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163 Canto XVI Sequenze narrative ® INCONTRO CON ALTRI SODOMITI Sempre seguendo l’argine di pietra che costeggia il sabbione, i due poeti giungono in un luogo dove si ode chiaramente il rumore della cascata del Flegetonte; qui vedono avvici- narsi un’altra schiera di sodomiti, che in terra furono insigni esponenti del ceto politico e militare. Tre di loro, che dalla veste di Dante hanno capito che trattasi di un fiorentino, gli si accostano correndo a cerchio intorno a lui, dato che la pena non consente loro di fer- marsi, e mostrano il desiderio di voler parlare con lui. ® COLLOQUIO COI TRE FIORENTINI Virgilio invita il discepolo a dimostrarsi cortese nei confronti di costoro, degni di rispetto no- nostante l’attuale condizione. A parlare è solo uno degli spiriti, che dice di essere Iacopo Ru- sticucci; con lui sono Guido Guerra e Tegghiaio Aldobrandi. Sono tre dei Fiorentini della pas- sata generazione cha ben far puoser li ’ngegni, della cui sorte Dante aveva già chiesto notizie a Ciacco (Inf. VI, 79-84). Dante spiega loro la sua condizione e le ragioni del suo viaggio. ® CAUSE DELLA CORRUZIONE DI FIRENZE Alla domanda di Iacopo se a Firenze esistano ancora cortesia e valor, Dante prorompe in un’aspra invettiva contro la Firenze attuale, così diversa da quella passata perché corrotta dagli immigrati dal contado (la gente nuova) e dalle ricchezze accumulate rapidamente (i sù- biti guadagni). I tre dannati si dimostrano addolorati per le parole di Dante, ma gli sono tut- tavia riconoscenti per la risposta; quindi, dopo averlo pregato di rinnovare il loro ricordo tra i vivi, si allontanano rapidamente. ® L ARRIVO DI GERIONE I due poeti riprendono il cammino e vengono presto assordati dal precipitare del Flege- tonte nell’ottavo cerchio.Virgilio si fa porgere da Dante la corda che questi porta legata ai fianchi e la getta nel burrone. Allora, d’improvviso, sale dal fondo un essere mostruoso e strano, che sembra nuotare nell’aria. Si tratta di Gerione, simbolo della frode e custode del- l’ottavo cerchio. vv 91-136 vv 64-90 vv 28-63 vv 1-27 Posizione VII cerchio, 3° girone (violenti). Sul baratro tra il VII e l’VIII cerchio Peccatori Sodomiti (violenti contro Dio nella natura) Pena Corrono nella landa infuocata sotto la pioggia di fuoco, senza potersi mai fermare Contrappasso La pena richiama probabilmente la pioggia di fuoco che si abbatté sulle corrotte città di Sodoma e Gomorra (Gen. 19) Dante incontra Iacopo Rusticucci; Guido Guerra; Tegghiaio Aldobrandi; Gerione (custode dell’VIII cerchio) Inferno, XVI, 20-27, miniatura ferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365, f. 41 r. Roma, Biblioteca Vaticana.

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Canto XVI

■ Sequenze narrative

® INCONTRO CON ALTRI SODOMITI

Sempre seguendo l’argine di pietra che costeggia il sabbione, i due poeti giungono in unluogo dove si ode chiaramente il rumore della cascata del Flegetonte; qui vedono avvici-narsi un’altra schiera di sodomiti, che in terra furono insigni esponenti del ceto politico emilitare. Tre di loro, che dalla veste di Dante hanno capito che trattasi di un fiorentino, glisi accostano correndo a cerchio intorno a lui, dato che la pena non consente loro di fer-marsi, e mostrano il desiderio di voler parlare con lui.

