disposizione sequenzialedi inquadrature, che introducesse una linearit narrativa, stata esplo-rata per la prima volta in occasione di quattro versioni della Passione,tra il 1897 e il 1898, due girate a Parigi (da Lar e poi da Hatot per lasociet Lumire), una in Boemia (da William Freeman) e una a New

    York (da Paley e Russell), con durate che arrivavano alla mezzora. Es-sendo una storia universalmente conosciuta nellimmaginario (almenooccidentale), non vi erano problemi nella decifrazione del significato deiconcatenamenti dei quadri viventi presentati 1. E da allora, il cinemaha riproposto racconti di passioni, a volte di ispirazione esplicitamentecristologica: da Vues reprsentant la Vie et la Passion de Jsus Christ(1897, Lar) aPassion di Mel Gibson, passando per Il re dei redi Mille(1927) e Il vangelo secondo Matteodi Pasolini (1964),Jesus Christ super-star (1973) ed il Messia di Rossellini (1975). Il modello della passionecristica si pu allargare alle sue riletture eretiche, come, solo per ri-cordare le pi recenti, ilTot che visse due voltedi Cipr e Maresco(1988) oThe Last Temptation of Christ (1988) di Martin Scorsese; aipersonaggi della tradizione religiosa, in particolare Francesco o Giovan-

    na dArco, che pi da vicino ne seguono il modello sacrificale. Un filmsu Ges, o su episodi della Bibbia, circola nei progetti di molti registidi quel cinema interessato a una rappresentazione del sacro, al di ldella fede confessionale dellautore: da Bresson a Bergman, da Dreyera Godard, da Von Trier a Tarkovskij. E tracce di questi progetti li ri-troviamo nella narrazione delle passioni che stanno al centro di alcuniloro film esemplari: daLe Journal dun cur de campagnealleLuci din-verno (Nattvaardsgsterna), daOrdet aPassion. Naturalmente la passio-ne cristologica solo una delle vie daccesso allesperienza del sacro,

    anche se, rispetto ad altre tradizioni religiose, il paradigma dellincarna-zione, come proveremo a chiarire, riveste un significato particolare perdar senso al faredi unarte, come il cinema, cos coinvolta con i corpi.

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    Rimane la domanda: in che modo lautomatismo dellimmagine ci-nematografica pu manifestare il sacro cristiano? La soluzione preva-lente quella di assegnare al cinema il ruolo di dispositivo narrativo.La pi grande storia mai raccontata, intitolava George Stevens il suo

    film su Ges. E il cinema, al modo delle icone medioevali, rielaboraper le masse uno dei racconti-modello della nostra tradizione narrativa,e sono il pi delle volte delle traduzioni letterarie, nel senso cheabbiamo tentato di delineare nel precedente capitolo. Sono traduzio-ni che fanno della parola il centro dellimmagine, e dellimmagine qual-cosa di immediatamente leggibile. L immagine cristica (del Cristo odelleroe in passione) appare ridotta unilateralmente: o sul lato deltutto umano del Cristo sofferente, per sottolineare linsostenibilit deldolore la cui necessit, alla quale deve sottomettersi il divino stesso,

    regge la trama del mondo; o sul lato di una divinit luminosa, che siconfonde facilmente con lo splendore hollywodiano-televisivo, conquella sacralit costruita, progettata, dallindustria dello spettacolo,e che fa dei corpi delle star le divinit atemporali della contemporanei-t. In questo modo viene sciolta la doppia natura del Cristo, poichlalterit del sacro viene pensata come qualcosa che viene superata dal-la sua umanit, o come qualcosa che viene progettata dalluomo stes-so. L umano come superamento-inveramento del divino; o il divinocome progetto dellumano. Ma che ne del paradosso costitutivo del-

    limmagine cristiana, di quella tensione antinomica e irresolubile tra ilDio che nessuno ha mai visto e il Cristo, icona del Dio invisibile(Col. 1. 15)? Di quella tensione tra visibile e invisibile che, a differenzadi altre esperienze del sacro, si concentra in una Persona, in una figuraumanaedivina? Due questioni si intrecciano quindi: tecnica e sacro;e a sua volta sacro e immagine cristiana.

