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68 otiziario ibliografico periodico della Giunta regionale del Veneto n. 68 / 2013 - periodicità quadrimestrale - Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - 70% NE/PD - taxe perçue - tassa riscossa n b

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68otiziarioibliografico

periodico della Giunta regionale del Veneto

n. 6

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2013

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Giunta regionale del VenetoDirezione Attività Culturali e Spettacolo 30121 Venezia - Palazzo Sceriman - Cannaregio Lista di Spagna 168

periodicità quadrimestralePoste Italiane SpA Spedizione in abbonamento postale - 70% NE/PDtaxe perçue - tassa riscossain caso di mancato recapito restituire al mittenteif undeliverable return to Padova CMP - Italy

ISSN 1593-2869

nbin questo numero

La Regione Veneto per i beni culturali.Valorizzare la cultura, valorizzare il territorioMarino Zorzato

Il Veneto e la Grande Guerra.Il dovere della memoria: verso il centenario della Prima Guerra mondiale (1915-1918)Fausta Bressani

recensioni e segnalazioni

cataloghi di mostre e musei

l’editoria nel veneto

Cultura popolare veneta.Collana di studi e ricerche sulle culture popolari venete

Per una storia dell’architettura nel Veneto.Opere, protagonisti, modelli dall’antichità ad oggi

istituzioni e cultura

L’Accademia di Belle Arti di Venezia.Dalla nascita ai nostri giorni: cenni storici e attività odiernaSileno Salvagnini

Il Circolo Filologico Linguistico Padovano.Dal 1963 ad oggi: cinquant’anni di scambi, incontri e culturaGianfelice Peron

protagonisti veneti del novecentoRicordo di Neri Pozza.Letterato, editore, intellettuale venetoAngelo Colla

rivisteria venetaLettere e Filosofia

in copertinaAnselm Feuerbach

(Spira 1829 - Venezia 1880), Paolo e Francesca, part., 1864

Monaco, Schack-Galerie

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comitato promotore

Luca Zaia Presidente della Regione del VenetoMarino Zorzato Vice Presidente - Assessore al Territorio,alla Cultura e agli Affari GeneraliRegione del VenetoAngelo Tabaro Segretario regionale per la CulturaRegione del Veneto

comitato di redazione

Ulderico Bernardi Università Ca’ Foscari di VeneziaFausta BressaniDirigente regionale Direzione Beni CulturaliMassimo Canella già Dirigente Servizio Beni Librari, Archivistici e MuseiSaveria Chemotti Università degli Studi di PadovaMaria Teresa De Gregorio Dirigente regionale Direzione Attività Culturali e SpettacoloChiara Finesso Responsabile di redazionePierantonio Gios Direttore Biblioteca Capitolare Curia Vescovile di PadovaGiuseppe Gullino Università degli Studi di PadovaAmerigo Restucci Università Iuav di VeneziaAnna Maria Spiazzigià Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Venezia, Belluno, Padova e TrevisoBianca Lanfranchi Strina già Soprintendente ai Beni archivistici del VenetoLorenzo Tomasin Università Ca’ Foscari di VeneziaMarino Zorzi già Direttore Biblioteca Nazionale Marciana

direttore editoriale

Romano Tonin

responsabile di redazione

Chiara Finesso

segreteria di redazione

Giovanna Battiston, Barbara Da FornoSusanna Falchero

progetto grafico

Il Poligrafo casa editrice, Laura Rigon

impaginazione

Sara Pierobon

collaboratori alla redazione

di questo numero

Cinzia Agostini, Marlene AndrettaGiovanna Battiston, Fausta BressaniBarbara Ceccato, Marilia Ciampi RighettiAngelo Colla, Diego CrivellariBarbara Da Forno, Susanna Falchero Guido Galesso Nadir, Gessica IndoratoGiuseppe Iori, Mariangela LandoRubina Mendola, Laura OrganteFrancesco Passadore, Gianfelice PeronSara Pierobon, Sileno SalvagniniArianna Volpini, Mirco ZagoMarino Zorzato

collaboratori alla rassegna bibliografica

Giovanna Battiston, Barbara Da FornoSusanna Falchero, Gessica IndoratoLaura Organte, Sara Pierobon

direzione e redazione

Giunta regionale del VenetoDirezione Attività Culturali e Spettacolo30121 Venezia - Palazzo ScerimanCannaregio Lista di Spagna, 168tel. 041 2792710 - fax 041 2792794e-mail: [email protected]

Recapito della Redazione “Notiziario Bibliografico” presso Il Poligrafo casa editrice35121 Padova | via Cassan 34 (piazza Eremitani)tel. 049 8360887 | fax 049 8360864e-mail: [email protected](libri da recensire, materiali per la rivista, richieste relative a cambiamenti d’indirizzo e numeri arretrati vanno inviati a questo indirizzo)

Direttore responsabile: Franco MiraccoPeriodicità quadrimestraleTiratura 15.000 copieEditore Il Poligrafo - Regione del VenetoAutoriz. del Tribunale di Padova n. 1291 del 21-6-1991Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamentopostale - 70% NE/PD - taxe perçue - tassa riscossa Stampa Litocenter - Piazzola sul Brenta (pd)chiuso per la stampa: luglio 2013

Il “Notiziario Bibliografico” è consultabile integralmente on line

I L P O L I G R A F O

Notiziario Bibliograficon. 68 periodico quadrimestrale d’informazione bibliograficaa cura della Giunta regionale del Veneto

Il “Notiziario Bibliografico” si proponecome strumento vivo per conoscere – con rubriche, recensioni, approfondimenti – quanto viene pubblicato, nei più diversi ambiti, in Veneto e sul Veneto.Il percorso iconografico “le murrine”, che attraversale rubriche della rivista, propone, di volta in volta, un tema tratto da varie opere pittoriche. La “murrina”, opera d’artigianato tipicamente veneziano, è il risultato della lavorazione a taglio di una canna di vetro interamente realizzata a mano:la canna viene composta da diversi strati di vetro colorato, con una tecnica artigianale unica, conosciuta solo nell’isola di Murano e tramandata per centinaia di anni di padre in figlio.In questo senso, “le murrine” diventano una lente,dispositivo attraverso cui filtrare lo sguardo sull’arte e sulla tradizione del Veneto, e non solo. In questo numero le “murrine” esplorano il temadei personaggi letterari e, con esso, il modo in cuile arti figurative si sono accostate alla letteratura,non solo per trarne ispirazione iconografica.Rappresentando il nucleo più suggestivo di un racconto, la pittura poteva tradurne ai più il contenuto e contribuire, così, alla fortuna di un testo. Letteratura e pittura, dunque, come linguaggi che si suggestionano e arricchisconoreciprocamente.

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indice

7 La Regione Veneto per i Beni culturali.Valorizzare la cultura, valorizzare il territorioOn. Marino ZorzatoVice Presidente - Assessore al Territorio, alla Cultura e agli Affari Generali - Regione del Veneto

11 Il Veneto e la Grande Guerra. Il dovere della memoria: verso il centenario della Prima Guerra mondiale (1915-1918)Fausta BressaniDirigente regionale Direzione Beni Culturali - Regione del Veneto

recensioni e segnalazioni

Opere generali

15 Strumenti di ricerca per gli archivi fra editoria tradizionale, digitale e in rete, a cura di Francesca Cavazzana Romanelli, Stefania Franzoi, Domenica Porcaro MassafraArianna Volpini

15 L’archivio in formazione: la gestione dell’archivio corrente degli enti localiSara Pierobon

15 La consultabilità dell’archivio: accesso interno ed esterno all’archivio degli enti localiSara Pierobon

16 Steno Zanandrea, Il Museo del Risorgimento di TrevisoGessica Indorato

Filosofia - Storia della scienza

16 Sandra Casellato, Per la storia della Facoltà di Scienze in Italia: le Scienze naturali a Padova (1734-1964)Diego Crivellari

16 Keplero e Galileo, a cura di Piero Rafanelli e Marco CaroliDiego Crivellari

Storia della chiesa

17 Adolfo Ottolenghi, Scritti rabbinici, a cura di Elisabetta OttolenghiGessica Indorato

17 Ezio Filippi, Don Francesco Oliboni. Un asceta in missione. Lettere dall’Africa (1857-1858)Giuseppe Iori

18 Don Guido Beltrame. Pastore e ricercatore, a cura di Franco BenucciGiuseppe Iori

Scienze sociali

18 Giuseppe Toniolo, I cattolici e la società. Proposte per un nuovo impegnoGiuseppe Iori

19 Omar Favaro - Giuseppe Saccà, Dizionario biografico dei politici veneziani. Profili di Amministratori, 1946-1993Diego Crivellari

19 Gianfranco Scarpari, una vita narrata. Scritti e testimonianzeDiego Crivellari

19 Governare scienza e tecnologia. Un’introduzione al quadro normativo, a cura di Milena BigattoGiuseppe Iori

19 Governo del Territorio e Attualità dei Poteri Regionali. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto a confronto, a cura di Marino Breganze e Patrizia MarzaroDiego Crivellari

20 Venezia. Immagine, futuro, realtà e problemi, a cura di Gherardo OrtalliSusanna Falchero

20 Massimo Malvestio, Mala gestio: perché i veneti stanno tornando poveriGiuseppe Iori

21 Ivone Cacciavillani et alii, Manuale di Diritto RegolieroGiuseppe Iori

21 Per l’Italia. 150 anni di cittadinanze attive, a cura di Guido Turus e Lorenzo CapalboGiuseppe Iori

22 Paola Bruttocao - Luisa Tosi, Mi hanno abbandonato i miei famigliari. Esposti a Treviso dalla “ruota” ad oggiGiuseppe Iori

22 Cittadini della terra e del cielo. Giovani, famiglia, politica e società, a cura di Pino Agostini e Germana CanteriGiuseppe Iori

22 Aspetti dell’associazionismo femminile in Veneto tra ’800 e ’900, a cura di Liviana GazzettaMarlene Andretta

23 Daria Martelli, Le parole di ieri sulla donna. Una ricerca di genere sulle nostre radici culturaliMarlene Andretta

23 La qualità dell’abitare in Veneto. 2012Susanna Falchero

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24 Ripensare il Veneto. Turismo e cultura, a cura di Luca BaldinSusanna Falchero

24 Rapporto statistico 2012. Il Veneto si racconta, il Veneto si confrontaSusanna Falchero

24 Nuove frontiere nella Cooperazione Internazionale, a cura di Franco BoselloSusanna Falchero

25 Il Veneto di oggi per il mondo di domani, a cura di Maria Elisa Munari, Palma Ricci e Stefano MaccarroneGessica Indorato

Lingua - Tradizioni

25 Ivano Paccagnella, Vocabolario del pavano (XIV-XVII secolo)Laura Organte

25 I lavori e le stagioni nel Veneto di inizio ’900Giovanna Battiston

26 Sandra Savogin, Storie di mascareri e di burattinaiSusanna Falchero

26 Isabella Agujari, Tra un sigaro e l’altro. Farfalle. La moda di fine ’800 nel “Corriere del Polesine”Marilia Ciampi Righetti

27 Sandro Brandiele, Gianni Storari, ...Ci parlano ancora. Ricordo di Bruno Anzolin e Dino ColtroGiovanna Battiston

Architettura - Urbanistica - Paesaggio

27 Le trasformazioni dei paesaggi e il caso veneto, a cura di Gherardo OrtalliGuido Galesso Nadir

28 Paolo Marton - Franco Posocco - Antonella Uliana, Ville Venete. L’arte e il paesaggioMarilia Ciampi Righetti

28 Benno Albrecht, Conservare il futuro. Il pensiero della sostenibilità in architetturaRubina Mendola

29 Sebastiano Steffinlongo, Il Passante Verde. Un parco lineare attraverso il territorio del venetoSusanna Falchero

29 [MES3OVEST] La tangenziale è città, a cura di Andrea FerialdiSusanna Falchero

30 Fabian Carlos Giusta, John Hejduk. Profezie figurative. Il progetto per Cannaregio ovest, Venezia 1978Guido Galesso Nadir

30 La memoria del dolore. Metodologia nel restauro dei forti della grande guerra, a cura di Fernando FiorinoArianna Volpini

31 Michele Casarin - Giuseppe Saccà - Giovanni Vio, Alla scoperta di MestreDiego Crivellari

31 Infrastrutture culturali. Percorsi di terra e d’acqua tra paesaggi e archeologie del Polesine, a cura di Margherita VanoreDiego Crivellari

31 Enrico Franzolini. Tre interni a CortinaGiovanna Battiston

cataloghi di mostre e musei

33 Venetkens. Viaggio nella terra dei Veneti antichi,a cura di Mariolina Gamba, Giovanna Gambacurta, Angela Ruta Serafini, Vincenzo Tiné e Francesca Veronese,Cinzia Agostini

33 Guariento, a cura di Davide Banzato, Francesca Flores d’Arcais e Anna Maria SpiazziBarbara Ceccato

33 Splendore nella Regola. Codici miniati da monasteri e conventi nella Biblioteca Universitaria di Padova, a cura di Federica Toniolo e Pietro GnanSara Pierobon

34 Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento, a cura di Guido Beltramini, Davide Gasparotto e Adolfo TuraBarbara Ceccato

35 Giorgione a Padova. L’enigma del carro, a cura di Davide Banzato, Franca Pellegrini, Ugo SoragniBarbara Ceccato

35 Tesori della musica veneta del Cinquecento. La policoralità, Giovanni Matteo Asola e Giovanni Croce, a cura di Iain Fenlon e Antonio LovatoFrancesco Passadore

36 Ospiti al Museo. Maestri veneti dal XV al XVIII secolo,a cura di Davide Banzato ed Elisabetta GastaldiBarbara Ceccato

36 Caravaggio, Lotto, Ribera. Quattro secoli di capolavori della Fondazione Longhi a Padova, a cura di Mina Gregori, Maria Cristina Bandera, Davide BanzatoBarbara Ceccato

37 Il Settecento a Verona. Tiepolo, Cignaroli, Rotari, la nobiltà della pittura, a cura di Fabrizio Magani, Paola Marini, Andrea TomezzoliBarbara Ceccato

37 Tiepolo, Piazzetta, Novelli. L’incanto del libro illustrato nel Settecento veneto, a cura di Vincenza Cinzia Donvito e Denis TonBarbara Ceccato

38 Il diletto dell’immagine. Volti, storie, paesaggi nelle stampe della collezione Carlo Bocchi, a cura di Barbara Ceccato Barbara Da Forno

38 Atlante Trevigiano. Cartografie e iconografie di città e territoriodal XV al XX secolo, a cura di Massimo RossiArianna Volpini

39 Antonio Suntach. Un incisore del Settecento tra Bassano, Roma e l’Europa, a cura di Giuliana Ericani e Federica MillozziBarbara Da Forno

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39 Corot e l’arte moderna. Souvenirs et Impressions, a cura di Vincent PomarèdeBarbara Da Forno

40 De Nittis, a cura di Emanuela AngiuliBarbara Ceccato

40 Il divisionismo. La luce del moderno, a cura di Francesca Cagianelli e Dario MatteoniBarbara Ceccato

41 Felice Carena e gli anni di Venezia, a cura di Virginia BaradelBarbara Ceccato

41 Angelo Dall’Oca Bianca e l’universo femminile. La pelle della pittura, a cura di Patrizia NuzzoGessica Indorato

42 Galanterie di vetro. Il Risorgimento vetrario di Murano nella collezione de Boos-Smith, a cura di Rosa Barovier MentastiArianna Volpini

42 Miniature di vetro. La bomboniera d’artista, a cura di Rosa Barovier Mentasti, Sandro Pezzoli e Cristina ToniniBarbara Da Forno

43 Tony Cragg in 4D. Dal fluire alla stabilità / Etwas festes aus dem Strömenden, a cura di Silvio Fuso e Valerio DehòBarbara Da Forno

43 Gianni Braghieri. Architetture senza tempo, a cura di Giovanni Furlan e Alessandro TognonArianna Volpini

44 Stefan Müller. L’architettura della città di Padova, a cura di Cinzia Simioni e Alessandro TognonArianna Volpini

44 Antonio Monestiroli. Prototipi di architettura, a cura di Massimo Ferrari, Claudia Tinazzi, Cinzia Simioni e Alessandro TognonArianna Volpini

44 Equivivere. Per un’architettura sostenibile, a cura ArchitettandoArianna Volpini

44 Paesaggio/Paesaggi. Il Veneto OrientaleArianna Volpini

45 Augusto Murer. Legni e bronzi delle Dolomiti fra tradizione e innovazione, a cura di Antonella Alban e Franca VisentinBarbara Da Forno

l’editoria nel veneto

47 Cultura popolare veneta.Collana di studi e ricerche sulle culture popolari veneterealizzata su iniziativa della Regione del VenetoMirco Zago, Arianna Volpini

49 Il Veneto contadino: la memoria delle tradizioni.Omaggio a Dino ColtroMirco Zago

50 Per una storia dell’architettura nel Veneto. Opere, protagonisti, modelli dall’antichità ad oggiGuido Galesso Nadir

52 Neri Pozza: le Opere complete.Iniziative editoriali nel centenario della nascita dello scrittore venetoMariangela Lando

istituzioni e cultura

55 L’Accademia di Belle Arti di Venezia.Dalla nascita ai nostri giorni: cenni storici e attività odiernaSileno Salvagnini

58 Il Circolo Filologico Linguistico Padovano. Dal 1963 ad oggi: cinquant’anni di scambi, incontri e culturaGianfelice Peron

protagonisti veneti del novecento

63 Ricordo di Neri Pozza.Letterato, editore, intellettuale venetoAngelo Colla

rivisteria veneta

Spoglio dei periodici di lettere e filosofia (2010-2012)

69 Annali di Ca’ Foscari

70 Anterem. Rivista di ricerca letteraria

71 I Castelli di Yale. Quaderni di filosofia

71 Ermeneutica letteraria. Rivista internazionale

72 Filologia veneta. Lingua, letteratura, tradizioni

72 Italia medioevale e umanistica

73 Janus. Quaderni del Circolo glossematico

73 Lettere italiane

74 Medioevo. Rivista di storia della filosofia medievale

75 Paradosso. Rivista di filosofia

75 Quaderni di lingue e letterature

76 Quaderni Veneti

76 Studi Buzzatiani. Rivista del Centro Studi Buzzati

77 Studi novecenteschi. Rivista di storia della letteratura italiana contemporanea

78 Studi Petrarcheschi

78 Testo a fronte. Rivista semestrale di teoria e pratica della traduzione letteraria

79 Altre riviste segnalate

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Giorgione, Laura, 1506 Vienna,

