a11 · 2017. 9. 20. · sempre nel 1947, esce anche il volume di ricoeur, gabriel marcel et karl...

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  • Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Antichistica, Lingue, Educazione,Filosofia – A.L.E.F. dell’Università degli Studi di Parma.

  • Chiara Cotifava

    Epistemologia e Ethica

    La riflessione di Paul Ricoeur sul Mind–Body Problem

    Prefazione diMara Meletti

  • Copyright © MMXVIIAracne editrice int.le S.r.l.

    [email protected]

    via Quarto Negroni, Ariccia (RM)

    ()

    ----

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

    con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

    Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

    I edizione: maggio

    [email protected]

  • Indice

    Prefazionedi Mara Meletti

    Avvertenza

    Introduzione

    Epistemologia e EthicaLa riflessione di Paul Ricoeur sul Mind–Body Problem

    Premessa

    Capitolo IHistorica

    .. Sulla nascita nel ’ della “science de l’homme” e sui termini espri-menti il rapporto anima–corpo, – .. Intorni ad alcuni argomenti, .

    Capitolo IIRicoeur in “dialogo” con le neuroscienze

    .. La prospettiva metodologica di Ricoeur, – .. Su alcuni usinon concordanti di termini concettuali, – ... Sui termini “vita”e “mondo”, – ... Sul concetto di oggetto mentale, – .. Leimplicazioni etiche della riflessione sul mind–body problem, – .. Leaperture della riflessione di Ricoeur sul tema del corpo, .

    Riflessioni e postille

    Bibliografia

  • Prefazione

    M M∗

    Chiara Cotifava, ricercatrice presso l’Università di Parma, ha consa-crato lunghi anni della propria ricerca al pensiero di Paul Ricoeur,seguendolo nelle sue ramificate e complesse piste di ricerca e inter-rogandolo in quelle che risultano ancora quaestiones disputatae neipiù ampi dibattiti filosofici contemporanei. Questo ricco e densocontributo si inquadra in questo orizzonte di studi ed è dedicato inparticolare al Mind–Body Problem. Ricoeur s’interroga su un temamolto discusso nella cultura attuale, dati i progressi raggiunti dalleneuroscienze che l’hanno reso più problematico. Ricoeur lo discutein un dialogo/confronto col neuroscienziato J.–P. Changeux, con ilquale ha pubblicato il volume Ce qui nous fait penser. La nature et larègle, Odile Jacob, Paris .

    Chiara Cotifava segue criticamente le linee di tale confronto cheappare alla fine come un dialogo difficile e forse “mancato”, comeosserva Jean–Luc Petit, che fu studioso–allievo di Ricoeur. SebbeneChangeux rifiuti un semplice riduzionismo, scegliendo come para-digma teorico l’Ethica di Spinoza, guarda al Mind–Body problem da unpunto di vista ancora ontologico. Ricoeur, al contrario, non intenderiaprire un dibattito sui rapporti tra la dimensione mentale e quellacorporea. La sua prospettiva ermeneutica si richiama a un dualismolinguistico: d’un lato, il discorso assunto dal neuro–scienziato chesi esplica mediante nozioni attinte dal suo specifico ambito; dall’al-tro quello del fenomenologo che ricorre ad un linguaggio del tuttodiverso per esprimere e comunicare un’esperienza vissuta.

    La ricerca di Cotifava propone un’Introduzione che ripercorrealcuni momenti della riflessione di Ricoeur, al fine di avvicinare il let-tore a Soi–même comme un autre (), opera in cui Ricoeur condensaricerche distese nel tempo. All’Introduzione, fa seguito lo studiodedicato esplicitamente al Mind–Body Problem, che si articola secon-do prospettive molteplici. Nella Historica è ricostruito il problema

    ∗ Professore associato di Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Parma.

  • Prefazione

    dei rapporti tra physique e moral nel XVIII secolo e l’autrice rilevapreziose analogie di argomenti tra Ricoeur e Maine de Biran, filo-sofo cui Cotifava ha dedicato in passato molteplici saggi. Il dialogodi Ricoeur con le neuro–scienze porta a precisare il significato ditermini quali “vita”, “mondo”, “oggetto mentale” e a sottolinearele implicazioni etiche relative ai dibattiti epistemologici riguardantiil Mind–Body Problem. Analizzate le complesse riflessioni di Ricoeursul tema del corpo, da ultimo, in Riflessioni e postille, propone unpossibile intreccio dialettico tra i concetti di tempo e di spazio.

