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    L’Editoriale

    L’esperto: “economia, innovazione e società a rischio”

    Cervelli in fuga dal Mezzogiorno. La testimonianza: “sono precario e qui non vedo un futuro”

    un universo di notizieSMOCil O

    www.il-cosmo.com

    EventiFilm, mostre ed eventi danon perdere!

    continua 2

    di Michela Trada

    n°LXI 09/05/2019

    Editore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada

    Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Vercelli

    GIOVANI, CARINI E DISOCCUPATI: ECCO COME IL SUD SI SPOPOLA

    La guerra del santinoQuesto mese di maggio poco pri-maverile e assai invernale, ci sta regalando, oltre al freddo, una so-lida certezza: la pochezza del lin-guaggio politico italiano. Le cam-pagne elettorali, dalle regionali alle europee passando per le co-munali, sembrano il ricordo sbia-dito e annacquato di quei comizi di ars oratoria che hanno reso la nostra Nazione uno dei perni del-la democrazia occidentale (chissà cosa direbbe Cicerone se assistes-se ad una conferenza stampa o ad una trasmissione televisiva con confronto del nuovo millennio). Tra slogan banali e lanci su face book di dubbio contenuto, la chia-mata alle urne si delinea più come un’abbuffata di spaghi all’amatri-ciana che un delizioso bocconcino di foie gras. Sarà la pancia, infat-ti, a guidare la maggior parte delle scelte degli italiani ai seggi, spinti a mettere una X sul “meno peggio” piuttosto che sul simbolo del cuo-re valoriale. Eppure la partita che si gioca il 26 maggio non è affatto una sfida da poco per il Bel Paese al fine di ribaltare la non sempre sorridente “classifica” europea (ri-usciranno le liste civiche a spuntar-la rispetto a quelle di partito nel-la lotta per i comuni quando ogni scelta viene fatta il medesimo gior-no?). La concretezza viene spesso sostituita dal sensazionalismo, con

    il brutto vizio di sminuire il lavo-ro altrui anziché esaltare i propri tratti vincenti. In tutto ciò, che ruolo svolge la comunicazione? Un compito fondamentale, tant’è che quasi tutti i candidati (tanti), hanno spostato il focus dal comi-zio di piazza a quello di Facebook; incredibilmente spuntano come funghi richieste di amicizia da parte di gente sconosciuta ogni ora e nelle home appaiono video motivazionali degne del Monte-magno best version. Non dimen-tichiamoci, poi, del pezzo forte: l’insulto “sociale” che rende il li-vello della conversazione sul web ancor più aulico. Così, tra un sel-fie e l’altro, si procede spediti alla scoperta del “nuovo che avanza” tra banchetti, palloncini colora-ti e santini come se non ci fosse un domani. Onore a chi ha scelto di impegnarsi per rappresentare il proprio Paese, regione e città, onore anche a chi ha deciso di far-si stranamente da parte. Oggi c’è tanto bisogno di Politica, di sen-tirsi uniti sotto un’unica bandiera per il Bene comune.

    AttualitàAllarme Onu: la biodiversità

    è a rischiodi Federica Pirola pag.8

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    Questioni di grembiule...

    di Giorgio Simonelli pag.6

    SportBarbara e le sue

    imprese a contatto con la natura

    di Deborah Villarboito pag.19

    di Deborah Villarboito pag.20

    SportAndrea, il runner che corre con i rinoceronti

    Dall’Inghilterra ecco la Magna Carta in mostra per gli 800 anni del Sant’Andrea vercellese

    Tv pirata: tra ‘pizzini’ e il ‘Pezzotto’

    di Alessandro Pignatell i pag. 5

    La Coach del Piacere che aiuta le donne ad essere libere

    di Sabrina Falanga pag.15

    Costante e in crescita un altro tipo di desertificazione minaccia più della metà del nostro Paese: la “fuga di cervelli” dal Sud verso il Nord Italia o all’estero. Nei 7 anni della crisi, dal 2008 al 2015, il saldo mi-gratorio netto è stato di 653mila unità: 478mila giovani di cui 133mila laureati, con le donne in misura maggiore rispetto agli uomini. A que-sti si accompagna una perdita di popolazione di 2 mila unità nella fascia di 0-4 anni in conseguenza al flusso di bambini che si trasferi-scono con i genitori. Che una migrazione interna all’Italia sia sempre esistita è noto, ma c’è una variante alla storia. Si trattava quasi sempre di poveri che cercavano lavoro nelle zone industrializzate d’Italia.

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    Il Professor Alessandro Rosina è docente di De-mografia e Statistica sociale nella Facoltà di Eco-nomia dell’Università Cattolica di Milano, dove è anche Direttore del centro di ricerca Labora-torio di statistica applicata alle decisioni eco-nomico aziendali. Ha partecipato come esperto a Commissioni Istat e Ministeriali. L’abbiamo raggiunto per farci spiegare il fenomeno della

    “fuga” di giovani che sta investendo sempre più in maniera massiccia il Sud Italia.

    Dal Sud al Nord, dal Nord al mondo: Perchè i giovani si spostano?La facilità di spostamento e di accesso a oppor-tunità presenti in qualsiasi luogo del mondo, rendono molto più comune e praticabile oggi la scelta di viaggiare per svago, studio e lavoro. “Expat” è un neologismo nato per indicare chi si sente parte di un mondo in movimento, che è sempre meno quello dei confini dell’Ottocen-to e sempre più quello delle reti del XXI secolo. Si nasce in un luogo, ci si forma in un altro, si va a vivere in un altro ancora: tutti questi, più che punti statici di un passato lasciato alle spal-le, sono nodi di una rete di rapporti affettivi, di amicizia, di lavoro, in connessione continua. Tutto questo è un bene finché si rimane nel do-minio delle scelte e delle opportunità, ovvero fintanto che con la stessa facilità si può decidere di partire, di tornare, di farsi ponte tra il proprio territorio di nascita e il mondo. Molto meno se si parte per necessità, per qualcosa che manca nel territorio di partenza anziché per qualcosa a cui si tende come spinta interiore ad avventu-rarsi nel mondo.

    Perchè nel 2019 il divario Nord e Sud su questo tema è ancora ampio?Le opportunità di lavoro nel Sud continuano ad essere molto più basse rispetto al resto del paese. Minore è anche la copertura e la qualità dei ser-vizi di welfare e più alta la sfiducia nei confronti delle istituzioni locali. I giovani non partono, o rinunciano a tornare, per le peggiori condizioni economiche e lavorative in sé del luogo di ori-gine, ma per carenza di prospettive di miglio-

    pagina 2

    Attualità

    La questione dell’immigrazione al Nord oggi è diversa, perché non coinvolge più operai e con-tadini ma neo-diplomati in procinto di comin-ciare l’università o comunque giovani specia-lizzati. È un campione sociale diverso da quello di sessant’anni fa e il rischio che ne consegue è inquietante: mentre prima anche chi rimaneva al Sud continuava comunque a fare figli, oggi il tasso di natalità è molto più basso. In pratica, c’è molta più gente che muore di quanta decida di mettere al mondo nuovi esseri umani. I giovani piuttosto che rimanere a studiare a casa propria preferiscono andare in una città dove il livello universitario è ritenuto più alto e soprattutto dove una volta laureati avranno un’effettiva pro-spettiva di lavoro, o quantomeno la speranza di

    una prospettiva, compresa quella di mettere su una famiglia. Nel frattempo, nelle regioni da cui se ne sono andati non c’è un ricambio genera-zionale sufficiente a garantire che questo feno-meno non implichi una vera e propria deserti-ficazione.

    La questione poi riguarda l’idea di partenza che accompagna chi lascia il Meridione per cui è impossibile tornarvi, perché tanto chi lo trova il lavoro in una parte d’Italia in cui la disoccupa-zione è doppia rispetto al resto del Paese, in cui già si fa fatica. A perderci, come sempre, sono quei giovani che non hanno abbastanza mezzi in partenza da poter decidere dove stare, che la-voro fare. Ci si trova così davanti a un bivio per cui alla prospettiva di un non-futuro si accetta di vivere lontani dalla propria famiglia, dai pro-pri amici storici che si sparpagliano tra le regio-ni più promettenti, accontentandosi di quegli incontri programmati per tutti nello stesso mo-mento. È vero che c’è chi va via da casa propria anche per scappare da situazioni opprimenti, e trova nella città che lo accoglie una stabilità soddisfacente, una nuova vita molto più adatta alle proprie esigenze, ma c’è anche chi vorrebbe fare il lavoro che ha sempre sognato nel posto dove è nato.

    Negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzo-

    giorno un milione e 883mila residenti, di cui la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati. Il 16% si è stabi-lito oltreconfine. Di questi quasi due milioni di ragazzi, 800mila non sono più tornati. È quanto emerge dall’ultimo rapporto di Svimez, l’asso-ciazione per lo sviluppo dell’industria nel Mez-zogiorno.

    Anche nel 2016, quando la ripresa economica ha manifestato segni di consolidamento, han-no lasciato il Sud oltre 131mila residenti. Tra le regioni meridionali, quella che fa registrare il maggior numero di abbandoni è la Sicilia, che perde 9,3mila residenti (-1,8 per mille), seguita dalla Campania (-9,1mila residenti, per un tasso migratorio netto di -1,6 per mille) e dalla Puglia (-6,9mila residenti, per un tasso migratorio net-to pari a -1,7).

    pagina 3

    Intervista

    di Deborah Villarboito

    di Deborah Villarboito

    ramento. Molti sarebbero contenti di rimanere e tornare se messi nella condizione di sentirsi protagonisti di un vero progetto di rilancio della propria città, regione e del proprio paese.

    Questo spostamento di giovani quanto influisce sui territori che lasciano?Ad andarsene dalle regioni meridionali sono spesso i ragazzi più dinamici e con migliori per-formance scolastiche, in cerca di opportunità di formazione e professionali di qualità superiore. Questo accentua ancor più gli effetti della dena-talità sul “degiovanimento” del Sud. La conse-guenza è l’aumento dell’invecchiamento della popolazione e la riduzione di energie e intelli-genze che possono invertire la tendenza al de-clino.

    Che cosa succede e che cosa fanno invece i gio-vani che restano nei loro luoghi di origine?Per i giovani del Sud, più che nel resto del Paese, risulta molto più drastica la decisione tra rima-nere, ma doversi accontentare a rivedere al ri-basso le proprie aspettative lavorative e i propri obiettivi di vita, o invece andarsene altrove. La sfida è quindi quella di costruire condizioni per rimanere, oltre a quelle per riattrarre chi è an-dato a studiare o a fare esperienze di lavoro al Nord o oltre confine. Questo non significa che non ci siano esempi di giovani che trovano un impiego soddisfacente o riescono a realizzare una propria idea imprenditoriale, ma gli ostacoli sono spesso maggiori che altrove. Sono comun-que esempi che dimostrano che quando i giova-ni, con la giusta preparazione e intraprendenza, incontrano le condizioni adatte si possono ot-tenere storie di successo anche nel Meridione. Quello che manca è una vera strategia che renda non occasionale ma sistemico l’incontro tra op-portunità offerte dal territorio e formazione di qualità delle nuove generazioni.