Kunsthistorisches Museum

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Lo Statuto del Veneto, recentemente approvato, ha posto tra i principi fondanti del-l’identità regionale il riconoscimento di quello straordinario patrimonio culturale eambientale che da sempre connota il nostro territorio, richiamando in manieraesemplare l’esigenza di promuovere, tutelare e salvaguardare i beni culturali e pae-saggistici. In particolare, all’articolo 8 (“Patrimonio culturale e ambientale”) delloStatuto regionale possiamo leggere, tra le altre cose, l’affermazione secondo cui “Il Veneto, nel rispetto del principio di responsabilità nei confronti delle generazio-ni future, opera per assicurare la conservazione e il risanamento dell’ambiente,attraverso un governo del territorio volto a tutelare l’aria, la terra, l’acqua, la flora ela fauna quali beni e risorse comuni” e, poco più avanti, possiamo leggere ugual-mente come la Regione, “consapevole dell’inestimabile valore del patrimonio stori-co, artistico, culturale e linguistico del Veneto e di Venezia, si impegna ad assicu-rarne la tutela e la valorizzazione e a diffonderne la conoscenza nel mondo”. Lo Statuto viene dunque a testimoniare e a confermare l’importanza e la profonditàdell’impegno con cui la Regione del Veneto, fin dalla sua costituzione, si è rivolta auna piena valorizzazione dei suoi beni culturali e paesaggistici. Un impegno che siè accresciuto e consolidato nel corso degli anni, traducendosi in una serie di inizia-tive mirate e soprattutto, su un piano generale per la nostra governance, nello svi-luppo di una programmazione ad ampio raggio, sempre più attenta alle diversepeculiarità del nostro territorio, potendo far leva sull’attività e sulle competenze diuna struttura come la Direzione regionale per i Beni Culturali. Vale la pena di ricor-dare in modo conciso quelle che attualmente sono le competenze e le funzioni dellaDirezione regionale, fornendo un primo sguardo d’insieme su una materia tantodelicata e sui suoi ambiti di intervento: dalla tutela dei beni librari alla gestione dellacatalogazione e banca dati dei beni culturali, dagli adempimenti relativi al patrimo-nio storico, architettonico e artistico alla concessione di contributi a Enti pubblici eistituzioni private per la realizzazione e il restauro di spazi adibiti alle attività e aiservizi culturali, dagli interventi nel settore archeologico al coordinamento e all’in-dirizzo per musei, biblioteche e archivi, fino al coordinamento in materia di pae-saggio culturale e per i siti Unesco del Veneto. Un orizzonte ampio, che oggi siestende dalla valorizzazione dei nostri siti archeologici (si pensi, ad esempio, al por-tale web “ArcheoVeneto”) fino alla ormai prossima celebrazione del centenario dellaGrande Guerra, tra musei ed eventi dedicati.La specifica vocazione istituzionale della Regione rispetto alle politiche di promozionee valorizzazione della cultura ha tenuto conto anche dell’evoluzione normativa che hainteressato la legislazione nel nostro Paese ed è richiamata, anche, da un testo di rife-rimento come il d.lgs. 42/2004, Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. E non potevaessere altrimenti. Secondo il Codice, infatti, il paesaggio è oggi da intendersi in una piùampia accezione di territorio espressivo di un’identità, ragion per cui la tutela paesag-gistica sembra essere chiamata sempre più a veicolare e tradurre l’insieme di quei valo-ri culturali che hanno contribuito alla creazione di un’identità regionale e che rappre-sentano un territorio come quello veneto nel suo complesso, ne raccontano la lentasedimentazione e la stratificazione, il connubio di strutture naturali e di struttureantropiche. Questi valori e queste realtà non si riferiscono soltanto alla tutela dei luo-ghi e dei monumenti maggiormente conosciuti e frequentati dai turisti, alle più omeno rare, più o meno straordinarie “bellezze panoramiche considerate come quadri”(terminologia della precedente legge 22 giugno 1939, n. 1089), ma individuano con-cretamente e vogliono mettere in risalto l’articolazione completa di un territorio, daisegni che sono stati lasciati dall’attività agricola alle trasformazioni determinate dalle

la regione veneto

per i beni culturali

Valorizzare la cultura,valorizzare il territorio

On. Marino ZorzatoVice Presidente - Assessore al Territorio, alla Cultura e agli Affari GeneraliRegione del Veneto

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in alto

Le mura di Asolo (Treviso), dall’interno

Le mura di Castelfranco Veneto (Treviso)

in basso

Torre e mura esterne di Soave (Verona)

Torri e mura di Este (Padova)

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varie e decisive tappe dell’urbanizzazione storica. Ed è in questa ottica di accresciutaconsapevolezza delle proprie responsabilità che l’Ente regionale indirizza ancora oggila propria partecipazione a una serie di eventi promozionali e di occasioni pubblichesignificative: per tornare puntualmente a confrontarsi con gli altri soggetti istituziona-li e, specialmente, per poter illustrare e promuovere in maniera adeguata le propriepolitiche in campo culturale, prendendo parte direttamente a iniziative, convegni, fiereche riguardano il destino della “filiera” e chiamano in causa i suoi protagonisti. Traqueste occasioni di promozione, ricerca e riflessione collettiva, momenti di confrontotra tutti gli operatori del settore, da tempo la Regione ha individuato come sede privi-legiata il Salone dei Beni e delle Attività Culturali di Venezia, manifestazione arrivatanel 2012 alla sua sedicesima edizione: una iniziativa che rappresenta ormai una dellepiù importanti fiere dedicate al turismo culturale, che si tengono ogni anno in Italia, esi distingue come uno degli eventi di maggiore risonanza per il dibattito sul futuro deibeni culturali, risultando, come è stato detto, “ampiamente accreditata a livello nazio-nale, tra le principali iniziative nel settore, quale momento di confronto e scambio diesperienze fra diversi soggetti di varia natura che animano la vita culturale in Italia, conuna notevole adesione da parte delle Pubbliche Amministrazioni”, con un fittissimocalendario di convegni, mostre, dibattiti, tradizionalmente arricchito da un forte lega-me della fiera stessa con il mondo dell’università e della ricerca. Negli anni, la parteci-pazione puntuale della Regione del Veneto all’evento lagunare, coordinata dallaDirezione per i Beni Culturali, ha permesso di coinvolgere e coltivare via via un pub-blico vasto, formato non esclusivamente da tecnici e specialisti, ma anche da giovani,studenti, ricercatori, appassionati, offrendo sicura visibilità al patrimonio culturaleveneto e aprendo nuovi spazi alla discussione e alla sperimentazione delle strategiepromozionali emergenti in questo particolare ambito. Di particolare rilievo l’ultimaedizione della fiera (23-25 novembre 2012), ribattezzata “Venezia 2019 - SaloneEuropeo della Cultura”, nella prospettiva della candidatura di Venezia e del Nord-Estal ruolo di “Capitale europea della Cultura 2019”. La corsa inaugurata verso l’appuntamento europeo del 2019 vede, tra le altre cose, laRegione del Veneto in prima fila anche nella realizzazione e condivisione di un per-corso di avvicinamento a questa scadenza, che guardi con estremo interesse alle espe-rienze di promozione della cultura maturate fuori dai confini veneti e italiani e aquanto di innovativo si muove in ambito internazionale, nonché alle possibili intera-zioni tra i vari livelli istituzionali. Un esempio tra tutti: il carattere strategico e lavalenza europea delle sinergie attuabili tra la promozione della cultura elaborata inambito continentale e le politiche turistiche regionali, considerando che i progettieuropei saranno sempre più destinati a immaginare, produrre, coordinare una seriedi preziose opportunità di sviluppo da calare nella dimensione locale e a incrociareutilmente risorse finalizzate alla promozione globale di itinerari turistici di rinoman-za culturale: è il caso del progetto denominato “Adristorical Lands - History, culture,tourism, arts and crafts in the european adriatic territory”, che rientra nel Programmadi cooperazione transfrontaliera IPA Adriatico, programmazione 2007-2013 (progetton. 207/2009), e prevede quali aree regionali ammissibili le province di Rovigo,Padova e Venezia. Un progetto che intende promuovere “il circuito delle Città Muratedel Veneto e specificatamente Cittadella, Monselice, Este, Noale e Portogruaro, alcu-ne località incluse nell’antico tracciato romano della Via Annia, in particolare Adria,Quarto d’Altino e Concordia Sagittaria, peraltro sedi museali, l’immenso patrimoniostorico e paesaggistico costituito dalle isole della laguna veneziana, nonché la Città diChioggia e di Arquà Polesine, con la sua fortezza del 1146”. Al di là del singolo caso concreto appena elencato, rimane comunque ben fermo l’im-pegno complessivo del nostro Ente sul fronte della gestione dei beni culturali e di unaconvinta innovazione degli strumenti fin qui utilizzati. Con questa attiva e rinnovatapartecipazione ad un evento di largo respiro come il Salone veneziano, si confermanon soltanto la tradizionale attenzione della Regione alle novità che investono i temispecifici della tutela e della promozione dei nostri beni culturali, ma anche la volontàdi proseguire in maniera incisiva lungo la rotta, spesso difficile ma obbligata, dellapiena definizione di una autonoma ed efficace politica della cultura regionale di por-tata europea, una politica adeguata alle sfide del nuovo secolo e ai suoi cambiamenti,fedele allo spirito e alla lettera del nostro Statuto e della Carta costituzionale.

Porta d’ingresso alla città murata di Cittadella (Padova)

Panoramica delle mura di Villafranca di Verona

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in alto a sinistraDurante l’offensiva austriaca sull’Altopiano e fanteria francese a monte Tondo. Altipiano di Asiago, 17 giugno 1918

in alto a destraComando di un Reggimento francese a Cima Echar.Altipiano di Asiago, 12 ottobre 1918

in basso a sinistraUna impressionante fotografia della ritirata del 1917 dell’esercito italiano subito dopo Caporetto. Si osservano tra i militari in fuga i carri dei civili che seguono l’esercito nell’arretramento delle linee. San Michele al Tagliamento, 28-30 ottobre 1917

in basso a destraBarellieri al seguito delle truppe pronte per un attacco sul fronte del Carso

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Già quindici anni or sono, con la legge regionale n. 43 del 16 dicembre 1997, laRegione del Veneto ha avviato un programma di iniziative finalizzate al recupero ealla valorizzazione di beni storici, architettonici e culturali della Prima Guerra mon-diale. Questo provvedimento legislativo ha rappresentato l’occasione per poter offri-re uno strumento di stimolo a tutto il territorio, al fine di recuperare le testimo-nianze di una vicenda storica ancora viva e presente nel ricordo delle genti venete.Inizialmente, sono state quindi individuate e catalogate le testimonianze storicherappresentate dal patrimonio dei beni immobili ancora presenti sul territorio vene-to. Sono stati poi promossi interventi di recupero e ripristino di sentieri e altre infra-strutture, anche ai fini di una valorizzazione storica e turistico-ambientale. Con ini-ziative molto recenti e tuttora in corso sono stati incentivati interventi di recupero edi valorizzazione di beni immobili aventi correlazione con le operazioni militaridella Grande Guerra, compresi i Musei e le Raccolte pubbliche di cimeli.Durante l’ultimo decennio, anche in continuità con l’opera di sensibilizzazioneavviata con le iniziative regionali, molte progettualità sono state intraprese nellevarie realtà locali, con il concorso degli enti e delle istituzioni pubbliche interessate.Da non dimenticare il consistente apporto statale, attraverso i meccanismi dellalegge 7 marzo 2001 n. 78 “tutela del patrimonio storico della Grande Guerra”, i cuiinterventi si sono rivelati molto positivi per il territorio. Diversi interventi sono statiinoltre sostenuti nell’ambito di progetti che utilizzavano fondi europei e che hannoavviato reti di partenariato che ora andrebbero riattivate. Da ricordare, anche, lacostituzione di un Tavolo di Lavoro Interprovinciale istituito per il coordinamentodelle manifestazioni in occasione del 90° anniversario dell’Armistizio, cui hannoaderito le amministrazioni provinciali di Belluno, Treviso, Venezia e Vicenza, e cuila Regione ha già dato il proprio sostegno per iniziative condivise mirate alla valo-rizzazione delle memorie della Grande Guerra. Nella prospettiva delle celebrazioni per il Centenario 2014-2018, si è avvertita l’esi-genza di una strategia d’intervento che possa assumere ampio respiro, estesa nel ter-ritorio e concepita in modo tale da favorire la “messa a sistema” degli attori di oggie delle testimonianze storiche relative alla Grande Guerra nel Veneto. A tal fineoccorre dare priorità agli interventi di tipo complesso, che interessino diverse cate-gorie di beni e coinvolgano il maggior numero di enti e che risultino significativi perla più degna celebrazione dell’evento. È in particolare considerazione la finalità didare viva testimonianza dei valori umani e civili espressi nella memoria del conflit-to bellico, stimolando un approccio emozionale, con il coinvolgimento di un bacinod’utenza quanto più possibile ampio e diversificato. Lo scenario che maggiormente ha interessato le vicende belliche è ancora oggi for-temente intriso dalle testimonianze della Grande Guerra, che si manifesta in segnitangibili del territorio, quali forti, trincee, camminamenti, postazioni, strade e sen-tieri, cippi, cimiteri di guerra, sacrari e monumenti, con un forte potere evocativo edi connotazione dell’ambiente. Si respira ancora, dopo un secolo, la forte simbiosifra natura e storia: la guerra ha fortemente connotato l’ambiente, pur attraverso tuttii cambiamenti dell’ultimo secolo, rappresentando ancora, con la sua memoria, untessuto di forme e di opere straordinariamente leggibili, che, una volta riscoperte evalorizzate, forniscono un’importante chiave di lettura delle vicende della storia delnostro tempo. È proprio la consapevolezza della straordinaria consistenza e delleindubbie potenzialità del patrimonio dei segni lasciati dalla Grande Guerra che sti-mola a un’intesa interistituzionale ampia e condivisa, in grado di tradurne nelmigliore dei modi lo spirito e il grande significato di civiltà, rappresentato dalla cele-brazione del Primo Centenario della conclusione dell’evento bellico. Da qui la ricerca di nuove forme organizzative e aggregative, che da un lato sappia-no recepire gli esiti del lavoro finora compiuto, sia dalla Regione che dalle altre isti-tuzioni e associazioni presenti sul territorio, e dall’altro possano risultare efficaci neltentativo di pianificare un’azione quanto possibile organica e coerente, in modo daevitare la frammentazione dei progetti, così come il proliferare di proposte isolate ea sé stanti, non riconducibili a un contesto allargato. È dunque apparso prioritariopervenire a un accordo interistituzionale, i cui attori condividano la volontà di avvia-re un progetto comune per la costituzione di un Comitato per la celebrazione del

il veneto

e la grande guerra

Il dovere della memoria: verso il centenario della Prima Guerra mondiale(1915-1918)

Fausta BressaniDirigente regionale Direzione Beni CulturaliRegione del Veneto

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Fante italiano nelle trincee dell'Altopiano di Asiago, 1917 (in alto a sinistra)

Pattuglie nemiche sul Montello Padova, Museo Storico della III Annata, Sezione album (in alto a destra)

Bersaglieri in trincea a Cima Ekar, giugno 1918 (a destra, in centro)

Vedetta italianaPadova, Museo Storico della Terza Armata (in basso a sinistra)

Un soldato americano a colloquio con un fante italiano in riva al Piave(in basso a destra)

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Centenario della Grande Guerra, avente come finalità primaria la definizione e larealizzazione di un piano organico di preservazione, recupero e valorizzazione delletestimonianze materiali e immateriali, nonché del patrimonio di riflessioni condivi-se attinenti la Grande Guerra nella nostra regione. Il Protocollo d’Intesa per la costi-tuzione del Comitato è stato siglato dai rappresentanti della Regione, della Direzioneregionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e delle sette Province delVeneto in data 30 dicembre 2010 a Venezia. Tra gli obiettivi più importanti del Comitato Regionale Veneto per le Celebrazionidel Centenario della Grande Guerra, secondo quanto contenuto nel Protocollod’Intesa:

– l’avvio delle procedure per promuovere il riconoscimento internazionale dei luo-ghi e della memoria della Grande Guerra quale Patrimonio dell’Umanità UNESCO;

– l’esame degli effetti della legge statale 7 marzo 2001, n. 78 “Tutela del patrimo-nio storico della grande guerra”, della legge regionale 16 dicembre 1997, n. 43“Interventi per il censimento, il recupero e la valorizzazione di particolari benistorici, architettonici e culturali della Grande Guerra” e della legge regionale 14di cembre 2007, n. 35 “Norme per il sostegno delle associazioni combattentisti-che, d’arma e delle forze dell’ordine”, allo scopo di coordinare la programmazio-ne degli ulteriori interventi;

– l’elaborazione di un quadro conoscitivo unitario degli interventi finora promossisul tema della Grande Guerra, finalizzato a coordinare la programmazione diulteriori azioni e a sviluppare reti tra le realtà esistenti, per una reciproca valoriz-zazione;

– il supporto alla Regione nell’attività di coordinamento anche organizzativo del-l’attività di musei, nella prospettiva dell’istituzione dell’Ecomuseo della GrandeGuerra Veneto;

– la promozione di progetti finalizzati alla produzione di materiali didattici, da met-tere a disposizione delle scuole di ogni ordine e grado del Veneto;

– lo stimolo della Regione per la promozione di un Comitato Nazionale per leCelebrazioni del Centenario della Grande Guerra, in collaborazione con le istitu-zioni territoriali interessate al fronte italiano del conflitto (dal Trentino allaSlovenia);

– la promozione di un dialogo con altre realtà europee analogamente interessatealle vicende della Grande Guerra nello spirito della ricerca dei comuni valorieuropei.