    Puntuale e documentato, analitico nel suo procedere, ma egual-mente attento alle molteplici suggestioni ricoeuriane, sul piano an-tropologico, etico ed ontologico, il lavoro di Cotifava, consente dileggere in filigrana un aspetto della riflessione di Ricoeur non sempresufficientemente messo a fuoco dalla critica.

  • Avvertenza

    Questo volume si rivolge ad un pubblico che, forse, non conoscel’universo filosofico in cui si è mosso Paul Ricoeur, un filosofo fran-cese nato il febbraio a Valence. Non ci occuperemo qui della suabiografia. Numerosi sono gli studi italiani che si occupano di Ricoeur:in traduzione italiana possiamo trovare Riflessione fatta. Autobiografiaintellettuale, composta dallo stesso Ricoeur e dedicata a ripercorrerele tappe fondamentali della sua riflessione, a cura di D. Jannotta, JacaBook, Milano ; La critica e la convinzione. A colloquio con FrançoisAzouvi e Marc de Launay, a cura di D. Jannotta, Jaca Book, Milano .Questi sono testi che, rifacendosi allo stesso Ricoeur, ripercorrono lediverse tappe della sua lunghissima riflessione intellettuale.

    Per parlare delle monografie dedicate dagli studiosi italiani a Ri-coeur, ricordiamo D. Jervolino, Il Cogito e l’ermeneutica. La questionedel soggetto, I ed. Procaccini, Napoli ; II ed. ampliata Marietti,Genova ; F. Guerriera Brezzi, Filosofia e interpretazione. Saggiosull’ermeneutica restauratrice di Paul Ricoeur, il Mulino, Bologna ;D. Jervolino, L’amore difficile, Studium, Roma ; D. Jervolino, Intro-duzione a Ricoeur, Morcelliana, Brescia . Potremmo aggiungeretanti altri studi; ci limitiamo a segnalare che, in traduzione italiana,è recentemente apparso l’importante saggio di Jean Grondin, PaulRicoeur, PUF, Paris . Raffinato studioso dell’universo ermeneu-tico, in questo studio propone un’acuta lettura della riflessione diRicoeur; la tr. it. ci è offerta col titolo Leggere Paul Ricoeur, Studium,Roma .

    Ricordiamo, infine, di consultare il sito www.fondsricoeur.fr/ chepropone la bibliografia aggiornata di tutti gli studi dedicati a Ricoeur.

    http://www.fondsricoeur.fr/

  • Introduzione

    La mia introduzione non intende interpretare il ricchissimo cammi-no della riflessione di Paul Ricoeur. Le notizie segnalate nell’Avvertenzapresentano al lettore italiano la bibliografia che può consultare diret-tamente.

    Mi limiterò a richiamare alcune opere che ne hanno scandito laricchissima produzione. Un piccolo richiamo biografico: nel ,Ricoeur richiamato come ufficiale di riserva, viene fatto ben prestoprigioniero dai nazisti. Mandato in Pomerania orientale, nel campodi Arnswalde per tutta la durata della guerra, si ritrova insieme aRoger Ikor, Jacques Desbiez, Paul–André Lesort, Jean Chevalier,Fernand Agrand, Savivas e Mikel Dufrenne. Il loro comune ricoverolo chiamavano la Stube dei filosofi.

    Con Dufrenne, Ricoeur lavora all’opera di Jaspers e questa letturacomune si concretizzerà nel nello scritto, a due mani, Karl Jasperset la philosophie de l’existence. Contemporaneamente, Ricoeur tra-duce Husserl, autore che i nazisti avevano messo all’indice. Ricoeurutilizza in tal caso i margini di Ideen I, per preparare una traduzioneche apparirà nel . L’esperienza, nata da tale incontro con la scuolahusserliana, condurrà Ricoeur a prestare attenzione a un’esperienzaspogliata da costruzioni ereditate da contesti che potrebbero inficiarel’accoglimento di una pura intenzionalità, e dell’apertura al mondodi una coscienza che in esso scopre la sua presenza.

    Al suo rientro in Francia, dopo la prigionia, Ricoeur si misuraintellettualmente con l’esistenzialismo di Sartre, in conflitto con l’e-redità della lezione esistenzialistica acquisita, ante guerra, da GabrielMarcel, da Karl Jaspers e da Kirkegaard. Ricoeur si indirizza versol’impegno di un essere come atto, di un essere–con che rifiuta lalibertà sartriana, intesa ad uscire dall’essere e rivolta, per la sua stessaessenza, verso un nulla che può salvare la coscienza da un “in sé”

    . Sulle vicende biografiche di Ricoeur si legga il vol. F. D, Paul Ricoeur, Les sens d’unevie, La Découverte, Paris ; ed. riveduta e ampliata, La Découverte .