    Quale potrebbe essere la soluzione a questa si-tuazione?Oltre a migliorare le condizioni di sviluppo del territorio facendo leva sul capitale umano delle nuove generazioni, come abbiamo detto, è im-portante anche favorire una effettiva circolarità della mobilità dei giovani. I dati raccolti attra-verso varie indagini mostrano come i giovani italiani siano molto legati alla loro terra, consi-derano l’Italia uno dei Paesi più belli al mondo, per il clima, il cibo, le relazioni familiari e umane in generale. Questo vale ancor di più per i giova-ni meridionali. Molti di essi, dopo un’esperien-za all’estero, sarebbero ben disposti a tornare, se ci fossero condizioni minime adatte, per di-ventare protagonisti dello sviluppo economico e culturale della propria Regione. Perché ciò ac-cada servono misure incisive di attrazione, che consentano a chi torna di sentirsi inserito in un circolo virtuoso di miglioramento della propria condizione e del territorio, rendendo un valore aggiunto anche l’esperienza fatta altrove. Al di là dei livelli attuali di disoccupazione e sottoc-

    cupazione quello che pesa, infatti, è soprattut-to il non sentirsi inseriti in processi di crescita, di essere inclusi in un percorso che nel tempo consenta di dimostrare quanto si vale e di veder riconosciuto pienamente il proprio impegno e il proprio valore.

    In altri Paesi Europei o del mondo è riscontrabi-le una situazione simile?La mobilità interna e internazionale è sempre più comune, come abbiamo già detto, ma è an-che considerata potenzialmente positiva perché rafforza conoscenze, network e bagaglio di espe-rienze. L’importante è che alla scelta di partire possano corrispondere anche condizioni adatte per tornare e che un certo territorio non si im-poverisca subendo un continuo flusso di uscita. L’Italia è uno dei Paesi sviluppati che meno pro-muovono la parte virtuosa di questo fenomeno e più subiscono la parte problematica. Se ci si confronta con le altre economie avanzate la dif-ferenza non sta tanto nei flussi di uscita di giova-ni dinamici e qualificati, ma nel nostro maggior saldo negativo dovuto al fatto che molti meno rientrano o ne attraiamo dagli altri paesi svilup-pati.

    A lungo andare quale impatto avrà sul nostro Paese?Il rischio è quello di sprofondare in una spira-le negativa di “degiovanimento” quantitativo e qualitativo della società. Non investire sulle nuove generazioni porta ad una riduzione delle loro prospettive nel luogo in cui vivono. Parteci-pano di meno al mercato del lavoro, rimangono più a lungo dipendenti dai genitori, si accon-tentano di svolgere lavori in nero o sottopagati, oppure se ne vanno altrove. Chi rimane riesce a fare molto meno rispetto ai propri desideri e alle proprie potenzialità. Fornisce un contri-buto produttivo e riproduttivo più basso. Così l’economia non cresce e non si formano nuove famiglie. Questo porta ulteriormente le nasci-te a diminuire e la popolazione ad invecchiare, con risorse sempre più scarse da redistribuire e conseguente aumento delle diseguaglianze. La carenza di prospettive porta i giovani ad andare altrove già nella fase di formazione o a rinuncia-re ad investire sulla propria istruzione. Se nulla cambierà questa spirale negativa è destina a tra-scinare il nostro Paese verso il basso, condan-nandolo a un ruolo marginale nei processi più virtuosi di innovazione e sviluppo inclusivo di questo secolo.

    L’emigrazione di “cervelli”: economia, innovazione e società a rischio

    https://il-cosmo.com/?p=11058https://il-cosmo.com/?p=11063

  • Savio De Vita, 33 anni, vive a Casoria in provincia di Napoli. Attualmente si divide in due lavori: da un lato fa l’insegnante, dall’altro è impegnato in una TV locale. È uno dei giovani che per ora non si sposta dalla sua terra di origine, ma che sta solo aspet-tando il momento giusto per farlo. Nell’ambito scolastico è un precario, attualmente professore supplente in un istituto superiore di Sorrento, in attesa che esca un nuovo bando di concorso. L’altra metà della sua vita lavorativa la passa in un’emittente televisiva della zona, in cui si occupa della parte tecnica.

    Ha studiato a Napoli, laureandosi in scienze storiche con indirizzo medie-valistico-rinascimentale e la sua uni-ca esperienza lontano dalla sua ter-ra di origine è stato un Erasmus di tre mesi a Parigi. La sua formazione primaria è sullo studio dei documen-ti antichi, ricerca storica in archivi su tutto il materiale di quel periodo. Pur essendo appassionato, ha scelto di non seguire il percorso della ricer-ca, per avventurarsi in quello dell’in-segnamento. Inoltre, con l’universi-tà, aveva fatto anche esperienza di radio. Però le opportunità lavorati-ve sono arrivate prima di tutto dal-le emittenti televisive e radiofoniche locali, e poi dalla scuola.

    Per Savio «La situazione del lavoro al Sud non è semplice. Ciò che può fare un po’ la differenza è trovarsi nel posto giusto nel momento giu-sto. Si deve stare sempre sull’attenti, lavorando in attesa di qualcosa che arriverà – spiega - Non si lavora per guadagnare ma per il lavoro fine a se stesso. Persone che conosco, quan-

    do riescono a raggiungere il tempo indeterminato, si accontentano di poco, non dico che siano sottopagati, ma quasi».

    Il pensiero di trasferirsi si era ma-nifestato però: «Dopo l’esperienza dell’Erasmus, terminata la laurea, il pensiero di andare all’estero l’ho fat-to. Sono scelte però che richiedono una certa dose di coraggio e per cui si è sempre un po’ indecisi. Bisogna rag-giungere la consapevolezza del “vado e mollo tutto”. Nel tempo ho coltiva-to dei buoni contatti nelle emittenti televisive per cui lavoro, quindi non volevo perderli. Sicuramente però, quando arriverà il momento di fare il concorso nella scuola, mi impegnerò per farlo fuori dal mio territorio – rac-conta - Qui dove abito la situazione è bloccata, con graduatorie strapiene, tantissime persone che vogliono in-segnare, concorsi molto affollati. In questo momento sto insegnando gra-zie proprio a una di quelle coinciden-ze che ho citato prima. Inoltre non sono condizioni facili: ogni mattina in auto mi faccio Napoli-Sorrento, quasi due ore per andare al lavoro. Lo scorso anno invece facevo lezione in due scuole: una al nord di Napoli e una al sud della città, un percorso non molto semplice da fare in poco tempo».

    Il perchè del possibile trasferimen-to si trova anche in altre motivazio-ni: «Mi sposterei al Nord, sia per una questione di opportunità, sia per motivi ambientali sicuramente perchè il tenore di vita è migliore e ci sono una serie di fattori positivi al di là del lavoro. Un esempio è la mia ragazza, Manuela, che sta lavoran-

    do a Bologna, nel Comune in cui ha vinto il concorso: mi racconta che la vita è totalmente diversa rispetto alla nostra terra di origine. Anche solo il discorso di come ci si muove per an-dare a lavoro. Se da noi 20 minuti per andare al lavoro diventano un’o-ra e mezza, a Bologna sono sempre 20 minuti. La differenza tra Nord e Sud c’è e si vede. Nel servizio pubbli-co dei mezzi, ma anche nella pulizia stradale e in molti altri aspetti».

    Ma cosa succede a chi rimane nel pa-ese natio: «Noto in generale un ade-guamento. Le persone che vanno via o che comunque riescono a raggiun-gere certi risultati non si acconten-tano. È come se il percorso naturale non ti dia la possibilità di crescere, anche nelle possibilità minime – conclude - Molti intraprendono car-riere che non c’entrano nulla con i loro studi. Da un punto di vista di ca-pacità sono in gamba nei loro settori, ma non hanno la volontà di spingere e andare oltre a ciò che gli è offerto».

    pagina 4 pagina 5

    Intervista L’esperienza di Savio: 33 anni, due lavori una sola aspirazione

    Tv pirata: tra ‘pizzini’ e il ‘Pezzotto’

    Come funziona il pezzotto

    di Alessandro Pignatelli

    di Alessandro Pignatelli

    di Alessandro Pignatelli

    In Campania l’hanno ribattezzato il ‘pezzotto’ e ora tutti lo chiamano così. Nella pratica, è un decoder che permette di vedere, sulla tv di casa, Sky, Dazn, Amazon, Netflix e tutto ciò che è a pagamento a un prezzo irrisorio mensile. Il fe-nomeno, nelle mani della criminalità, è in forte crescita tanto che si stima che in Italia oggi ci siano due milioni di persone che ne fanno uso.

    Secondo il quotidiano ‘Repubblica’, Lega Calcio, Sky e Dazn avrebbero deciso di portare in tri-bunale Tim, Vodafone, Wind, Fastweb e Tiscali. Segno che la situazione è diventata ormai inso-stenibile per i network. I decoder di cui parlia-mo sono naturalmente impianti pirata, per me-glio dire Box Android da collegare a internet e, con abbonamenti illegali da 10 euro al mese, in grado di trasmettere tutta la programmazione di Sky, Dazn, Mediaset Premium, Netfliz, Ama-zon, la tv on demand. Recentemente, a Malaga, è stata smascherata un’organizzazione iberica che aveva 14 filiali in diversi Paesi e un portfolio pirata di 800 canali.

    Come funziona il pezzotto? Le Iene sono andate alla ‘fonte, ossia in Olanda, a co-noscere gli spacciatori della tv pirata, che permettono di pagare 12 euro al mese e vedere tutte le tv a pagamento italiane e straniere, senza abbonamento. Quello che emerge è che tutto è illegale. Il pez-zotto è infatti un server che parte fuori dall’Italia; i pirati si abbonano a qualsi-asi network disponibile che poi manda il segnale ad altri server all’estero, che rie-scono a moltiplicarlo centinaia di volte.

    Altri server si trovano in Francia, in Re-pubblica Ceca, Romania, Germania ed Emirati Arabi Uniti. La metà dei flus-si pirata verso l’Italia, però, si appoggia

    Non c’è solo la criminalità e l’illegalità dietro al fenomeno. Si parla pure di diversi abbona-menti legali attivati, i cui contenuti vengono poi trasferiti all’estero e via Content Delivery Net-work (Cdn) – a prezzi molto alti – ridistribuiti sul territorio. Quello che è chiaro è che si trat-ta ormai di un fenomeno di portata mondiale. Si bypassano i diritti tv, praticamente. Un po’ come quando si scarica musica illegalmente.

    Secondo la Lega Calcio, quest’anno il Pezzotto avrebbe registrato più abbonamenti di Media-set Premium l’anno scorso (2 milioni contro 1,5 milioni). La conferma proprio a Repubblica: “Alla fine, quella di due milioni è una stima per difetto”. Il Pezzotto viaggia ormai per passapa-rola dall’amico all’amico dell’amico. Che candi-damente, se ripreso da qualche altro amico, ri-sponde: “Nessuno è stato mai arrestato per aver piratato musica o canali tv”. Ma perché si è de-ciso di portare in tribunale i giganti delle teleco-municazioni? Perché non farebbero abbastanza per contrastare il fenomeno.