Tra le prime iniziative poste in essere dal tavolo di lavoro, dopo la ricognizione e il cen-simento del patrimonio di memorie storiche relative al primo conflitto mondiale pre-senti in tutto il territorio regionale, si è proceduto alla stesura di un Documento pro-grammatico e organizzativo, a cura del Comitato scientifico, contenente una propostadi linee-guida e schema di lavoro per giungere a condividere uno strumento di dise-gno generale, all’interno del quale armonizzare concretamente progetti e attività. È inoltre prevista l’attivazione di un Comitato dei soci partecipanti, organismo cheavrà il compito di riunire tutti i soggetti, pubblici e privati, che desiderino contri-buire alle attività del Comitato del Centenario e alla realizzazione dei suoi intenti,offrendo apporti di natura finanziaria, operativa o intellettuale; ciò secondo il pro-gramma di iniziative che sarà varato dal Comitato esecutivo, e con le modalità indi-cate dallo stesso.Fra le altre iniziative intraprese nell’ambito del progetto per le celebrazioni delprimo centenario della Grande Guerra vi è la predisposizione di un masterplan, ovve-ro un documento-quadro che individui lo stato dell’arte sui diversi territori dal puntodi vista delle emergenze significative connesse al tema della Grande Guerra, dellanormativa che le regola, dello stato della viabilità, dei servizi di accoglienza turisticae quant’altro; il tutto avendo come punto di riferimento i luoghi e i percorsi nellesette Province del Veneto, così come individuati nella proposta programmatica ope-rativa elaborata dal Comitato scientifico. L’auspicio è che, con la collaborazione fra tutti i soggetti a diverso titolo competentio interessati, si possa giungere alla migliore valorizzazione di un patrimonio stori-co così importante per il nostro territorio.

La “Domenica del Corriere” del 10-17 novembre 1918. Una donna sventola la bandiera della vittoria italiana dalle macerie di una città liberata

La “Domenica del Corriere” del 17-24 novembre 1918. La Vittoria marcia con i soldati italiani, verso la conquista della pace

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Raffaello, Il Parnaso,particolare con Dante,

Omero e Virgilio, 1510-1511,

Città del Vaticano,Palazzi Vaticani,

Stanza della Segnatura

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recensioni e segnalazioni

opere generali

Strumenti di ricerca per gli archivi fra editoriatradizionale, digitale e in rete, a cura di Fran-cesca Cavazzana Romanelli, Stefania Fran-zoi, Domenica Porcaro Massafra, Trento,Provincia Autonoma di Trento, Soprinten-denza per i Beni librari, archivistici e ar-cheologici, 2012, 8°, pp. 220, ill., s.i.p.

La Regione Trentino riunisce in questa rac-colta una serie di riflessioni sulla salvaguar-dia e l’utilizzo degli archivi, proponendo gliinterventi tenutisi nel corso di due distinticonvegni internazionali – rispettivamente aCa’ Tron, in provincia di Treviso, e a Bari –e alcuni inediti, con il fine di fornire una vi-sione il più possibile ampia e completa deltema trattato. Gli archivi costituiscono unaparte importante del patrimonio culturaledel territorio e in quanto tali necessitano diuna cura specifica, a maggior ragione nellamisura in cui una corretta salvaguardia etrasmissione dei beni archivistici ne con-sentono un’agevolata fruizione e utilizzo. Le nuove tecnologie permettono di esseresfruttate in questo senso e sempre più evi-dente si fa l’esigenza di una catalogazioneprecisa del materiale, da rendere disponibi-le on-line. Sugli aspetti della informatizza-zione dei cataloghi si soffermano molti de-gli interventi qui raccolti, con particolare at-tenzione per la metodologia che sta dietro laprogettazione di sistemi informatici efficacie per quelle che sono le problematiche lega-te al diritto d’autore, in particolar modoquando alla catalogazione si affianca la di-gitalizzazione dei testi. Vengono propostialcuni casi concreti di innovazione in ambi-to archivistico, in particolare in area trenti-na, tra cui spicca l’allestimento dell’AST, si-stema informativo degli archivi storici delTrentino, nel quale sono confluiti progettidi catalogazione già avviati dalla Soprinten-denza in anni precedenti, qui ampliati e ra-dicalmente rinnovati. L’auspicio è che que-sto lavoro prosegua, entrando in relazionecon i sistemi archivistici nazionali per crea-re una piattaforma sempre più completa eaccessibile. | Arianna Volpini |

L’archivio in formazione: la gestione dell’ar-chivio corrente degli enti locali, Venezia, Re-gione del Veneto - Padova, Comune di Pa-dova, Settore Organi istituzionali e affarigenerali, Servizio archivistico comunale,2010, 8°, pp. 80, ill., s.i.p. (“Quaderni dei la-boratori archivistici”, 5).

Riuscire a gestire i propri archivi in manieraaggiornata ed efficiente rappresenta una sfida impegnativa ma sempre più necessa-ria per gli enti locali: una sfida che, natural-mente, riguarda da vicino anche il ricco pa-trimonio archivistico di una regione come ilVeneto, un ‘tesoro’ che deve essere reso real-mente fruibile per i cittadini, nonostante ledifficoltà economiche in cui versano attual-mente molti dei soggetti pubblici qui richia-mati. Questo volume, il quinto pubblicatonella collana “Quaderni dei laboratori archi-vistici”, curata da Andreina Rigon, respon-sabile Ufficio Archivi della Regione del Ve-neto, si inserisce all’interno di un percorsoche si propone di fornire linee guida e ma-teriali finalizzati alla realizzazione e alla ge-stione di sistemi documentali tecnicamenteevoluti, “al passo con i tempi”, raccogliendol’esito di un laboratorio incentrato sull’archi-vio corrente, svoltosi in collaborazione conl’Archivio generale del Comune di Padova,tra maggio e dicembre 2009. Si offre cosìun quadro generale delle attività e dei mate-riali dell’archivio, ripercorrendo in qualchecaso temi e problemi già affrontati ampia-mente in altre pubblicazioni della medesi-ma collana. Dopo una prima parte dedicataa nozioni più generali relative all’utilità e alfunzionamento dell’archivio e alla sua conti-nua formazione in fieri, il volume presentauna parte dedicata alla registrazione, alla se-gnatura e alla classificazione e un’altra cheapprofondisce la fascicolazione. La carrellata si conclude con alcuni esempidi lavoro che risulteranno utili soprattuttoper quanti si accostano al settore, semprenell’ottica sottolineata da Andreina Rigon:“L’archivio corrente troppo spesso è ‘terra dinessuno’, spazio non governato, ove speri-mentare applicativi informatici e usare sin-goli strumenti archivistici, senza un disegnocomplessivo che esalti il suo ruolo entro ilquadro organizzativo dell’ente stesso”. Eccoperché “Un approccio sistematico alle te-

matiche dell’archivio implica pertanto, invia preliminare, una profonda conoscenzadell’organizzazione, delle funzioni e deiprocedimenti propri dell’ente stesso”. | Sara Pierobon |

La consultabilità dell’archivio: accesso internoed esterno all’archivio degli enti locali, Vene-zia, Regione del Veneto - Padova, Comunedi Padova, Settore Organi istituzionali e af-fari generali, Servizio archivistico comuna-le, 2011, 8°, pp. 80, ill., s.i.p. (“Quaderni deilaboratori archivistici”, 6)

Come ricorda nella sua presentazione il Vi-cepresidente e assessore regionale MarinoZorzato: “La tematica dell’accesso agli archi-vi, e più in generale a tutti i beni culturali, ri-veste un interesse fondamentale per il go-verno del nostro patrimonio culturale, chepuò essere percepito come tale solo nel mo-mento in cui è realmente fruibile da tutti”.Questo sesto “Quaderno dei laboratori ar-chivistici” conferma l’impegno dell’ente re-gionale su questo fronte e si sofferma suquelli che sono gli aspetti giuridici, tecnico-scientifici e deontologici della consultabilitàarchivistica, per poi approfondire le modali-tà di accesso esterno per fini giuridico-am-ministrativi all’archivio e le tematiche adesso legate: privacy, possibilità di reperirecopie di atti e documenti. Una seconda par-te del volume è dedicata alle modalità e pos-sibilità di accesso di esterni all’archivio perfini storico-scientifici: oltre a un excursussulla legislazione corrente in materia diconsultabilità dei documenti d’archivio perquesti fini, vengono fornite utili informa-zioni in merito alle limitazioni di consulta-bilità, riguardanti sia le persone fisiche chei documenti. Una terza parte è poi dedicataalle modalità di accesso interno ai dati ar-chivistici, con la debita attenzione alle pro-cedure e agli strumenti necessari. Il volume si chiude con un’appendice recan-te esempi e materiali utili per le richieste diaccesso esterno e interno ai contenuti ar-chivistici e vari esempi di timbri da utilizza-re per ogni tipo di copia. | Sara Pierobon |

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recensioni e segnalazioni

STENO ZANANDREA, Il Museo del Risorgimen-to di Treviso. Storia e vicende, con uno scrittodi Enzo Raffaelli, con la collaborazione diStefano Fumarola e Andrea Castagnotto,Treviso, ISTRIT, 2012, 8°, pp. 128, ill., s.i.p.

Anche in una realtà come il Veneto l’epopearisorgimentale ottocentesca è stata all’origi-ne di una significativa eredità di luoghi e dimemorie “concrete” sparse sul territorio:un esempio è dato dal Museo del Risorgi-mento di Treviso, di cui Steno Zanandrearicostruisce storie e vicende in questo agileexcursus. Il volume costituisce infatti unsintetico ma attento studio della storia delMuseo del Risorgimento trevigiano, conce-pito passando al vaglio i carteggi, i cataloghidelle mostre, le fonti bibliografiche e quellegiornalistiche. Come ricorda l’autore nellasua premessa metodologica alla ricerca, ilsuo contributo non vuole vantare alcunapretesa di esaustività rispetto alla vicendacomplessiva del museo trevigiano, ma vuo-le piuttosto cercare di suggerire alcuni iti-nerari ‘documentari’ più utili alla ricostru-zione di una storia che abbraccia ormai unlungo arco temporale.Il volume si sofferma in particolare sui pro-getti di don Luigi Bailo (1835-1932), fondato-re del Museo e suo primo direttore, il qualeaveva ipotizzato di poter creare un Museodel Risorgimento Nazionale nel capoluogodella Marca già dal primo Novecento, svol-gendo sul territorio un’accurata politica diacquisto e richieste di donazioni. Zanan-drea affronta così nel suo scritto le alternefortune del Museo in seguito alla direzionedi Bailo, e non manca di fornire un minu-zioso elenco degli aggiornamenti inventa-riali, delle mostre allestite e della rassegnastampa relativa all’ente. Conclude il libro uninteressante apparato iconografico, che sisnoda tra le fotografie di personaggi impor-tanti, le immagini di oggetti custoditi nel museo e le riproduzioni di lettere che attesta-no successive donazioni. | Gessica Indorato |

filosofia

storia della scienza

SANDRA CASELLATO, Per la storia della Facoltàdi Scienze in Italia: le Scienze naturali a Pa-dova (1734-1964), con la collaborazione diCinzio Gibin, Padova, Cleup, 2008, 8°, pp. 96, ill., s.i.p.

Il volume di Sandra Casellato, realizzato incollaborazione con Cinzio Gibin e dedicatoalla storia della Facoltà di Scienze patavina,

ha inaugurato la “Collana per la Storia dellaFacoltà di Scienze matematiche, fisiche, na-turali dell’Università di Padova”. Nelle in-tenzioni dell’autrice, la ricerca mira a pre-sentare una sintetica quanto dettagliata ri-costruzione della storia degli insegnamentidi Scienze della natura nell’Ateneo, dal bat-tesimo ufficiale della Facoltà di Scienze nelnuovo stato italiano unitario (1873) fino aglianni Sessanta del XX secolo, ma tenendoanche conto degli importanti sviluppi scien-tifici e disciplinari legati al secolo dei lumi ealle sue molteplici innovazioni culturali(non casualmente il libro si apre con una ci-tazione di Goethe dalle sue Massime e rifles-sioni: sulla natura e le Scienze naturali), cheportano anche lo Studio di Padova a istitui-re per la prima volta una specifica cattedradedicata alla Storia naturale, affidata allecure di Antonio Vallisneri junior. Infatti, ènel 1734 che viene attivato un nuovo inse-gnamento all’interno della facoltà medica,che dal 1759 assumerà la denominazioneAd Naturalem Historiam. Una data impor-tante, che segna anche simbolicamente l’i-nizio di una pagina inedita e affascinanteper l’Università padovana, destinata a ospi-tare protagonisti di assoluto rilievo, dal Val-lisneri, appunto, fino a Canestrini, Enri-ques, Pasquini, D’Ancona, e a essere sem-pre più sede significativa del dibattito scien-tifico. L’Appendice che chiude il volume ri-porta una serie di dati statistici sui numeridegli studenti iscritti e su quelli laureati nel-le scienze naturali. | Diego Crivellari |

Keplero e Galileo, Atti del convegno (Padova,18-19 maggio 2009), a cura di Piero Rafa-nelli e Marco Caroli, Padova, Esedra, 2010,8°, pp. 96, ill., e 16,00.

Nel 1609 Galileo Galilei punta per la primavolta un cannocchiale verso il cielo, dandoavvio all’osservazione sistematica dei feno-meni celesti; nello steso anno, Johannes Ke-pler pubblica l’Astronomia Nova, il primotrattato di astronomia teorica moderna. Perquesto motivo, a distanza di quattrocentoanni, il 2009 è stato dichiarato dall’UNESCO

Anno internazionale dell’Astronomia, dan-do vita a numerose iniziative. In Italia, l’Ac-cademia Galileiana di Scienze Lettere edArti di Padova, presieduta da Oddone Lon-go, ha colto l’occasione per promuovere, conla collaborazione della Österreichische Aka-demie der Wissenschaften di Vienna, unconvegno di studi internazionale incentratosull’“incontro” fra Galilei e Keplero, i cui in-terventi sono ora riuniti in questo volume.A emergere è la particolare relazione tra i

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recensioni e segnalazionirecensioni e segnalazioni

due, o meglio, la mancanza di un rapportocontinuativo e produttivo, limitato piuttostoa una corrispondenza esigua e che denotauna scarsa attenzione da parte dell’italianoalle scoperte scientifiche di Keplero. Spiccain particolar modo l’ostentata noncuranzadi Galileo nei confronti della teoria delle or-bite ellittiche, tradizionalmente spiegatacon motivazioni di ordine personale e psi-cologico, che qui invece viene riletta attra-verso un preciso studio delle carte che rive-la come Galilei sentisse una fondamentaledistanza rispetto al collega tedesco – sebbe-ne entrambi si dichiarassero copernicani –nella cui opera non vedeva l’applicazione diun metodo coerente, quanto piuttosto unprocedere filosofico e non oggettivo, nonabbastanza scientifico diremmo oggi, chenon supportava quindi sufficientemente letesi proposte.Al di là del complesso rapporto tra i due, l’o-pera offre una panoramica delle due genia-li personalità che hanno dato nuovo corsoalla scienza e all’astronomia, tra i primi chepossono essere qualificati – propriamente –moderni. | Diego Crivellari |

storia della chiesa

ADOLFO OTTOLENGHI, Scritti rabbinici, a curadi Elisabetta Ottolenghi, Padova, Esedra,2012, 8°, pp. 112, ill., e 12,00.

Non un semplice omaggio familiare, ma uncontributo importante alla conoscenza dellafigura e dell’opera del rabbino Adolfo Otto-lenghi. È questo il secondo volume dedicatoda Elisabetta Ottolenghi al nonno, che haguidato la Comunità ebraica di Venezia du-rante la Prima e la Seconda Guerra mon-diale, poi deportato e morto ad Auschwitznel 1944. In seguito alla pubblicazione de La scuolaebraica di Venezia, attraverso la voce del suorabbino negli anni 1912-44, il ritrovamento dialcuni manoscritti inediti del rabbino tra lemura di casa ha dato occasione alla curatri-ce di tornare a riflettere sulla notevole per-sonalità di Ottolenghi: “Ho voluto ridarevita finalmente a questi scritti, che mi han-no aiutato a capire la psicologia e la dignitàdi un uomo, travolto dalla storia”. Vengonodunque qui riprodotti gli appunti e i discor-si di Ottolenghi così come sono riemersidalle sue vive carte: si tratta di discorsi, ser-moni, lezioni e commemorazioni destinatia essere letti pubblicamente, connotati dauno stile oratorio perennemente alla ricercadi un contatto con l’uditorio.

Il volume è diviso in due parti: la primacontiene tutti gli scritti relativi alle “com-memorazioni di tre Maestri-Rabbini”, figu-re che pur appartenendo a epoche moltolontane tra loro risultano emblematicamen-te legate l’un l’altra e al rabbino Ottolenghi;la seconda parte contiene invece scritti de-dicati ai principi dell’ebraismo: il proseliti-smo, il profetismo, il precetto dello Shabbat(esaltazione del “giorno sacro”).Il volume si conclude con una biografia delrabbino, composta in occasione del cente-nario della nascita (1885-1985) dal figlioCarlo Ottolenghi, e con una inedita testi-monianza degli ultimi mesi di vita (1944),opera della moglie Regina.Il libro è illustrato da alcune fotografie deiluoghi più cari al rabbino Ottolenghi: le Sinagoghe di Venezia, la Scuola cui egli sidedicò con tanta passione, l’antico Cimiteroebraico del Lido. | Gessica Indorato |

EZIO FILIPPI, Don Francesco Oliboni. Un asce-ta in missione. Lettere dall’Africa (1857-1858),Verona, Casa editrice Mazziana, 2012, 8°,pp. 91, ill., s.i.p.