    . Seuil, Paris .

  • Introduzione

    reificante e l’indirizza ad un “per sé” che non può trovare riposo inalcun oggetto.

    Sempre nel , esce anche il volume di Ricoeur, Gabriel Marcelet Karl Jaspers. Philosophie du mystère et philosophie du paradoxe.

    Tre anni dopo, nel , Ricoeur sostiene la sua tesi di dottoratoLe volontaire et l’involontaire, corredandola, secondo l’uso d’allora,con la prima pubblicazione in francese di Ideen I, di E. Husserl cuiaveva lavorato durante gli anni della prigionia.

    La prima grandissima opera di Ricoeur continua ad essere giu-stamente oggetto d’interesse degli attuali studiosi ricoeuriani. Guar-diamo a come la ripensa lo stesso Ricoeur in Réflexion faite: il suointento, allora, era comporre una sorta di controparte, nel campopratico, della grande opera di Merleau–Ponty, Phénoménologie de laperception, pubblicata da Gallimard, Paris . Si trattava di condurreuna ricerca fenomenologica, istruita da Husserl e da Gabriel Marcel,sui rapporti tra il volontario e l’involontario. Le Volontaire et l’involon-taire, che Ricoeur presentava come il primo tomo di una Philosophiede la volonté, s’impegnava a mostrare, contro il dualismo cartesianoche riconduceva a due sostanze eterogenee il corpo e lo spirito, co-me la fenomenologia husserliana permettesse di riconsiderare talirapporti. La sua idea era riprendere, all’interno del Cogito, la pos-sibilità di sostenere un principio della reciprocità del volontario edell’involontario. Esso si connetteva sia alla lezione fenomenologicaper la quale è possibile condurre un’eidetica, cioè una descrizionedelle strutture che caratterizzano il volontario e l’involontario, siaalla lezione di Marcel che, istruita da un soggetto incarnato e corpo-reo, si traduce in Ricoeur nel fare posto a un dualismo esistenziale,anche drammatico, che attesta che l’unione profonda tra mente ecorpo, per utilizzare un linguaggio moderno, corre sempre il rischiodi scindersi.

    Quello che, comunque, Ricoeur intendeva mostrare, attraversoil principio cardine della sua grande opera, cioè la reciprocità delvolontario e dell’involontario, era l’idea che vi potesse essere unaripresa da parte del soggetto cosciente anche degli strati involontariche più sfuggono alla sua presa. Ricordiamo che la composizione

    . Temps présents, Paris .

    . Philosophie de la volonté (I). Le volontaire et l’involontaire, Aubier, Paris ; tr. it. Ilvolontario e l’involontario a cura di M. Bonato, Marietti, Genova .

    . P. R, Réflexion faite. Autobiographie intellectuelle, Éd. Esprit, Paris ; tr. it., cit.

  • Introduzione

    dell’opera si articola in tre grandi parti: la prima, Decidere: La sceltae i motivi, incontra l’involontario come un’esistenza del corpo chesi colloca ai limiti dell’eidetica, in quanto si occupa di bisogno e pia-cere, di motivi che si collocano a livello vitale e del rapporto tra ilcorpo e il campo totale di motivazione. La seconda, intitolata Agire:La mozione volontaria e i poteri, intende offrire una descrizione puradel muovere, ma insieme parla della spontaneità corporea, suddivi-sa in paragrafi che si occupano dei “saper–fare precostituiti”, della“emozione”, della “abitudine”, del “muovere e dello sforzo”. La terzaparte, intitolata Il consentimento e la necessità, è la parte in cui Ricoeurprova a mostrare che anche i diversi gradi dell’involontario assoluto,Carattere, Inconscio, La vita e l’organizzazione, gli aspetti più refrattariad una ricomprensione da parte del Cogito, non sfuggono alla presadella coscienza.

    Al di là di questi propositi, non si può dimenticare che l’operazio-ne di una ripresa soggettiva degli aspetti che più sembrano resisterle,avviene comunque all’insegna di due diversi tipi di “époché” o so-spensioni: quella del dato di fatto di una volontà in preda alla colpae quello del rapporto tra la volontà e la Trascendenza. Queste duesorte di “époché” consentono a Ricoeur di ricercare un rapporto conla coscienza anche con gli ambiti che parrebbero sfuggirle.

