«eccolo, adesso esce il sole!» francesco maria … · 2020. 1. 5. · cesare ripa, iconologia -...

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SPIRITUALITÀ BARNABITICA Eco dei Barnabiti 4/2019 44 Intervistatore: D. Francesco! Quale piacere poterti incontrare di nuovo. Ti ringrazio di essere ancora qui tra noi. Francesco Maria Castelli: Te lo ave- vo promesso. Non ricordi? Mantengo sempre una promessa... quando la faccio. I: Però ora sarà il nostro ultimo in- contro… e questo un poco mi rattrista. FMC: Non devi. Mi fa piacere se i nostri incontri ci hanno permesso di conoscerci meglio... Su non fare quel- la faccia stupita. La conoscenza è stata reciproca… cosa credi! E, credimi, è stata una felice conoscenza per me come spero lo sia stata per te. I: Senza dubbio. Mi sono tornate alla mente le cose sentite su di te dai confratelli che ho incontrato nel mio cammino, ma anche le cose lette nel- le biografie che hanno scritto su di te; e però mi sembra di non averti anco- ra conosciuto abbastanza. Sarà per- ché è una cosa assai difficile conosce- re pienamente e profondamente il cuore e la mente di una persona… FMC: Solo Dio conosce quel cuo- re, quale è il nostro, che noi stessi non conosciamo e che mai riuscia- mo a conoscere fino in fondo. Quin- di mettiamoci il cuore in pace e pro- cedamus… in pace. Quindi di cosa vogliamo parlare oggi? I: Dopo aver toccato le virtù di reli- gione e quelle teologali non ci resta che considerare le altre virtù, quelle cardinali, chiamate anche virtù umane principali; ossia le virtù morali che co- stituiscono i pilastri di una vita dedica- ta al bene, ovvero l’abito operativo che induce a vivere rettamente, e che sono strettamente connesse alle virtù intel- lettuali: sapienza, scienza ed intelletto. FMC: Benissimo. Vuoi capire, cioè, fino a che punto sono stato prudente, giusto, forte e temperante; ma anche se ho esercitato quelle virtù che oggi chiamano dedizione, fiducia, gratitu- dine, sincerità, magnanimità, benevo- lenza e, perché no…, anche meravi- glia? Inoltre vuoi sapere se ero intel- ligente, studioso… I: Proprio così. Spero non sia troppo. FMC: Credo di sì, visto che la mia vita è stata così breve. Eppoi ne abbia- mo già parlato in un certo qual modo. I: Hai ragione. Tuttavia, ripartendo dalle testimonianze vediamo che co- sa ne possiamo ricavare. un giovane prudente I: Possiamo partire dalla prudenza, che è la prima dell’elenco delle quat- tro virtù cardinali e non a caso. È una virtù, però, che oggi è decisamente poco cercata, anzi qualche volta vi- sta come un rallentamento inutile, una moderazione non necessaria che – come dice qualcuno – impedisce uno sviluppo completo e rapido del- l’io, una sua piena manifestazione. FMC: E invece la prudenza è la virtù che ci aiuta a discernere, distin- guere, capire, interpretare quello che è secondo lo Spirito di Dio, o invece gli è contrario. La prudenza è la virtù che ci dispone a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per com- pierlo. Ciò però non significa che sia la virtù dei timidi o dei paurosi. Non può essere confusa con la timidezza o la paura; o peggio ancora con la doppiezza, o la dissimulazione. I: Proprio così. In realtà la pruden- za è la virtù di chi ama. Diventiamo prudenti proprio quando amiamo veramente qualcuno, quando siamo ‘per’ qualcuno. La prudenza è senso di responsabilità, è agire facendosi carico delle proprie azioni, perché un uomo prudente non gioca né con la propria vita né con quella degli altri; ne conosce il valore, sa che il tempo perduto non torna, che le occasioni mancate non si ripresentano, che le parole non dette sono molto amare e quelle dette male producono dolore profondissimo. Credo che questo pos- sa adattarsi benissimo al tuo modo di essere e di agire. FMC: Il fatto che io mi impegnassi tanto nel fare il mio “dovere” non si- gnifica che questo mi fosse facile. Tutt’altro. Tutto quello che facevo e «ECCOLO, ADESSO ESCE IL SOLE!...» FRANCESCO MARIA CASTELLI (IV) In questo incontro con il barnabita Francesco Maria Castelli parliamo con lui dell’esercizio delle virtù cardinali e sociali, che ne ha plasmato la vita interiore e il rapporto con il prossimo. Francesco M. Castelli

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  • SPIRITUALITÀ BARNABITICA

    Eco dei Barnabiti 4/201944

    Intervistatore: D. Francesco! Qualepiacere poterti incontrare di nuovo. Tiringrazio di essere ancora qui tra noi.