Le notizie relative alla biografia di don Fran-cesco Oliboni possiedono qualche marginedi incertezza, a partire dalla data e dal luogodi nascita del religioso: non più, come si erafinora ritenuto, S. Pietro in Cariano (Vero-na) il 25 marzo 1825, bensì Parona (Verona)il 29 marzo dello stesso anno. Certa è inve-ce la data della sua ordinazione sacerdotale,avvenuta nel settembre 1849. Don Olibonisi impegnò nell’insegnamento presso il li-ceo “Scipione Maffei” di Verona, curandotra mille difficoltà – anche economiche – laformazione degli studenti, per poi privile-giare soprattutto la sua vocazione missiona-ria in Africa, secondo l’esempio di donMazza, che gli avrebbe indicato la strada perportare nel continente nero religione e civil-tà, all’insegna di una metodologia precisache prevedeva, prima ancora di partire perterre lontane, lo studio della lingua e dei co-stumi degli abitanti del luogo scelto.Le ventidue lettere pubblicate nel libro sonouna testimonianza notevole della qualità dellavoro di don Oliboni: ben quindici sono in-dirizzate a don Francesco Bricolo, suo amico,collega e successore nella carica di rettore del-l’Istituto Maffei e che, come tale, seguivapersonalmente i ventidue moretti che donMazza aveva accolto dall’Africa; tre sono ri-volte allo stesso don Mazza; le rimanentisono destinate ai confratelli di Verona. Datutte le lettere emerge una personalità riccae scrupolosa nell’azione missionaria, deter-

immagine tratta da Keplero e Galileo

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recensioni e segnalazioni

minata non tanto dagli studi, o dalla specu-lazione teorica, quanto da un preciso idealedi vita, di cui parti di riferimento immanca-bili rimasero la fede in Dio e la figura didon Mazza.Don Oliboni si mostrò capace di sfruttare almeglio anche le novità del progresso, comeil telegrafo, che gli permetteva di trasmette-re rapidamente le notizie, dimostrandosi at-tento soprattutto nei confronti dei giovani, acui amava dedicare i propri sforzi, tanto dacomporre per loro una oratio hortativa, scrit-ta in un latino elegante e raffinato, dove,dopo aver indicato quae sint fugienda, pro-spettava quae sint facienda. In particolare don Oliboni insiste sull’impor-tanza della cultura, soprattutto italiana e lati-na; secondo lui la Divina Commedia di Danteè “una enciclopedia, una fontana inesauribi-le di sapienza, è il libro per eccellenza”. Ilpensiero del religioso descrive chiaramente ilsuo stile di vita, che voleva conformarsi intutto e per tutto all’esempio di don Mazza:mettere da parte i propri desideri per dedi-carsi ad affrontare con coraggio e fermezzaogni difficoltà. | Giuseppe Iori |

Don Guido Beltrame. Pastore e ricercatore, a cura di Franco Benucci, Padova, Cleup,2012, 8°, pp. 519, ill., e 23,00.

Nel decennale della morte, la famiglia ha vo-luto ricordare la vita e l’opera di don GuidoBeltrame attraverso la realizzazione di un’o-pera che si propone di presentare degna-mente un importante personaggio nella sto-ria di Padova: sacerdote e parroco per trenta-nove anni della parrocchia di San TommasoBecket, ma anche appassionato e valido stu-dioso della storia religiosa e artistica dellaDiocesi e, infine, protagonista della Resi-stenza a Padova. Gli interessi di don GuidoBeltrame spaziavano dall’archeologia all’arte,dalla toponomastica alla storia, dimostran-do in ogni campo la sua straordinaria capa-cità di ricercatore delle fonti negli archivi enelle biblioteche. Nel 1998 il Sindaco di Padova gli ha conse-gnato il Sigillo della Città e, nel corso deglianni, anche i Comuni dove egli ha operato(Cartura, Battaglia e Maserà) lo hanno cele-brato pubblicamente. Già nel 1992, sollecitato da più parti, donGuido aveva pubblicato la sua autobiogra-fia, dal titolo La mia parabola, in forma promanuscripto, e quindi destinata a una ridot-ta circolazione. Ora invece il testo è stato ri-visto e rielaborato, lasciando spazio anchealle testimonianze di coloro che l’hanno co-nosciuto e apprezzato. Tutti coloro che

l’hanno frequentato sono infatti concordinel sottolineare come con lui il dialogo fos-se sempre fecondo e vivo, qualunque fosseil tema trattato, e come egli avesse la capa-cità di scrivere “in fretta” ciò di cui si parla-va, ma con un linguaggio ineccepibile per ilsuo rigore scientifico. Valgano come esem-pio solo due degli aspetti dell’opera multi-forme di don Guido: nel 1944 avvenne lapubblicazione del suo Catechismo sociale.Sociologia: ordinamento sociale, economia so-ciale, questione sociale, un testo che, pur ac-colto con molto sospetto negli ambienti del-la Repubblica di Salò, si diffuse in tutte lediocesi del Veneto e che ancor oggi conser-va appieno la propria attualità. Una delle molteplici attività di don Guidonel dopoguerra riguardò invece l’impegnoper la riqualificazione del “Castello” di Pa-dova. Dopo il trasferimento del carcere aiDue Palazzi, si discusse di come avrebbepotuto essere riutilizzato l’edificio in que-stione, un vero e proprio gioiello architetto-nico: don Guido si interessò del problema evolle esprimersi anche su questa imponen-te struttura, attraverso un opuscolo divulga-tivo che è considerato ancor oggi attuale sot-to il punto di vista storico-scientifico e fon-damentale per il pieno recupero del Castel-lo carrarese. | Giuseppe Iori |

scienze sociali

GIUSEPPE TONIOLO, I cattolici e la società. Pro-poste per un nuovo impegno, prefaz. di Gio-vanni Paolo Benotto, itroduz. di DaniloD’Angiolo, Pisa, Ipemedizioni, 2011, 8°, pp. XXXII-334, e 30,00.

Giuseppe Toniolo (1845-1918) è stata unapersonalità di grande rilievo nella storia ve-neta e italiana dal secondo Ottocento finoalla Prima Guerra mondiale.Proprio in questo contesto bellico si collocaanche il magistero di papa Benedetto XV,che rilancia più volte durante il suo pontifi-cato l’appello alla pace tra i popoli e che ri-mane, insieme a Leone XIII e a Pio X, unpreciso punto di riferimento del pensiero edella produzione di Toniolo.Nel volume Toniolo affronta quattro grandiargomenti, che vengono sviscerati con note-vole acume. Il primo riguarda i temi dellaPersona, della Famiglia, della Scuola e del-l’Autonomia Comunale, considerati impor-tanti capisaldi del problema sociale all’ini-zio del Novecento, come dimostra l’analisiprecisa che Toniolo compie anche in rela-zione al II Congresso cattolico italiano degli

immagini tratte da Don Francesco Oliboni. Un asceta in missione...

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studiosi di scienze sociali (1896). Il secondoargomento riguarda la necessità di promuo-vere le associazioni cattoliche operaie “pro-letarie”, sia maschili che femminili, in unmomento storico in cui i cattolici eranoesortati a non partecipare alla vita dello stato italiano in seguito al “non expedit” diPio IX: la lungimiranza di Toniolo risaltaevidente da ogni pagina dei suoi interventi,in cui egli precisa tutta una organizzazioneriguardante le unioni professionali nei loroprincipi informativi, nei loro uffici e ordi-namenti sociali, economici, giuridico-poli-tici, dinanzi allo Stato e nelle loro finalitàetico-religiose. L’Ordinamento Professionale e lo Stato af-fronta un tema delicato e che già allora fecemolto discutere: si sostiene che non si trat-ta di approvare il principio di “sovranità delpopolo”, perché per l’autore “ogni autoritàviene da Dio”, per cui i cattolici proclamanoche il referendum si debba applicare soprat-tutto nelle questioni morali e civili e espres-samente religiose.L’ultimo capitolo sposta infine l’accento suiproblemi delle Comunità Internazionali,dove Toniolo auspica la “concordia della co-scienza pubblica” affinché siano risolti paci-ficamente i problemi che la guerra avrebbelasciato in eredità. | Giuseppe Iori |

OMAR FAVARO - GIUSEPPE SACCÀ, Dizionariobiografico dei politici veneziani. Profili di Am-ministratori, 1946-1993, Mestre (VE), Fonda-zione Gianni Pellicani, 2011, 8°, pp. 240,ill., s.i.p.

Il volume è un primo importante tassello diuna più complessa operazione di scavo e ri-cerca, come viene ricordato nell’introduzio-ne da Nicola Pellicani: la realizzazione del-l’Atlante storico politico veneziano promos-so dalla stessa Fondazione Gianni Pellicani.In questo dizionario troviamo un centinaiodi schede biografiche, curate da due giovanistorici veneziani, Omar Favaro e GiuseppeSaccà, che ripercorrono le vicende di moltidei principali protagonisti della vita politicadella città lagunare dal dopoguerra fino aglianni Novanta: sindaci, amministratori, diri-genti di partito, consiglieri regionali, depu-tati, ministri... Una fitta serie di vicende e diparabole più o meno fortunate che, indiret-tamente, ricostruisce anche una panorami-ca interessante della politica veneziana e ve-neta, evidenziando come nel corso della sto-ria repubblicana proprio la città di Veneziasia spesso stata un laboratorio politico a tut-ti gli effetti, un crocevia di alleanze e diesperimenti amministrativi capace di anti-

cipare evoluzioni di ben più vasta portatadello scenario nazionale, come nel caso delprimo centrosinistra e della famosa “aper-tura a sinistra” della DC, ma anche in segui-to, fino all’epoca delle cosiddette “giunterosse” e poi al pentapartito, e ancora finoalla stagione dell’elezione diretta del sinda-co e della crisi dei partiti tradizionali, che inlaguna vede prevalere l’astro di MassimoCacciari. Nell’insieme, dunque, il diziona-rio promosso dalla Fondazione funziona siacome utile strumento di ricerca e di consul-tazione che come riepilogo, sommario madenso di spunti, di una pagina importantedella storia veneziana, collezione di ritratti edi personaggi pubblici che hanno lasciatoun’impronta nella Venezia novecentesca.| Diego Crivellari |

Gianfranco Scarpari, una vita narrata. Scrittie testimonianze, Adria (RO), Apogeo, 2009,8°, pp. 216, ill., s.i.p.

Il libro rappresenta un omaggio alla figurarecentemente scomparsa di Gianfranco Scar-pari, uomo che ha segnato con la propria attività di ingegnere, politico, giornalista escrittore la storia di Adria nella secondametà del Novecento: un omaggio sul filodella nostalgia che evidenzia i profondi le-gami di Scarpari con la città natale e ne se-gue con precisione il percorso esistenziale,caratterizzato, soprattutto nell’ultima fase,dalla vocazione per la narrativa che lo haportato a scrivere opere come Valzer impe-riale, Gli alberi della memoria e i raccontibrevi di Una corsa nel tempo, con cui avreb-be poi vinto il premio Settembrini. Narrati-va che si accompagna a una serie di signifi-cativi volumi (Le Ville venete, La casa rusticain Polesine, Il Delta del Po: civiltà e natura,Vivere nel Delta, quest’ultimo con le imma-gini di Fulvio Roiter) che in precedenza era-no apparsi come corollario e compimentodi una inesausta attività di studio e di pro-mozione di un territorio particolare comequello polesano, affiancando l’impegnoprofessionale e quello pubblico di ammini-stratore ed esponente del Partito liberale.Tra vecchi articoli, cronache, ricordi, brani trat-ti dalle opere di narrativa, interviste e testi-monianze di amici e personaggi che hannoincrociato Gianfranco Scarpari negli anni, ilvolume non solo si rivela di gradevole lettu-ra, ma offre la possibilità di avvicinare da di-verse prospettive e punti di vista il mondodell’autore polesano. | Diego Crivellari |

Governare scienza e tecnologia. Un’introdu-zione al quadro normativo, a cura di Mile-na Bigatto, Venezia, Observa Science inSociety - Istituto Veneto di Scienze, Lette-re ed Arti, 2011, 8°, pp. 143, ill., e 10,00.

La nascita e lo sviluppo delle politiche euro-pee per la ricerca risalgono al 1952, quandofu firmato dai sei paesi fondatori, vale a direil Belgio, i Paesi Bassi, la Francia, l’Italia, ilLussemburgo e la Repubblica federale tede-sca, il Trattato costitutivo della ComunitàEuropea (CECA) che creava un mercato co-mune nei settori del carbone e dell’acciaio,considerati strategici per la ricostruzioneindustriale del secondo dopoguerra. Neglianni successivi, l’Europa ha allargato pro-gressivamente il suo campo d’azione finoall’ultimo atto di Lisbona (2009), allargato a27 Stati membri. Collateralmente ai Trattatipolitici ed economici si sono affiancati iprogrammi comuni di mobilità degli stu-denti e dei professori delle università e del-le scuole superiori (soprattutto i programmiErasmus), che hanno gettato le basi per unanuova e generale consapevolezza della ne-cessità di interrelazione sovranazionale, an-che a livello culturale, dello studio, della ri-cerca e dello sviluppo.Il presente volume si caratterizza come un va-demecum di base per chiunque sia interessatoal problema, quindi anche i cittadini del Ve-neto possono trovare indicazioni precise e uti-li per muoversi con agio nei vari settori diazione. L’opera è divisa in 7 capitoli: Nascita esviluppo delle politiche europee per la ricerca; Go-vernance e Finanziamenti; Mobilità dei ricerca-tori; Tutela della proprietà intellettuale; Ricerca epolitiche di genere; Risorse. Un utile Glossariofinale e l’indice dei principali acronimi in usoin Europa aiutano il lettore a orientarsi meglionella propria ricerca e nelle proprie scelte,agevolate anche da una bibliografia di baseche arriva fino al 2010. | Giuseppe Iori |

Governo del Territorio e Attualità dei PoteriRegionali. Emilia-Romagna, Lombardia e Ve-neto a confronto, atti del convegno (Padova,21 gennaio 2010), a cura di Marino Bregan-ze e Patrizia Marzaro, Venezia, Regione delVeneto, 2011, 4°, pp. 272, ill., s.i.p.

Il volume si divide in due sezioni, la primadelle quali raccoglie gli atti del convegnosvoltosi a Padova, che ha voluto offrire unapprofondimento del ruolo sempre più cen-trale che le regioni vanno acquistando nellapianificazione del territorio e ha voluto esse-re punto d’incontro tra Veneto e Regionicontermini. Un ruolo centrale e trasversale

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ai diversi interventi è assunto dal PTRC, Pia-no territoriale regionale di coordinamento,che sempre più perde le caratteristiche di unpiano tradizionale per divenire, invece, uncontenitore in continuo aggiornamento, chetenga presente, nella progettazione territo-riale, anche la dimensione sociale e umana,da esso inscindibili. All’introduzione di Ma-rino Breganze, che suggerisce la necessitàche la Regione si coordini sempre più con lamolteplicità di enti che sorgono sul territo-rio, seguono gli interventi di Roberto Casa-rin e Patrizia Marzaro dedicati alle particola-rità del Veneto, di Emanuele Boscolo e Lui-sa Pedrazzini sulla pianificazione in Lom-bardia, di Girolamo Sciullo e Giancarlo Polisulla situazione in Emilia-Romagna e diSandro Amorosino e Francesco Curato cheaffrontano problematiche trasversali.Segue la seconda sezione, contenente la selezione delle norme, nazionali e delle re-gioni coinvolte, che vanno a regolamentare la gestione del territorio e il protocollo d’in-tesa stipulato tra Ministero per i beni e le attività culturali e Regione del Veneto. | Diego Crivellari |

Venezia. Immagine, futuro, realtà e problemi,parte degli atti del convegno (Venezia, 6-7 no-vembre 2008), a cura di Gherardo Ortalli,Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettereed Arti, 2011, 8°, pp. 80, ill., e 10,00.

Il volume raccoglie alcuni degli interventiche si sono tenuti durante il convegno “Ve-nezia. Immagine, futuro, realtà e problemi”nel 2008, iniziativa che si proponeva comeincontro aperto e che voleva proseguire la li-nea, già perseguita dall’Istituto Veneto, diattenzione alla realtà urbana e paesaggisticadi Venezia. Proprio per la natura in fieri dell’iniziativa,essa non prevedeva una pubblicazionestrutturata che raccogliesse tutti i contribu-ti del convegno, ma l’inaspettato successodelle due giornate di discussione ha datoluogo alla pubblicazione di una prima partedegli interventi negli “Atti” della Classe diScienze morali, Lettere ed Arti dell’IstitutoVeneto, e di una ulteriore selezione in que-sta pubblicazione autonoma.Si possono così leggere le osservazioni diAnna Ottani Cavina sull’arte veneziana (La città dipinta. Anomalia di Venezia), quel-le di Sergio Perosa sulla letteratura che vedela città lagunare protagonista (Venezia, im-magine e mito nella letteratura dell’Otto-Nove-cento), quelle di Massimo Cacciari sulla sto-ria urbana (Venezia: il Progetto di città), e an-cora le riflessioni di Wolfang Wolters in

merito alla visione di Venezia propagandatadai media oltre l’Italia (La ricezione della real-tà veneziana nei mass-media di lingua tede-sca), quelle di Giovanni Castellani rispettoalla molteplicità di ruoli e di facce della cit-tà lagunare nella storia (Quale Venezia?), einfine le proposte di Shaul Bassi per un rin-novamento della gestione politica e cultura-le della città (Rinnovare Venezia nella societàdella conoscenza).Il volume sintetizza così le principali que-stioni che oggi interessano la realtà venezia-na, a partire dagli aspetti socio-economici eamministrativi legati al forte calo di popola-zione residente e alla minore incidenza eco-nomica del turismo cittadino. Chiude il volu-me il programma completo delle due giorna-te di studi che hanno celebrato degnamenteil bicentenario (1810-2010) dell’originarioIstituto Reale di Scienze, Lettere ed Arti, oggiIstituto Veneto. | Susanna Falchero |

MASSIMO MALVESTIO, Mala gestio: perché i ve-neti stanno tornando poveri, Padova, Nord-esteuropa editore - Venezia, Marsilio, 2010,8°, pp. 139, ill., e 10,00.

Massimo Malvestio, collaboratore e opinio-nista del “Corriere del Veneto”, raccoglie inquesto volume una selezione di articoli,scritti nell’arco di otto anni, incentrati sullemotivazioni che hanno portato il Veneto aperdere la sua funzione di locomotiva. Nelgiro di pochi anni il Veneto ha perso lemaggiori banche – che non fossero quelle“popolari” –; le grandi opere realizzate (aparte il ben noto Passante di Mestre) sonostate poche; la regione è stata esclusa dal-l’Alta Velocità.Gli articoli sono suddivisi in tre capitoli. Il primo è imperniato sull’annosa quaestiodel federalismo, ambito nel quale le discus-sioni si sono sprecate, senza mai giungere a qualcosa di concreto su cui impostare lasoluzione del problema. Anzi il Veneto (sia-mo già al secondo capitolo) è attualmentesottoposto a continue spinte centrifughe, siaverso il Friuli-Venezia Giulia sia verso ilTrentino-Alto Adige, come dimostra l’esem-pio dell’Altopiano di Asiago. Il terzo e ulti-mo capitolo riguarda gli avvenimenti più re-centi, trattando del problema delle Fonda-zioni bancarie, a proposito delle quali Mal-vestio sostiene che “la gestione del patrimo-nio dovrebbe costituire per loro un mezzoper coltivare i propri scopi istituzionali”.| Giuseppe Iori |

immagine tratta da Venezia. Immagine, futuro...