    2. Lo sguardo del viaggiatore immobileIl cinema, come aveva sottolineato con forza Benjamin, lestrin-

    secazione di tutte le forme di visualizzazione dei tempi e dei ritmi pre-

    figurati dalle macchine moderne, di modo che tutti i problemi dellartecontemporanea trovano solo nellambito del cinema la loro formulazio-ne definitiva2? Sempre Benjamin, nel suo celebre Das Kunstwerk imZeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit (1936), nella connessionetra tecnica e massa intendeva cogliere il nuovo orizzonte fondativodellesperienza artistica, che assiste al passaggio dal rito alla politiciz-zazione delle masse. La ricezione nella distrazione, che si fa sentire inmodo sempre pi insistente in tutti i settori dellarte e che costituisceil sintomo di profonde modifiche dellappercezione, trova nel cinema

    lo strumento pi autentico su cui esercitarsi. Grazie al suo effetto dishock il cinema favorisce questa forma di ricezione. I l cinema svalutail valore cultuale non soltanto inducendo il pubblico a un atteggiamen-

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    to valutativo, ma anche per il fatto che al cinema latteggiamento va-lutativo non implica attenzione. Il pubblico un esaminatore, ma unesaminatore distratto3. Il sostrato religioso-sacrale, che ancora perma-ne nella fruizione museale e nella concezione aristocratica dellartista

    creatore, potrebbe essere cos superato, se le masse riuscissero (comeavviene nellavanguardia sovietica, o in Chaplin) a farsi soggetto, e nona subire invece una estetizzazione della politica, che usa i mezzi dellariproducibilit tecnica per subire il culto delle icone totalitarie.

    Sguardo, macchina. Se ci affidiamo al fondamentale studio di Au-mont (Lil interminable. Cinma et peinture, 1989) sulla genesi del-lo sguardo cinematografico a partire da quello pittorico, e alle ricerchesulla genesi del linguaggio cinematografico di Burch (La lucarne delinfini. Naissance du langage cinmatographique, 1983), ritroviamo un

    percorso teorico che sostiene la nota benjaminiana. Negli anni tra il1896 e la Prima guerra mondiale si costituisce un linguaggio cinema-tografico, un modo di costruire il percorso dello sguardo dello spetta-tore nel tempo, che risponde a una storia simbolica della rappresenta-zione occidentale, nonch a una storia economico-sociale di una fasedel capitalismo. La pittura del XIX secolo, nota Aumont, si era impe-gnata a dipingere nuvole, piogge, tempeste e arcobaleni, foglie tremo-lanti al vento e mari scintillanti al sole; si era impegnata a porre comeoggetti dello sguardo la luce (limpalpabile) e laria (lirrappresentabi-

    le), e a raffigurare listante sfuggente, effimero, attraverso la fissazio-ne del momento pregnante, e successivamente del momento qualsiasicome comunque significativo 4. Imparare a guardare, e ad accordarefiducia allo sguardo. La rivoluzione della prospettiva lineare aveva de-lineato un soggetto della visione che riduceva la natura a testo: Quan-do la natura presente, e nella pittura del Rinascimento e dellet clas-sica lo in larga misura, sempre una natura organizzata, sistemata,predisposta, e sempre in funzione di un senso da esprimere 5. Coluiche guardava era un testimone invisibile, che apriva una finestra, se-condo la celebre definizione dellAlberti, su una realt messa in sce-

    na, su unimmagine costruita secondo unorganizzazione drammatur-gica, che permettesse al pittore di esprimere il proprio giudizio: An-che in pittura la rappresentazione risulta sdoppiata: tra lattualizzazio-ne, lillustrazione di un avvenimento immaginario, di una storia, siaessa presa o meno dalla Storia, comunque gi precedentemente rac-contata in un testo, e la scelta e lorganizzazione, su questo avvenimen-to, di un punto di vista che permetta di raffigurarlo 6.

    Negli anni a cavallo dellOttocento si realizza una rivoluzione nelmodo di considerare lo schizzo dal vero. Si passa dallabbozzo, ossia

    dalla registrazione di una realt gi plasmata in vista di un futuro qua-dro, allo studio, alla registrazione di una realt cos com, significa-tiva senza che questo implichi una sua trama simbolica, un suo sotto-

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    testo. La caratteristica fondamentale dello studio la rapidit di rea-lizzazione: il quadro, che non viene pi ritoccato, porta alla luce laprima impressione del pittore, il suo colpo docchio. Lo spettatore ora questo viaggiatore dello sguardo, che di fronte alla natura si pone

    come rispetto ad un campo ininterrotto e continuo di quadri potenzia-li. Questo mutamento ideologico rende desiderabile il tipo di immagi-ni che la fotografia predispone.