    Una volta ricevute le segnalazioni dei canali il-legali live, non interverrebbero con solerzia. Ci impiegano più di 90’ (il tempo di una partita), ma anche giorni se si tratta di weekend. E dire che in merito ci sono state già tre sentenze del tribunale di Milano. L’ultima è del 28 marzo scorso: ha imposto lo spegnimento immediato, con un margine di 48 ore, dopodiché era previ-sta una penale. Essendoci la grande criminali-tà dietro, però, sono sentenze che fanno il sol-letico. Tim e gli altri fanno sapere che ci sono impedimenti tecnici, organizzativi e anche costi notevoli per spegnere i canali illegali. Secon-

    proprio all’Olanda, patria della pirateria dunque. Dicevamo che le Iene sono an-date a caccia della Worldstream, una di queste aziende. L’inviato si è spacciato per un potenziale trafficante. E ha par-lato con il direttore marketing, che si è detto disponibile a fare da ‘base’ per ri-trasmettere il segnale piratato verso l’I-talia, dando anche dei consigli: “Per voi è meglio essere server basici anziché solo server potenti perché se uno dovesse an-dare offline, anche il vostro stream an-drebbe uguale”.

    Il manager poi assicura la massima di-screzione: “Non condividiamo informa-zioni con nessuno e garantiamo la mas-

    do Repubblica, Vodafone avrebbe spiegato che serve l’impiego di una squadra di tre persone: “Una per ricevere e verificare le richieste, una per disabilitare gli indirizzi Ip e una per disa-bilitare i Dns”. In un anno, siamo a 1.230.000 milioni di euro di costi. Tim sarebbe quella più veloce, riuscendo a intervenire a 50 minuti dal-la segnalazione.

    Se non si troverà una soluzione – e la cosa sem-bra difficile – gli operatori potrebbero dover ri-conoscere alle parti lese risarcimenti milionari. Sky e Dazn, per citarne solo due, pagano ogni anno per i diritti del calcio 970 milioni di euro. La sola pirateria sulla serie A è stimata in 200 milioni di euro l’anno.

    Ci sarebbero le multe per chi trasgredisce. Ma effettivamente, chi si è mai visto piombare in casa squadre speciali al grido di ‘Alzate le mani e spegnete il pc e la tv’ per aver guardato qual-cosa in streaming? Si va da 25 mila euro di san-zione fino a tre anni di prigione, anche per aver guardato una singola partita su canali piratati. Ma pur essendoci la legge, nessuno pare preoc-cuparsene. Chi controlla e chi dovrebbe essere controllato. E intanto gli introiti del ‘pezzotto’ vanno a mafia, camorra e quant’altro. Altro che ‘pizzini’...

    sima riservatezza”. E ci mancherebbe visto che si tratta di qualcosa di illegale, punibile anche con la prigione fino a tre anni. Ma nessuno pare preoccuparsene, a cominciare da chi gestisce questo spac-cio di programmi protetti dai diritti tv e in questi casi ‘abusati’ letteralmente. Per arrivare poi alle organizzazioni criminali che, anche in Italia, fanno affari in que-sto modo.

    È stata invece Repubblica a scoprire che tra i clienti del pezzotto ci sono pure alcu-ni calciatori. Del resto, con il passaparo-la, si arriva dappertutto. Oltre ai 12 euro di abbonamento mensile, bisogna sbor-sare 60 euro per acquistare il Box An-droid. Poi il gioco è fatto. Sarà sufficiente collegare questo decoder alla televisione o utilizzare uno smartphone, un tablet o una chromecast, da collegare alla tv. Il fenomeno si sta talmente allargando, che non sono pochi i proprietari di pezzotto che ‘vendono’ i codici per bypassare gli abbonamenti legali. I canali attraver-so cui farlo sono Facebook, WhatsApp e Skype.

    Attualità

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  • Una ragazza in piedi sul tetto di un’au-tomobile, la lunga veste bianca – un ri-chiamo agli abiti indossati dalle don-ne nelle marce degli anni ’80 contro la precedente dittatura militare, il braccio levato ad arringare la folla che risponde thowra, rivoluzione in arabo, la parola d’ordine delle proteste che dallo scorso gennaio infiammano le strade del Su-dan: è questa l’immagine dell’opposizio-ne al regime di Omar al-Bashir, scattata dalla fotografa Lana Haroun a Khartoum pochi giorni prima della destituzione del presidente. Bashir, in carica dal 1989, è l’uomo contro cui la Corte Penale dell’A-ja ha spiccato ben due mandati di cattura internazionale. Il Tribunale lo ha ricono-sciuto responsabile di sette crimini con-tro l’umanità e di due crimini di guerra nel quadro del conflitto del Darfur in cui hanno perso la vita oltre 300.000 per-sone. Nonostante le accuse di omicidio, sterminio, trasferimento forzato di indi-

    vidui, tortura, stupro, deliberati attacchi contro la popolazione civile e saccheggio il dittatore è riuscito ad evitare il proces-so e a restare al potere. Le proteste sono iniziate il 19 dicembre, giorno del ritorno nel Paese del leader dell’opposizione Sadiq al-Mahdi per pre-sentare la propria candidatura alle pre-sidenziali del 2020. Presidenziali a cui Bashir aveva promesso di non concorre-re, salvo poi dichiarare di voler modifi-care lo statuto del suo partito, il Natio-nal Congress Party, per poter partecipare alla contesa elettorale. A inizio dicembre, inoltre, 294 deputati del Parlamento su-danese avevano presentato una proposta di legge per emendare la costituzione al fine di consentire al presidente di candi-darsi per un terzo mandato. La reazione del regime alle manifestazio-ni è stata spietata fin dal primo giorno di proteste: nella sola Khartoum le forze di sicurezza hanno ucciso 37 persone e ar-restato, in via precauzionale, oltre 400 tra oppositori politici e giornalisti. Il ten-tativo di arginare la rivolta attraverso la violenza, tuttavia, ha solo aggravato la posizione del regime, mentre milioni di

    persone scendevano quotidianamente in piazza. Nei primi due mesi del 2019 il numero dei manifestanti assassinati o torturati o, ancora, prelevati dalle pro-

    prie dimore dalla polizia e poi scomparsi è cresciuto in modo vertiginoso, mentre gli organi di informazione indipenden-te e gli attivisti per i diritti umani non smettevano di denunciare la situazione nel Paese. È stata necessaria l’immagi-ne iconica di Alaa Salah, 22 anni, stu-dentessa all’Università Internazionale di Khartoum, per riportare gli occhi della comunità internazionale su una crisi che va avanti da oltre trent’anni, ignorata nel nome di una stabilità politica su cui l’Oc-cidente ha investito molto. L’11 aprile scorso l’esercito, che già da qualche giorno proteggeva i manifestan-ti, ha posto fine alla dittatura arrestando il presidente e l’intero Governo. Bashir si trova attualmente in un carcere di mas-sima sicurezza per essere tradotto all’A-ja, dove sarà processato, mentre non si fermano le proteste di chi teme che il go-verno di transizione militare porti all’in-staurazione di un altro regime.

    Rubrica Sudan: la piazza chiede ai militari libere elezioni

    di Martina Cena

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    Attualità

    Quando la politica torna a parlare di scuola, è difficile che ne venga fuori qualcosa di utile e di sensato. Tutti i giorni ci sono migliaia di insegnanti che fanno il loro lavoro in mezzo a mil-le difficoltà e con stipendi inadeguati, studenti che si impegnano per comple-tare il loro corso di studi pur temendo che tutto ciò non basterà a garantirgli un futuro dignitoso, dirigenti scolastici che fanno salti mortali per far funzio-nare una struttura molto complicata. Poi arriva il ministro dell’interno, che avrebbe tante cose a cui pensare sul piano del cosiddetto ordine pubblico, e pone al centro del dibattito il proble-ma della reintroduzione del grembiule come elemento di disciplina e ordine. Non voglio neanche entrare nel merito della questione, a risolvere la quale c’è un bellissimo intervento di Gianni Ro-dari datato 1968 e che circola in questi giorni sui social. Ma mi chiedo se se-riamente qualcuno può pensare che i molti e gravi problemi dell’istruzione nel nostro paese si possano ricondur-re, anche per vie traverse, all’uso del grembiule. E dire che a voler essere seri di cose da discutere per affrontare il problema dell’istruzione ce ne sareb-bero. Per esempio, c’è il tema dei contenuti dell’insegnamento che ogni tanto ri-affiora e si risolve in proteste, polemi-che, appelli che poi si sgonfiano come se nulla fosse. Recentemente è toccato

    alla storia, che qualcuno vorrebbe ridi-mensionare nel piano di studi delle su-periori. La proposta ha generato scan-dalo e timori per il futuro delle nuove generazioni. Timori chiaramente giu-stificati ma che meritano anche qual-che ulteriore considerazione, perché se l’insegnamento della storia impartito finora ha prodotto i risultati che quo-tidianamente abbiamo sotto gli occhi, qualcosa che non va ci deve pur essere. Inoltre, quello che oggi tocca alla sto-ria, in passato è toccato alla geografia, alla musica, alla storia dell’arte, che in un paese con un immenso patrimonio artistico non può essere la cenerentola della discipline e così via.... Insomma, poiché il tempo scolastico è limitato e di contenuti non ce ne possono stare più di tanti, occorre fare delle scelte. L’importante è che ci sia un progetto coerente di formazione.Un altro esempio. La politica di tagli al personale scolastico, portata avanti da governi che consideravano i dipen-denti pubblici come una massa di fan-nulloni, sta generando situazioni al li-mite dell’assurdo. Non solo si è tornati a classi molto affollate, quando tutti sanno benissimo che un numero con-sono di allievi è la prima regola per ot-tenere risultati soddisfacenti sul piano didattico. Ma c’è stato anche un piano selvaggio di accorpamenti di scuole di vario ordine e grado all’interno di uno stesso istituto comprensivo, per cui ac-

    cade che un preside - pardon, dirigen-te scolastico - si debba occupare di una materna, un’elementare, una scuola media, un liceo scientifico e un istituto nautico. Conosco personalmente pre-sidi che si occupano di una dozzina di scuole e la faccenda si sta estendendo anche ai responsabili degli uffici sco-lastici territoriali, che spesso si muo-vono su varie province. Non posso fare a meno di ricordare che, quando cominciai a insegnare negli anni Set-tanta, avevo un preside che conosce-va per nome tutti gli allievi dell’isti-tuto e sapeva anche dei loro eventuali problemi. Perdonate l’aneddoto auto-biografico ma che mi pare significhi qualcosa. Forse cominciare a ripensa-re queste cose, i contenuti, l’organiz-zazione, le relazioni, potrebbe portare un contributo alla qualità della scuola. Ma c’è un problema. Affrontare il tema dell’istruzione in questo modo costa, denaro e fatica. Denaro per assumere più personale, fatica per pensare, fare progetti che tengano conto delle diver-se esigenze di una società complessa e in rapida evoluzione. Le scemenze sul grembiule invece sono gratis e, come tutte le cose che arrivano gratis, non servono a nulla.

    di Giorgio Simonelli

    Questioni di grembiule...