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IVONE CACCIAVILLANI - ENRICO GAZ - CON-SUELO MARTELLO - ELISA TOMASELLA - GIAN-DOMENICO ZANDERIGO ROSOLO, Manuale diDiritto Regoliero, prefaz. di Gian CandidoDe Martin, Belluno, Istituto Bellunese di Ri-cerche Sociali e Culturali, 2010, 8°, pp. 189,e 15,00 (“Diritto Regoliero”, 2).

Il “Diritto regoliero”, come afferma nellasua Presentazione Gian Candido De Martin,vuole essere uno strumento utile ed effica-ce nelle scelte urbanistiche e di promozionesocio-economica del territorio, come preve-de espressamente l’art. 14 della Legge Re-gionale Veneta del 19 agosto 1996, n. 26. Si tratta cioè di cogliere il nesso esistentetra la natura in un certo senso “privata” del-le regole e l’interesse generale, strettamen-te collegato al regime tradizionale dei benidel patrimonio antico, indivisibile, inaliena-bile e vincolato nella destinazione.Si tratta, infatti, di salvaguardare la stessasopravvivenza della montagna, che o è affi-data ai suoi abitanti oppure è destinata a es-sere fagocitata dal turismo di colonizzazio-ne; in questo senso, vengono pubblicatiquattro contributi, affidati ad altrettanti spe-cialisti. L’esperienza in materia della Magni-fica Comunità di Fiemme ha chiarito che ilmodello di forme stabili di associazione ge-stionale può essere capace di collegare inmodo organico l’esperienza del passato conle prospettive dinamiche del futuro.Si parte dunque da un utile inquadramentostorico di Ivone Cacciavillani, che riporta treesperienze del passato (Il Cadore e le vallatebellunesi, che risale fino al 923 d.C.; La Reg-genza dei Sette Comuni dell’Altopiano di Asia-go, istituita nel 1642; La derivazione longo-barda, espressamente citata in una Senten-za del Consiglio di Stato nel 1964). SempreCacciavillani illustra con dovizia di partico-lari gli elementi costitutivi del “regime re-goliero”, soprattutto per quel che riguardal’azione popolare. Segue una precisa Analisi comparata degliStatuti, a cura di Elisa Tommasella e di Con-suelo Martello, che si riferisce all’evoluzionestorica del Diritto regoliero, alle sue finalità,alla titolarità, agli organi delle Regole, al fun-zionamento e alle competenze dei vari Or-gani, ai Regolamenti e ai diversi Incarichi digoverno, alla gestione del patrimonio. Giandomenico Zanderigo Rosolo, partendoda due documenti (uno di San Vito del1540, il secondo di Domegge del 1768), ri-percorre con ampie citazioni storiche la sto-ria delle Regole fino ai giorni nostri, dallaquale traspare una precisa continuità trapassato e presente. Infine, Ivone Cacciavil-lani ed Enrico Gaz analizzano in modo pre-ciso e documentato la Legge Regionale so-pra citata, dalla quale emerge chiaramenteil valore della personalità giuridica delle Re-

gole nel diritto contemporaneo.Un utile“Glossario” che collega i termini usati nel pas-sato e quelli del presente chiude il volume. | Giuseppe Iori |

Per l’Italia. 150 anni di cittadinanze attive, a cura di Guido Turus e Lorenzo Capalbo,Padova, Esedra, 2011, 8°, pp. 535, ill., s.i.p.

Il volume prende le mosse dalla celebre af-fermazione di Massimo D’Azeglio, che sitrova in molti libri di storia, scritta o pro-nunciata nel 1861, “Il primo bisogno d’Ita-lia è che si formino Italiani dotati d’alti eforti caratteri. E pure troppo si va ogni gior-no più verso il polo opposto: purtroppo s’èfatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani”.Sono passati 150 anni da quando l’Italia èstata unificata, anche se non completamen-te, ma la questione posta da D’Azeglio è va-lida anche oggi, come si vede dalle molteanalisi sul concetto di “italianità vera” sullaquale prevalgono le molteplici forze centri-fughe che dilaniano il nostro paese. Nonper niente nel risvolto di copertina si leggeun pensiero che non è affatto uno slogan:dalla storia ai valori; dai valori alle azioni.Questo libro si propone quindi di porre aconfronto due concetti; quello squisitamen-te politico e quello basato sul sentimentodella legalità. Viene così riproposto il mon-do del volontariato, modello per la forma-zione del senso di appartenenza allo stato:l’impegno civile, politico, sociale e culturaledovrebbero contribuire a realizzare un’Ita-lia veramente unita. In questo emergono lefigure di molti protagonisti veneti di nasci-ta o legati al territorio veneto tra Ot to e No-vecento: Stefania Omboni, Giusep pe Tonio-lo, Luigi Luzzatti, Antonietta Giacomelli, Idad’Este, Antonio Cortese, Vittorino Veronese,Ezechiele Ramin... al fianco di figure piùuniversalmente note come Nilde Iotti o Al-tiero Spinelli. Ecco che vengono analizzatidagli studiosi che hanno contribuito alla rea-lizzazione dell’opera i grandi temi del -l’educazione e della formazione, accanto alruolo e alla funzione di venticinque grandiitaliani che “furono capaci, ognuno con lapropria sensibilità, ognuno rispetto ai rischisociali che vedeva delinearsi di fronte al suosguardo, di agire affinché il domani fosse di-verso; con tanti altri essi hanno dato all’Ita-lia il volto con cui si presenta oggi, donne euomini, che ci portano all’Europa come luo-go di tutela e difesa dei diritti, all’Europacome bacino naturale in cui far crescere ilmodello solidaristico italiano”.Il capitolo conclusivo dell’opera proponeun’agile ma completa sintesi della storia del-

immagine tratta da Per l’Italia. 150 anni di cittadinanze...

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l’Italia dalla metà dell’Ottocento ai giorni no-stri, che ha come filo conduttore la nascita eil ruolo delle organizzazioni sociali e di vo-lontariato, messe a confronto con la forma-zione e lo sviluppo dell’Italia. | Giuseppe Iori |

PAOLA BRUTTOCAO - LUISA TOSI, Mi hannoabbandonato i miei famigliari. Esposti a Tre-viso dalla “ruota” ad oggi, Treviso, ISTRESCO -Istituto per la storia della Resistenza e dellasocietà contemporanea della Marca trevigia-na, 2012, 8°, pp. 283, ill., e 16,00.

Nella sua Presentazione, Ernesto Brunettaspiega le ragioni di questa ricerca richia-mando una discussione tuttora aperta, mache risale, come si evidenzia nell’Appendice,al IV secolo a.C., con la critica di Teopompoa Musonio e agli Etruschi sulla questionedei figli illegittimi e degli abbandonati – ri-cordati anche nelle Georgiche da Virgilio –e che termina formalmente solo nel 2006,con la definitiva chiusura degli Istituti a ciòpreposti. Solo recentemente l’Italia ha equi-parato, con la legge sulla filiazione, i figli“naturali” ai figli “illegittimi”, ponendo cosìfine a una palese discriminazione, visti iprincipi su cui si fonda a tal proposito la no-stra Costituzione.Per la verità, l’argomento non ha riguardatosolo il nostro Paese, ma anche il resto delmondo, essendo legato a una mentalità chevedeva il figlio illegittimo come portatore diun “peccato originale”, protagonista in ne-gativo di un dramma destinato a durare pertutta la vita, fino a essere trasmesso in ere-dità anche alle generazioni successive. Benvenga, quindi, questa ricerca, condotta conacume tale da sviscerare a fondo un ampiomateriale legato a Treviso, ma che può as-sumere una valenza significativa anche nelpanorama nazionale.La protagonista reale della ricerca è ignota enon appare mai: è la madre del bambino ab-bandonato. Tra le righe si possono infatti in-travvedere le possibili motivazioni alla basedell’abbandono e, in ogni caso, emerge chia-ramente quanto sia stata difficile la condi-zione della donna. Non mancano i riferi-menti alla letteratura mondiale e soprattuttonell’Ottocento il romanzo europeo sarà in-farcito di questo tema: basti ricordare Ca-puana, Verga, Serao, Sue, Hugo, Dickens. Particolarmente significativo è il capitolo IX,che riporta le testimonianze di molte perso-ne adottanti, adottate o costrette da partico-lari condizioni familiari a trascorrere in isti-tuto parte della loro vita; figure personal-mente conosciute dalle autrici e garantitedal più assoluto anonimato. | Giuseppe Iori |

Cittadini della terra e del cielo. Giovani, fami-glia, politica e società, a cura di Pino Agostini eGermana Canteri, Verona, Casa editrice Maz-ziana, 2012, 8°, pp. 399, ill., e 30,00.

Un libro ponderoso, che si colloca comespartiacque nella storia della lotta contro lamafia, partendo dalla tragica fine di donPino Puglisi, assassinato a Palermo nel1993. L’opera presenta il lavoro svolto inquest’ottica di contrasto alla criminalità dal-l’Università di Verona con un ciclo temati-co di conferenze e di studi, organizzati dalCollegio Universitario Femminile “Don Ni-cola Mazza”.Ecco quindi che nel volume oltre trenta stu-diosi si misurano e si confrontano con que-ste problematiche, in quattro diversi ambiti.Il primo, intitolato “per le strade della città”,parte dall’esperienza concreta di osservazio-ne della realtà, centrando l’attenzione sulruolo dei cattolici nella vita dello Stato. Si passa quindi a esaminare il ruolo e lafunzione della famiglia nella società con-temporanea, un’istituzione in crisi anchenella vita di coppia e oggi in piena trasfor-mazione. Si prende poi in esame l’aspettopolitico, centrato sulla relazione tra politicae cultura, con la domanda di come la Costi-tuzione italiana affronti il tema della con-vergenza di diverse etnie. Infine si analizzail rapporto tra morale sociale e religione,alla luce del fatto che la ricerca della giusti-zia sociale non può prescindere dal princi-pio fondamentale secondo cui “l’amore vaoltre il diritto”, perché un’autentica societàdemocratica deve tener presenti i tre con-cetti “di autenticità, di impegno e di re-sponsabilità”, e in questo campo è fonda-mentale chiedersi quale sia il ruolo dellascuola e della formazione della classe diri-gente. L’opera si conclude riflettendo su pro-blemi concreti della realtà contemporanea inItalia quali l’integrazione tra Nord e Sud, ledifferenze regionali, l’identità degli italianiconsiderata dal punto di vista sociologico. | Giuseppe Iori |

Aspetti dell’associazionismo femminile in Ve-neto tra ’800 e ’900, a cura di Liviana Gaz-zetta, Venezia, Regione del Veneto, PariOpportunità donna uomo. Commissioneregionale, Quarto d’Altino (VE), Arti Grafi-che, 2010, 8°, pp. 146, ill., s.i.p.

La ricerca affronta il tema dell’associazioni-smo femminile in area veneta fra Otto e No-vecento, nell’ottica di un percorso d’indaginesulla storia delle prime forme di emancipa-zionismo in ambito lavorativo. Negli anni ot-

immagini tratte da Cittadini della terra e del cielo...

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tanta e novanta dell’Ottocento le statisticheindustriali fornivano dati significativi sullapresenza occupazionale femminile nella re-gione, all’interno dello storico settore portan-te della sua economia, il tessile, di cui le don-ne rappresentavano la maggior parte dellaforza lavoro. Il lavoro in filanda era in origi-ne un’occupazione stagionale, che costringe-va le filandine a svolgere altre attività, ma conla trasformazione in industrie a ciclo conti-nuo e il conseguente pieno assorbimentodelle lavoratrici, le dure condizioni di lavoroe la mancanza di tutele avevano favorito lanascita delle prime strutture a carattere mu-tualistico che, più tardi, avrebbero assuntoanche una funzione sindacale. L’associazio-nismo divenne un fenomeno importante delperiodo successivo all’Unità, ma l’istituzionedell’autorizzazione maritale, introdotta dalprimo Codice Civile unitario del 1865, osta-colò di fatto la costituzione di società di mu-tuo soccorso o di unioni femminili che nonfossero sotto l’egida di comitati maschili.Le strutture assistenziali venete erano ascri-vibili per la maggior parte al movimentocattolico, che subordinava gli scopi previ-denziali a quelli religiosi e morali e nutrivaforti pregiudizi nei confronti del lavoro extradomestico delle donne e delle loro ini-ziative di rivendicazione sociale. Tali orga-nismi si avvalevano della collaborazionecongiunta di patronesse, ordini religiosi, as-sistenti ecclesiastici. In età giolittiana si fecestrada, fra alcune esponenti cattoliche, l’ideadi un necessario superamento del caratteredi patronato delle associazioni a favore di unnuovo impegno sindacale: il dopoguerraavrebbe visto un consistente aumento delleiscrizioni femminili a leghe, sia laiche checonfessionali, di tutela dei diritti. Con l’av-vento del fascismo e l’istituzione dei suoisindacati, le unioni del lavoro vennero sciol-te o svuotate delle loro funzioni.Nacquero nel dopoguerra anche le prime as-sociazioni femminili sportive; su impulsodel movimento scoutistico, anche le dirigen-ti dell’azione cattolica nazionale crearonouna struttura confessionale di educazionedelle fanciulle, non solo fisica, ma anche in-tellettuale e morale. In Veneto si consolidòin questo senso un unico centro padovano.La mobilitazione femminile per il suffragio,all’inizio del Novecento, registrò scarse ini-ziative, se comparata a quella d’altre regionidell’area centro-settentrionale. In alcuneprovincie alcune categorie di lavoratrici in-tellettuali fecero richiesta d’iscrizione alleliste elettorali politiche, ma l’iniziativa ven-ne respinta. Tuttavia, dal primo dopoguerrain poi, si fece largo un cambiamento della po-sizione cattolica in merito al voto femminileattivo, che veniva accettato, in termini inizial-mente utilitaristici, al fine della restaurazionecristiana della società. | Marlene Andretta |

DARIA MARTELLI, Le parole di ieri sulla donna.Una ricerca di genere sulle nostre radici cultu-rali, Padova, Cleup, 2012, 8°, pp. 106, e 13,00.

Daria Martelli raccoglie in questo saggionumerosi esempi di “parole” sulle donne,proposte sia dalla cultura ufficiale che daquella popolare, fra la fine della SecondaGuerra mondiale e gli anni Settanta. La ras-segna comprende detti, proverbi, luoghi co-muni, barzellette, citazioni di personaggiautorevoli, frammenti di canzoni – alcunidei quali caduti in disuso, altri ancora per-manenti – che hanno veicolato, nel corsodel tempo, stereotipi e pregiudizi di genere,nonché veri e propri eccessi di misoginiapropri di una cultura patriarcale, contri-buendo di fatto alla sua legittimazione eperpetuazione. In particolare, il volume,che prende corpo dai ricordi dell’autrice, in-tende essere un contributo di testimonian-ze sulle forme linguistiche, e non solo, delpatriarcato veneto.Nel processo di determinazione di una cultu-ra popolare androcentrica svalutativa delladonna, i proverbi, i motti, le “frasi fatte” deni-gratori, assumevano un ruolo rilevante sia per la loro pervasività sia per l’idea che essi fossero indiscutibili, frutto di una sag-gezza popolare che non ammetteva obiezioni.Questa mentalità colpiva le donne fin dallapiù tenera età e sembrava essere conferma-ta anche dagli esempi scolastici della cultu-ra dotta, caratterizzata da una tradizionescritta esclusivamente al maschile. A queste due culture, popolare e accademi-ca, ai loro usi linguistici, sprezzanti dellafemminilità nel caso della prima, asimme-trici in termini di genere, nel caso della se-conda, s’aggiungeva anche l’insieme diusanze, tradizioni, precetti civili e religiosi,cui le donne era imposto sottostare, conno-tati ancora da una profonda disparità, da cuirisultava l’introiezione di un senso di infe-riorità e subalternità al maschio.Secondo l’analisi dell’autrice, la riproposi-zione nostalgica di tradizioni e proverbi indialetto – tendenza manifestatasi a partiredagli anni Sessanta, nel passaggio dall’eco-nomia agricola a quella industriale – nonpuò prescindere da una contestualizzazionestorica del materiale e dall’assunzione di unatteggiamento critico verso di esso. La prima parte del volume, La donna dettadagli uomini, indaga il concetto di ispirazio-ne braudelliana di “lunga durata” applicatoalla storia delle donne: la persistenza deipregiudizi di genere, giunti immutati finoai nostri giorni, è ascrivibile alle antiche as-sociazioni donna/natura e uomo/culturache individuavano nell’uomo il soggetto ra-zionale capace di autodeterminazione e nel-la donna il soggetto in cui l’aspetto naturale,irrazionale e fisiologico era predominante.

Interessante, nella seconda parte, Il quoti-diano pane del disprezzo, l’analisi della diver-sa accezione di significato, assunta dai ter-mini a seconda del loro genere, specchio diuna simbolica asimmetria fra i sessi, acce-zioni che per la parte femminile si declina-no esclusivamente all’ambito semanticosessuale. | Marlene Andretta |

La qualità dell’abitare in Veneto. 2012, Vene-zia, Regione del Veneto, 2012, 8°, pp. 256,ill., s.i.p.