    Locchio in movimento del pittore alla fine del secolo subisce lac-celerazione data dalla diffusione della ferrovia. Questa comporta unastandardizzazione del tempo: furono le compagnie ferroviarie a istituireper prime, il 18 novembre del 1883, unora mondiale. I l ritmo del-lesperienza personale viene cos scandito da questo tempo uniforme,omogeneo, pubblico, ma al contempo fatto di shock continui, di im-

    magini che si succedono velocemente. Colui che guarda diviene cosquesto viaggiatore immobile, che domina limmaginario della fine delsecolo. Un viaggiatore anonimo e collettivo, che pu vedere quello chefinora era affidato ai racconti dei grandi esploratori, e che adesso erail terreno delle imprese coloniali. Il cinema interviene a soddisfare que-sta sete di visione, presso quegli strati sociali che non potevano per-mettersi viaggi cos costosi, come quelli dellOrient- Express o della

    Trans-Caspiana. Un episodio curioso come quello delle Hales Tourspu aiutarci a comprendere quanto, agli albori del cinema, lo sguardo

    dello spettatore fosse sentito prossimo a quello del viaggiatore immo-bile delle ferrovie. Gli Hales Tours erano degli spettacoli, presentatila prima volta allEsposizione di Saint Louis nel 1904, che si svolgeva-no dentro dei vagoni ferroviari, privi di una fiancata, che giravano den-tro dei tunnel circolari, le cui pareti formavano uno schermo continuo.Sullo schermo, senza inizio e fine, venivano proiettate immagini preserealmente da treni in movimento, che dovevano riprodurre nello spet-tatore lillusione del viaggio, a cui contribuiva anche loscillazione ar-tificiale del vagone e particolari effetti sonori. Durer pochi anni maebbe notevole successo, testimoniato dallalto numero di sale aperto

    per offrire questo viaggio (500 negli Stati Uniti nel 1905).Dal testimone di una messa in scena allocchio sempre in movimen-

    to di un viaggiatore immobile: questo, in modo quanto mai schemati-co, il percorso che ha compiuto lo sguardo dellimmagine visiva inOccidente tra il Rinascimento e linizio del Novecento. Il linguaggioche il cinema elabora nel corso dei suoi primi decenni, e che oggi ciappare naturale, fatto di una serie di convenzioni che guidano losguardo di questo viaggiatore immobile. Prima ancora dellintroduzio-ne del sonoro, le immagini tendevano a disporsi attorno a delle parole,

    ad un testo. Burch ci aiuta a individuare gli snodi fondamentali. Sitratta di costruire un percorso tra diverse inquadrature, una linearizza-zione narrativa, dove la discontinuit sul piano dellimmagine produ-

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    ca un senso. Il primo esempio gi ricordato sono i film sulle Passioni,sul Libro, ossia su una vita esemplare universalmente conosciuta e cheper lo pi veniva letta come esibizione del fondamento di ogni pro-gressione lineare di senso, di ogni Ordine dellesperienza. Sempre in

    direzione di una linearizzazione andranno film dedicati agli insegui-menti (The Miller and the Sweep, 1897, di G. A. Smith; Stop Thief!,1901, di Williamson;Tonm, the Pipers Son, 1905, di Bitzer, loperatoreprediletto di Griffith) che permetteranno di concepire uno spazio la-tente allinquadratura, dal quale possono entrare e uscire personaggi,e una contiguit temporale dei quadri in successione.