    Francesco Maria Castelli: Te lo ave-vo promesso. Non ricordi? Mantengosempre una promessa... quando lafaccio.

    I: Però ora sarà il nostro ultimo in-contro… e questo un poco mi rattrista.

    FMC: Non devi. Mi fa piacere se inostri incontri ci hanno permesso diconoscerci meglio... Su non fare quel-la faccia stupita. La conoscenza è statareciproca… cosa credi! E, credimi, èstata una felice conoscenza per mecome spero lo sia stata per te.

    I: Senza dubbio. Mi sono tornatealla mente le cose sentite su di te daiconfratelli che ho incontrato nel miocammino, ma anche le cose lette nel-le biografie che hanno scritto su di te;e però mi sembra di non averti anco-ra conosciuto abbastanza. Sarà per-ché è una cosa assai difficile conosce-re pienamente e profondamente ilcuore e la mente di una persona…

    FMC: Solo Dio conosce quel cuo-re, quale è il nostro, che noi stessi

    non conosciamo e che mai riuscia-mo a conoscere fino in fondo. Quin-di mettiamoci il cuore in pace e pro-cedamus… in pace. Quindi di cosavogliamo parlare oggi?

    I: Dopo aver toccato le virtù di reli-gione e quelle teologali non ci restache considerare le altre virtù, quellecardinali, chiamate anche virtù umaneprincipali; ossia le virtù morali che co-stituiscono i pilastri di una vita dedica-ta al bene, ovvero l’abito operativo cheinduce a vivere rettamente, e che sonostrettamente connesse alle virtù intel-lettuali: sapienza, scienza ed intelletto.

    FMC: Benissimo. Vuoi capire, cioè,fino a che punto sono stato prudente,giusto, forte e temperante; ma anchese ho esercitato quelle virtù che oggichiamano dedizione, fiducia, gratitu-dine, sincerità, magnanimità, benevo-lenza e, perché no…, anche meravi-glia? Inoltre vuoi sapere se ero intel-ligente, studioso…

    I: Proprio così. Spero non sia troppo.FMC: Credo di sì, visto che la mia

    vita è stata così breve. Eppoi ne abbia-mo già parlato in un certo qual modo.

    I: Hai ragione. Tuttavia, ripartendodalle testimonianze vediamo che co-sa ne possiamo ricavare.

    un giovane prudente

    I: Possiamo partire dalla prudenza,che è la prima dell’elenco delle quat-tro virtù cardinali e non a caso. È unavirtù, però, che oggi è decisamentepoco cercata, anzi qualche volta vi-sta come un rallentamento inutile,una moderazione non necessaria che– come dice qualcuno – impedisceuno sviluppo completo e rapido del-l’io, una sua piena manifestazione.

    FMC: E invece la prudenza è lavirtù che ci aiuta a discernere, distin-guere, capire, interpretare quello cheè secondo lo Spirito di Dio, o invecegli è contrario. La prudenza è la virtùche ci dispone a discernere in ognicircostanza il nostro vero bene e ascegliere i mezzi adeguati per com-pierlo. Ciò però non significa che siala virtù dei timidi o dei paurosi. Nonpuò essere confusa con la timidezzao la paura; o peggio ancora con ladoppiezza, o la dissimulazione.

    I: Proprio così. In realtà la pruden-za è la virtù di chi ama. Diventiamoprudenti proprio quando amiamoveramente qualcuno, quando siamo‘per’ qualcuno. La prudenza è sensodi responsabilità, è agire facendosicarico delle proprie azioni, perché unuomo prudente non gioca né con lapropria vita né con quella degli altri;ne conosce il valore, sa che il tempoperduto non torna, che le occasionimancate non si ripresentano, che leparole non dette sono molto amare equelle dette male producono doloreprofondissimo. Credo che questo pos-sa adattarsi benissimo al tuo modo diessere e di agire.