Uno studio esaustivo che si interroga criti-camente sulle problematicità e le esigenzedell’abitare: così la Regione Veneto si muo-ve e risponde a un problema cruciale del cit-tadino e della collettività, tracciando una de-scrizione puntuale del panorama socio-eco-nomico che è venuto determinandosi negliultimi anni, creando esigenze nuove. Il diritto alla casa è il punto di partenza diquesto studio, che mette in luce aspetti po-sitivi e criticità del panorama abitativo at-tuale: tra queste ultime, in particolare, la si-tuazione di svantaggio in cui si muovonostranieri, giovani e anziani, la difficoltà diaccedere all’edilizia residenziale pubblica – purtroppo in linea con il panorama nazio-nale – e la percezione negativa di alcuniaspetti del territorio come inquinamento,difficoltà ad accedere ai servizi – particolar-mente il trasporto pubblico – e sicurezza. A queste si aggiungono il sovraffollamento,che, seppure veda il Veneto in buona posi-zione rispetto al panorama nazionale, rima-ne un’emergenza non ignorabile, e la diffi-cile sostenibilità economica dei mutui perl’acquisto di un’abitazione, particolarmenteper le nuove famiglie.Tra i punti di forza del Veneto in ambitoabitativo si trovano l’alta percentuale di casedi propietà, che ne incentiva anche la cura ela manutenzione, l’alto numero di soluzio-ni abitative autonome o bifamiliari spessocircondate da spazi verdi, soluzione idealeper il buon equilibrio tra privacy e relazioniinterpersonali, equilibrio testimoniato an-che dalla forte solidarietà intergeneraziona-le, in particolar modo tra famiglia d’originee nucleo di nuova formazione, e dai rappor-ti di buon vicinato. Il Veneto si configuracome un territorio policentrico, articolatosu una rete di numerose realtà mediamen-te urbanizzate, e da questa considerazione ènecessario partire nella formulazione di unpiano urbanistico attuale, che tenga quindiparticolarmente conto della tutela del terri-torio e di uno sviluppo sostenibile delle in-frastrutture. | Susanna Falchero |

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Ripensare il Veneto. Turismo e cultura, a curadi Luca Baldin, Venezia, Regione del Vene-to - Treviso, Fondazione Mazzotti, 2011, 8°,pp. 184, ill., s.i.p.

Questo terzo episodio del progetto “Ripen-sare il Veneto”, nato nel 2006 su iniziativadella Regione del Veneto con la collabora-zione della Fondazione Mazzotti, si focaliz-za sul legame inscindibile tra cura e valo-rizzazione dei beni culturali e turismo, cheproprio nelle straordinarie doti paesaggisti-che e culturali del Veneto deve crescere esvilupparsi. Imprescindibile è concentrarsisull’identità del Veneto, regione che ha subìto nel corso degli ultimi sessant’anniun mutamento unico e repentino, da terri-torio agricolo a zona industrale e ora po-stindustriale, che quindi proprio nel radica-to e ricco patrimonio culturale trova identi-tà e capacità di proiettarsi verso l’esterno. Imutamenti dell’epoca contemporanea im-pongono al turismo di adeguarsi a nuovistandard di qualità e servizi, con un’atten-zione particolare alla tutela del paesaggio.Su questo tema si concentra questa raccoltadi interventi, in particolar modo sulla ne-cessità di una sempre più intensa collabora-zione e iterazione tra istituzioni pubbliche erealtà private, che nella salvaguardia del ter-ritorio e del patrimonio culturale devonoentrare come agenti attivi. In chiusura dell’opera, vengono proposteuna serie di interviste, a cura di Luca Baldindella Fondazione Mazzotti, rivolte, fra gli al-tri, a Maria Teresa De Gregorio, Paolo Ros-so e Maria Giovanni Coletti, a dare rispostesul coinvolgimento delle istituzioni nellaproblematica analizzata. | Susanna Falchero |

Rapporto statistico 2012. Il Veneto si racconta,il Veneto si confronta, Venezia, Regione delVeneto, 2012, 4°, pp. 392, ill., s.i.p.

Questo Rapporto statistico esce in un mo-mento di grave crisi economica globale econ essa si confronta, attraverso il metodoche ha contraddistinto negli ultimi anni lostudio alla base di questa collana, cioè uncontinuo confronto tra la situazione del Veneto e la realtà nazionale e internaziona-le, andando a comprendere anche i PaesiBRICS, del Nord Africa e dell’area araba.Il volume si apre con una prima sezionetesa a fare il punto sulla situazione attuale,sull’incertezza con cui è partito il nuovo de-cennio e sulle componenti economiche esociali coinvolte. Segue poi il corpo centraledel volume, quest’anno incentrato sulle Op-portunità: l’idea è che, proprio a causa della

difficile congiuntura economica, si rendeora necessario aprire nuove prospettive, ori-ginali e sostenibili, per lo sviluppo del terri-torio. Questo tema viene affrontato in rife-rimento a tre macro-aree: in primo luogol’aspetto sociale, all’interno del quale vengo-no analizzati la situazione occupazionale,gli investimenti nei settori dell’educazione edella cultura, il livello raggiunto dalle pariopportunità, l’integrazione e la trasforma-zione del sistema socio-sanitario. Secondoargomento trattato è l’economia: dal con-fronto del Veneto con le realtà europee sipassa all’analisi dei diversi settori produtti-vi, con particolare attenzione al turismo ealle esportazioni. Infine, il territorio e l’am-biente: in particolare si parla dell’evoluzionedell’agricoltura, della tutela dell’ambiente edella mobilità pubblica. | Susanna Falchero |

Nuove frontiere nella Cooperazione Interna-zionale, a cura di Franco Bosello, Padova,Cleup, 2012, 8°, pp. 180, ill., s.i.p. (“I Per-corsi dello Sviluppo”, 15).

Il volume fa parte della collana “I Percorsidello Sviluppo”, promossa dal Dipartimen-to di Studi Internazionali dell’Università diPadova e patrocinata dall’Assessorato Rela-zioni Internazionali, Diritti Umani e Co-operazione allo Sviluppo della Regione delVeneto. L’intento della collana è quello diattivare interventi di cooperazione tra glienti locali al fine di promuovere lo sviluppodel territorio, sia a livello economico che alivello gestionale e sociale.Nuove frontiere nella Cooperazione Interna-zionale si concentra su esperienze e proget-ti legati a una particolare sensibilità nei con-fronti della diversità etnica e della necessitàdel rispetto per la libertà culturale, che sirende evidente nell’attuale società, semprepiù tesa ad abbattere i confini geografici frai popoli.Lo studio riflette così sulle Nuove frontieredella cooperazione, nell’interdipendenza glo-bale (Franco Bosello), per poi approfondiregli aspetti legati alla cooperazione civile-mi-litare (Mauro Brugnara), in particolare quel-la che prevede l’uso della forza (Giorgio Do-vigi). Stefano Zucchetta concentra la sua at-tenzione sull’esperienza della Regione delVeneto che attua programmi fortemente di-versificati, dalla donazione di macchinarisanitari dismessi alle ONG e a enti no-profit,alla valorizzazione delle culture e coltureautoctone anche attraverso la collaborazio-ne con associazioni dei paesi d’origine. Nonmancano approfondimenti relativi ai siste-mi informatici, protagonisti della “coopera-

immagini tratte da Ripensare il Veneto. Turismo e cltura

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zione decentrata” (Maria Luisa Munari, Pal-ma Ricci, Maria Elena Caruso, Veronica Girardi), riflessioni legate al ruolo svolto daimigranti di oggi nello sviluppo locale deiPaesi d’origine (Davide Libralesso), al cir-cuito del commercio equo e solidale in Ve-neto (Veneto Equo), alla modifica delle rela-zioni internazionali dell’esercito ungheresedopo la caduta del Muro di Berlino e alleiniziative che si rendono necessarie nei pro-cessi di transizione per lo sviluppo (JohnBaptist Onama). | Susanna Falchero |

Il Veneto di oggi per il mondo di domani. Report dei progetti 4a edizione, a cura di Ma-ria Elisa Munari, Palma Ricci e StefanoMaccarrone, 2012, 8°, pp. 208, ill., s.i.p. (“I Percorsi dello Sviluppo”, 16).

Il volume raccoglie le iniziative in tema dicooperazione allo sviluppo e solidarietà in-ternazionale che sono state realizzate con ilsostegno della Regione del Veneto nel trien-nio 2009-2011. Le iniziative si distinguonotra dirette, di cooperazione decentrata e “a bando” (in materia di diritti umani e cul-tura di pace): il volume affronta ciascuna diesse con una scheda dettagliata in cui nespecifica la natura, suddividendole in sezio-ni dedicate rispettivamente agli interventiin materia di cooperazione allo sviluppo, so-lidarietà internazionale e commercio equo e solidale.In una ordinata suddivisione in schede, ilvolume si occupa così di tematiche qualil’accesso all’istruzione, l’assistenza socio-sanitaria e alimentare, la fornitura di attrez-zature per lo sviluppo di imprese, gli inter-venti in favore della maternità e dell’infan-zia, la tutela dell’ambiente: tutti argomentidi grande interesse socio-economico, cheevidenziano la sensibilità della Regione delVeneto per le questioni legate alla coopera-zione internazionale e allo sviluppo dei ter-ritori e l’impegno profuso dall’AssessoratoRelazioni Internazionali, Diritti Umani eCooperazione allo Sviluppo. Un cospicuo apparato di grafici e tabelleconsente al lettore di orientarsi senza diffi-coltà nella miriade di dati, stime e informa-zioni relativi alle iniziative regionali, con-sentendo una lettura esaustiva ma agile.Chiudono il volume due sezioni contenentila sitografia (utile per approfondire gli argo-menti trattati) e un excursus sulle leggi re-gionali di riferimento rispetto agli interven-ti della Regione. | Gessica Indorato |

lingua - tradizioni

IVANO PACCAGNELLA, Vocabolario del pavano(XIV-XVII secolo), Padova, Esedra, 2012, 4°,pp. 1004, e 95,00.

È passato quasi mezzo secolo da quando lastudiosa Marisa Milani, mettendo in operaun progetto ideato dal suo maestro, Gian-franco Folena, aveva iniziato a coordinare laschedatura delle prime stampe e dei mano-scritti pavani. Un’impresa lessicograficadelle dimensioni del Lessico pavano – comel’aveva battezzata il suo ideatore nel 1965 –non poteva che risentire, in quegli anni, del-la mancanza di strumenti adeguati, a parti-re dalle condizioni in cui versavano i testiche dovevano costituirne il corpus. Mancava,e fu proprio Marisa Milani a tentare di col-mare la lacuna, l’imprescindibile lavoro ditrascrizione ed edizione critica dei pavaninon-ruzantiani, dai primi documenti (il so-netto paduanus di Nicolò de Rossi) ai testipiù o meno coevi a Ruzante, dal Cornaropavano ai post-ruzantiani Chiavelin, Me-non, Durello, Lucio Marchesini, RovigiòBon Magon, Tuogno Regonò e Pasqualedelle Brentelle, fino a Claudio Forzatè, au-tore di un’inedita Pastorale, e a GirolamoSpinelli e il circolo “pavano” di Galileo.Scrive la Milani intorno al 1997: “Ho co-minciato a schedare gli Antichi testi pavani[di Lovarini] nel giugno 1965 e furono leprime schede del Lessico pavano, che il miomaestro Gianfranco Folena aveva alloraideato accanto al Vocabolario goldoniano.In oltre trent’anni molte cose sono cambia-te, prima fra tutte il criterio di preparazionedei testi, così che presto l’edizione del Lova-rini apparve obsoleta quando non errata. Illavoro si complicava e allungava semprepiù, e di conseguenza sempre più a lungorimaneva nel cassetto”. A quell’altezza cro-nologica, il progetto Lessico era stato ripresoin mano, dopo anni di stallo, dalla studiosae da Ivano Paccagnella, oggi docente di Sto-ria della lingua italiana all’Università di Pa-dova. Una collaborazione che durerà poco:nel 1998 Marisa Milani verrà a mancare el’onore e il merito, ma anche l’onere –quantificabile in vent’anni di lavoro – diportare a compimento, finalmente, l’impre-sa, è spettato a Ivano Paccagnella e allasquadra di studiosi da lui coordinata.Pur rappresentandone il compimento, il Vo-cabolario del pavano è un’impresa diversa enuova rispetto al Lessico. Più ampio, in pri-mo luogo, è il corpus, che va da Nicolò de’Rossi (1308-1309) a Bertevello della Brentel-le (lomenagia di Antonio Buzzacarini, chemuore nel 1632), fondandosi soprattutto suAngelo Beolco, il Ruzante, presente in tuttele sue testimonianze, manoscritte e a stam-

pa, su un cospicuo gruppo di testi pre-ru-zantiani, sui post-ruzantiani più vicini (Cor-naro, Giancarli, Calmo, Morello) e quelli piùimitativi (ma anche innovativi), soprattuttola triade vicentina – Magagnò, Menon, Be-gotto – e i loro ultimi seguaci di tardo Cin-quecento e seicenteschi. Con il vantaggio dipoter lavorare, questa volta, su edizioni criti-che sicure e con l’ausilio di strumenti infor-matici allora inesistenti, quali il softwareGATTO (Gestione degli Archivi Testuali delTesoro delle Origini), ideato e sviluppatodall’Istituto Opera del Vocabolario Italianodel CNR presso l’Accademia della Crusca.L’opera si compone di circa dodicimila voci,che, accanto alla successione dei significati,sono arricchite da una messe di esempi inordine cronologico che rendono conto dell’e-voluzione semantica di ciascun lemma. Unostrumento che apre alla comprensione, alla“traduzione” e all’interpretazione dei testi,contribuendo a rendere accessibile un’impor-tante porzione della nostra tradizione lingui-stica, letteraria e culturale. | Laura Organte |

I lavori e le stagioni nel Veneto di inizio ’900,illustrazioni e testi di Galliano Rosset, Vi-cenza, Editrice Veneta, 2012, 8°, pp. 122,ill., s.i.p.

Con il contributo della Regione del Veneto,della Banca San Giorgio Quinto Valle Agnoe dell’Unpli Consorzio Pro Loco Astico-Bren-ta, vede la luce questo interessante volumedi Galliano Rosset, eclettico autore di illu-strazioni e grande conoscitore della culturae storia popolare.Il libro è interamente illustrato da tavole cuisi accompagnano concise descrizioni delletipologie di lavori legate al mondo contadi-no veneto del secolo scorso, con particolarefocalizzazione sugli utensili e sugli stru-menti cui si poteva ricorrere per ogni attivi-tà particolare, dalla semina al raccolto, dallacucina al bucato. Grande è l’attenzione aidettagli, interessanti squarci di una tradi-zione e di un modo di vivere in cui questepagine ci introducono, senza trascurare al-cun aspetto della quotidianità di uomini,donne e bambini del tempo. La scelta dell’uso del dialetto per la descri-zione degli oggetti e delle attività qui richia-mate consente di entrare in una dimensio-ne rustica e genuina, senza spazio per gliequivoci: la precisione dei termini dialettaliè tale da rendere spesso intraducibili i nomidelle cose, i concetti e il modo stesso di con-cepirli da parte dei dialettofoni. Sulla basedi ciò, l’autore ha voluto rendere quanto piùaderente alla realtà ogni pagina di questo

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recensioni e segnalazioni

volume, che evidenzia uno spaccato di vitapopolana novecentesca.Il lettore viene così introdotto nella realtàquotidiana di un ambiente non troppo lon-tano da noi, in cui però vigevano tempi mol-to diversi, legati indissolubilmente alle sta-gioni e ai ritmi del lavoro agricolo. E si per-cepisce con chiarezza, tra le pagine, questomodo ormai dimenticato di pensare il tem-po e le fatiche, mentre si assaporano la sag-gezza popolare e il legame con la natura:ecco i maggiori pregi di questo vivace volu-me, da sfogliare con curiosità e una puntadi nostalgia. | Giovanna Battiston |

SANDRA SAVOGIN, Storie di mascareri e di bu-rattinai, Venezia, Società di mutuo soccorsoErnesto De Martino, 2011, 8°, pp. 88, ill.,s.i.p.

Venezia, città delle maschere: un mito chesi è sedimentato nei secoli intrecciandosicon la storia della Serenissima e con la crea-zione del suo immaginario, ma che è anchestato l’oggetto di una riscoperta tutta nove-centesca. Scrive l’autrice, la studiosa SandraSavogin, che ha al proprio attivo una seriedi contributi sulla storia veneziana contem-poranea: “La correlazione tra Venezia, ma-schere e Carnevale è parte integrante del re-pertorio di immagini attraverso cui vienerappresentata, ormai a livello mondiale, lacittà lagunare e costituisce uno degli esitidella monocultura turistica affermatasi inmodo sempre crescente negli ultimi venti-cinque anni”. Tuttavia, aggiunge subitodopo la Savogin, con una notazione che po-trebbe invero riguardare molti altri aspettidella venezianità più autentica e il raffrontospesso impietoso con quel pallido riflessoche di questi stessi aspetti viene veicolatodall’industria del turismo di massa: “La ti-pologia prevalente delle maschere realizza-te per una fruizione eminentemente turisti-ca è molto distante dalla tradizionale cultu-ra veneziana...”.Parte da queste iniziali considerazioni unvolume come Storie di mascareri e di buratti-nai, che cerca di far luce su una pagina distoria lagunare poco nota: la rinascita del-l’artigianato locale della maschera, un feno-meno che ha preceduto e almeno in partepreparato l’avvento del Carnevale venezianoattuale (siamo nel 1980) e la contemporaneamemorabile edizione della Biennale teatrodiretta da Maurizio Scaparro, in un clima dimutamenti politici e amministrativi che in-vestono Venezia. Il lavoro sulla mascherarimanda all’opera pionieristica di Amleto eDonato Sartori, padre e figlio, artigiani-arti-

sti che d’intesa, per esempio, con uomini diteatro come Giorgio Strehler, hanno contri-buito al rilancio di questa forma di artigia-nato e della Commedia dell’arte. A questalezione, mediata da un allievo di Sartoricome Sergio Bini (Bustric), si rifanno, a metàdegli anni Settanta, i “nuovi mascareri” ve-neziani: Daniele Carrer, Giuliano De Nar-din, Carlo Zago, Gyula Molnar. La bottegaartigianale ubicata in Barbaria de le Tole è ilprimo fulcro della loro attività: rinasce ilteatro dei burattini, i fondatori della bottegadanno vita ad una compagnia teatrale spe-cializzata, mentre sorge contestualmenteil Laboratorio artigiano maschere (Lam) enuovi protagonisti si affacciano sulla scena.| Susanna Falchero |

ISABELLA AGUJARI, Tra un sigaro e l’altro. Far-falle. La moda di fine ’800 nel “Corriere delPolesine”, introd. di Doretta Davanzo Poli,Rovigo, Minelliana, 2011, 8°, pp. 232, ill., e 28,00.