    Il secondo snodo decisivo lacentraturadello sguardo dello spet-tatore, ossia la linearizzazione dei significanti iconografici allinterno delquadro. Si va verso una semplificazione delle inquadrature dinsieme,

    la cui lettura nel cinema delle origini richiedeva pi visioni, e che ne-cessitava dellausilio di un commentatore esterno, che aiutava lo spet-tatore a decifrare, a trovare un percorso, allinterno di tale caos percet-tivo; e verso un raccordo delle direzioni dello sguardo, che dovevaseguire una catena causale e una successione temporale. un processoche pu dirsi compiuto verso la fine degli anni 20, quando lo sguar-do dello spettatore oramai non si concepisce pi immobile, ma ha unpercorso che coincide con quello della macchina da presa. Lo spaziocinematografico dellinquadratura ha interiorizzato in quegli anni alcu-

    ne condizioni di ripresa, che hanno riportato limmagine cinematogra-fica nellalveo della rappresentazione prospettica rinascimentale: unin-quadratura messa in scena; il rilievo delle figure e la profondit dicampo, attraverso i movimenti obliqui della macchina da presa e unmaggior dominio dellilluminazione 7; il rispetto nei raccordi di dire-zione, di sguardo, di posizione, dellorientamento sinistra-destra dellospettatore; e infine, lesteriorit dello spettatore rispetto alla storia nar-rata. Tra il 1910 e il 1920 si codifica la consuetudine a considerare losguardo frontale in macchina rivolto al fuoricampo omogeneo alla sce-na (contro-campo), e non al fuoricampo radicale dello spettatore, se

    non in scene dal particolare statuto riflessivo. Gli attori non ricambia-no lo sguardo dello spettatore, che da una parte diviene quindi il pun-to focale della costruzione del quadro, e dallaltra un testimone invi-sibile, invulnerabile, ubiquo, perch non ancorato al campo di nessunascena in particolare. I l soggetto dello sguardo del cinema, attraversouna storia in gran parte dimenticata, si configura perci, rispetto allarealt, secondo le linee dominanti nella storia dello sguardo e del rac-conto dello sguardo, proprie della tradizione moderna.

    Lelemento tecnico, meccanico, sembra per rendere questa confi-

    gurazione come unevoluzione obbligata, come unulteriore tappa nelprocesso di meccanizzazione e standardizzazione dellesperienza uma-na, che appunto coinvolge anche la produzione di immagini. Lo spet-

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    tatore un soggetto anonimo, sempre in viaggio e immobile, che pre-dispone una messa in scena in funzione del suo sguardo e rimane sem-pre fuori dal quadro; unalterit invisibile allazione, elaborata secon-do una sintassi debitrice del teatro e del romanzo borghese. Questo

    spettatore pu avere esperienza del sacro? Si potrebbero rovesciarediverse argomentazioni di Benjamin, e sostenere che il culto dellorigi-nalit e unicit dellopera darte un prodotto della cultura individua-listica borghese, mentre la produzione e fruizione collettiva richiamanoesperienze artistiche medioevali, e che lesperienza dellaura solo nel-le sue forme decadute ha come fine il dominio delle coscienze. La con-cezione di un tempo estatico, al di fuori del ritmo cronologico stru-mentale proprio della modernit, darebbe semmai la possibilit di unaliberazione della natura dallessere oggetto di uno sguardo pronto a

    dominarla. Ma altres innegabile che molte rappresentazioni religiose(come le prime Passioni cinematografiche) nella modernit hannosmesso di essere apertura al sacro: I demoni, i fantasmi e gli eroi af-follano larte della fine del secolo, suggerendo esoteriche profondit:ma sono sempre pi evidentemente autorappresentazioni e segni delsoggetto che li produce e non rimandano pi nulla oltre di esso. Lartediviene celebrativa dellautore-medium8. Sono divenutesegni del Sog-getto e non pi icone del divino: manifestazione di un ordine della vi-sione predisposto, tecnico, che ha unificato le esperienze del visibile

    e dellinvisibile e le ha rese omogenee; sono opere darte di argomentoreligioso, e non pi dono di unAlterit radicale.

    3. Vedere lAltro al cinemaSe interroghiamo questa dicotomia a partire dal sacro, e ricostruia-

    mo le argomentazioni di chi ha tentato, nella specificit stessa del ci-nema, di sostenere la sua possibilit di rappresentazione, rintracciamodue livelli di analisi, linguistico e ontologico, che vanno spesso a so-vrapporsi. Secondo una riflessione di ordine linguistica, quello cheha portato alla codificazione di un linguaggio cinematografico, avente

    il modello del Soggetto come fondamento della visione, un percor-so storico, frutto di un consolidarsi di abitudini stilistiche. Sempre at-traverso un processo stilistico la rappresentazione pu quindi porsicome compito, piuttosto che il mimetismo della realt sensibile, lallu-sione a unAlterit radicale attraverso di essa. la ricerca intrapresa,tra gli altri, da Paul Schrader inTrascendental Style in Film(1972). Ladifficolt del cinema in questo compito rispetto ad altre arti nasce dalsuo alto valore mimetico. I tentativi di una rappresentazione direttadel divino non fanno altro che abbassarlo al livello dellumano, come

    nel didascalismo dei vari kolossal americani; e del resto, ricorda Schra-der, il cinema non nasce dalla pratica religiosa come altre arti, ma figlio del capitalismo e della tecnologia 9. Se il percorso delle altre arti