    La grande opera del non introduceva soltanto una serie disospensioni estremamente importanti: nell’Introduzione, Ricoeur simostrava molto critico nei confronti dell’epoché trascendentale diHusserl, secondo la quale si doveva sospendere il rapporto del sog-getto col mondo: le due sospensioni che, allora, Ricoeur introducevaper proseguire la sua ricerca sui rapporti tra volontario e involonta-rio, si coniugavano con il rifiuto dell’Ego trascendentale husserliano,sebbene Ricoeur accogliesse l’idea che resti possibile una descrizionedelle strutture della coscienza che non dipende da dati di fatto, dainduzioni empiriche, ma dalla capacità d’individuare le essenze, dacui si distingue il punto di vista della loro genesi empirica.

    Ritorniamo sulle due fondamentali parentesi che Ricoeur intro-duce entro il progetto della sua filosofia della volontà: la sospensionedel dato di fatto che la volontà è in preda alla colpa e la sospensionedel rapporto dell’uomo con la Trascendenza. Se queste due formedi “époché” consentono al nostro filosofo di descrivere le strutturedel volontario e dell’involontario secondo un registro che è “al diqua dell’innocenza e della colpa”, il suo secondo imponente lavoro

  • Introduzione

    reca il titolo di Finitude et culpabilité, uscito in due tomi nel .Il primo tomo, L’homme faillible, ricerca quali siano le condizioni dipossibilità della colpa. L’indagine, in quanto ricerca di ciò che rendepossibile, si avvicina al modo di filosofare di Kant nella Critica dellaRagion Pura: assume cioè un taglio trascendentale secondo il sensokantiano di questo aggettivo. Ma tale ricerca si snoda a partire dauna presa di posizione fondamentale enunciata all’inizio del primocapitolo. Dapprima, l’affermazione che « la fallibilità è un concetto[. . . ], ossia un modo di comprendere e di comprendersi che nonavanza per immagine, simbolo o mito » e a cui una riflessione puraaccorda un certo livello d’intelligibilità perché capace di mostrare chela possibilità del male è iscritta, come dice Ricoeur, « nella più intimacostituzione della natura umana ».

    La fragilità umana non era estranea del resto allo stesso Descartes,considerato dalla modernità in avanti, come chi ha affermato l’au-tosufficienza di un Cogito in grado di fondare con assoluta evidenzal’intero impianto della conoscenza. Già, in questo rilievo, possiamoscorgere anticipazioni della lettura che Ricoeur proporrà nel in Soi–même comme un autre in cui, pur accogliendo la legenda delpensiero moderno, s’impegna a mostrare che ben altre letture sonopossibili partendo dalla IV Meditazione cartesiana. Ma, nella grandeopera di cui ci stiamo occupando, incontriamo una importantissimaprecisazione: Ricoeur intende lavorare intorno al concetto di “spro-porzione” che Descartes riconduce a quella tra l’uomo finito–infinito.Ma l’idea dell’uomo quale intermedio non si profila attraverso unoschema spaziale che collocherebbe l’uomo situato tra l’essere e ilnulla. Per Ricoeur questo significherebbe trattare l’uomo come unoggetto, e il suo luogo sarebbe individuabile tra altre realtà. L’uomoper lui non è un misto perché collocato tra angelo e bestia. È un mi-sto perché opera mediazioni, in quanto il suo atto di esistere consistenell’operare mediazioni tra « tutte le modalità e tutti i livelli dellarealtà fuori di lui e in lui–stesso ».

    Di qui Ricoeur procede ad affermare che, per scoprire il sensodell’essere intermedio dell’uomo, gli pare necessario rifarsi a Kant, a

    . Philosophie de la volonté. Finitude et culpabilité, I. L’homme faillible; Aubier, Paris ; II.La symbolique du mal, Aubier, Paris ; Riedizione in un solo vol., Aubier, Paris ; tr. it.Finitudine e colpa, il Mulino, Bologna .

    . Ivi, p. .

    . Cfr. ivi; (tr. dell’autrice), p. .

  • Introduzione

    Hegel e a Husserl, in quanto tale intermedio non può essere scopertose non attraverso una sintesi trascendentale al modo di Kant, o attra-verso la dialettica hegeliana tra certezza e verità, o, infine, attraversolo schema dialettico da lui proposto, tra intenzione e intuizione, trasignificazione e presenza, tra Verbo e Sguardo. Per l’uomo, intermediosignifica operare mediazioni.