® COLLOQUIO COI TRE FIORENTINI

Virgilio invita il discepolo a dimostrarsi cortese nei confronti di costoro, degni di rispetto no-nostante l’attuale condizione. A parlare è solo uno degli spiriti, che dice di essere Iacopo Ru-sticucci; con lui sono Guido Guerra e Tegghiaio Aldobrandi. Sono tre dei Fiorentini della pas-sata generazione ch’a ben far puoser li ’ngegni, della cui sorte Dante aveva già chiesto notizie aCiacco (Inf.VI, 79-84). Dante spiega loro la sua condizione e le ragioni del suo viaggio.

® CAUSE DELLA CORRUZIONE DI FIRENZE

Alla domanda di Iacopo se a Firenze esistano ancora cortesia e valor, Dante prorompe inun’aspra invettiva contro la Firenze attuale, così diversa da quella passata perché corrottadagli immigrati dal contado (la gente nuova) e dalle ricchezze accumulate rapidamente (i sù-biti guadagni). I tre dannati si dimostrano addolorati per le parole di Dante, ma gli sono tut-tavia riconoscenti per la risposta; quindi, dopo averlo pregato di rinnovare il loro ricordotra i vivi, si allontanano rapidamente.

® L’ARRIVO DI GERIONE

I due poeti riprendono il cammino e vengono presto assordati dal precipitare del Flege-tonte nell’ottavo cerchio. Virgilio si fa porgere da Dante la corda che questi porta legata aifianchi e la getta nel burrone. Allora, d’improvviso, sale dal fondo un essere mostruoso estrano, che sembra nuotare nell’aria. Si tratta di Gerione, simbolo della frode e custode del-l’ottavo cerchio.

vv 91-136

vv 64-90

vv 28-63

vv 1-27

Posizione VII cerchio, 3° girone (violenti). Sul baratro tra il VII e l’VIIIcerchio

Peccatori Sodomiti (violenti contro Dio nella natura)

Pena Corrono nella landa infuocata sotto la pioggia di fuoco, senzapotersi mai fermare

Contrappasso La pena richiama probabilmente la pioggia di fuoco chesi abbatté sulle corrotte città di Sodoma e Gomorra (Gen. 19)

Dante incontra Iacopo Rusticucci; Guido Guerra; TegghiaioAldobrandi; Gerione (custode dell’VIII cerchio)

Inferno, XVI, 20-27, miniaturaferrarese, 1474-1482, Ms. Urb. Lat. 365,f. 41 r. Roma, BibliotecaVaticana.

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■ Temi e motivi

La decadenza degli antichi valoriAll’inizio del canto Dante incontra tre illustri fiorentini, rappresentanti della vecchia Firen-ze magnatizia e ammirati per la loro rettitudine e amor di patria: Guido Guerra, TegghiaioAldobrandi e Iacopo Rusticucci. Tema del colloquio è la decadenza morale e politica diFirenze, la terra prava che accomuna Dante a questi dannati e stabilisce una linea di conti-nuità con i canti VI, X e XV, i cui protagonisti - rispettivamente Ciacco*, Farinata* e Bru-netto Latini* -, sono tutti concittadini del poeta. Nucleo centrale del colloquio, culminantenell’apostrofe* dei vv. 73-75, è il contrasto tra la Firenze del buon tempo antico (che verràcelebrata ancora da Cacciaguida* in Paradiso XVI) e la corruzione attuale della città. Lacausa di questo degrado è individuata da Dante nell’ascesa della gente nuova (v. 73), dellaborghesia affaristica e mercantile, priva di nobili ideali e animata unicamente dal miraggiodei sùbiti guadagni (v. 73). In verità è proprio questa classe di mercanti e banchieri a scar-dinare le strutture di un’economia ancora semifeudale, determinando il passaggio dellacittà da Comune a Signoria e gettando le basi della futura potenza economica di Firenze.Per il suo conservatorismo politico Dante è lontano dal comprendere questa profonda tra-sformazione, ma ciò che gli preme è registrarne gli effetti negativi sul piano morale, che loportano ad opporre con forza (v. 76) all’arroganza e alla volgarità riscontrate nei nuovi cetiemergenti gli ideali aristocratici e cortesi, ai suoi occhi irrimediabilmente perduti, dellaFirenze antica rappresentata dai tre concittadini: rettitudine, pacifica convivenza, senso dellatradizione, sobrietà, liberalità, amor di patria. L’illustre passato dei tre personaggi evidenziadrammaticamente la loro attuale condizione di dannati; pur riconoscendo la grandezza ter-rena del ben far dei tre compatrioti (vv. 58-60), il poeta accentua il distacco da loro sul pianospirituale (Lascio lo fele e vo per dolci pomi, v. 61).