    FMC: Il fatto che io mi impegnassitanto nel fare il mio “dovere” non si-gnifica che questo mi fosse facile.Tutt’altro. Tutto quello che facevo e

    «ECCOLO, ADESSO ESCE IL SOLE!...»FRANCESCO MARIA CASTELLI (IV)

    In questo incontro con il barnabita Francesco Maria Castelli parliamo con lui dell’esercizio dellevirtù cardinali e sociali, che ne ha plasmato la vita interiore e il rapporto con il prossimo.

    Francesco M. Castelli

  • tutto ciò nel quale mi impegnavo perfare bene mi ha chiesto sforzo, lotta,fatica, lavoro, conquista. In altre paro-le, ho dovuto vincere me stesso attra-verso un esercizio esigente e costante,ma attento a non eccedere e sempreconfrontandomi con chi era più esper-to di me nel cammino della vita spiri-tuale. Non avevo la pretesa di fare “dasolo”. Non ne sarei stato in grado. Lagrazia di Dio mi ha sostenuto, ma an-che il consiglio del mio direttore spiri-tuale e dei superiori. Per questo nel-l’obbedienza ho trovato anche il mo-do migliore di esercitare la prudenza.

    I: In effetti L’uomo senza legami,‘dissoluto’, non è prudente, come ilfiglio giovane della parabola, perchéè facilmente accecato dalle ricchezzee dal benessere e non se ne rendeconto. Solo nella carestia rientra in sestesso e riscopre l’importanza di quellegame che gli sembrava un limite edal quale si era voluto sciogliere.

    FMC: La prudenza chiede una gran-de capacità di riflessione. È come unagiovane donna che si guarda allospecchio e vede non la propria im-magine esterna, ma il proprio interio-re. Anche noi dobbiamo fare altret-tanto. Se rimanessimo alla superficie,non saremmo prudenti, ma narcisisti.Inoltre, dietro la bellezza si scopre il

    valore della memo-ria, perché la pru-denza si forma facen-do tesoro dell’espe-rienza e questo chiedeuna attenta capacitàdi osservazione, aven-do uno sguardo siasul passato che sulpresente. Sul passato,perché chi sa far te-soro del suo passato– quello personale,quello familiare diciascuno, come quel-lo della società civilecui apparteniamo odella comunità di fe-de in cui ci ricono-sciamo – è più “an-ziano” della propriaetà, in quanto è in-tessuto delle genera-zioni che lo hannopreceduto. E sul pre-sente, perché ciò ciaiuta a evitare l’ama-rezza e la disillusione,o l’illusione di sentirci

    ormai sapienti a tal punto da saper go-vernare da soli la propria vita; e ci sti-mola invece a mantenere viva in noila gioia e l’entusiasmo e a non perdereil desiderio che abbia-mo nel cuore di cam-biare e di raggiungereciò che cerchiamo.

    I: Possiamo alloradire che la prudenzaè insieme memoria esperanza: anzianità egiovinezza?

    FMC: Possiamo dir-lo. La prudenza peròrimane sempre un do-no. Un dono che bi-sogna chiedere alloSpirito Santo e allostesso tempo dobbia-mo coltivare «con lapreghiera, la riflessio-ne, la lettura e il buonconsiglio».

    I: Proseguiamo epassiamo alla virtùsuccessiva?

    FMC: Va Bene.

    un giovane giusto

    I: Il Catechismo del-la Chiesa Cattolica ci

    ricorda che la giustizia verso gli uomi-ni dispone a rispettare i diritti di cia-scuno e a stabilire nelle relazioni uma-ne l’armonia che promuove l’equitànei confronti delle persone e del benecomune. Ci ricorda che è innanzituttonecessario mostrare  rispetto versoogni vita umana, riconoscerne il valo-re in quanto persona e la dignità cheha in quanto figlio (o figlia) di Dio.Molte volte siamo concilianti con chiamiamo, ma applichiamo la legge conrigore implacabile con chi disprezzia-mo. La giustizia è per tutti e non si ri-duce ad applicare la legge, ma consi-ste nel dare a ognuno ciò che merita.In questo senso, i testimoni ricordanodue episodi significativi: quando seiintervenuto presso il vicinato che vole-va punire un ragazzo per averti fattodel male; e uno assai più curioso, cheè quello che ti ha visto dare dei dolcia un cavallo. Me li vuoi raccontare?