    L’altra fondamentale presa di posizione del nostro filosofo si de-linea quando si chiede come cominciare la propria ricerca; a taleriguardo, egli afferma che non si può partire da un termine semplice,ma dalla relazione stessa tra finito e infinito. E tale sorta di totalitàche la sua indagine persegue non può essere offerta dalla filosofia, masolo da una precomprensione che avanza attraverso « una nebulosa disenso che prima di tutto comporta un carattere prefilosofico ». Que-sto significa che è necessario dissociare il punto di vista del metodofilosofico dal punto da cui parte la ricerca.

    La filosofia — scrive chiaramente Ricoeur — non comincia assolutamentenulla: portata dalla non–filosofia, vive della sostanza di quel che è già statocompreso senza essere riflesso; ma se la filosofia non è, quanto alle fonti,un inizio totale, non può che esserlo quanto al metodo.Siamo condotti in tal modo molto più vicino ad un’ipotesi di lavoro articolatada questa idea d’una differenza di potenziale tra una precomprensione nonfilosofica e un inizio metodico di delucidazione.

    Ricoeur trova in una “patetica della miseria”, quindi in una sorgen-te non filosofica, l’inizio da cui muovere la sua ricerca. Sono chiamatia rapporto Platone, Pascal, Kirkegaard che gli offrono immagini,figure, simboli di un muthos che è già discorso. Se il mito rappresen-ta la miseria del discorso filosofico, a sua volta, la filosofia, quandovuole prendersi in carico la figura di un’anima miserabile, connessaad un corpo corruttibile, non può che scorgere in questa situazioneil movimento del sensibile verso l’intelligibile, l’ascensione o anàbasi— scrive Ricoeur — di una miseria che va verso l’essere. Non si puòrendere tale movimento nel linguaggio che appartiene alla Scienza,cioè a un discorso immutabile sull’Essere, ma lo si può rendere neitermini del linguaggio allegorico: allegoria, analogia divengono per

    . Ivi (tr. dell’autrice).

    . Ivi p. .

    . Ivi.

    . Ivi.

  • Introduzione

    Ricoeur i modi che possono offrire un’immagine provvisoria di unche estraneo, che non ha trovato un luogo filosofico e che è atopos. Iltermine greco significa “senza luogo né spazio” e denuncia l’assenzadi qualunque rapporto con un intelligibile logico, sebbene possaavanzare una diversa rivendicazione di accettabilità.

    Ci interessa rilevare ciò che Ricoeur osserva a proposito del thu-mós platonico: potenza ambigua attratta in una duplice direzione: dauna parte dalla ragione e dall’altra dal desiderio. Questa sua situazionesi fa portavoce sia di una “statica dell’anima” per la quale l’interme-diario è un “luogo”, cioè un “entre” tra altre due parti o funzioni; siadi una dinamica, che parlando di “mélange”, richiama la forma dram-matica, operativa, di un racconto sull’evento sopraggiunto all’originedelle anime.

    Se tali asserzioni dichiarano che Ricoeur non si affida ad un“Cogito” quale fondamento di un sapere evidente, gli appartienecomunque l’idea che, sul piano del metodo, l’inizio resta proprioall’operazione filosofica. È per questo che il primo tomo di Finitudeet culpabilité s’impegna, nonostante i limiti riconosciutigli, a presen-tare quello che la filosofia può dire sulle condizioni che rendonopossibile la caduta della volontà nel male. Non per questo, e non losi deve dimenticare, tale discorso è un tentativo di razionalizzare laquestione del male. Non è casuale che, nell’Avant propos, Ricoeur sirichiami all’Essai sur le mal radical di Kant: questo testo, per un verso,rappresenta la visione più matura di quella che Ricoeur chiama “vi-sione etica del mondo”, poiché mostra che è opera del libero arbitrioadottare una massima che contraddice l’unica massima che, secondoil formalismo morale, la volontà deve adottare per accogliere unimperativo che è categorico. Ma lo scritto kantiano, riletto alla lucedella lezione che Ricoeur ha appreso dagli Éléments pour une Éthiquedi Jean Nabert, gli insegna che il problema del male non può sempli-cemente trovare una risposta partendo dalla dottrina della libertà, esi approfondisce in direzione di una “affermazione originaria”, perla quale la confessione della colpa è insieme scoperta della libertà.E a ciò si aggiunge l’importante lettura dell’Essai sur le mal di JeanNabert, in cui si delineano insieme la grandezza di una visione eticae quel che tale visione lascia fuori di sé come “resto”. Se il male è“l’ingiustificabile”, non può essere ripreso integralmente nell’assun-zione che ne opera la libertà. Di qui la necessità delle motivazioni

    . Ivi, p. .