Il rito della cordaSull’orlo del settimo cerchio si svolge quindi un misterioso rito allegorico: il lancio di unacorda (di cui era cinto Dante e che egli porge al maestro aggroppata e ravvolta) nel precipi-zio sottostante per attirare Gerione, l’essere ibrido che dovrà trasportare a volo i due pel-legrini nell’ottavo cerchio, dove è punita la frode di cui egli è inequivocabilmente il sim-bolo. Certamente, la corda risulta collegata a Gerione (che da essa viene attirato sulla spon-da) e alla lonza del primo canto (con quella stessa corda, infatti, Dante dice di aver pensa-to alcuna volta/ prender la lonza a la pelle dipinta, vv. 107-108), istituendo di conseguenza unrapporto anche tra Gerione e la lonza. Il significato di questa corda è ancora oggetto didiscussione; in quanto strumento virtuoso, valido sia contro la lussuria che contro la frode,essa deve avere una funzione simbolica polivalente, individuata da alcuni nella «temperan-za» contro la lonza e nella «giustizia e verità» contro Gerione, da altri nella «continenza ecastità» nei confronti della lonza, nella «giustizia e fede» rispetto a Gerione. Sta di fatto cheil lancio della corda determina l’arrivo di Gerione, una straordinaria creatura caratterizza-ta, come si vedrà, da un aspetto multiforme, e investita di una funzione decisiva nella dina-mica spaziale e allegorica del viaggio ultraterreno, rilevata tra l’altro da un ‘appello al let-tore’* in cui viene coinvolto il poema stesso, per la prima volta indicato come «comedìa»(vv. 127-128). Per il momento, però, Dante lascia ancora indistinta e confusa questa figuramaravigliosa ad ogne cor sicuro (v. 132), limitandosi a descriverne la risalita dal baratro attra-verso una similitudine nautica e rinviando la sua precisa descrizione, con calcolato effettodi attesa, al canto successivo.

Canto XVIInferno

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Canto XVI Inferno

Già era in loco onde s’udìa ’l rimbombo de l’acqua che cadea ne l’altro giro,

3 simile a quel che l’arnie fanno rombo,

quando tre ombre insieme si partiro, correndo, d’una torma che passava

6 sotto la pioggia de l’aspro martiro.

Venian ver’ noi, e ciascuna gridava: «Sòstati tu ch’a l’abito ne sembri

9 esser alcun di nostra terra prava».

Ahimè, che piaghe vidi ne’ lor membri, ricenti e vecchie, da le fiamme incese!

12 Ancor men duol pur ch’i’ me ne rimembri.

A le lor grida il mio dottor s’attese; volse ’l viso ver’ me, e: «Or aspetta»,

15 disse, «a costor si vuole esser cortese.

E se non fosse il foco che saetta la natura del loco, i’ dicerei

18 che meglio stesse a te che a lor la fretta».

Ricominciar, come noi restammo, ei l’antico verso; e quando a noi fuor giunti,

21 fenno una rota di sé tutti e trei.

Qual sogliono i campion far nudi e unti, avvisando lor presa e lor vantaggio,

24 prima che sien tra lor battuti e punti,

così rotando, ciascuno il visaggio drizzava a me, sì che ’n contraro il collo

27 faceva ai piè continüo vïaggio.