    Schermaglie a cura di Giorgio Simonelli

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    Attualità Allarme Onu: la biodiversità è a rischio“Stiamo erodendo i pilastri stessi delle nostre economie, i nostri mez-zi di sostentamento, la sicurezza ali-mentare, la salute e la qualità di vita del mondo intero”. Ecco l’ennesima predica sul surriscaldamento glo-bale, penserai. Che cosa sarà mai successo? Gentile lettore, è successo che in quel “noi” ci sei dentro pure tu e a pagarne le conseguenze sarai ancora tu. Ad annunciare quelle parole poco rassicuranti è stato Robert Watson, presidente della Ipbes, Piattaforma intergovernativa scientifico - politi-ca sulla biodiversità e gli ecosistemi. Questa volta l’allarme viene dall’or-ganismo Onu sulla biodiversità, che la scorsa settimana si è riunito a Parigi, presenti i rappresentati di 130 Paesi. Ebbene, la conclusione di questo incontro, definito il più vasto consesso scientifico e politico sullo stato della biodiversità mondiale, è emerso che, in tempi relativamente brevi, una specie vivente ogni otto scomparirà. Per capirci, un milione tra animali e vegetali è destinato ad estinguersi.Negli ultimi tre anni, 143 ricercatori dell’Onu, affiancati da altri 310 col-laboratori, si sono cimentati nella compilazione del rapporto più esau-stivo e schiacciante mai compilato al mondo sullo stato della natura. Nelle 1800 pagine del testo, vengo-no valutati i cambiamenti avvenuti negli ultimi 50 anni, prendendo in considerazione la relazione che in-tercorre tra lo sviluppo economico e il conseguente impatto sulla natura: ne è uscito un quadro sconcertante. Ma non solo: dallo studio emergo-no anche le principali responsabiltà di questa situazione. E indovina un po’ di chi è la colpa? Dell’uomo! Ov-vio! Infatti, tre quarti dell’ambiente terrestre e circa il 66% di quello ma-rino sono stati pesantemente mo-dificati dalle azioni umane. La cosa interessante però è che i danni sono stati evitati, o per lo meno conte-nuti, laddove le risorse siano gestite direttamente da persone indigene o comunità locali: forse le uniche a capire come trattare il mondo, un

    bene così prezioso. Nel resto del globo, invece, l’utiliz-zo che stiamo facendo della terra e del mare, lo sfruttamento di piante e animali e i cambiamenti climati-ci, risultati dal forte inquinamento, hanno portato a un passo dalla “se-sta estinzione”. Così viene chiamata la scomparsa del 50% delle allodole, del 38% degli esemplari della picco-la farfalla blu e un terzo delle api ed insetti, seguiti dagli scoiattoli rossi, pipistrelli e ricci. Sì, ma non pensare che la perdita di biodiversità non ti riguardi: essa avrà un impatto diretto su ciascu-no di noi. L’energia per più di due miliardi di persone dipende infatti dal legno, indispensabile anche per le medicine naturali che ne cura-no 4 miliardi, per non parlare della necessaria impollinazione del 75 % delle colture da parte degli insetti ( mai visto Bee Movie?). Insomma, la situazione è davvero critica e la cosa più assurda è che non facciamo altro che fare del male al nostro pianeta e di conseguenza a noi stessi. A pagarne le conseguenze siamo tutti quanti, anche il povero scoiattolo che non centra niente. Tuttavia, sembra ci sia una speran-za: per i firmatari della lettera “sia-mo ancora in tempo per proteggere quanto rimane e cominciare a ripri-stinare la natura, ma per questo dob-biamo cambiare radicalmente stile di vita” e sono poi necessarie “azio-ni decisive e ambiziose” da parte dei leader politici. Ognuno di noi quindi deve comin-ciare a fare delle piccole azioni, che unite possono portare a un cambia-mento: meno inquinamento, minor uso di pesticidi e di risorse non rin-novabili e riduzione dei consumi di prodotti di origine animale. Ricorda le parole di Watson, che dice: “ Non è troppo tardi per agire, ma solo se cominciamo da subito e a tutti livel-li, da quello locale a quello globale.”.

    di Federica Pirola

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    Cronaca

    Politica

    I fatti della settimanaUna settimana di cronaca dalle tinte internazionali

    Al centro della politica ancora il caso Siri. Intanto la crescita cala…

    La settimana di cronaca di Cosmo si apre con una tragedia: giovedì 2 maggio è arrivata da Capo Verde la notizia della morte di David Solazzo. Il giovane, di 31 anni, originario di Firenze, stava lavorando come cooperante per una ong. Le circostanze del decesso non sono ancora chiare: la prima ipotesi è quella di un incidente domestico in cui il coope-rante sarebbe rimasto gravemente ferito, ma sulla dinamica permangono molti dubbi.Venerdì 3 una bambina di quattro anni è rimasta gravemente ferita in una sparatoria a Napoli, in piazza Nazionale. In condizioni gravissime anche un uomo di 32 anni. La bimba è stata operata d’ur-genza: fortunatamente, la pallottola non ha colpi-to il cuore, ma i polmoni hanno subito lesioni e le sue condizioni sono apparse subito molto preoc-cupanti.Sabato 4 maggio un uomo è stato fermato per l’o-micidio di un commerciante di Viterbo, ucciso il giorno precedente. Il 74enne è stato trovato senza vita nel suo negozio: era stato colpito ripetutamen-te alla testa. Grazie alle immagini fornite dalle te-lecamere, gli inquirenti sono risaliti a un 22enne di origine coreana con passaporto statunitense, che ha poi confessato durante l’interrogatorio.Domenica 5 è arrivato un importantissimo aggior-namento sul caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto nel 2016. Secondo un te-stimone, un funzionario dei servizi segreti egiziani

    Siri deve dimettersi. È la posizione espressa dal premier Giuseppe Conte giovedì 2 mag-gio. «Al prossimo consiglio dei ministri porrò all’ordine del giorno la mia proposta di revoca del sottosegretario Siri, assumendone tutte le responsabilità» ha dichiarato. Posizioni oppo-ste sul tema da parte della Lega, che propen-de per la permanenza in seno al governo, e il Movimento 5 Stelle, che insiste invece per le dimissioni.Venerdì 3 maggio il presidente del consiglio ha preso parte alla conferenza “The State of the Union – 21st-Century Democracy in Europe”, con una riflessione sulle responsabilità euro-pee. «L’Europa con tutte le sue componenti, istituzionali, culturali, economiche, sociali, ha davanti a sé una sfida di portata storica: il gran-de progetto dell’integrazione – ha dichiarato - che è stato capace di rappresentare, in uno spazio di libertà e di giustizia unico al mon-do, un modello non eguagliato di benessere e di sicurezza per quasi 500 milioni di cittadini. Deve recuperare identità e forza propulsiva, al riparo dai pericoli che si accompagnano al si-stema internazionale globalizzato».Sabato 4 maggio il tema caldo è stato ancora il caso del sottosegretario Siri. «Non ci sarà alcu-na conta in consiglio dei ministri – è la dichia-razione perentoria di Conte – non si alimen-tino politiche sterili. Stiamo tutti lavorando e siamo tutti determinati a portare avanti questa esperienza di governo».

    avrebbe raccontato al tavolo di un ristorante che il “ragazzo italiano” sarebbe stato sequestrato dagli stessi servizi segreti perché scambiato per una spia inglese. Le autorità italiane indagano.Lunedì 6 è arrivata una buona notizia dal Re-gno Unito: è nato il figlio del principe Harry e di Meghan Markle. Il quarto royal baby, primo figlio della coppia, è un maschio ed è venuto al mondo alle prime luci dell’alba a Frogmore Cottage. Pesa-va circa 3 chilogrammi e 200. La mamma e il bim-bo, hanno fatto sapere da Palazzo, stanno bene.Martedì 7 un’imponente operazione dei Carabi-nieri e della Guardia di Finanza ha toccato il Pie-monte e la Lombardia. Sono 95 le persone inda-gate. Secondo gli inquirenti, tra Milano e Varese, sarebbero stati attivi due sodalizi criminali co-stituiti da politici, imprenditori e amministratori pubblici. Fra le ipotesi di reato, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e turbata libertà degli incanti, finalizzati alla spartizione e all’aggiudica-zione di appalti pubblici. Per 43 persone è stato di-sposto un provvedimento cautelare. Si ipotizzano associazione per delinquere aggravata dall’aver fa-vorito un’associazione di tipo mafioso e finalizzata al compimento di corruzione, finanziamento ille-cito ai partiti politici, turbata libertà del procedi-mento di scelta del contraente, false fatturazione per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abusi d’ufficio.

    Domenica 5 è arrivato un duro affondo dall’op-posizione. «Il governo è chiuso per polemi-che» osserva il segretario Pd Nicola Zingaretti, commentando le divergenze interne all’esecu-tivo. Il Partito Democratico ha mosso dure critiche al previsto aumento dell’iva e sul tema della sicurezza, sostenendo che il governo non attui politiche di contrasto alla criminalità.Lunedì 6 il ministro dell’Interno Matteo Sal-vini ha fatto visita a Pietralcina, paese nata-le di padre Pio. «E’ un omaggio a un grande uomo che ho studiato e apprezzo molto, nel mio piccolo gli chiedo ogni giorno un aiuto e un consiglio visto che col lavoro che faccio ne ho bisogno» ha affermato.Martedì 7 sono arrivate invece notizie allar-manti da Bruxelles. Secondo la Commissione

    Europea, il pil dell’Italia nel 2019 crescerà solo dello 0,1%, mentre nel 2020 la crescita sarà dello 0,7%. Sono previsioni ancora più nere di quelle diffuse a febbraio, che parlavano di cre-scita dello 0,2 e 0,8% in questi due anni. «La crescita sommessa e l’allentamento di bilancio intaccheranno i conti pubblici, con deficit e debito che saliranno fortemente» avvertono i tecnici.

    di Fabiana Bianchi

    di Fabiana Bianchi

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    Rubrica

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    Attualità

    Un comico in tv, recentemente, ha raccontato di quando arrivò a Milano. Lui, calabrese, era abituato a sedersi al cinema dove capitava. Ri-mase sconcertato dal fatto che nelle sale mene-ghine ci fossero i biglietti numerati. A me ha fatto venire in mente un’esperienza personale di un po’ di anni fa. Era un periodo in cui face-vo Nord – Roma in autobus e Roma – Puglia su un altro pullman.

    Succedeva più o meno sempre questo. Sui tor-pedoni per la capitale regnava l’ordine. Ognu-no aveva il suo posto prenotato, non volava una mosca alla partenza. Quando dalla capi-tale prendevi l’autobus per scendere al Sud, la situazione era assolutamente opposta. Tu avevi prenotato il tuo posto, regolarmente, e altret-tanto regolarmente qualcuno si era già seduto al tuo di posto. E allora iniziava la discussio-ne. Tu tiravi fuori il tuo biglietto, l’altro face-va lo stesso. Spesso scoprivi che effettivamente la compagnia aveva venduto a due persone lo stesso numero. Allora la discussione si accen-deva perché, come in un’arena, intervenivano gli amici dei due contendenti, parteggiando per uno o per l’altro. Intanto, il pullman par-tiva e tu eri ancora lì in piedi. Talvolta doveva intervenire l’autista, invece, che sistemava la questione in modo fin troppo serafico: “Non preoccupatevi, tanto non siamo al completo. Si

    può mettere in quel posto, che è vuoto”.