  • Introduzione

    esposte nel secondo tomo dell’opera La symbolique du mal, che portasu un enigma vero e proprio: « D’un lato il male entra nel mondo inquanto l’uomo lo pone, ma l’uomo non lo pone se non perché cedeall’investimento dell’Avversario ».

    Ricoeur ritrova, tra altre, la lettura kantiana alla fine del primotomo e precisamente la Critica del Giudizio che, nell’ordine estetico,riesce a pensare all’idea del gusto come un libero gioco di rappresen-tazioni senza concetto, pur consapevole che vi è un suo contrario, ilcattivo gusto. Tale orientamento significa che Ricoeur, sapendo chenon si può tornare ad afferrare un’originaria innocenza ormai perdu-ta, pensa che sia solo su una modalità dell’immaginario che ci si puòavvicinare ad un’innocenza libera dalla fallibilità. L’immaginazionepare a Ricoeur

    un modo indispensabile per investigare il possibile; si potrebbe dire, nellostile dell’eidetica husserliana, che l’innocenza è la variazione immaginativache fa scaturire l’essenza della costituzione originaria, mostrandola comepura possibilità, senza quella condizione scaduta attraverso la quale essaappare nell’ordinario.

    Il primo tomo di Finitude et culpabilité, si conclude anticipando ledichiarazioni che aprono il secondo: si tratterà qui di una ripetizionein immaginazione e simpatia che riesca a dire il passaggio dalla possi-bilità del male alla sua realtà; tale ripetizione deve comunque essereripresa dal discorso filosofico sull’uomo che Ricoeur ha inauguratomediante la dialettica finito–infinito.

    Non possiamo trattare nei limiti di questa introduzione le riccheanalisi che Ricoeur ci offre. Ricordiamo che il suo impegno filosoficosi profonde in una criteriologia della colpa che ne ordina i diversistrati secondo i diversi modi mitici di coniugarla.

    L’ultimo aspetto che dobbiamo rilevare è la conclusione del se-condo tomo, cui Ricoeur dà un titolo che arriva da Kant: Il simbolodà a pensare. Jean Grondin, riferendosi a queste pagine, afferma che

    . Cfr. ivi, p. .

    . Cfr. ivi, p. .

    . Ivi, p. .

    . Il titolo, che apre la conclusione, viene ripetuto a p. nella versione francese, incui Ricoeur aggiunge: « Il simbolo dà; ma ciò che dà è da pensare, dà di che pensare ». (tr.dell’autrice).

  • Introduzione

    il simbolo per Ricoeur si coniuga con lo sforzo di non rinunciare allarazionalità.

    Per Ricoeur, se il simbolo offre qualcosa al pensiero, è perchéappartiene già all’elemento della parola e, cosa ancora più impor-tante, si offre all’interpretazione e, quindi, rientra a pieno diritto neldiscorso coerente dell’ermeneutica. Senonché l’ermeneutica, che ap-partiene comunque alla direzione di un pensiero critico, richiede unmovimento di appropriazione che la compie e la rende più autentica.

    In quest’introduzione, non seguiremo tutte le pubblicazioni diRicoeur. La nostra presentazione sarà selettiva; le letture indicatenell’Avvertenza sono in grado di offrire informazioni importanti allettore.

    La nostra scelta è andata a quei temi che introducono all’ultimaopera di Ricoeur, Soi–même comme un autre. Questa sinfonia distudi, attraversata da una sottilissima e penetrante trama teoretica,riassume la sua posizione prima delle ultimissime opere Le Juste(), La mémoire, l’histoire et l’oubli (), Le Juste , (), Parcoursde la reconnaissance. Trois études (): assistiamo, prima di questisaggi, al passaggio dall’ermeneutica incentrata sui simboli a quellache Ricoeur apre a partire dal , quando la sua riflessione sostasulle espressioni a doppio senso del linguaggio e fa tesoro del linguistturn, appreso nella lettura delle opere anglosassoni grazie ai suoimolteplici insegnamenti negli Stati Uniti. Ma in Soi–même comme unautre si riflettono anche le ricche ricerche sulla metafora (La métaphorevive, ) e i tre volumi di Temps et récit (–) che confluiscononel tema dell’identità personale e che presentano il racconto comemodello che apre all’etica e, infine, la ripresa dell’interesse che già Levolontaire et l’involontaire declinava in direzione di un’antropologiafilosofica. Soi–même comme un autre ne rinnova il disegno rinunciando,però, al progetto là dichiarato di una Poétique de la volonté, in cuil’uomo avrebbe ritrovato un rapporto con la Trascendenza.