E «Se miseria d’esto loco sollo rende in dispetto noi e nostri prieghi»,

30 cominciò l’uno, «e ’l tinto aspetto e brollo,

la fama nostra il tuo animo pieghi a dirne chi tu se’, che i vivi piedi

33 così sicuro per lo ’nferno freghi.

Questi, l’orme di cui pestar mi vedi, tutto che nudo e dipelato vada,

36 fu di grado maggior che tu non credi:

® INCONTRO CON ALTRI SODOMITIEro (era) ormai giunto nel punto [dell’argine] (loco) in cui si udi-va il rimbombo del ruscello (l’acqua) che cadeva nel cerchio suc-cessivo (l’altro giro), simile al ronzio (rombo) delle api nelle arnie,

quando, da una schiera (torma) che procedeva sotto la pioggiadi fuoco del duro supplizio (martiro), si staccarono (si partiro)insieme di corsa tre spiriti (ombre).

Venivano verso di noi e ciascuno di essi gridava: «Fermati (Sò-stati) tu che dal modo di vestire (ch’a l’abito) ci (ne) sembri es-sere uno (alcun) della nostra crudele (prava) città».

Ahimè, quali piaghe, vecchie e recenti, prodotte (incese) dallefiamme, io vidi nelle loro membra! Mi recano ancora dolore(men duol) solo (pur ch’) a ricordarle.

La mia guida (dottor) si fermò rivolgendo la propria attenzio-ne (s’attese) alle loro grida; voltò lo sguardo (viso) verso di mee disse: «Fermati (aspetta) ora, nei confronti di costoro è giu-sto (si vuole) essere cortesi.

E se non fosse per le fiamme (foco) che la natura del luogo fascendere (saetta), direi che la fretta dovesse convenire (stesse)più a te che a loro».

Non appena (come) noi ci fermammo (restammo), essi (ei) ri-presero il loro consueto lamento (l’antico verso); e quando fu-rono giunti presso di noi, tutti e tre (trei) insieme formarono(fenno) un cerchio (rota).

Come sono soliti fare i lottatori (campion) nudi e unti, stu-diando (avvisando) la presa più vantaggiosa (lor presa e lor van-taggio) prima di colpirsi e ferirsi (battuti e punti),

così, con lo stesso movimento circolare (rotando), ciascuno (deitre) rivolgeva (drizzava) a me lo sguardo (visaggio), così che illoro collo doveva fare un continuo movimento (vïaggio) con-trario a quello dei piedi.

® COLLOQUIO COI TRE FIORENTINIUno di essi cominciò: «Se la misera condizione (miseria) di que-sto sabbione (loco sollo = luogo cedevole) e il nostro aspetto an-nerito (tinto) e scorticato (brollo) rende spregevoli (in dispetto)noi e le nostre richieste (prieghi),la fama rimasta di noi (nostra) induca (pieghi) il tuo animo adirci chi sei tu, che ancora vivo calchi (freghi) i piedi nell’In-ferno senza timore di bruciarti (sicuro).

Costui, di cui mi vedi calpestare le orme, benché (tutto che)vada nudo e scorticato (dipelato), fu di rango sociale (grado)più alto (maggior) di quanto credi:

vv 28-63

vv 1-27

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Canto XVIInferno

nepote fu de la buona Gualdrada; Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita

39 fece col senno assai e con la spada.

L’altro, ch’appresso me la rena trita, è Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce

42 nel mondo sù dovria esser gradita.

E io, che posto son con loro in croce, Iacopo Rusticucci fui, e certo

45 la fiera moglie più ch’altro mi nuoce».

S’i’ fossi stato dal foco coperto, gittato mi sarei tra lor di sotto,

48 e credo che ’l dottor l’avria sofferto;

ma perch’io mi sarei brusciato e cotto, vinse paura la mia buona voglia

51 che di loro abbracciar mi facea ghiotto.