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    andava da una natura sacrale a una profana di riproduzione mimeticadel reale, il cinema doveva compiere il percorso inverso. Il cinemaspirituale ha dovuto insomma prendere continuamente le distanze dal-le sue stesse potenzialit: ricco alla nascita, ha dovuto scoprire man

    mano la povert10. In altri termini, deve lottare contro quelleffettodi realt connaturato al cinema; deve cercare di ribaltare lorienta-mento che vede nellarte il compito precipuo appunto di riprodurreuna copia mimetica del mondo fenomenico. I l peccato originaledellapittura moderna, e poi della fotografia e del cinema, sottolinea Schra-der, come gi aveva detto Bazin (e tra gli altri, un autore caro a Tarko-vskij, Pavel Florenskij). La povertcome stile del sacro non vuol direinventare forme astratte, ma la sottrazione del potenziale proprio delmediumcinematografico.

    Questi procedimenti stilistici trovano unespressione compiuta nellapoetica Zen di Ozu e nel cristianesimo giansenista di Robert Bresson.Il principio di fondo sta nel rendere inespressivi quegli elementi chesono delegati a essere guida nella decifrazione e comprensione del-levento rappresentato: la trama, la recitazione, la caratterizzazionepsicologica, le tecniche di ripresa, la musica, i dialoghi, il montaggio.In questo modo le interpretazioni convenzionali della realt perdonovalore e forza, e lo spettatore obbligato a cercare nella rappresenta-zione di una realt quotidiana, ma stilizzata, che non permette quindi

    unidentificazione emotiva, i segni di qualcosa dAltro. Alla ricerca didistrazione dello spettatore, che fa di tutto per trovare uno schermoche gli permetta di leggere lazione (di pre-vederla), Bresson o Ozumostrano una quotidianit che non chiede uninterpretazione intellet-tuale o un coinvolgimento emotivo. Una quotidianit che viene mo-strata nei suoi dettagli, descritti ripetutamente, provocando cos undisagio emotivo nello spettatore, uninquietudine per unattenzionedello sguardo che non trova motivazioni razionali, poich non aiu-ta lo svolgimento dellintreccio o la comprensione delle dinamichepsicologiche. Quella quotidianit sempre sotto i nostri occhi diviene

    cos mistero: come la messa: trasforma lesperienza in un ritualeche pu essere ripetutamente trasceso 11. Allo stesso modo, la reite-rativit degli stilemi narrativi (la focale dellobiettivo, il ritmo del mon-taggio, la posizione della macchina da presa e quella degli attori nel-linquadratura, gli schemi dellintreccio, e cos via) permette la ritua-lit nello sguardo del viaggiatore immobile.

    Vi per un secondo piano di indagine che il tentativo di rappre-sentare lAlterit del sacro impone, ed di ordine ontologico. Il termi-ne di riferimento Andr Bazin, padre della critica francese (ed euro-

    pea) del dopoguerra, con i suoi saggi raccolti nei quattro volumi diQuest-ce que le cinma? (1958-62)12. Come gi con Benjamin, con Ba-zin ritroviamo una perspicuit tale nel delineare le questioni decisive

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    per lestetica del cinema, che passano in secondo piano i pur impor-tanti rilievi metodologici mossi verso i suoi studi. Benjamin coglieva lafrattura con le altre arti nella questione della tecnica, e conseguente-mente nella perdita di sacralit di unarte riproducibile tecnicamente;

    Bazin al contrario pone il problema di unetica dello sguardo, e quin-di di una sacralit della realt inquadrata, che si presenta, non casual-mente, dopo gli orrori della seconda Guerra Mondiale. Dopo lorro-re della riproducibilit tecnica della morte, questo il problema che siimpone allarte riproducibile tecnicamente.