    Ogni anno la stessa storia. Altre volte eri tu che ti eri seduto per primo, ma la situazione non mutava. Arrivava la signora carica di valigie e di pacchi, te li metteva addosso e pretendeva di sedersi sopra di te. Magari anche senza avere il biglietto. Un gran caos, difficile da raccontare a parole. Il viaggio durava solo sei ore, contro le 12 di quello per Roma, ma sembravano eter-ne. Il doppio. Perché a ogni fermata accadeva la medesima situazione. C’erano doppioni su doppioni, come si trattasse di figurine. E pro-prio come le figurine, si finiva per patteggiare: io ti lascio la mia, ma tu mi dai la tua. Presi per sfinimento, noi che arrivavamo dall’Alta Italia, spesso decidevamo di cedere il posto, andando a sederci da un’altra volta.

    Ecco. Il Nord anche oggi dimostra ordine, il Sud disordine. Ma non è una questione di raz-zismo. È che quando scendi, regione dopo dopo regione, tutto cambia. Sembra di essere in due Stati diversi. Man mano che dal Nord arrivi al Centro – e oggi lo posso dire dopo aver toc-cano con mano – la normalità lascia il posto all’eccezionalità. Che però qui è normalità. Si discute, si urla, ci si diverte a fare più rumore possibile. Le energie vengono spese così invece che per rispettare gli orari, i posti prenotati, gli

    Benvenuti al Centro

    Bufale cosmiche

    I posti prenotati che da Roma in giù non esistono

    di Alessandro Pignatelli

    Girava già ai tempi in cui su Facebook si scrivevano ancora gli stati in terza persona. È passata indenne attraverso diverse legislature, in barba ai cambi di governo. È la bufala del senatore Ci-renga. «Ieri il Senato della repubblica ha approvato con 257 voti favorevoli e 165 astenuti il disegno di legge del Se-natore Cirenga che prevede la nascita del fondo per i “parlamentari in cri-si” creato in vista dell’imminente fine legislatura – recita il testo - Questo fondo prevede lo stanziamento di 134 miliardi di euro da destinarsi a tutti

    i deputati che non troveranno lavoro nell’anno successivo alla fine del man-dato. Questo quando in Italia i malati di SLA sono costretti a pagarsi da soli le cure. Rifletti e fai girare». Il testo è spesso preceduto da commenti in toni indignati del calibro di «Al tele-giornale non ne parlano», «Gli italiani non lo sanno» e simili, generalmente tratti distintivi della bufala. Di solito, infatti, se i mass media non trattano un fatto è perché non è mai succes-so. Ma questo non è il solo “marchio” che ci deve fare pensare alla falsità.

    Innanzitutto, come ci insegna il libro di educazione civica delle scuole me-die, il Senato italiano è formato da 315 membri. Sommando i presunti voti favorevoli e quelli contrari, invece, si ottiene 422. Inoltre, è sufficiente una rapida ricerca su internet per scoprire che l’unico senatore di nome Cirenga noto alle cronache è appunto il prota-gonista della bufala: gli elenchi del sito ufficiale del Senato non forniscono al-cun risultato con questo nome. Infine, anche i meno esperti di economia si renderanno conto probabilmente che 134 miliardi di euro sono una cifra davvero enorme. Insomma, sul tema delle indennità ai parlamentari si può discutere. Ma occorre farlo basandosi su dati reali e non sulle bufale.

    di Fabiana Bianchi

    A volte ritornano: il senatore Cirenga

    altri. È come se tutto dovesse essere un rattop-po a qualcosa di rotto irrimediabilmente. Che probabilmente è la fiducia nell’altro. Ognuno vuole prevalere perché pensa che chi gli sta da-vanti cerchi solo una cosa: approfittarsi della situazione. La cambieremo mai questa menta-lità? Avremo mai treni o autobus in cui anche da Roma in giù tutto è ordinato?

    La polvere sui libri a cura di Fabiana Bianchi

    La bambina che amava Tom Gordon di Stephen KingIl bosco è pieno di pericoli. Nel bosco ci si può perdere. È nel bosco che si nasconde il lupo che divorerà Cappuccetto Rosso. Le fiabe e le favole in-segnano: il folto della foresta cela creature spaven-tose. Trisha McFarland, di nove anni, “La bambina che amava Tom Gordon”, è destinata a scoprirlo presto. «Il mondo aveva i denti e in qualsiasi mo-mento ti poteva morsicare» è l’eloquente incipit del romanzo, pubblicato nel 1999. L’opera si apre subi-to con un focus su Trisha smarrita, per poi lasciare spazio a una rapida ma intensa panoramica sulla famiglia della bimba, osservata dal suo stesso pun-to di vista: i genitori sono divorziati e Trisha vive con la mamma Quilla e il fratello Pete nel Maine. La situazione non è serena: Pete, infatti, vorrebbe tornare ad abitare con il padre nella zona di Boston e la cosa è fonte di continui attriti con la madre. Nel tentativo di unire la famiglia, Quilla organizza diverse gite, fra cui una sul sentiero noto come Ap-palachian Trail, al confine con il New Hampshire. Ma anche durante il trekking, le discussioni con Pete sono interminabili. Così, quando Trisha esce dal sentiero per fermarsi a soddisfare i suoi bisogni fisiologici, la madre e il fratello non se ne rendo-no conto. Non sanno che dopo, Trisha, convinta di avere trovato una scorciatoia per raggiungerli, in realtà si è allontanata ulteriormente dal sentiero. È l’inizio della lunga lotta per la sopravvivenza in-gaggiata dalla ragazzina. Sola, smarrita, con poco

    cibo e poca acqua nello zaino, Trisha cerca di avere la meglio sul bosco, sulla pioggia, sulla fame. Le uniche voci amiche sono quelle che arrivano dal suo Walkman. A tenerle compagnia, solo le sue fantasie: si convince che accanto a lei cammini Tom Gordon, l’affascinante battitore di chiusura dei Red Sox, da sempre il suo idolo. Mentre le sue energie si riducono al lumicino e la fame la sfini-sce, Trisha deve fare i conti anche con molti epi-sodi disturbanti. Saranno allucinazioni della sua mente provata o una crudele realtà che attende chi abbandona il sentiero?Come sempre, Stephen King è capace di svilup-pare un intero universo a partire dalla mente di un singolo personaggio. La psicologia di Trisha è il terreno su cui si gioca l’intero romanzo, non a caso diviso in inning, proprio come una partita di baseball. L’ambiente ostile della foresta si fa riflesso di qualcosa di più profondo e Trisha si trova ad af-frontare dei demoni di diversa natura.Un romanzo consigliatissimo, da leggere per chi il bosco lo ha sempre amato e per chi invece lo guar-da con timore. Un romanzo da leggere magari con la luce accesa.

    di Fabiana Bianchi

    di Fabiana Bianchi

    Scegliere cosa fareIl tempo, purtroppo, non si moltiplica. E la mancanza cronica di tempo è uno dei mali degli ultimi decenni. Il concetto di produtti-vità, di per sé neutro, sta diventando un’os-sessione, insinuandosi anche in quelle attivi-tà che dovrebbero essere piacevoli. La parola “multitasking” ha abbandonato il suo posto originario, ossia il mondo dell’informatica, per infilarsi a tradimento nella vita di tutti i giorni. Ryder Carroll, inventore del metodo Bullet Journal e autore del libro dedicato, ci lascia una citazione preziosa: «Per molti di noi, “essere impegnati” vuol dire fare ciò che si riesce malgrado ci si senta sopraffat-ti». Complici poi i fantastici strumenti offer-ti dal web, che ci permettono di velocizzare e lanciarci in progetti a costo ridotto, è faci-le trovarsi ogni giorno con nuovi obiettivi e nuovi impegni, dal blog alla pagina Facebo-ok per vendere origami. Cosa bisogna fare, dunque, per sopravvivere nella giungla delle incombenze? Ogni tanto occorre semplice-mente sfrondare la lista delle cose da fare. Occorre cioè raccogliere le idee, prendere carta e penna e chiedersi cosa è degno di impegnare il nostro tempo e cosa non lo è. Armiamoci dunque di un banale foglio e ri-empiamolo con tutti gli obiettivi che ci ven-gono in mente. Eventualmente, si possono suddividere fra quelli a lungo termine (per

    esempio scrivere un libro) e quelli a termine più ravvicinato, come dedicarsi al cambio di stagione nell’armadio. Sicuramente il foglio ne uscirà ben pieno. Ci saranno dentro ma-gari anche quegli obiettivi classici da “due-milacredici”, come imparare a disegnarsi i vestiti da soli o quel corso di sport estre-mi. Iniziamo a sfrondarne una buona metà. Chiediamoci se davvero gli sport estremi ci interessano, oppure se valga la pena dedi-care un gran numero di ore un’attività com-plessa come imparare a disegnarsi i vestiti. Si tratta di esempi banali perché la risposta, ovviamente, varia da persona a persona: se qualcuno sogna di aprire un atelier, con tutta probabilità dovrà imparare a tagliare e confezionare abiti e avrà senso dedicarvi buona parte del proprio tempo. Altrimenti, imparare a fare gli orli ai pantaloni potrebbe già essere sufficiente come primo traguar-do. Chiediamoci, insomma, se un obiettivo è funzionale a un altro obiettivo di portata maggiore, se qualcosa ci interessa davvero molto oppure è diventata solo una sorta di fissazione. Un metodo utile per sfrondare gli obiettivi può essere quello di mettere da parte il foglio e riguardarlo dopo qualche tempo. Negli ultimi tempi, abbiamo cercato un corso di sport estremi nei paraggi? No? Allora magari non ci interessa poi così tan-

    to. Con il tempo, dovremmo essere in grado di fare una scelta più oculata sugli obiettivi e le attività a cui dedicarci, per potere di con-seguenza organizzare meglio il tempo. E, per seguire i nostri antichi e saggi avi latini, per conoscere meglio noi stessi.

    Dal Caos al Cosmo a cura di Fabiana Bianchi

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    Rubrica

    Spettacolo

    Tutti noi conosciamo il gorgonzola, tipico formaggio lombardo da mol-ti amato per il suo particolare gu-sto e quelle sue venature verdastre inconfondibili. Non si sa con esat-tezza quando nacque, ma attorno a questo formaggio sta una curiosa leggenda, dal sapore filosofico.

    Siamo nel XV secolo nei pressi di Milano. Un mandriano, giunto nel paese Gorgonzola, essendo affama-to decise di versare del latte cagliato in un recipiente. Andato a dormire, la mattina seguente si accorse di essere sprovvisto dell’utensile ne-cessario alla lavorazione del latte. Che fare, allora? Beh, la necessità, come è risaputo, aguzza l’ingegno. Il mandriano decise di aggiungere alla cagliata della sera una nuova cagliata. Da questo strano miscu-glio, frutto dell’ingegno del man-driano per cercare di ovviare alla mancanza dell’utensile preposto alla lavorazione, è nato quello che oggi chiamiamo gorgonzola. Il for-maggio, infatti, con la seconda ca-gliata si arricchì di quelle inconfon-dibili venature verdi.