Poi cominciai: «Non dispetto, ma doglia la vostra condizion dentro mi fisse,

54 tanta che tardi tutta si dispoglia,

tosto che questo mio segnor mi disse parole per le quali i’ mi pensai

57 che qual voi siete, tal gente venisse.

Di vostra terra sono, e sempre mai l’ovra di voi e li onorati nomi

60 con affezion ritrassi e ascoltai.

Lascio lo fele e vo per dolci pomi promessi a me per lo verace duca;

63 ma ’nfino al centro pria convien ch’i’ tomi».

«Se lungamente l’anima conduca le membra tue», rispuose quelli ancora,

66 «e se la fama tua dopo te luca,

cortesia e valor dì se dimora ne la nostra città sì come suole,

69 o se del tutto se n’è gita fora;

ché Guiglielmo Borsiere, il qual si duole con noi per poco e va là coi compagni,

72 assai ne cruccia con le sue parole».

fu nipote della virtuosa (buona) Gualdrada; si chiamò GuidoGuerra e in vita si distinse (fece… assai) sia per virtù civili (colsenno) che militari (con la spada).

L’altro, che calpesta (trita) la sabbia (rena) vicino a me, è Teg-ghiaio Aldobrandi, il cui consiglio (voce) avrebbe dovuto esse-re stato meglio ascoltato (dovrìa esser gradita) a Firenze (nelmondo sù).

E io, che sono sottoposto al tormento (posto… in croce) insie-me a loro, fui Iacopo Rusticucci; e certo più di ogni altra co-sa (più ch’altro) mi è dannosa (mi nuoce) la moglie intrattabile(fiera)».

Se io fossi stato protetto (coperto) dal fuoco, mi sarei gettatogiù tra loro, e credo che il mio maestro (dottor) l’avrebbe con-sentito (sofferto);

ma dal momento che mi sarei bruciato, la paura prese il so-pravvento (vinse) sul sincero sentimento (buona voglia) che mirendeva desideroso (ghiotto) di abbracciarli.

Poi cominciai: «La vostra condizione mi impresse (fisse) nell’a-nimo (dentro) non disprezzo (dispetto), ma un dolore (doglia)così intenso (tanta) che dovrà passare molto tempo (tardi) pri-ma che svanisca (si dispoglia) del tutto,

non appena (tosto che) la mia guida (segnor) mi disse parole perle quali io pensai che venissero (verso di noi) persone tantomeritevoli (tal gente) quali voi siete.

Io sono della vostra città (terra), e sempre (sempre mai) ascoltaie riferii ad altri (ritrassi) con piacere (affezion) le vostre azioni(ovra) e i vostri nomi onorati.

Lascio l’amarezza del peccato (lo fele) e mi dirigo (vo) verso ladolcezza del bene (dolci pomi), promessa a me dalla mia guida(duca) veritiera (verace); ma prima è necessario (convien) che ioscenda (tomi) fino al centro dell’universo».

® CAUSE DELLA CORRUZIONE DI FIRENZE«Con l’augurio (Se) che tu possa vivere ancora a lungo», ri-spose ancora quello spirito, «e che la tua fama risplenda (luca)dopo la tua morte (dopo te),

dicci se i valori cortesi e le virtù morali (cortesia e valor) so-pravvivono (dimora) ancora, come solevano un tempo (sì comesuole), nella nostra città, o se l’hanno del tutto abbandonata (sen’è gita fora);

poiché Guglielmo Borsiere, che da poco tempo (per poco) ètormentato (si duole) insieme a noi ed è laggiù con i suoicompagni, ci affligge (ne cruccia) molto con le sue parole».

vv 64-90

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Canto XVI Inferno

«La gente nuova e i sùbiti guadagni orgoglio e dismisura han generata,

75 Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni».

Così gridai con la faccia levata; e i tre, che ciò inteser per risposta,

78 guardar l’un l’altro com’al ver si guata.