    FMC: Quanto al primo episodio, miriguarda in quanto ho avuto a che farecon le prepotenze di un bambino, chenon tollerava la mia presenza nel grup-po di ragazzi con cui avevo iniziato agiocare. Mi prese a pugni e mi fece ca-dere per terra, fratturandomi il setto na-sale. Non volevo reagire, per non op-porre violenza a violenza, ma i mieilamenti per il dolore che provavo, ave-

    SPIRITUALITÀ BARNABITICA

    Eco dei Barnabiti 4/2019 45

    Cesare Ripa, Iconologia - La Allegoria della Prudenza

    Cesare Ripa, Iconologia - La Allegoria della Giustizia

  • vano richiamato l’attenzione del vici-nato e quanti erano accorsi volevanopunire il ragazzo, invocando anchegiustizia per il fatto commesso, ma aquesto punto sono intervenuto io stes-so in sua difesa, pregando quanti era-no intervenuti di lasciarlo andare, per-ché mi sembrava di aver colto in lui isegni del rimorso per la brutta azionecommessa; e questo per me rappresen-tava già un castigo per lui e non ritene-vo giusto infliggergliene un altro. Gra-zie a Dio, mi hanno dato ascolto.

    I: E l’altro episodio… quello del ca-vallo?

    FMC: Oh, quello! È accaduto du-rante una festa in famiglia. Vi eranomolti invitati: parenti e amici. Comeaccade in queste occasioni furonoportati molti doni, si scambiaronomolti regali e furono messi a disposi-zione molti dolci. Ti dirò che a mepersonalmente in quel momento nonmi andava molto di festeggiare e misentivo estraneo a quell’ambientegioioso e chiassoso insieme.

    I: Come mai?FMC: Stavo riflettendo sulla forte

    disparità che si veniva a creare traquanti potevano permettersi tutto que-

    sto e coloro che si trovavano invecenell’indigenza ed erano affamati e pri-vi di tutto. Non lo concepivo e lo tro-vavo ingiusto. È stato in quel momentoche, quasi per impulso istintivo, mi èpassata per la mente l’idea di compie-re un gesto forte, che, agli occhi di chise ne fosse accorto, avrebbe potutoapparire assai strano, se non addirittu-ra bizzarro. Sono sceso nella stalla,dove si trovava il cavallo di mio padre,portando come un poco del dolce checircolava tra gli invitati e gli amici e hodetto al cavallo: «Tieni e mangialo! Sequesto dolce ti piace, te ne porterò an-

    cora. Ora ti lascio, matornerò presto a por-tarti un altro dolce!».

    I: Certo che pote-va sembrare una stra-nezza quello che haifatto! Però, a ben pen-sarci, non poi così tan-to se rileggiamo conattenzione quantoavevi già fatto in pre-cedenza e che dimo-stra la presenza in tedi un forte impulsospontaneo di affetto,di comprensione e diaiuto per gli altri, uo-mini o animali chefossero. Un impulsoche ti ha spinto sinda piccolo a donaregiocattoli, cibarie eindumenti; a dividerei tuoi piccoli averi coni bambini della tuaetà, ad accogliere incasa i poveri e a fardono agli infermi bi-sognosi dei tuoi pic-coli risparmi.

    FMC: Il Vangelo nondice, forse, che «c’è

    più gioia nel dare, che nel ricevere»?I: I testimoni nel sottolineare l’eser-

    cizio da parte tua della virtù della giu-stizia, hanno ricordato anche l’episo-dio del grappolino d’uva. Vogliamo ri-chiamare anche questo episodio?

    FMC: È accaduto mentre mi recavoin località Zazzera, non lontano da S.Anastasia, dove vi era la casa di vil-leggiatura dei Barnabiti, dai quali mirecavo di frequente perché mi attrae-va il loro stile di vita. I miei genitori,pur acconsentendo al mio desiderio,non volevano che vi andassi da soloe in pratica mi obbligavano a portare

    con me il mio fratello minore. Mentreattraversavamo i campi, passammoanche per un vigneto, che in quelmomento si presentava ai nostrisguardi ricco di grappoli di uva matu-ri. Il mio fratellino, al vederli, non hasaputo resistere alla tentazione e dinascosto ne ha staccato uno e poi èvenuto correndo da me, per mostrar-melo e forse anche per condividerecon me il frutto della sua “prodezza”.