    La leggenda ha un sapore estrema-mente filosofico e ci rimanda a uno dei pilastri della filosofia di Martin Heidegger, filosofo tedesco, allievo del fenomenologo Edmund Husserl, vissuto tra il 1889 e il 1976. Cono-

    In questa puntata di Cosmo Cocktail Lab parleremo di un long drink mondiale, il mondo impazzisce per lui e le aziende produttrici del settore beverage non sanno più come reinventarlo; “Io semplicemente lo amo e lo rispetto nella sua complessa semplicità”, dice il nostro barman Jonathan Bergamasco, come sempre intervistato dalla nostra giornalista Sabrina Falanga. Di cosa parliamo oggi? Di sua maestà, il Gin & Tonic.“G&T nei suoi due secoli di storia, ha assunto forme, sapori e usi diversi, da medicinale a long drink più bevuto al mondo; nasce infatti in India, nei circoli degli Ufficiali dell’Impero Britannico, la sua inven-zione si deve ai vari tentativi di rendere più bevibile l’estratto della Cinchona officinalis, meglio cono-sciuta in italiano come ‘china’, da cui si estrae il chi-nino, utile per combattere la febbre malarica e oggi base per le nostra acqua tonica. A Londra La medicina era dunque somministrata con l’estratto di china, ampie razioni di Gin, ghiac-cio per abbassare la temperatura corporea e seltz (visti i documenti che testimoniano i volumi di radi-ce ‘china’ importata dalle indie si capisce che il suo successo fu immediato).Fino agli anni 80, il Gin si cristallizza in pochi pro-duttori, fondamentalmente consolidati e storicizza-ti, e poi in tanti prodotti non all’altezza, a basso co-sto, diretti ad una somministrazione di massa.La svolta/consacrazione avviene negli anni 90 che vedono il Gin rinascere sotto innumerevoli forme, fino all’esplosione attuale: quotata intorno a 1000 i brand.Il giro di boa finale arriva negli ultimi 10 anni con nuovo metodi di distillazione, botaniche, tecniche di preparazione ecc che portano i cocktail bar di tutto il mondo ad avere bottigliere con Gin di tutti i tipi”.

    Innumerevoli personaggi approderanno sul palco del Teatro Sala Umberto fino al 19 mag-gio. Si tratta delle mille voci e dei mille volti di Francesco Cicchella. Millevoci Tonight Show è un one man show comico-musicale nel quale l’artista mette in gioco le sue doti di comico, cantante e intrat-tenitore. Il titolo strizza l’occhio allo storico varietà di Rai1 Milleluci e al contemporaneo Tonight show americano, sintetizzando uno dei criteri principali dello spettacolo: fondere gli elementi tradizionali del varietà con una concezione più fresca, moderna ed innovati-va del one man show. Cicchella gioca conti-nuamente con la sua vocalità anche quando veste i panni di se stesso. Il giovane comico si racconta con ironia, in un susseguirsi di pezzi di bravura e grande comicità, lasciando scoprire al pubblico il mondo che c’è dietro l’artista televisivo, sen-za però trascurare i personaggi che lo hanno reso popolare sul piccolo schermo. Le celebri parodie televisive di Massimo Ranieri, Mi-chael Bublé, Gigi D’Alessio, rivisitate in chia-ve teatrale, restano infatti tra i momenti più esilaranti dello show. A queste, si aggiungono delle vere e proprie novità assolute, come la parodia dell’attore Toni Servillo. Accanto a Cicchella, ritroviamo ancora una volta la fedelissima spalla Vincenzo De Ho-nestis, con il quale forma una coppia comica più che collaudata, e i due giovani performer Ciro Salatino e Giovanni Quaranta nei panni di due attrezzisti che approfittano di ogni mo-mento utile per dare sfogo alle loro velleità

    sciuto soprattutto per le sue scelte politiche alquanto discutibili- aderì al nazismo- Heidegger si concentrò molto sulla questione della tecnica. La tecnica in Heidegger è in qual-che modo l’insieme degli strumenti con cui l’uomo esercita il controllo sulla natura: è quella che noi oggi chiamiamo tecnologia. Insomma, è quel famoso utensile mancante, la cui mancanza permise al mandria-no di creare qualcosa di straordina-rio. Utilizzare mezzi artificiali per Heidegger porta all’evento, porta allo svelamento della verità. Il filo-sofo, però, critica soprattutto la sua epoca in quanto l’abuso della tecni-ca ha portato a quello che lui stesso ha definito l’oblio dell’Essere. L’Es-serci- il Dasein-, ossia l’Uomo, l’u-nico ente in grado di porsi domande circa l’Essere, per colpa della tecni-ca non se le pone più. La tecnica in Heidegger è quindi bifronte: da un lato è positiva in quanto permette di svelare la verità, ma dall’altro è dannosa in quanto potenzialmente alienante.

    “La tecnica nella sua essenza è qual-cosa che l’uomo di per sé non è in grado di dominare”, diceva Heideg-ger. E senza tecnica, secondo il suo pensiero, l’uomo è più libero, più creativo: perché se non hai i mezzi te li inventi, così come il mandria-no fece di una mancanza una stra-

    Ricetta:London Dry gin - 5clAcqua tonica - a colmare

    Preparazione:Raffreddiamo bene il bicchiere di servizio, preferi-bilmente un Highball o collins (anche se oggi tan-ti servono/apprezzano il Gin & Tonic nel ballon, io preferisco sempre in bicchiere alto classico), la tec-nica che utilizzeremo sarà build, che dovreste già conoscere bene, versiamo il gin con la nostra tazzi-na da caffè quasi a raso e successivamente la tonica.

    Garnish: fettina di lime/limone or nothing in base alle preferenze del cliente.

    Cosa ci serve: Bicchieri da Gin & Tonic preferiti Misurino - tazzina da caffèBar spoon - cucchiaio lungo da cucina Amici esperti di Ginepro e botaniche varie

    Curiosità:“Premessa, io sono vintage dentro quindi cerco di rispettarlo per quello che è: un buon London dry gin ed una tonica adeguata.Ricordate che non è necessario riempire il bicchie-re di semi, frutti e botaniche strane che richiamano la composizione del nostro gin, nella maggior parte dei casi risultano fastidiose (come il pepe nella can-nuccia o aromi/frutti che possono diventare inva-sivi) e non portano a nulla di buono, io consiglio di scegliere tra una scorza di lime (che io preferisco) o limone.potete anche giocare con gli abbinamenti, il merca-to ci permette di scegliere tra un milione di toniche

    artistiche.La direzione musicale è affidata al maestro Paco Ruggiero, che dirige una band formata da otto elementi, la cui qualità spicca in nu-meri caratterizzati da grande spessore mu-sicale, oltre che dalla loro innata vis comica, come quando il nostro protagonista si chie-de cosa sarebbe accaduto se i vecchi successi della musica italiana fossero stati scritti nei giorni nostri. La regia di Gigi Proietti impreziosisce il tut-to, confezionando con maestria uno spetta-colo ricco di ingredienti, capace di intratte-nere il pubblico regalando momenti di puro divertimento e performances musicali, senza privarsi di qualche momento di riflessione e lasciando ampio spazio all’improvvisazione, che resta il valore aggiunto di questo show fresco, leggero e molto godibile.Lo spettacolo è scritto dallo stesso Cicchella, insieme a Riccardo Cassini, Vincenzo De Ho-nestis e Gennaro Scarpato.Lo spettacolo richiama il genere del varie-tà oggi purtroppo poco presente sul piccolo schermo. Potrebbe essere proprio il teatro a riportare in auge un genere capace di stupire, divertire ed emozionare con il talento. E Cic-chella, dopo i successi televisivi, si dimostra uno showman di grande talento ed estrema-mente convincente nella performance teatra-le.

    ordinaria invenzione. Pensiamo al consumismo: l’uomo ha prodotto certi strumenti, ha apparentemen-te dominato la natura, le ha messo il giogo. Non si è accorto, però, che è quello strumento, figlio del suo ingegno, ad aver messo il giogo su di lui.

    L’uomo è collocato, impegnato e provocato da una potenza che di-viene palese nell’essenziarsi della tecnica e che egli stesso non signo-reggia…

    aromatizzate e di gin ma sempre con testa... le cose più semplici sono anche le più facili da sbagliare, i contrasti a volte funzionano ma volte sono terribili quindi valutate bene, nel dubbio usate una tonica che richiami il gusto del gin oppure una neutra con un gin profumato/aromatico.Versare la tonica sul cucchiaio come si vede in alcuni locali è solo una questione scenica che, a differenza di quello che vi diranno farà perdere effervescenza alla vostra tonica.Se siete già pratici, per rendere il vostro gin tonic unico potete creare una soda (con un sifone) par-ticolare, magari al te così da sfruttare le sue note amate che richiamano il chinino, oppure aromatiz-zare il ghiaccio, in questo caso il drink diluendosi non perderà troppo corpo”.

    La mia proposta: -Tea Tonic Tanqueray ten gin Ghiaccio aromatizzato alla camomilla Soda di te nero al bergamotto Garnish: zest di limone

    *possiamo, nel caso il nostro gin non richiami per nulla l’agrume, optare per un rametto di rosmari-no/timo/menta/ basilico o un fiore per bellezza ma nulla più vi prego!

    di Elisabetta Testa

    di Sabrina Falanga

    di Luca Forlani

    La necessità aguzza l’ingegno: il gorgonzola, Heidegger e la questione della tecnica Sua maestà il Gin & Tonic

    Le mille voci di Francesco Cicchella

    Prendila con filosofia a cura di Elisabetta Testa

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    RubricaCosmo Cocktail Lab a cura di Jonathan Bergamasco

    https://il-cosmo.com/?p=11154https://il-cosmo.com/?p=11132https://il-cosmo.com/?p=11161

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    Spettacolo

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    Rubrica

    Impugna la pistola; prendi la mira; respira profondamente e ricontrol-la la posizione del tuo bersaglio. Stai attento, fermo, sicuro, perché ba-sta un colpo mancato per tramutarsi da cacciatore a preda. È una roulette russa In Bruges – la coscienza dell’as-sassino, esordio dietro alla macchina da presa di Martin McDonagh (regi-sta dell’acclamato “Tre manifesti a Ebbing, Missuouri”) datato 2009. Li porta benissimo i suoi dieci anni que-sto film, non perdendo mai quella fre-schezza e originalità che lo contraddi-stinguono. Chiusi tra i confini belgi di questa città “da fiaba”, i sicari protago-nisti (Colin Farrell, Brendan Gleeson, Ralph Fiennes) a ogni visione tornano sul luogo del misfatto, reiterando le proprie azioni sempre uguali eppure sempre nuove. Al centro dell’intrec-cio troviamo Ray e Ken, due killer di professione inviati a Bruges dal pro-prio boss Harry dopo che un omicidio non è andato nel modo programma-to. Nell’attesa di ricevere disposizio-ni, Ken decide di girare per le strade di Bruges e ammirare le opere d’arte e chiese lì racchiuse. Ray si chiude in-vece in una sorta di resistenza passiva finchè, grazie all’incontro fortuito con Chloe, uscirà dalla sua indifferenza mettendolo in contatto con un mon-do sconosciuto che non può però far velo a un’attesa che implica la morte di qualcuno.“In Bruges” è uno dei quei film che, indipendentemente da quante volte è stato visto, apparirà straordinario, in-gegnoso, intriso di black humor come la prima volta. Pur non essendo né il primo, né l’ultimo film a sviluppare la

    cosiddetta “malinconia del sicario” (si prenda solo “A History of Violence” di David Cronenberg, “Sicario” di Denis Villeneuve, o “The Departed” di Mar-tin Scorsese) al comparto intimistico McDonagh riesce ad affiancare una sceneggiatura pregna di acume intel-lettuale, sarcasmo e situazioni assurde e fuori dagli schemi. Un gioco di oppo-sti esacerbato da piani ravvicinati atti a cogliere ogni sfumatura emotiva che muove il mare in tempesta all’interno di ogni personaggio e perfettamente trasposto sullo schermo da perfor-mance corali di attori completamen-te in parte. Il riso si alterna alla com-mozione, mentre gli occhi guardano ora assorti lo schermo, ora coperti da mani che li distanziano dalla coltre di sangue che ammanta la scena. Ogni singola sequenza è potenziata da un sentimento diverso che fa di “In Bru-ges” un film completo e da riguarda-re all’infinito. Giostra caleidoscopi-ca dove l’orrore abbraccia l’onirico e l’umorismo più nero (caratteristica, questa, sottolineata da una fotogra-fia ombrosa e saturnina) Ken e Ray incarnano lo Ying e lo Yang dell’es-sere sicario. Il primo, killer navigato, riesce ancora a stupirsi e sognare, ri-trovando in Bruges il suo perfetto ri-flesso topografico e ambientale; Ray, che dall’alto della sua giovane età do-vrebbe dimostrarsi come la metà più spensierata della coppia, si presenta invece come un individuo schiacciato dalle proprie colpe e dai propri rimor-si; nulla sembra andargli bene e nem-meno la pittoresca città medievale di Bruges riesce a colorare la sua visione della vita.