«Se l’altre volte sì poco ti costa», rispuoser tutti «il satisfare altrui,

81 felice te se sì parli a tua posta!

Però, se campi d’esti luoghi bui e torni a riveder le belle stelle,

84 quando ti gioverà dicere “I’ fui’’,

fa che di noi a la gente favelle». Indi rupper la rota, e a fuggirsi

87 ali sembiar le gambe loro isnelle.

Un amen non saria possuto dirsi tosto così com’e’ fuoro spariti;

90 per ch’al maestro parve di partirsi.

Io lo seguiva, e poco eravam iti, che ’l suon de l’acqua n’era sì vicino,

93 che per parlar saremmo a pena uditi.

Come quel fiume c’ha proprio cammino prima dal Monte Viso ’nver’ levante,

96 da la sinistra costa d’Apennino,

che si chiama Acquacheta suso, avante che si divalli giù nel basso letto,

99 e a Forlì di quel nome è vacante,

rimbomba là sovra San Benedetto de l’Alpe per cadere ad una scesa

102 ove dovea per mille esser recetto;

così, giù d’una ripa discoscesa, trovammo risonar quell’acqua tinta,

105 sì che ’n poc’ora avria l’orecchia offesa.

Io avea una corda intorno cinta, e con essa pensai alcuna volta

108 prender la lonza a la pelle dipinta.

«Gli immigrati recenti (gente nuova) e le loro improvvise for-tune (sùbiti guadagni) hanno generato in te, Firenze, superbia(orgoglio) e sfrenatezza (dismisura), così che già cominci a pa-garne le conseguenze (già ten piagni)».

Così gridai a testa alta; e i tre, che recepirono queste parolecome (per) risposta, si guardarono l’un l’altro come si assiste(guata) alla conferma di una dura verità (al ver).

«Se ti costa sempre come ora (l’altre volte) così poco», rispose-ro tutti insieme, «rispondere esaurientemente alle domande (ilsatisfare altrui), felice te se sei in grado di parlare liberamente(a tua posta) con tanta franchezza (sì)!

Perciò, con l’augurio (se) che tu possa scampare (campi) dal-l’Inferno (d’esti luoghi bui) e ritornare a vedere il cielo (le bel-le stelle), quando ti piacerà (gioverà) rievocare il viaggio nel-l’Oltretomba (dicere “I’ fui”),

fa in modo di parlare (fa che… favelle) di noi alla gente». Quin-di sciolsero (rupper) il cerchio (rota), e nel (a) fuggire le lorogambe veloci (isnelle) sembrarono (sembiar) ali.

Non si sarebbe potuto (possuto) pronunciare (dirsi) un “amen”così velocemente (tosto) come essi scomparvero (fuoro spariti);per la qual cosa al maestro parve opportuno (parve) allonta-narsi (partirsi).

® L’ARRIVO DI GERIONEIo lo seguivo e, dopo essere avanzati (iti) un poco, il fragore dellacascata (’l suon de l’acqua) era così vicino a noi che, se ci fossimoparlati (per parlar), ci saremmo a malapena (a pena) uditi.

Come il fiume che per primo, dal Monviso verso oriente (le-vante), nella parte sinistra dell’Appennino, sfocia in mare (haproprio cammino),

e che si chiama Acquacheta nella parte alta del suo corso (su-so), prima (avante) di scendere (divalli) in pianura (giù nel bas-so letto), e a Forlì non si chiama più (è vacante = è privo) conquel nome,

rimbomba presso (là sovra) San Benedetto all’Alpe poichéprecipita (per cadere) con un unico salto (ad una scesa) là dove(ove) dovrebbe (dovea) essere ricevuto (recetto) in moltissimi(salti) (mille);

così, giù da una parete (ripa) scoscesa, incontrammo (trovam-mo) quell’acqua rossa (tinta) cadere fragorosamente (risonar),tanto che avrebbe danneggiato l’udito (l’orecchia offesa) in bre-vissimo tempo (’n poc’ora).