    I: Ma tu non eri tentato di coglierneuno? In fin dei conti chi se ne sareb-be accorto?

    FMC: Mi sembri il mio fratellino.Credo che anche lui, nella sua inge-nuità, abbia fatto lo stesso ragiona-mento… o più semplicemente si saràdetto che l’uva era troppo buona pernon assaggiarla. Non importa. Anchese il padrone della vigna non lo havisto, ciò non significa che fosse unacosa giusta. Il settimo comandamen-to, “Non rubare”, non sta forse a indi-carci ciò che dobbiamo evitare di fa-re, ma ancora di più, positivamenteanche se velatamente, quello chedobbiamo fare? Dio – se crediamoche i comandamenti vengono da lui– non ci chiede forse di avere profon-do rispetto non solo per le persone,ma anche per le loro cose e, perchéno soprattutto, per i frutti del loro la-voro? Prendendo quel grappolo,mio fratello ha mostrato di non esser-si ricordato di questo, e ho cercato difarglielo capire, anche se non con unragionamento come questo. Più sem-plicemente gli ho ricordato il coman-damento e gli ho chiesto di restituireil grappolo al suo padrone.

    I: Cosa abbia fatto tuo fratello, loricordano anche i testimoni, ma vuoiraccontarcelo tu stesso?

    FMC: Il mio fratellino non si è ri-fiutato, non ha fatto i capricci, ma su-bito ha voluto fare quello che gli hochiesto. Allora siamo ritornati insiemealla vigna per restituirlo al padronedel vigneto, ma, non avendolo trova-to, egli ha pensato di fare l’unica co-sa che gli è sembrata giusta da fare:rimettere il grappolo al suo posto,dove lo aveva preso, e quindi ha cer-cato di riattaccarlo al tralcio da cuilo aveva staccato. Non riuscendovi,mi ha dato il grappolo e io lo ricon-giunto al tralcio nel punto in cui loaveva staccato.

    I: Proprio così. E si racconta che ilgrappolo è rimasto prodigiosamenteattaccato alla vite.

    SPIRITUALITÀ BARNABITICA

    Eco dei Barnabiti 4/201946

    Cesare Ripa, Iconologia - La Allegoria della Temperanza

  • FMC: Vorrei però rispon-dere alla tua domanda. De-vo ammettere che anche ioavevo avvertito il desideriodi prendere un po’ di quel-l’uva, ma grazie a Dio sonoriuscito a controllarmi e a su-perare la tentazione.

    I: Mi sembra evidente chela Grazia di Dio stava lavo-rando nel tuo cuore in manie-ra meravigliosa e aveva tro-vato un ottimo terreno…

    FMC: Non aggiungere al-tro, per favore.

    un giovane forte e temperante

    I: I testimoni hanno rico-nosciuto in te l’esercizio an-che della virtù della fortez-za, soprattutto nei momentidi prova: “Con animo ilare eforte, sopportò malattie, fati-che, molestie e contumelie”.Possiamo dire che la soffe-renza l’ha fatta da padrona negli ulti-mi anni della tua breve vita…

    FMC: Vero. È stata una malattia len-ta e benigna all’inizio, ma poi ha pro-seguito il suo corso in modo violentoe implacabile. Neppure i medici han-no saputo inquadrarne la gravità; equando come estremo rimedio mihanno riportato in famigliaper vedere se mi riprendevo,ormai era troppo tardi.

    I: Questo è vero, ma deviriconoscere che un po’ cihai messo del tuo, visto chedata la tua disposizione na-turale a sopportare tutte leprivazioni e le sofferenze peroffrirle a Gesù, non hai ma-nifestato il tuo malessere pertempo; e quando ormail’emottisi è arrivata a segna-lare la fine imminente nonhai cambiato atteggiamento,ma hai sempre mostrato ras-segnazione alla volontà diDio, persino nello spenderele ultime risorse della tua vi-ta terrena. Non hai forse det-to: “Le mie pene sono infe-riori a quelle sofferte da Ge-sù sulla Croce”?

    FMC: È vero, ho detto que-sto, perché è vero che Gesùha sofferto assai più di mesulla Croce.

    I: Mi pare alquanto strano, però,che i testimoni abbiano accennato alle“contumelie”, ossia a possibili affron-ti, parolacce, oltraggi che ti sarebbe-ro stati rivolti.