A Rovigo tra il 1890 e il 1927 il quotidiano“Corriere del Polesine” ospitava anche ru-briche di moda e di costume, come “Tra unsigaro e l’altro” e “Farfalle”, degli anni1890-1893, oggetto dell’interessante studiodi Isabella Agujari. Il primo capitolo è dedi-cato all’analisi del giornale sotto il profiloeditoriale, il secondo studia l’evoluzionedella moda, vista come strumento di affer-mazione sociale. Gli articoli, riprodotti inappendice, illustrano con efficacia la men-talità borghese di fine secolo col suo perbe-nismo e i suoi pregiudizi. Quelli sulle don-ne spesso sono condivisi dalle stesse donne,come la “geniale contessa Lara” che descri-ve con raccapriccio “certe megere scapiglia-te che, a punto, nei comizi, dall’alto di unpalco, sbraitano invocando la rivoluzione”.Colpisce anche l’ironia verso ogni atteggia-mento poco conformista, come l’uso deipantaloni, diffuso nel mondo anglosassone.Molto meglio fare una visita alla bustaia perassicurarsi la “base più importante dellatoeletta” e seguire le variabili proposte dellamoda. Una nota delle “Farfalle” rassicura lesignore che dalla rubrica sarà bandita la po-litica, “l’uggiosa politica”. Avranno inveceampia risonanza le cerimonie, specie nu-ziali, con minuziose descrizioni di abiti,gioielli, doni e arredi. Anche se non mancano i riferimenti allamoda maschile, sono quasi sempre destina-ti alle donne i consigli attenti e premurosidell’articolista “Aramis”, che illustra le nuo-ve proposte di Parigi o definisce il giustocomportamento di una donna, anzi di una

immagine tratta da Storie di mascareri e di burattinai

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recensioni e segnalazioni

“signora”: in fondo, ciò che conta è esserecurate, amabili e di gradevole aspetto. Ogni eccesso è sconsigliato, in particolare lostrascico, destinato a raccogliere “immon-dezza”. Lo sport è consentito, purché prati-cato nel giusto abbigliamento; ad esempio,per il bagno si raccomanda un costume dilana, largo, a mezze maniche, accompagna-to da un cappello legato sotto il mento da unnastro.Il modello supremo è la regina Margherita,protettrice delle attività artigianali, specie delmerletto, ma per tutte c’è il modello inglesedi sottana, camicetta e giacca, il tailleur, de-stinato a diffondersi. Sul finire del secolo sileva anche la voce audace di lady FlorenceDixie, che suggerisce alle donne inglesi divestirsi da uomo per acquistarne “la forzamorale e materiale”.In Polesine, tuttavia, l’atteggiamento pre-valente è di rispetto per la tradizione e lesuggestioni della moda straniera vengonointerpretate con moderazione e nei limitidelle possibilità delle donne. Tali conside-razioni sono confermate dalle illustrazionicon ritratti e foto d’epoca che corredano ilvolume. | Marilia Ciampi Righetti |

SANDRO BRANDIELE, GIANNI STORARI, ...Ciparlano ancora. Ricordo di Bruno Anzolin eDino Coltro, amici, studiosi, umanisti, uominidi scuola, Venezia, Regione del Veneto -Monteforte d’Alpone (VR), Comune diMonteforte d’Alpone - Vago di Lavagno(VR), La Grafica, 2012, 8°, pp. 184, ill., s.i.p.

In occasione dell’intitolazione di due scuoleprimarie di Monteforte ai due amati studio-si Bruno Anzolin e Dino Coltro nel 2010 enel 2011, l’amministrazione comunale dellacittadina e la Giunta della Regione Venetohanno patrocinato questo volume, per cele-brare la memoria dei due personaggi chetanto si sono spesi come uomini di lettere ecome insegnanti, portando avanti impor-tanti studi sulla storia e sulle tradizioni po-polari del territorio veronese.Nelle loro numerose pubblicazioni, Anzo-lin e Coltro hanno indagato le tradizioni e ivalori del passato, realizzando un lavoro an-cora attuale che questo volume intende va-lorizzare: i due umanisti e amici vengonopresentati attraverso le testimonianze e i ri-cordi di colleghi di scuola, ma anche attra-verso la loro scrittura. In queste pagine vie-ne riproposto uno scritto postumo di BrunoAnzolin, si stilano le bio-bibliografie di en-trambi gli scrittori e si approfondiscono iloro interessi di studio, mentre vengonoraccontate esperienze di vita spese con ami-

ci, colleghi e concittadini. Corredano il vo-lume numerose fotografie che ritraggono idue in vari momenti della giovinezza e del-la carriera. | Giovanna Battiston |

architettura

urbanistica - paesaggio

Le trasformazioni dei paesaggi e il caso veneto,a cura di Gherardo Ortalli, Bologna, Il Mu-lino, 2010, 8°, pp. 190, ill., 17,00.

Perché il paesaggio italiano è sottoposto aun costante attacco speculativo, mentre imaggiori paesi europei si sono dotati da de-cenni di una legislazione che mira alla suapreservazione? Perché il paesaggio venetoha subito nel dopoguerra un devastantemutamento? Quale cultura e quali provve-dimenti legislativi possono contrastare ladissipazione del patrimonio costituito dalpaesaggio veneto? A queste cogenti doman-de il volume – che raccoglie le relazioni pre-sentate in occasione del convegno svoltosinel 2008 a Venezia e promosso dall’IstitutoVeneto di Scienze, Lettere ed Arti – non of-fre un’impossibile, semplice e univoca ri-sposta, bensì una riflessione plurale, pre-messa indispensabile che esige una sintesioperativa, condotta dalla prassi politica.L’urgenza dell’azione è evidente in partico-lare oggi, mentre più pressanti si manife-stano gli effetti della crisi economica sul ter-ritorio veneto e sul suo modello di sviluppo.Come afferma Vezio De Lucia, la tendenzalegislativa a investire nella rendita parassi-taria, immobiliare e finanziaria, impostata alivello centrale e potenziata in sede locale, èall’origine sia della critica condizione attua-le del paesaggio, sia dell’assenza di investi-menti nell’economia produttiva.Il paesaggio veneto, ancora leggibile oltre lesoglie della seconda metà del Novecentonelle forme che aveva assunto nei secoliprecedenti, grazie al sogno aristocratico eall’impronta palladiana, capaci di plasmareun territorio singolarmente caratterizzatoda un’esemplare varietà geomorfologica, hasubito negli ultimi cinquant’anni una tra-sformazione traumatica. L’assenza di unavisione d’insieme da parte di chi ha pro-mosso lo sviluppo economico del Venetoemerge dai contributi offerti da vari ambitidisciplinari e focalizzati su unico oggetto: il paesaggio. La dissipazione del paesaggiopal ladiano, bene comune ereditato, in unainforme periferia e lo squilibrio idrogeolo-gico comportano un prezzo culturale edeconomico per il nostro presente e per le

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generazioni future. Come afferma France-sco Vallerani, lo sviluppo economico è avve-nuto grazie allo “spreco delle qualità am-bientali”. L’analisi puntuale di DomenicoLuciani rivela come il policentrismo, carat-teristico del territorio veneto preindustriale,che ha favorito il recente sviluppo economi-co, ora è giunto al limite della “dispersioneinsediativa”, trasformandosi, attraverso l’ad-densamento demografico, industriale e com-merciale, in “una nebulosa indifferenziata,senza gerarchie, senza centro”. Lo stato attuale di crisi del modello veneto,nel contesto più generale, esige una nuovatensione progettuale, di cui si facciano cari-co i centri di potere e la cultura dei cittadini.| Guido Galesso Nadir |

PAOLO MARTON - FRANCO POSOCCO - ANTO-NELLA ULIANA, Ville Venete. L’arte e il paesag-gio, introduzione di Renato Cevese, VittorioVeneto (TV), Dario De Bastiani, 2008, 8°,pp. 440, ill., e 78,00.

“Ricco d’arte, popolato di castelli e di ville,di chiese e di conventi”, dove “il bello degliuni si somma al bello degli altri”: così Re-nato Cevese evoca il Veneto nell’introduzio-ne al volume, che testimonia l’eccezionalesintesi di natura e arte nel territorio dellaSerenissima. Franco Prosocco e Antonella Uliana analiz-zano il complesso fenomeno della villa ve-neta, legata indissolubilmente al paesaggioe parte integrante di esso. Andrea Palladioè il realizzatore sommo del nuovo modelloche coniuga insieme le regole della classicitàcon le suggestioni della natura, diffondendonel mondo il fenomeno del palladianesimo.Le ville sono lo strumento e il simbolo dellapenetrazione di Venezia nella terraferma,che diventa quasi la continuazione, il pro-lungamento della città lagunare. Come sivede nella famosa pianta di Jacopo de’ Bar-bari del 1500, la terra di Treviso fa da sfon-do a Venezia fino ai monti e al passo di Ser-ravalle, dove s’inoltra la “via d’Alemagna”.Le ville si moltiplicano nel Cinquecento inseguito alla trasformazione della Repubblicada potenza marinara, proiettata con i trafficiverso Oriente, a potenza territoriale. La dif-ficile conversione, dopo la guerra di Cam-brai che ha quasi annientato Venezia, è rac-comandata dalla Chiesa, che esalta la cam-pagna come stimolo a una vita virtuosa, dauomini di cultura convinti di interpretare ilpensiero degli autori classici e dalla consi-derazione pratica che un utile, sia pure mo-desto ma sicuro, è preferibile ai rischi delcommercio per mare. Una vasta e ininter-

rotta opera di bonifica assicura lo sviluppodell’agricoltura e crea le condizioni per ilsorgere delle ville in luoghi ameni e salubri,ricchi di corsi d’acqua indispensabili al tra-sporto e alle comunicazioni, oltre che perl’irrigazione e per il funzionamento di mu-lini e officine. La villa, infatti, non è sololuogo di residenza e di rappresentanza del-la famiglia, ma è anche complesso funzio-nale di produzione e annovera fabbricheper ospitare gli animali (stalle, scuderie, colombaie, peschiere) e per conservare iprodotti agricoli (fienili, granai, cantine,magazzini, serre). Come scrive Palladio neI Quattro libri dell’Architettura, pubblicato aVenezia nel 1570: “Due sorti di fabriche sirichiedono nella villa: l’una per l’habitazio-ne del Padrone e della sua famiglia; l’altraper governare e custodire l’entrata et ani-mali della villa”.La villa s’inserisce armoniosamente nel-l’ambiente, circondata da giardini e orti,frutteti e vigneti, boschetti e campi coltivati,cogliendo e sottolineando gli elementi es-senziali del paesaggio. Le sue pareti diven-tano un sottile diaframma con l’esterno,che entra prepotentemente e ispira lumino-si affreschi di architetture e paesaggi, di fio-ri e frutti della campagna, di eventi quoti-diani, che si alternano a scene allegoriche,mitologiche o storiche.Le splendide immagini del fotografo PaoloMarton illustrano un affascinante itinerarioattraverso le ville più belle di Padova, Rovigo,Treviso, Udine, Venezia, Verona, Vicenza eBelluno. | Marilia Ciampi Righetti |

BENNO ALBRECHT, Conservare il futuro. Il pen-siero della sostenibilità in architettura, Padova,Il Poligrafo, 2012, 8°, pp. 255, ill., e 24,00.

Il pianeta terra è divenuto, nel nostro tempo,un segnalatore costante del dissesto, clima-tico e ambientale, che l’uomo ha irrespon-sabilmente determinato. Conservare il futurodi Benno Albrecht, architetto e docente diComposizione architettonica e urbana pres-so l’Università Iuav di Venezia, argomentacome l’architettura sostenibile sappia esse-re la “cura” a questo disfacimento, proget-tando gli spazi del consorzio umano consguardo teso alla qualità della vita delle ge-nerazioni future: poiché il lavoro dell’archi-tetto non è del tutto inoffensivo rispetto allanatura, cui sottrae risorse ed energie, egli hail dovere di ponderare l’impatto dei suoiprogetti. Albrecht dedica l’introduzione altema “architettura sostenibile” con estremachiarezza, evidenziando come leitmotiv l’i-dea di progettazione “consapevole” degli edi-

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fici, istanza in grado di conciliare le due ten-sioni proprie del mestiere dell’architettura(quella estetico-formale e quella energetico-funzionale), così da preservare lo scenarionaturale e quello antropizzato. Sempre al-l’interno di questa accurata introduzione,Albrecht articola una ricognizione “indizia-ria” del cambiamento climatico planetario,indicando i termini salienti del dibattito po-litico internazionale di riferimento.Il testo si rivolge anche ai non specialisti,scongiurando tecnicismi e pregiandosi dinon sconfinare nella divulgazione superfi-ciale, facendo appello all’interesse del lettoreintellettualmente curioso, così come a quel-lo dello studioso di architettura stricto sensu.L’autore disegna un tracciato teorico a piùtappe: dall’era Buffon-Condorcet della mac-china a vapore, al socialismo utopico di Etz-ler, fino al tema della responsabilità e del de-bito che gli uomini del presente hanno ver-so le generazioni del futuro (Taine, Ruskin,Morris). Privilegiare il contributo di pensa-tori non architetti è un bene proprio perché“non-addetti ai lavori” e per questo, sottoli-nea l’autore, capaci di una prospettiva piùlucidamente critica. L’incombente realtà del-l’effetto serra, le emissioni inquinanti, ilprogressivo assottigliarsi delle risorse ener-getiche, la pressante richiesta di massicciaedificazione del territorio sono tutte realtàminacciose che vedono oggi implicata l’ar-chitettura come co-protagonista nell’interro-gazione radicale sulla loro regolamentazio-ne. Questo libro è un compendio colto diidee rivolte al progetto di architettura soste-nibile come eredità e testimonianza di civiltà,strumento di previsione delle necessità futu-re in relazione alle scelte del presente. Sullosfondo, c’è l’immagine dell’architetto comefigura “ideale” (ma non romanticamenteidealizzata) e salvifica, perché capace di me-diare nel dialogo intergenerazionale sull’ere-dità del costruito e di farsi garante del voltofuturo del pianeta. | Rubina Mendola |

SEBASTIANO STEFFINLONGO, Il Passante Verde.Un parco lineare attraverso il territorio del ve-neto. Dal piano paesaggistico alla realizzazio-ne: storia di un progetto, con uno scritto diMario Virano, Padova, Il Poligrafo, 2011, 4°,pp. 228, ill., e 32,00.

Il volume è interamente dedicato allo studioPassante Verde, il progetto ideato dalla Fe-derazione Provinciale Coldiretti di Veneziae promosso in collaborazione con la Regio-ne del Veneto e la Camera di Commercio diVenezia per accompagnare la costruzionedel passante autostradale di Mestre con un

lavoro di ammortizzamento dell’impattoambientale e riqualificazione del territorioattraverso la creazione di una fascia verde,tra alberi e siepi piantati lungo il percorsodell’autostrada e parchi creati in prossimitàdelle zone urbane e abitate. Il progetto, oltread avere grande importanza per il territorio,è indubbiamente un esempio da tenere inconsiderazione a livello regionale e nazio-nale, a fronte soprattutto del crescente nu-mero di progetti infrastrutturali in corso intutta Italia e in Veneto, regione che sta re-cuperando il forte ritardo storico che scontain questo settore. Lo studio Passante Verde è un’esempio diprogetto che unisce sviluppo e tutela del ter-ritorio, coinvolgento Enti pubblici e realtàeconomiche, che si sono trovati a collabora-re a stretto contatto, ideando nuove formedi accordo e compromesso anche nell’am-bito dell’acquisizione dei terreni coinvolti.Il volume documenta precisamente questopercorso, suddividendosi in tre sezioni de-dicate rispettivamente allo studio PassanteVerde nell’insieme – con un’analisi dei pae-saggi coinvolti, delle criticità e del pianoguida –, ai differenti progetti realizzati e al-l’approfondimento di alcuni aspetti – vege-tazione, qualità dell’aria, inquinamentoacustico, riutilizzo delle terre di scavo, vin-coli legali e aspetti tecnico-giuridici. Chiu-dono il volume la bibliografia e i crediti delprogetto. | Susanna Falchero |

[MES3OVEST] La tangenziale è città, a cura diAndrea Ferialdi, Padova, Il Poligrafo, 2010,4°, pp. 96, ill., e 28,00.

Il laboratorio Mes3Ovest, svoltosi tra la finedel 2006 e il 2008, è stata una fertile occa-sione di confronto tra realtà diverse – pro-gettisti, Università Iuav di Venezia, rappre-sentanti politici e amministratori locali – at-torno al problema della riqualificazione del-la zona occidentale di Mestre, che si svilup-pa in particolar modo attorno alla Tangen-ziale, dall’area commerciale “Panorama” asud all’area AEV del Terraglio a nord. Si trat-ta di zone fortemente vissute nella quotidia-nità dai cittadini, luoghi di transito, ma an-che ricchi di attività commerciali e servizi,che pure sono stati dimenticati dalla piani-ficazione, rimanendo vittima di un degradodiffuso, determinato dal forte inquinamen-to veicolare, dalla frammentazione degli in-sediamenti, dalla bassa qualità delle costru-zioni e delle architetture. La zona è tuttaviaricca di opportunità, a partire dalla sua vici-nanza alle altre reti di trasporto, stradali enon solo, fino all’evidente appetibilità eco-

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nomica, testimoniata dallo sviluppo dell’ul-timo ventennio. Questo volume raccoglie alcuni importanticontributi di analisi della realtà attuale – fir-mati da Agostino Cappelli, Cristiano Costan-tini e Giuseppe Busan –, di riflessione adampio spettro e confronto con altre realtà in-ternazionali per individuare le possibili lineeguida per una nuova pianificazione dell’area– Andrea Ferialdi, Piero Faraguna, France-sco Zanon e Andrea Pennisi – e di nuoveproposte concrete, raccolte nella sezione con-clusiva [9 x MES3]. | Susanna Falchero |

FABIAN CARLOS GIUSTA, John Hejduk. Profe-zie figurative. Il progetto per Cannaregio ovest,Venezia 1978, Padova, Il Poligrafo, 2013, 8°,pp. 100, ill., e 20,00.