    Luci e ombre dell’esistenza; uomini che di giorno si stupiscono della bel-lezza da cartolina della cittadina che li accoglie per poi trasformarsi di notte in esseri mefistofelici capaci di rubare l’anima altrui con il solo tocco di un grilletto. Una dicotomia perfettamen-te in equilibrio e riverberata dalla rap-presentazione di una cittadina che, dietro a bellezze naturali e artistiche, rivela ogni forma di trasgressione, da quella sessuale (presenza di prostitu-te) a quella illegale (droghe e omicidi).Montagna russa sospinta dalla sca-rica di pallottole e da conversazioni stralunate che scuotono la tranquillità della cittadina belga, “In Bruges – La coscienza dell’assassino” è un film da non perdere e riguardare mille e mille volte ancora.

    di Elisa Torsiello

    Pensieri in 16:9In Bruges, la coscienza dell’assassino: quando a una pallottola corrisponde una risata

    a cura di Elisa Torsiello

    Il nostro corpo è programmato per l’esta-si. Questa è una delle convinzioni incrol-labili di Elisa, che attraverso il suo lavoro cerca di insegnarlo alle donne. E lo fa aiu-tandole a lavorare su tutti quei limiti che ci auto imponiamo per educazione, cultu-ra, convenzioni sociali. Elisa Caltabiano si definisce Coach del Piacere e con ‘piacere’ non si riferisce solo a quello sessuale, ma a uno stato d’animo che riguarda tutti gli ambiti della vita di una persona. Il piacere, per lei, è legato al gioco, al divertimento. È un concetto molto spirituale e non solo fisico. Perché, spiega, a volte una buona sessualità aiu-ta a vivere una vita migliore, esattamen-te così come avviene se sistemiamo que-gli ambiti della quotidianità che ci fanno stare male: è molto probabile che, come conseguenza, migliori anche la propria vita sessuale. Perché la nostra vita è un nucleo unico, di cui prendersi cura a 360 gradi.Elisa ha vissuto, come tante, una lunga vita disconnessa dal suo corpo. In parti-colar modo dopo una grande sofferenza, che il suo spirito ha vissuto come un trau-ma, a 19 anni: quel periodo di crescita in cui sei pienamente in una fase di transi-zione e in cui lei, invece, si è sentita fer-mata. Non sapeva gestire le sue emozioni, Elisa. E in un percorso in cui cominciava a vive-re le sue prime esperienze sessuali, colle-zionava difficoltà. Ricorda bene come la chiamarono: dicevano, racconta, che ero un manico di scopa.Ma essere a contatto con il proprio corpo significa essere a contatto con quelle che sono le emozioni che vivono in esso ed è

    proprio in questo che Elisa non riusciva a trovarsi e a trovare il suo equilibrio. Usci-va con gli amici, si divertiva, viveva la vita di qualsiasi adolescente: pensavo di diver-tirmi, sottolinea. Ma non era così. Aveva scoperto che ballare la aiutava a sfogarsi, ma soprattutto a permetterle quello che meno le riusciva: lasciarsi andare. Alle emozioni, alla vita. Al suo corpo. È stato lungo il periodo in cui Elisa ha vis-suto ingabbiata dentro se stessa. Fino al momento in cui mai come prima di allora ha sentito il suo corpo: durante il parto della sua bambina, dodici anni fa.Sono entrata nel mio corpo, dice. Un’e-spressione che utilizza anche per parlare delle necessità delle altre donne: è neces-sario che ognuna entri nel proprio corpo.Per la prima volta Elisa acquisisce quella consapevolezza che la fa entrare piena-mente in connessione con il suo corpo. Come se, oltre a sua figlia, stesse nascen-do anche lei.La svolta lavorativa, invece, avviene dopo la nascita di suo figlio. Dopo aver lasciato il lavoro manageriale, attraverso un cor-so alla Scuola di Marie Forleo, aiutava le donne a sviluppare la loro attività im-prenditoriale. Ed è lì che si accorge che in ognuna ci sono dei blocchi, legati al sub-conscio.Ma si sa: aiutare le altre, significa conti-nuare a lavorare su se stesse. E dentro di sé Elisa sente che c’è ancora qualcosa che non va. Nella sua vita sessuale percepiva dei blocchi che sapeva essere suoi e non legati a suo marito; faceva ancora fatica a lasciarsi andare, perché durante i suoi rapporti pensava ad altro. Agli impegni quotidiani, alle scadenze, ai doveri. Ma

    di Sabrina Falanga

    non è così, dice Elisa, che dovrebbe esse-re: fare l’amore deve essere un atto in cui si annulla tutto il resto del mondo, dell’u-niverso e non esiste altro che quel mo-mento. Solo che, specifica, fin da quando siamo bambine ci insegnano a pensare, a fare, organizzare, agire. Nessuno ci dice di imparare anche a stare nel corpo.Elisa rimane folgorata da un libro, ‘La Profezia della Curandera’: anche una vol-ta terminata la lettura, non fa che pensare alle parti in cui si parlava dell’orgasmo. È in quel momento che fa la sua prima richiesta all’Universo: gli chiede di farle trovare un corso che possa aiutare le sue clienti (e se stessa) più nel profondo. E tra diverse formazioni, compresa quella con Layla Martin, Elisa diventa sempre più specializzata nel dare aiuto alle don-ne. Ed è così che diventa la Coach del Pia-cere, una tipologia di coaching che oggi svolge con le sue clienti, proponendo dei pacchetti ‘Codice Piacere’, in base all’esi-genza individuale; si tratta di sessioni in-dividuali, basate sul ‘Tu vieni prima’, af-finché la donna possa riuscire a costruire una nuova routine in grado di migliorare l’area di difficoltà della sua vita. Una rou-tine, spiega Elisa, che ti aiuti a tornare nel corpo.La Coach spiega che lavorare sulla pro-pria sessualità, in particolar modo sulle problematiche a essa legata, va a ‘scioglie-re’ anche tutto il resto della vita quotidia-na; così avviene anche il contrario, per-ché certe donne invece trovano il modo di migliorare la loro esperienza sessuale migliorando il resto della loro esistenza.Dentro al corpo, dice Elisa, ci sono tut-ta una serie di elementi – legati al sub-conscio – che impediscono di realizzare i propri desideri, perché in un certo sen-so ci proteggono. E sono lì perché ce li abbiamo messi noi, per il nostro umano desiderio di sentirci amate, sicure e ap-partenenti a qualcuno. Non ci accorgia-mo, però, che in questo modo, spesso, ci limitiamo.È un lavoro importante quello di Elisa, perché segna una grande rivoluzione nel mondo delle donne: dice di sentirsi un ponte Elisa, un ponte tra chi non si per-mette la libertà e quella libertà che vor-rebbe.E cosa c’è di più importante, per una don-na, della libertà?

    La Coach del Piacere che aiuta le donne a essere libere

    Uomen a cura di Sabrina Falanga

    https://il-cosmo.com/?p=11097https://il-cosmo.com/?p=11138

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    Rubrica

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    SportIl ruggito di Leonetti a cura di Franco Leonetti

    formazioni che non hanno più nulla da chiedere al torneo, parliamo di Sampdoria 49, Sassuolo e Spal 42, Cagliari e Fiorentina 40, con i viola che non vincono in A dal 17 febbraio, una vita fa insomma. Al Parma per la certezza servono ancora due punti, poi comincia la zona bollente. Il Frosinone, dopo il Chievo, è la seconda squa-dra retrocessa, una sorta di sentenza annunciata da mesi. Da qui in poi scatta la bagarre, Empoli 32, Udinese 34, Genoa 36, Bologna 37, uno di questi quattro club troverà la scomoda via della retrocessione. Sulla carta l’Empoli ha il calenda-rio peggiore, ma i toscani si giocheranno tutto nelle prossime tre gare, così come cercheranno di fare le altre contendenti, spicca la posizione di pericolo del Genoa, letteralmente inghiottito sul fondo classifica da risultati non positivi negli ultimi due mesi. Il prossimo turno vedrà parti-te di grande sostanza e interesse. Il big match è Roma-Juventus, ma l’interesse degli sportivi non mancherà di essere attirato da partite come Inter-Chievo, Atalanta-Genoa, Fiorentina-Mi-lan, Bologna-Parma, Sampdoria-Empoli, Ca-gliari-Lazio e Torino-Sassuolo, dove almeno una delle contendenti ha bisogno di punti vitali per i propri obiettivi da conseguire, solo Spal-Napoli appare un match tranquillo dove i giochi sono stati fatti.Buon campionato a tutti!

    ma il fischio d’inizio della partita che ha rega-lato le gioie della serie A, tanti tifosi si sono raccolti intorno al Rigamonti, percependo chiaramente che la giusta ora stava arrivan-do. Momenti indimenticabili all’arrivo della squadra, in pullman, acclamata da cori e in-citamenti. La serie A fa gola, in tutti i sensi, per prestigio, soldi da incassare e vedere da vicino i grandi campioni dei super club, uno su tutti Cristiano Ronaldo. Sono poi giun-ti anche i complimenti di una vecchia cono-scenza del calcio bresciano, un signore che fa di nome Pep Guardiola. L’attuale trainer del Manchester City, rimasto affezionato ai co-lori della sua ex squadra, giocò a Brescia per una stagione e mezza in compagnia di Rober-to Baggio e agli ordini di Carletto Mazzone. Guardiola ha voluto celebrare le rondinelle

    su Instagram con un post accompagnato da una foto di Torregrossa e compagni esultati al Rigamonti. «Tanti auguri per il meritato ritorno in serie A. Squadra e città indimen-ticabili», confermando il legame stretto con Brescia e i suoi colori. Dopo l’ebbrezza carica di gioia, ora giunge il difficile per il presiden-te Cellino, attivare il nuovo look per lo sta-dio, e soprattutto una campagna acquisti in linea con la serie A, per rimanerci. E per evi-tare situazioni in stile Carpi e Frosinone, con promozioni esaltanti e discese in B fulminee e immediate. Bentornato Brescia!