Io portavo avvolta intorno ai fianchi (intorno cinta) una corda,con la quale (e con essa) una volta pensai di catturare la lonzadalla (a la) pelle screziata (dipinta).

vv 91-136

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Poscia ch’io l’ebbi tutta da me sciolta, sì come ’l duca m’avea comandato,

111 porsila a lui aggroppata e ravvolta.

Ond’ei si volse inver’ lo destro lato, e alquanto di lunge da la sponda

114 la gittò giuso in quell’alto burrato.

‘E’ pur convien che novità risponda’, dicea fra me medesmo, ‘al novo cenno

117 che ’l maestro con l’occhio sì seconda’.

Ahi quanto cauti li uomini esser dienno presso a color che non veggion pur l’ovra,

120 ma per entro i pensier miran col senno!

El disse a me: «Tosto verrà di sovra ciò ch’io attendo e che il tuo pensier sogna;

123 tosto convien ch’al tuo viso si scovra».

Sempre a quel ver c’ha faccia di menzogna de’ l’uom chiuder le labbra fin ch’el puote,

126 però che sanza colpa fa vergogna;

ma qui tacer nol posso; e per le note di questa comedìa, lettor, ti giuro,

129 s’elle non sien di lunga grazia vòte,

ch’i’ vidi per quell’aere grosso e scuro venir notando una figura in suso,

132 maravigliosa ad ogne cor sicuro,

sì come torna colui che va giuso talora a solver l’àncora ch’aggrappa

135 o scoglio o altro che nel mare è chiuso,

che ’n sù si stende e da piè si rattrappa.

Dopo (Poscia) averla completamente srotolata (da me sciolta),così come mi aveva ordinato il maestro, gliela porsi (porsila)raccolta a matassa (aggroppata e ravvolta).

Egli allora si volse verso destra e la gettò giù nel profondoburrone (alto burrato) un po’ lontano (alquanto di lunge) dallasponda.

“Qualcosa di straordinario (novità) deve (convien) certo (pur)corrispondere (risponda)”, dicevo tra me e me, “all’inconsue-to (novo) segnale (cenno) che il maestro segue con tanta atten-zione (sì seconda)”.

Ahi quanto devono (dienno) essere cauti gli uomini vicino al-le persone che non solo (pur) vedono (veggion) gli atti este-riori (l’ovra), ma, grazie al loro acume (col senno), riescono apenetrare (miran) nei pensieri!

Egli mi disse: «Presto (Tosto) salirà (verrà di sovra) ciò che io at-tendo con certezza e che tu immagini solo confusamente (iltuo pensier sogna): presto dovrà (convien) rivelarsi ai tuoi occhi(viso).

L’uomo, finché può (puote), deve (de’) sempre rifiutarsi dall’e-sprimere (chiuder le labbra) quella verità (ver) che ha l’apparen-za (faccia) di menzogna, poiché (però che) essa lo farebbe sem-brare bugiardo (fa vergogna) anche se è sincero (sanza colpa);

ma in questa occasione (qui) non posso tacerla; e in nome deiversi (note) di questo poema (comedìa) – possano (se) non esserea lungo privi (vòte) di favore presso il pubblico (di lunga grazia)–, ti giuro, lettore,

che io vidi salire (venir… in suso) attraverso quell’aria densa (gros-so) e scura, come se nuotasse (notando), una figura tale da impres-sionare (maravigliosa) anche un animo intrepido (cor sicuro),

con lo stesso movimento con cui risale (torna) il marinaio(colui), che talvolta scende sott’acqua (va giuso) per liberare (sol-ver) l’ancora rimasta impigliata (ch’aggrappa) in uno scoglio o inun altro ostacolo (altro) sul fondo marino (che nel mare è chiuso),

che stende in alto le braccia e raccoglie le gambe (da piè si rat-trappa).

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