    FMC: Dovetti passare anche attra-verso questo. È vero – ma questo tel’ho già detto nel nostro primo in-

    contro –, non mi fu rispar-miata alcuna prova, anchela più dura; nessuna umilia-zione, anche la più amara.Tuttavia, mi sono servite performarmi e prepararmi a unavvenire che si preannuncia-va difficile per tutti. Ho avutoperò il sostegno dei confra-telli anche attraverso consi-gli, raccomandazioni e per-sino aneddoti alquanto par-ticolari. Illuminante è statouno di questi, raccontatomida un padre della comunità,che mi confermò nella com-prensione che Dio guida gliuomini, servendosi di altriuomini.

    I: Quale è questa storia?Me la puoi raccontare? Po-trebbe servire anche a me,non pensi?

    FMC: Va bene, ma nonfar caso se te la racconto inmaniera un poco goffa. Lastoria riguarda un vecchio

    monaco che celebrava la S. Messacon tanto fervore da essersi meritatoche due angeli lo assistessero ai suoifianchi ogni mattina, visibili a lui, mainvisibili agli altri, che però ne intui-vano e percepivano la presenza. Ungiorno, però, giunse al convento, incui dimorava il monaco, un altro mo-

    naco, liturgista di fama, chevolle assistere alla S. Messadel confratello e, con stupo-re misto a sdegno, notò cheegli cadeva in parecchie im-perfezioni e inesattezze. Altermine della celebrazione,il monaco esperto in litur-gia chiamò il confratello elo rimproverò vivacemente easpramente per le imperfe-zioni e inesattezze commes-se, ricevendone in rispostaun semplice “grazie”, mache veniva dal cuore, e lapromessa sincera di emen-darsi. Il mattino successivo,al momento di celebrare laS. Messa, il monaco vide an-cora vicino a sé i due Angelie non poté fare a meno diparlare con loro dell’accadu-to, lamentandosi dolcemen-te: «Non potevate avvisarmivoi dei difetti in cui incorrevonella celebrazione del santoSacrificio?». La loro risposta

    SPIRITUALITÀ BARNABITICA

    Eco dei Barnabiti 4/2019 47

    dalla Vita illustrata del ven. Francesco M. Castelli -La malattia

    dalla Vita illustrata del ven. Francesco M. Castelli -La morte

  • istantanea fu chiara, precisa, catego-rica: «Dio guida gli uomini, serven-dosi di altri uomini». Ecco, questa èla storia; ma, sai, questo lo avevo giàcompreso senza che gli angeli venis-sero ad annunciarmelo. Ho cercatodi esercitare sempre la massima at-tenzione in tutto quello che facevo,sia che stessi studiando, sia che lavo-rassi nell’orto, sia che stessi spaz-zando la casa; e di avere la massimacura di tutto ciò che usavo, dallazappa alla pertica per raccogliere leragnatele.

    I: Proprio questo e quanto mi haidetto a proposito del grappolinod’uva mi portano a pensare che haisaputo esercitare anche una virtùche, come ha detto qualcuno, portaa prendere di mira se stessi e la pro-pria condizione, e porta a dirigeresguardo e volontà su noi stessi. Parlodella virtù della temperanza. Daquanto hanno detto i testimoni nonsei mai stato uno dagli atteggiamentiscostanti, esagerati, “sopra le righe”al punto da destare irritazione e su-scitare disgusto… un “intemperante”,appunto.

    FMC: Credo proprio di no, ma que-sto non significa che non avessi i mieidesideri, le mie simpatie, le mie pre-ferenze… Cercavo… mi sforzavo difarne un uso ordinato, armonico, co-struttivo... Non sono mai stato un ne-mico della gioia, ma non la cercavoa tutti i costi, con una ricerca smoda-ta, anche a discapito degli altri. S. Pao-lo non ci ricorda forse che coloro«che vogliono arricchirsi, cadono nel-la tentazione, nell’inganno di moltidesideri insensati e dannosi, che fannoaffogare gli uomini nella rovina e nel-la perdizione. L’avidità del denaro in-fatti è la radice di tutti i mali» (1Tim 6,9-10). Pensa quindi a chi si arricchi-sce in modo disonesto; a chi fa spesesfrenate per il lusso e i divertimenti…ma mi sembra implicito anche il con-trario che è l’avarizia. Pensa ancheagli episodi di corruzione ammini-strativa e politica, che nasce dall’avi-dità personale o di gruppo; all’arro-ganza e alla tracotanza nella gestionedella cosa pubblica; all’uso spregiu-dicato del potere…

    I: Non me lo ricordare. Stai metten-do a tema questioni purtroppo bennote. Ma hai ragione, la virtù umanache, unitamente alla giustizia, può ta-gliare alla radice tutto questo è pro-prio la temperanza.