    La rappresentazione del sacro pu limitarsi ad avere un approcciosoltanto stilistico? Schrader propone un metodo: vi sono alcuni prin-cipi, nelle mani dellautore-creatore, che permettono di interrogare cri-ticamente la realt, di sospendere i procedimenti consuetudinari con la

    quale la rendiamo visibile, e costruiscono un accesso allAltro dal vi-sibile. Ma il peccato originale della rappresentazione moderna nonviene superato in questa attitudine critica, che del resto troviamo inmolti autori non sacri. L dove c un metodo, rimane sempre unacentralit del Soggetto della visione. Da sempre il cinema, in moltedelle sue espressioni pi alte, ha tentato la via di unespressione criticadei suoi mezzi, ha esibito il suo carattere falsificante, ha messo a nudoi procedimenti e risvegliato nello spettatore una capacit di lettura at-tiva. Ma questo lavoro finisce per reinserire il cinema (e il regime del-

    laudiovisivo che da esso si propaga, pur in forme diverse, in tutta lanostra esperienza quotidiana) nella tradizione moderna dellartista checriticamente, e individualmente, si pone di fronte allesperienza condi-visa, per ristrutturarne lorizzonte di senso. Tale linea, in unepoca dipredominio delle immagini, e di una tendenziale indistinzione tra im-magine virtuale e naturale, appare strumento di difesa e aiuto per ladecifrazione di tale universo. Ma ponendo la domanda solo sul modocon il quale il Soggetto pu rappresentare il sacro, e non al contempocome il sacro stesso, il divino, pu decidere di manifestarsi nellim-magine, si rimane nellambito di unesaltazione della capacit riflessi-

    va dellautore, riconfermando comunque la sua capacit di dominiosul materiale.

    Bazin non tratta mai esplicitamente della rappresentazione del sa-cro, se non in un saggio, Santi lo si solo dopo, intorno al film agio-grafico Cielo sulla palude, dedicato a Maria Goretti; ma la sua doman-da sul realismo del cinemamuove verso un rivolgimento del problema.Daltra parte il cinema linguaggio: Bazin cos aveva concluso il suosaggio pi famoso, Ontologia dellimmagine fotografica (1945). Ma ilcarattere di rappresentazione, di linguisticit del cinema non risolve,

    come vorrebbero i suoi critici, il problema ulteriore, e ben pi urgente:la presenza della realt stessa nellimmagine. Nel cinema non vige unadicotomia netta tra rappresentazione e realt, assenza e presenza. []

  • 7/28/2019 8. Zona Del Sacro - Tarkovskij

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    la fotografia non affatto limmagine di un oggetto o di un essere, mamolto pi esattamente la sua traccia. La sua genesi automatica la di-stingue radicalmente dalle altre tecniche di riproduzione. I l fotografoprocede, con lintermediario dellobiettivo, ad una vera impronta lumi-

    nosa: a un calco [] Il cinema realizza lo strano paradosso di ricalcar-si sul tempo delloggetto e di prendere oltre a ci limpronta della suadurata13. E quindi: sempre sul piano dellontologia che lefficaciadel cinema prende origine. falso dire che lo schermo sia assoluta-mente impotente a metterci in presenza dellattore. Lo fa alla manie-ra di uno specchio (di cui si ammetter che restituisce la presenza diquello che vi riflette)14. Bazin sta, anche se non esplicitamente, ripro-ponendo lantinomia dellimmagine cristiana: limmagine, licona divinanon un segno del soggetto umano, ma presenza donativa del Dio-

    Padre attraverso il suo Lgos incarnato, il Cristo. Il sacro nel cristiane-simo vive questa doppia tensione, che pu scivolare in eresia, tra lin-visibilit del Padre ed il suo mostrarsi nella carne del Dio-Lgos, delCristo. Tra unimmagine che presenza e al contempo apertura sullaLuce divina. Lalternativa delineata da Schrader tra due poetiche dellostile trascendentale, costruite con mezzi stilistici simili, ma luna aventecome sfondo una sacralit del tutto risolta nel visibile stesso (il buddi-smo Zen di Ozu), e laltra il trascendimento della prigione del visibi-le (il cristianesimo agostiniano di Bresson), manca quellantinomia che

    a fondamento di ogni