    La trentacinquesima giornata del massimo cam-pionato di Serie A ha regalato ancora colpi a sor-presa. Emozioni forti soprattutto in zona Cham-pions ma anche la coda della classifica non si è dimostrata da meno, e così sarà fino all’ultimo minuto dell’ultimo turno. Le piazze Champions stanno letteralmente mettendo a ferro a fuo-co i temi portanti del torneo, con una fantasti-ca Atalanta che si sta dimostrando la variabile impazzita per l’Europa che conta. Gli orobici, battendo sonoramente la Lazio a Roma, hanno escluso i capitolini dalla possibilità di raggiun-gere il quarto posto, lanciando una volata moz-zafiato. La classifica parla chiaro, escludendo i Campioni d’Italia della Juventus già con il tri-colore cucito sul petto, al secondo posto mate-matico si piazza il Napoli, poi comincia il rosa-rio imprevedibile da sgranare. L’Inter, che non sa più vincere, mantiene il terzo posto ma viene insidiata da vicinissimo dalla banda Gasperini, solo un punto divide le due compagini nerazzur-re, Inter 63, Atalanta 62, ovvero se gli uomini di Spalletti non accelerano rischiano di venire ina-spettatamente risucchiati nel vortice. Milan, tor-nato finalmente ai tre punti, e Roma sono dietro a 59, mentre il Torino, che ha fermato la Juve nel derby, rimane a 57: una lotta esaltante, sen-za esclusione di colpi. Va detto con chiarezza, la Juventus sarà il vero arbitro per la quarta piazza Champions, visto che ha appena affrontato In-ter e Torino e si appresta ad incrociare le armi, nelle prossime due partite, con Roma e Atalanta. La Lazio è ancora in lizza per un piazzamento per l’Europa League, poi comincia la striscia di

    Ci sono voluti ben 8 anni per ritornare nel-la massima serie. Le rondinelle bresciane, finalmente, rivedono la luce del grande cal-cio con Mister Corini a guidarli in panchina e sotto l’egida del Presidente Cellino, vecchio dirigente-bucaniere che conosce benissimo la categoria: ottimi i suoi risultati come pa-tron, negli anni passati a Cagliari. Dopo il match con l’Ascoli, vinto 1 a 0 grazie alla rete di Dessena, il Brescia ha centrato il passag-gio in serie A con ben due giornate d’anticipo sulla fine delle ostilità calcistiche. Un risul-tato storico imprevedibile ad inizio stagione. La squadra, affidata a David Suazo, vecchio pallino del presidente e sue ex calciatore in Sardegna, aveva inanellato prestazioni non eccezionali unitamente a risultati poco degni di nota, poi, quasi subito la scelta drastica, fuori il neo allenatore, dentro un coach navi-gato, ed eroe cittadino, come Eugenio Corini, che fin da subito ha impresso la svolta, per continuità di rendimento e risultati. Il Bre-scia non partiva come compagine stimata dai critici come più forte tecnicamente della serie B, basti pensare all’organico di Benevento e Palermo, ad esempio, ma le rondinelle sono riuscite nell’impresa di trovare la via giusta, facendo tornare al Rigamonti tanta gente a gremire le tribune. Una cavalcata verso il sogno della A che è iniziata da lontano, dal-la scorsa estate, magari anche facilitata dal nuovo format del campionato, ma la squa-dra di Corini ha strameritato la promozione che ha regalato brividi e gioia a tanti tifosi, da troppo tempo digiuni. Già qualche ora pri-

    di Franco Leonetti

    di Franco Leonetti

    Atalanta verso la Champions

    Il Brescia in Seria A

    quali sono i loro bisogni principali, quali opportunità vengono loro offerte dalle istituzioni e dalle politiche europee, e come vivono i momenti di aggregazione e ricreazione, con lo sport che è uno degli strumenti migliori per rafforzare tra i giovanissimi i loro legami – spiega - Allo stesso tempo, però, è fondamentale raccontare anche l’opinione dei loro genitori e degli adulti, che con i loro occhi possono raccontare com’è cambiato il loro territorio, come si è evoluta l’Unione Europea che dovrebbe aiutare i giovani a costruire il loro futuro, e in che modo un momento sacro per gli italiani, come lo sport, si sia evoluto negli anni».

    Che cosa ha spinto Davide a lanciarsi in questa “im-presa”? La passione per lo sport: «Fin da bambino, ho sempre adorato passare il mio tempo davanti al televisore ad emozionarmi cogliendo le sfumature più nascoste delle storie che lo sport sa raccontare. Da qualche mese a questa parte ho realizzato che una parte importante del mio tempo libero è dedicata alla visione di eventi sportivi e per questo motivo ho ini-ziato ad indagare perchè io e molte altre persone sia-mo spinte, a volta in maniera ossessiva, a guardare filmati, leggere articoli e ricercare notizie sul mondo

    dello sport».

    Un’interesse che viene sdoganato dal pensare lo sport come solo momento ludico: «Lo sport non è solo cronaca di fatti che avvengono in una partita o in una corsa di ciclismo: lo sport è passione, è vitalità, è ideologia e trasmissione di valori. Attraverso il Giro d’Italia, che è un evento fondamentale per la storia del nostro Paese, questo progetto vuole disegnare le diverse facce dell’Italia più giovane che lotta e di quella più adulta che guarda ai propri figli. Vuole de-lineare quale futuro c’è per gli italiani grazie all’Unio-ne Europea e vuole informare questa di come viene percepita dagli italiani. Vuole raccontare lo sport in una forma nuova, dove i protagonisti non sono solo gli atleti, ma coloro che tifano, gridano e vivono per le loro gesta».

    L’Associazione Operatori Radiofonici Universitari RadUni parteciperà al Giro d’Italia 2019 con il pro-getto “RadUni in Giro”, in collaborazione con la rap-presentanza italiana dell’Unione Europea. La par-tecipazione al prossimo Giro d’Italia come media è fondamentale perchè Raduni è un network che rac-coglie radio universitarie da tutta Italia e il Giro è una manifestazione che gli permette di poter toccare di-versi luoghi nei quali le giovani generazioni possono essere raggiunte. L’obiettivo del progetto “RadUni in Giro” non si limi-ta, tuttavia, a raccontare le attività dell’Unione Euro-pea: l’Associazione Operatori Radiofonici Universi-tari desidera ampliare la sua missione raccontando la relazione degli italiani con altre due sfere della quoti-dianità: lo sport e il proprio territorio.

    Sport, territorio ed Unione Europea trovano un ter-reno comune nel Giro d’Italia che ha sempre unito la passione degli italiani nelle strade della nostra penisola, senza limiti né barriere. Il Giro, infatti, si sviluppa nell’intero territorio della penisola italiana, senza essere confinato dentro uno stadio o un palaz-zetto. Gli amanti dello sport, ma in generale tutti i cittadini, sono coinvolti dal passaggio della carovana rosa nelle loro città e questo è un fattore decisamente importante: perché gli italiani si radunano in massa nelle strade che accompagnano il percorso del Giro? Per quale motivo un territorio italiano aspira ad es-sere sede del passaggio della carovana rosa? In quale modo il nostro territorio viene valorizzato grazie allo sport? In che modo le politiche istituzionali posso-no valorizzare lo sport? Il progetto di RadUni in Giro avrà lo scopo di rispondere a queste domande, in-tervistando lungo le strade e all’interno delle piazze italiane diverse fasce di pubblico, per comprendere le loro sensazioni più spontanee e per confrontare le ideologie e i sentimenti generazionali. Il racconto di RadUni in Giro sarà incentrato a cogliere il pubblico nel suo rapporto emotivo con lo sport, con il territo-rio e con le politiche dell’Unione Europea.

    Davide Farinetti sarà la voce di Raduni che si aggre-gherà alla carovana: «Lo scopo di questo progetto è molteplice: vuole dare voce ai più giovani che sa-ranno nelle piazze delle città, per cercare di capire

    di Deborah Villarboito

    #RadunInGiro: lo sport come non si è mai sentito

    Top• Ronaldo (Juventus) pareggia il gol del Torino nel derby della Mole con un’elevazione prodigiosa, alzandosi sino a 2.47 metri per colpire di testa e insaccare in porta. Rete numero 601 della sua carriera nei club: extraterrestre!• Quagliarella (Sampdoria) con la doppietta di Parma vola a 25 realizzazioni stagionali in campionato e comanda la classifica cannonieri con 3 lunghezze di vantaggio sull’orobico Zapata • Vignato (Chievo) è un ragazzino, dopo la retrocessione della sua squadra, entrato in pianta stabile in formazione: movenze da grande gio-catore, visione di gioco, piedi buoni, 18 anni. Il futuro è suo• Il colpo di tacco di Barella (Cagliari) è assist sopraffino per la rete del compagno Pavoletti merita elogi e applausi, sarà uno dei pezzi pre-giati del mercato estivo • Romero (Genoa), di professione difensore, già promesso alla Juve, segna una rete fondamentale per i rossoblù liguri e per le loro speranze di permanenza in serie A.

    Flop• L’arbitro Chiffi a Napoli, unitamente con lo staff del Var, combina un disastro. Concede un rigore inesistente ai partenopei per un fallo di mano fuori area. A che serve allora il mezzo tecnologico se si continua imperterriti a compiere errori grossolani di questa tipologia?• Frosinone in serie B con tre giornate d’anticipo, stagione disastrosa e mal programmata dalla società ciociara.• Cancelo e Pianjc (Juventus) regalano il vantaggio al Torino, il primo con una sciagurata rimessa laterale, il secondo facendosi superare e spalancando la porta al gol: paperissima per entrambi• Bakayoko (Milan) che si rifiuta di entrare in campo prendendo a male parole il suo allenatore Gattuso è una cosa che non si può vedere, dov’è la società Milan? • La Fiorentina non vince in campionato dal 17 febbraio, 4-1 a Ferrara. Con il subentrante Montella, al posto di Pioli, in panchina il bilancio fa acqua da tutte le parti.

    di Franco Leonetti

    Top e Flop…Luci e ombre del Campionato a cura di Franco LeonettiLa rubrica per focalizzare e imprimere nella memoria i momenti più belli e quelli più ombrosi che il campionato di calcio regala ai tifosi ad ogni turno, Una sorta di promemoria in pillole, per rivivere, in un flash, la giornata appena trascorsa.

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    Sport

    do che tutto sia nato perchè iniziando di nuovo a mettere in moto tutto il mio corpo, scoprendo che alcune cose pote-vo farle, è stato come una rivalsa verso la vita. Sento dentro la voglia di poter fare tutto, nonostante abbia una protesi. Ti viene ancora più voglia di farlo rispetto ad un normodotato che non ha impedi-menti. Questo senso di riscatto mi ha fat-to nascere questa voglia di spingere sem-pre maggiormente: più ti dai un obiettivo ambizioso, più in alto arrivi».

    Gli incontri nella vita non sono mai ca-suali e uno in particolare è stato deter-minante: «A Zanardi dopo l’incontro ho chiesto se fossi disabile o no, visto che camminavo normalmente ma non pote-vo fare certe cose. Mi ha detto che però nella bici potevo andare forte. Poi si è segnato il mio nome sul taccuino. Pen-savo fosse finito tutto lì. Due settimane dopo mi hanno chiamato da Obiettivo 3 e la cosa mi ha davvero emozionato tan-tissimo, perchè pensavo di essere esclu-so. Mi è venuta ancora più voglia di fare ciclismo». Quello di Michele è stato un percorso im