    FMC: Credo che sia giusto anchereagire con un pizzico di umori-smo… Non dobbiamo essere cristia-ni dai “musi lunghi”. Forse potrestirimproverarmi di essere stato troppo“serio” per la mia età, ma ti assicuroche non ero affattotriste, malinconico, o“musone”.

    I: Questo è vero.Del resto i tuoi con-cittadini quando usci-vi di casa non diceva-no forse: «eccolo…,adesso esce il sole»?Eri la loro gioia. An-che papa Francescoci ha ricordato l’im-portanza della gioia,del buonumore, di-cendo che «il malu-more non è un se-gno di santità» e che«a volte la tristezza èlegata all’ingratitudi-ne, con lo stare tal-mente chiusi in séstessi da diventare in-capaci di riconosce-re i doni di Dio». Ciha suggerito per que-sto di recitare unapreghiera di Tomma-so Moro, che ci mo-stra bene il sensodella virtù della tem-peranza:

    «Dammi, Signore, una buona digestione, e anche qualcosa

    da digerire.Dammi la salute del corpo,

    con il buon umore necessario per mantenerla.

    Dammi, Signore, un’anima santache sappia far tesoro di ciò che è

    buono e puro,e non si spaventi davanti al peccato,

    ma piuttosto trovi il modo di rimettere le cose a posto.

    Dammi un’anima che non conoscala noia, i brontolamenti,

    i sospiri e i lamenti,e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa

    tanto ingombrante che si chiama “io”.Dammi, Signore,

    il senso dell’umorismo.Fammi la grazia di capire gli scherzi,perché abbia nella vita un po’ di gioia

    e possa comunicarla agli altri. Così sia».

    un giovane “ricco”

    I: Carissimo, non abbiamo toccatoancora le altre virtù, quelle che po-tremmo chiamare “sociali”, come ladedizione, la fiducia, la gratitudine, la

    sincerità, la magnanimità, la benevo-lenza e, perché no, il pentimento e ilperdono.

    FMC: Non lo abbiamo fatto espli-citamente. Non ti sembra che anchese in modo velato ne abbiamo parla-to attraverso le altre virtù?

    I: Certamente, ma credo sia utileanche per me dire qualcosa in meri-to, anche se in breve.

    FMC: Se è per aiutarti, va bene.I: Possiamo dire che tanto le virtù

    teologali e le virtù cardinali trovanoun loro riscontro nell’esercizio dellevirtù cosiddette “sociali” e non pochitestimoni, anche se non parlano espli-citamente di queste ultime, te lo rico-noscono con convinzione.

    T: Vorrei anch’io essere come Fran-cesco Castelli per due aspetti: anch’iovorrei dedicarmi di più alla preghiera,anche se vado a Messa tutte le dome-niche; e vorrei essere più obbedienteai miei genitori come era Francesco.La sua storia mi ha fatto riflettere mol-to e mi ha fatto capire che di persone

    SPIRITUALITÀ BARNABITICA

    Eco dei Barnabiti 4/201948

    dalla Vita illustrata del ven. Francesco M. Castelli -I funerali

  • come lui nella società di oggi ce nesono poche. Questo è un male, per-ché la vita sarebbe migliore, se tutti cicomportassimo come lui. Una cosache ammiro molto nella vita di Fran-cesco Castelli è il perdono e l’affettoche provava per gli amici senza nutri-re distinzioni. Il perdono nei confrontidell’amico che lo aveva picchiato miha fatto capire che si dovrebbe averesempre la forza di perdonare senzapregiudizi a coloro che ci hanno fattodel male, anche se ciò non è certa-mente facile. Inoltre mi ha fatto capireche bisogna amare il prossimo, anchele persone che provano rancore pernoi. Soprattutto, credo che vivere nel-la semplicità e nell’amore verso gli al-tri, nella condivisione dei valori piùautentici, sia certo più gratificante checondurre un’esistenza vuota e superfi-ciale, centrata su cose che importantilo sono solo in apparenza quali po-trebbero essere i telefonini, gli abitifirmati, la bellezza fisica... FrancescoMaria Castelli lascia ai giovani di oggiun esempio di amore verso Dio e ver-

    so il prossimo, ma anche di grande ri-spetto per la natura.