    L’ultimo studio dell’opera del porta il titolo Vers quelle ontolo-gie? Esso dichiara immediatamente, mediante un punto interrogativo,il suo carattere esploratorio e non conclusivo. Anche se tanti studiosidella filosofia di Ricoeur pensano che quella Poétique abbia trovato

    . Cfr. On the Proper Use of Phenomenology. Paul Ricoeur centenary, in « Studia phaeno-menologica. Roman Journal for Phenomenology », vol. XIII, Humanitas, Bucarest , pp.–.

    . Seuil, Seuil, Paris .

  • Introduzione

    comunque una sua realizzazione, dobbiamo prendere atto di ciò cheRicoeur dichiara intorno al carattere perlustrativo del suo disegnodi un’ontologia. Non sembra così strano quest’esito, se si pensa chel’ontologia di Ricoeur, a differenza di quella di Heidegger, accettadi passare attraverso un’interpretazione dell’intero universo dei se-gni che l’umanità ha lasciato nella sua storia e che non trova alcuncompimento, poiché è proiettata verso un possibile che non può maiessere pienamente raggiunto.

    E veniamo agli studi diversi che articolano Soi–même comme unautre, in cui una densissima Introduzione che parte, e non a caso, daidiversi sensi del pronome Sé, perviene ad adottare una via che rifiuta,insieme, un Cogito che si ritenga fondamento di qualunque saperecerto ed evidente e un Cogito, depauperato della sua funzione fondan-te, perché Nietzsche ne ha mostrato il radicamento in un inconscioche si dà una misura solo per le necessità del vivere umano, in unquadro metafisico che pone solo il caos a ordinare la vita degli uomini.Quale la posizione di Paul Ricoeur? Rifiutare gli estremi, pur acco-gliendone le importanti lezioni, entro un progetto ermeneutico checerca una posizione terza, volta a salvare la possibilità di una filosofiadi un soggetto, non più inteso come Io, Soggetto, Ego, ma come unSé che si costruisce sulla base dell’analisi filosofica di Strawson, cheperviene alla distinzione tra un “che cosa” e un “chi” partendo dalledistinzioni di un linguaggio che è già istituito e deve essere accoltonel suo carattere istituzionale. Certamente, Ricoeur opera scelte pre-cise nei confronti della filosofia analitica di ascendenza anglosassone,preferendo a una riforma linguistica, dettata da una grammatica fi-losofica che vuole evitare l’equivocità del linguaggio, la direzioneassunta dalla scuola di Oxford sul linguaggio comune, secondo l’ideadi Austin che tale linguaggio è una sorta di thesaurum prezioso dacui attingere istruzioni sui modi del nostro pensare. Non possiamoricostruire gli studi acuti in cui Ricoeur si confronta con tali apportidiversi. Ci basti sapere che, per arrivare al suo concetto di Sé, neiprimi quattro studi di Soi–même comme un autre, attraversa lo spazioanalitico, passando da un approccio semantico che guarda ad unareferenza identificante, ad un approccio pragmatico che s’interessaagli atti di discorso di un soggetto parlante, per finire a due studi cheanalizzano prima il tema di un’azione senza agente, poi di un’azioneriferita all’agente.

    Nel quinto studio, Ricoeur si occupa dell’identità personale, mi-surandosi con le indagini offerte sul versante di una tradizione empi-

  • Introduzione

    ristica, che comprende Locke non meno che Hume. Ed è soltantodopo avere esposto le aporie che tale ambito apre, e per dare lororisposta su un piano diverso, che nel sesto studio affronta con lesue armi teoriche il tema dell’identità narrativa, proponendo unadistinzione tra due concetti, l’idem e l’ipse. Il primo è delegato a sal-vaguardare la costanza di un Sé, che temporalmente può riconoscerela sua identità come tratto della sua struttura, sebbene tale costanzanon smetta di misurarsi col tempo. Il secondo ha lo scopo di tradurreuna continuità che si afferma a dispetto del tempo, poiché “l’ipseità”è la risposta che un Sé, che si sa variabile e discontinuo, nel paradig-ma etico della promessa, si oppone al cambiamento assumendo unapostura etica che riesce a sfidarlo e che assicura la propria continuitàe fedeltà ad un altro.