    I: Queste, in sintesi, sono alcunedelle diverse testimonianze offerte dairagazzi che hanno ascoltato, o letto,il racconto della tua vita attraverso iracconti fatti in casa, a scuola o in al-

    tri tipi di incontri, o le pagine di un li-bro a te dedicato. Dicono in sostan-za di aver fatto tesoro del tuo esem-pio e hanno formulato il proposito diseguire il tuo esempio. Possiamo bendire che hai toccato il loro cuore.

    FMC: Allora posso ben dire che lamia vita e, non solo, anche la miamorte, hanno trovato il loro pieno si-gnificato e di questo non posso cheessere felice e dare piena lode a Dio,che ha saputo agire anche attraversouna ben povera cosa quale sono io.

    I: Guarda un po’. Più di un testi-mone sembra aver percepito questafelicità.

    T: Si può dire che questo ragazzosia stato veramente straordinario e uni-co. Servirebbero tante persone comeFrancesco e meno modelli negativi,che ci confondono le idee e ci indiriz-zano verso valori futili e superficiali.Secondo me egli è stato felice di averequella infanzia anche se a volte non èstata molto bella, visto che fu anchemolto malato. Per me Francesco Ca-stelli dovrebbe esistere ancora oggi…

    egli dovrebbe viverein mezzo a noi per ri-portare la fede religio-sa nel cuore di tutti.

    I: Mi viene in men-te l’episodio evangeli-co dell’incontro delgiovane ricco con Ge -sù. Quegli se ne andòtriste, perché il suocuore era attaccato aimolti beni che avevae che, nonostante lebuone disposizioni cheaveva mostrato, nonvoleva perdere; in tevedo un giovane vera-mente “ricco” e so-prattutto “felice”, cheoltre alle buone dispo-sizioni d’animo ha sa-puto intravvedere lavera ricchezza, la piùgrande che avrebbepotuto desiderare: ilcuore di Gesù, e…l’ha conquistata!

    FMC: Ho sentitotutto il suo amore e non ho potutodirgli di no.

    I: È giunto il momento di salutarci.Di solito ci si dice addio, ma a volte di-mentichiamo il significato più profondodi questa parola, che significa “a Dio”.Dicendoci addio in questo senso più

    profondo e vero vorrei che raccogliessila nostra preghiera e la presentassi alcuore di Dio che è nostro Padre.

    FMC: Ben volentieri. A Dio.

    O venerabile Francesco Maria Castelli,casto fiore di virtù e di grazia

    accogli l ’umile preghieradi quanti invocano il tuo patrocinio

    presso il cuore dell ’Altissimo.Esempio meraviglioso di speranza e di fortezza,

    discepolo fedele del Vangelorendi matura la fede della nostra comunità

    e conserva pace e serenità nelle nostre famiglie.Docile e umile discepolo del Signore,aiutaci a ringraziare ogni giorno Dioper la sua benevolenza di Padre tenero

    e misericordioso.La tua testimonianza ci sostenga

    nelle prove della vita,nei momenti tristi e nelle afflizioni

    e quando siamo tentatidi sottrarci all ’amorevole guida

    dello Spirito Santo.Tu che hai trovato forza e conforto

    nelle Parole del Maestro e nell ’Eucaristia, suo vero Corpo,

    aiutaci ad avere fame del Pane del cieloe di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

    Incoraggia gli apostoli del Vangelo e della carità.

    Ravviva la fiducia di chi vacilla sulla via del bene.

    Intercedi per la pace e la giustizia nella nostra città.

    Ottieni la luce della verità per chi si dibatte nel buio.

    Sostieni i passi dei nostri giovani verso la libertà.

    Su tutti noi fa discendere l ’abbondanzadella divina grazia.

    Amen

    Mauro Regazzoni

    SPIRITUALITÀ BARNABITICA

    Eco dei Barnabiti 4/2019 49

    dalla Vita illustrata del ven. Francesco M. Castelli -La venerazione dopo la morte