    Ma è solo nell’ultimo studio, il decimo, che ritroviamo una lineadi continuità con il primo lavoro di Ricoeur, Le volontaire et l’invo-lontaire. Non è casuale che, all’interno di uno studio che si giudicaesplorativo, e quindi non foriero di risposte certe ed evidenti, Ricoeursi misuri di nuovo col tema del corpo, rileggendo l’apporto offertoalla filosofia da Maine de Biran nel paragrafo a del punto , Ipséité etaltérité. Il paragrafo, intitolato Le corps propre ou la chair, propone unarilettura della lezione di Maine de Biran alla luce delle interpretazionirecenti che sono state offerte della sua riflessione; a queste nuoveletture chiediamo a chi legge di riferirsi direttamente. Ci interessa,piuttosto, sostare sull’aspetto ipotetico dell’ultimo studio che, dopoavere percorso entro il paragrafo , Ipseità e alterità, le tre esperienzedella passività, il corpo proprio, l’alterità d’altri, la coscienza, concludel’opera, che ha incorporato il cammino di una lunga vita di riflessione,sul tono dell’ ironia socratica, quando s’interroga sulla possibilità diriunire in unità queste tre esperienze e suggerisce al lettore l’idea chel’ontologia del Sé possa accogliere anche una possibile dispersione.Citando il Parmenide di Platone, Ricoeur afferma che, senza volersiavventurare nella foresta della speculazione, è dalla “méta–catégoriede l’altérité” che ci si può aspettare qualche risposta. Gli studiosi,che si aspettavano la proposta effettiva di un’ontologia dell’uomo,hanno discusso a lungo sul senso da dare alle parole elusive con cuisi chiude Soi–même comme un autre; ritengo che sia il caso di ricordarequanto Ricoeur affermava nel in Existence et herméneutique: « Sipuò ben dire che l’ontologia è la terra promessa per una filosofia

    . Soi–même comme un autre, cit., p. ; (tr. dell’autrice).

  • Introduzione

    che comincia col linguaggio e con la riflessione; ma, come Mosé, ilsoggetto che parla e riflette può soltanto scorgerla prima di morire ».Non diremo di più in quest’introduzione sulla figura filosofica diPaul Ricoeur.

    Il mio sguardo andrà ora ai temi che caratterizzano l’articolo cheintendo presentare ai lettori. E, per renderne più snella la compren-sione, mi concentrerò sui diversi aspetti che la caratterizzano.

    Mio intento, a tale riguardo, è offrire un contributo su un pro-blema che ha sempre interessato Ricoeur: lo potremmo chiamarein termini contemporanei il rapporto Mind–Body Problem o, in unlinguaggio più tradizionale, il rapporto Anima–Corpo, sebbene questadefinizione non corrisponda all’atteggiamento più favorevole percomprendere la sua posizione. In ogni caso, desideriamo chiarire ainostri lettori le strategie che abbiamo usato per presentare loro taleproblema.

    Il nostro studio affronta temi che non sono sullo stesso piano: ilcapitolo intitolato Historica intende proporre al lettore il contesto incui storicamente, nella Francia del XVIII secolo, è nato il problemadei rapporti tra physique e moral. Un problema che in una cultura,istruita dall’empirismo inglese non meno che dal sorgere di unascienza che aveva abbandonato la ricerca delle “cause finali”, pro-poneva uno studio unificato dell’uomo, abbandonando per lo piùil dualismo ontologico di anima e corpo, interessato a descrivere irapporti costatabili empiricamente tra due zone ontologiche separatetradizionalmente.

    L’aspetto importante che dobbiamo mettere in luce, a tale propo-sito, è che la posizione ermeneutica del Ricoeur più recente sta nelrilevare che lo stesso dualismo di anima e corpo, ricondotto tradizio-nalmente a Descartes, fu un evento aleatorio e non prevedibile, cioènon deducibile dal contesto storico in cui si è presentato. Se non fossecosì, si dovrebbe pensare che gli eventi storici dipendono da una leggeche non proviene dall’iniziativa dell’uomo. Ma, in tal caso, cadremmoin un determinismo causale che non tiene conto della sua libertà.Quel che si deve, invece, comprendere è che tale evento aleatorio,avvenendo, ha creato una sorta d’irreversibilità per cui, dopo di esso,non si può pensare come si pensava prima che accadesse.

    . Lo studio venne presentato in una conferenza tenuta da Ricoeur alla Société de philoso-phie de Montréal, poi ripreso nel Conflitto delle Interpretazioni. Saggi d’ermeneutica (Seuil, Paris; tr. it., Jaca Book, Milano , p. ).