Il proposito di rifondare al contempo la teo-ria e la prassi architettonica contemporanea,oltre la crisi del Modernismo, costituì, se-condo Fabian Giusta, l’orizzonte progettualedi John Hejduk (1929-2000), uno dei mag-giori esponenti dell’architettura americanadegli ultimi decenni del Novecento. Il volu-me propone l’interpretazione dei progetti edelle riflessioni che l’architetto presentò nel1978, in occasione del Seminario Internazio-nale di Progettazione Architettonica, pro-mosso dall’Università Iuav e dall’Assessora-to alla Cultura del Comune di Venezia. Fabian Carlos Giusta, nell’introdurre i testie il relativo apparato iconografico di dise-gni, delinea le caratteristiche dell’approccioprogettuale di Hejduk. Ne coglie l’intenzio-ne, condivisa da Peter Eisenman e RaphaelMoneo, di rispondere allo “spostamentodella disciplina nell’ambito del privato”. Il tentativo di fondare una teoria del linguag-gio architettonico in Hejduk non si pone,tuttavia, prima e fuori dal progetto, bensì èintrinseco al “gesto compositivo” che coniu-ghi “la complessità formale e significativadella città contemporanea”. Il progetto pre-sentato nel 1978 si dispone a rispondere agliinterrogativi cogenti della condizione attualedi frammentazione del linguaggio architet-tonico, che mettono in dubbio la sua stessaesistenza, propone un processo compositivonel quale “teoria e progetto sono tutt’uno al-l’interno dell’invenzione architettonica”.L’interesse per il progetto di Hejduk assu-me un particolare rilievo se si considera chel’occasione è data dal confronto con una vasta area situata nella parrocchia di SanGiobbe nel sestiere di Cannaregio a Vene-zia, città che si contrappone, con la propriapresenza, la propria forma e la propria sto-ria, alla “babele dei linguaggi” dell’architet-

tura attuale, fondata sull’assoluta arbitrarie-tà del gesto compositivo. Giusta descrive l’atteggiamento, l’emozionee il sentimento iniziale di Hejduk di frontea Venezia, in cui colse “l’armonia tra creatoe costruito e l’individualità delle sue formearchitettoniche e naturali”, come un “ritor-no a casa”. L’ambizione del compito assun-to dall’architetto americano si manifesta giànell’iniziale interrogazione rispetto alla ne-cessità di inserire le esigenze abitative del-l’uomo contemporaneo nelle forme del se-colare contesto, simbolico, stratificato ecomplesso, costituito da Venezia. Ambizio-ne che si rivela nell’intenzione di procederesottraendo alla complessa totalità stratifica-ta della città “i temi che la caratterizzanoper riproporli nella loro singolarità” co-gliendone l’attualità. Il progetto identifica ilproprio elemento strutturale nel muro chesi pone al margine che separa l’isola di SanGiobbe dalla laguna, attorno al quale si ag-gregano i volumi costituiti da tredici torriseparate dalle preesistenti costruzioni. | Guido Galesso Nadir |

La memoria del dolore. Metodologia nel re-stauro dei forti della grande guerra, a cura diFernando Fiorino, Venezia, Ministero per iBeni e le Attività Clturali, Soprintendenzaper i Beni Architettonici e Paesaggistici perle Province di Venezia, Belluno, Padova eTreviso, 2011, 8°, pp. 164, ill., s.i.p.

La prima delle due parti di cui si componeil volume è dedicata a raccogliere le rifles-sioni scaturite dal dibattito, sviluppatosi nelcorso della giornata di studio tenutasi il 26 aprile 2006 a Venezia, sull’esigenza disalvaguardare il patrimonio paesaggistico,simbolo della nostra storia e in particolarmodo delle vicende tragiche della PrimaGuerra mondiale. Sull’esigenza di tuteladella memoria storica, si sofferma in modospecifico l’intervento di Guglielmo Monti;su un piano più pragmatico, Fernando Fio-rino si concentra sul problema del restaurodelle fortificazioni militari della GrandeGuerra e Luigi Girardini presenta le fasi delprogetto “Restauro Consolidamento e Valo-rizzazione del Complesso architettonico diForte di Monte Ricco e Batteria Castello”del Comune di Pieve di Cadore.La seconda parte presenta i progetti di re-stauro di tre fortificazioni: Forte Leone ad Ar-sié, Forte di Monte Ricco e Batteria Castelloa Pieve di Cadore, Forte Tre Passi e CortinaD’Ampezzo. Il volume è arricchito da una co-spicua documentazione fotografica, che ren-de tangibile l’importanza e il significato dei

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luoghi trattati, imprescindibile legame con lanostra storia. | Arianna Volpini |

MICHELE CASARIN - GIUSEPPE SACCA - GIO-VANNI VIO, Alla scoperta di Mestre, Venezia,Regione del Veneto - Portogruaro (VE),Nuovadimensione, 2009, pp. 344, ill, s.i.p.

Una guida di Mestre potrebbe sembrare unprogetto bizzarro o superfluo, ma il lavorocondotto dagli storici Michele Casarin eGiuseppe Saccà, con la collaborazione del-l’architetto Giovanni Vio, dimostra il con-trario: dimostra anzi che un’opera che per-mettesse di guardare alla struttura urbana emetropolitana di Mestre come un nucleo asé, non succube del centro storico di Vene-zia città antica, era necessaria. Gli autorimettono infatti subito in luce quanto com-plessa e articolata sia la struttura di Mestre,sia nella suddivisione dei nuclei abitativiche vanno a comporne la piattaforma me-tropolitana, sia nella varietà degli stili e de-gli elementi achitettonici e naturali.Per questo motivo la guida si articola in duemacro-sezioni, la prima delle quali è desti-nata a rendere sinteticamente, ma esaustiva-mente, conto delle principali caratteristichedella città: le principali coordinate geografi-che, il rapporto con l’acqua e con Venezia,un profilo storico dalle origini romane aoggi, per poi mettere a fuoco separatamentele zone verdi, le infrastrutture, l’architettura,i quartieri multietnici. Un ultimo breve ca-pitolo è dedicato alle apparizioni di Mestrenella letteratura. La seconda sezione affron-ta invece la descrizione della città e dell’hin-terland zona per zona: San Lorenzo, XXV

Aprile, Piave 1886, Carpenedo e Bissuola,Terraglio, Chirignago e Gazzera, Zelarino eTrivignano, Favaro Veneto, Marghera. Ladescrizione dei luoghi è accompagnata daun ricco apparato di immagini e da continuirimandi alle mappe della città riportate allafine del volume insieme a un indispensabi-le prospetto delle informazioni pratiche permuoversi a Mestre. | Diego Crivellari |

Infrastrutture culturali. Percorsi di terra ed’acqua tra paesaggi e archeologie del Polesine,a cura di Margherita Vanore, Padova, Il Po-ligrafo, 2010, 8°, pp. 176, ill., e 25,00.

Studiare le infrastrutture per conoscere unterritorio, la sua storia e la sua identità: daquesta idea nasce il volume curato da Mar-

gherita Vanore, docente di Composizionearchitettonica e urbana presso l’UniversitàIuav di Venezia. L’opera si concentra sulPolesine, visto nel rapporto tra passato, pre-sente e progettazione futura: MargheritaVanore si sofferma sulla descrizione dellarete di canali e corsi d’acqua che caratteriz-zano il territorio di Rovigo, mentre di ar-cheologia urbana e della sua utilità nellaprogettazione si occupano rispettivamenteStefano Tuzzato e Christiano Costantini.Ancora sullo studio del territorio si muovo-no gli interventi successivi: Paolo Genovesie Giuseppe Masiero in merito alla rete del-le ferrovie in dismissione, Francesca Zano-vello sulla viabilità antica, via mare e via ter-ra, Leonardo Murmora sulle archeologie in-dustriali e Laura Mosca sulla modellazionedel suolo e delle reti idriche nella zona com-presa fra Adige e Po. Alla pianificazione delterritorio si interessano invece gli interven-ti di Andrea Petrecca e di Sandro Grispan – per altro, entrambi corredati di un ric-chissimo apparato di carte e grafici. In chiusura, viene riportata una sintesi del-la tavola rotonda dedicata al rapporto tra archeologia e trasfomazione del territorio,tenutasi nell’ambito del convegno Infra-strutture culturali, paesaggi e archeologie delPolesine presso l’Università Iuav nel marzo2010, che raccoglie i contributi di Carlo Ma-gnani, Franco Mancuso, Maria Grazia Mar-telletto, Giuseppe Masiero, Christiano Co-stantini, Stefano Tuzzato e Alberto Ferlenga.| Diego Crivellari |

Enrico Franzolini. Tre interni a Cortina, Padova, Il Poligrafo, 2010, 4°, pp. 68, ill., e 25,00.

In questo volume vengono presentati gli in-terni di tre abitazioni progettate da EnricoFranzolini, il cui studio è conosciuto per lagrande varietà di progetti, che spaziano dal-la progettazione architettonica al disegnoindustriale. Le abitazioni qui affrontatesono tutte situate a Cortina d’Ampezzo – più precisamente, la D House in localitàCadelverzo, M House a Gilardon e L Housea Crignes –, zona che da sempre fa interlo-quire lo stile alpino della tradizione con leesigenze e le tecniche della modernità.Franzolini in questi progetti lavora soprat-tutto con i materiali e con la luce, andandoa creare accostamenti preziosi e asciutti trai colori caldi e tradizionali del legno, la mo-denità dell’acciaio e le tinte chiare di tiposcandinavo, creando luminosità e spazionelle strutture tipicamente alpine di questecase ampezzane. | Giovanna Battiston |

immagini tratte da Alla scoperta di Mestre (in alto)Infrastrutture culturali... (in basso)

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Jacopo Tintoretto, Susanna e i vecchioni,

1557 caVienna,

Kunsthistorisches Museum

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Venetkens. Viaggio nella terra dei Veneti anti-chi, catalogo della mostra (Padova, Palazzodella Ragione, 6 aprile - 17 novembre 2013),a cura di Mariolina Gamba, Giovanna Gam-bacurta, Angela Ruta Serafini, VincenzoTiné e Francesca Veronese, Venezia, Marsi-lio, 2013, 4°, pp. 462, ill., e 45,00.

Non solo catalogo di un’esposizione che si èproposta dall’inizio a livello nazionale come“mostra dell’anno”: il poderoso volume, cheaccompagna l’evento scientifico e didatticopubblico, è diventato occasione, per i maggio-ri specialisti nazionali dei Veneti antichi, perfare il punto sullo stato degli studi in materia. Così trova posto una prima sezione più tec-nica, che dalla preistoria giunge ad analiz-zare le varie fasi dell’età del bronzo in terri-torio veneto, e dall’apice di questa facies cul-turale – nell’età del ferro – approfondisce irapporti (e gli apporti) con l’Etruria padanae quella tirrenica, con la Grecia e le coloniemagnogreche, con i Reti e le popolazionidel confine orientale del Venetorum angolus.Fino al periodo della romanizzazione, quan-do ciò che fu introdotto dagli immigrati del-l’Urbs rese la vita, per citare Elena Di Filip-po Balestrazzi, “non più la stessa”. Ampiospazio è dedicato agli aspetti sociali e urba-nistici, alla sfera del sacro e al culto dei mor-ti. I riferimenti sono allo studio dei ritrova-menti più recenti, anche inediti. La seconda parte, il vero catalogo, segue lequattordici sezioni della mostra, introdotteciascuna da uno o più brevi saggi che con-testualizzano i reperti di seguito presentatinelle schede, permettendo un’immersionenei vari aspetti della cultura, contestualiz-zando i manufatti in mostra. Ancora unavolta, dagli albori dell’età del bronzo (con itesori di Frattesina di Fratta Polesine) ilviaggio si conclude con l’arrivo dei Romanie la stele funeraria di Ostiala Gallenia, don-na venetica andata in sposa a un romano,passando per la vita quotidiana nelle case enell’ambiente naturale, per le produzioniartigianali e i commerci, per le città dei vivi,quelle dei morti e gli spazi dedicati agli dei,con il doveroso risalto attribuito all’arte del-le situle, alla scrittura, all’importanza delcavallo. Le schede dei reperti, accompagna-te da fotografie e talora anche da disegniche ne facilitano la lettura, oltre ai confronti

tipologici più recenti contengono descrizio-ni accurate sia dell’oggetto sia del suo valoresimbolico e culturale. | Cinzia Agostini |

Guariento, catalogo della mostra (Padova,Palazzo del Monte di Pietà, 16 aprile - 31 lu-glio 2011), a cura di Davide Banzato, France-sca Flores d’Arcais e Anna Maria Spiazzi, Ve-nezia, Marsilio, 2011, 4°, pp. 233, ill., s.i.p.

La “mostra impossibile”, come è stata a lun-go definita, su Guariento di Arpo, è stata in-fine realizzata a Padova dalla FondazioneCassa di Risparmio di Padova e Rovigo, incollaborazione con il Comune, nei rinnova-ti ambienti del Palazzo del Monte di Pietà.Il progetto espositivo ha riunito per la pri-ma volta la maggior parte delle opere cono-sciute di uno degli esponenti più rappre-sentativi dell’arte trecentesca a Padova, pri-mo pittore di corte della Signoria Carrarese,la cui produzione è conservata nelle istitu-zioni museali dell’Europa e degli Stati Uniti. Lo splendore della Padova carrarese, unodei momenti più floridi nella storia della cit-tà, rivive ancora oggi attraverso le testimo-nianze visive degli artisti dell’epoca. Tra igrandi nomi, Guariento si presenta come ilprincipale interprete delle ambizioni geopo-litiche e regali dei Carraresi, rappresentantedi una particolare arte di corte caratterizza-ta da un linguaggio raffinato ed eleganteteso a glorificare il Signore e il suo potere.Francesca Flores d’Arcais, autrice della sto-rica monografia sul pittore del 1975, nel ca-talogo che ha accompagnato l’esposizioneripercorre la carriera di Guariento, nativo diPiove di Sacco, partendo dalla formazionegiottesca evidente nelle opere giovanili, pas-sando per i contatti con l’ambiente venezia-no che mutano profondamente il suo lin-guaggio, che si arricchisce di una forte com-ponente bizantineggiante, per giungere alleopere realizzate per la corte carrarese, cul-minanti nella decorazione della Cappelladella Reggia, oggi sede dell’Accademia Ga-lileiana di Scienze, Lettere e Arti in Padova.Il linguaggio degli affreschi è di grande mo-dernità, gli episodi tratti dal Vecchio Testa-

mento sono raccontati come fatti di cronacaper la minuziosa attenzione al dettaglio na-turalistico e di costume, ma allo stesso tem-po assumono la dimensione di una fiaba, diun racconto cavalleresco, per l’estrema ele-ganza e nobiltà delle figure e le delicate sfu-mature dei timbri cromatici, anticipando leaffascinanti raffinatezze del gotico interna-zionale. Da questo luogo, inoltre, provengo-no le sfavillanti tavole raffiguranti le gerar-chie angeliche.Proprio la cappella carrarese è al centro deiprincipali contribuiti del volume che ag-giornano la situazione degli studi sulla basedelle più recenti ricerche. Grande attenzio-ne è rivolta alle vicende conservative e al re-stauro degli affreschi e delle gerarchie an-geliche, i cui risultati hanno permesso di ri-cavare importanti indizi sulla tecnica esecu-tiva. Decisiva è stata la trascrizione dei tito-la che accompagnano gli episodi per la cor-retta, e in alcuni casi nuova, interpretazionedell’iconografia biblica. L’apparato docu-mentario, le schede di catalogo e le rispetti-ve tavole a colori chiudono il volume of-frendo un’accurata disamina dell’interaproduzione di Guariento, confrontandolacon quella degli artisti suoi contemporanei.| Barbara Ceccato |

Splendore nella Regola. Codici miniati da mo-nasteri e conventi nella Biblioteca Universita-ria di Padova, catalogo della mostra (Padova,Oratorio di San Rocco, 1-30 aprile 2011), a cura di Federica Toniolo e Pietro Gnan, Pa-dova, Biblioteca Universitaria di Padova - Co-mune di Padova, 2011, 8°, pp. 180, ill., s.i.p.

La mostra “Splendore nella Regola” ha pre-sentato al pubblico patavino una preziosaselezione di manoscritti miniati conservatipresso la Biblioteca Universitaria di Padova,scarsamente noti e provenienti dalle piùimportanti istituzioni monastiche cittadine,tra cui gli Eremitani e Santa Giustina. L’e-vento si inseriva all’interno della XIII Setti-mana della Cultura (9-17 aprile 2011) pro-mossa dal Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali, e voleva proporre un raffinato as-

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saggio della multiforme e prolifica vitalitàculturale di Padova nel Medioevo, in parti-colar modo durante la Signoria carrarese. La varietà di stili pittorici e dei luoghi di ese-cuzione dei codici, importanti strumenti dipredicazione per i pellegrini di allora, costi-tuisce per noi moderni un tesoro di rara bel-lezza, da cui è possibile trarre anche consi-derazioni storiche e artistiche in merito alricco patrimonio librario della città.Il volume si avvale dei contributi di tre stu-diose: Federica Toniolo descrive il ruolo e letecniche degli artisti che decoravano i ma-noscritti medievali, sia all’interno delloscriptorium dei monasteri sia al di fuori, nel-le botteghe e nelle corporazioni di miniatoridi cui già dal Duecento si ha testimonianza.Gli esempi più antichi conservati presso laBiblioteca Universitaria risalgono al XII se-colo, testimoni di un gusto ancora romanicoche andrà poi evolvendosi nei secoli, for-nendo allo spettatore della mostra e al letto-re una straordinaria varietà di soluzioni arti-stiche, specchio delle diverse aree di prove-nienza, tra Francia e penisola italiana. Nico-letta Giovè Marchioli approfondisce gliaspetti grafici e codicologici dei codici mi-niati provenienti dalle raccolte ecclesiasti-che di Padova, che si collocano in un ampioarco temporale (dal XII al XV secolo) che per-mette di rendere atto delle numerose muta-zioni grafiche avvenute. Lavinia Prosdoci-mi, infine, si sofferma sui codici provenien-ti da librerie claustrali, di cui la BibliotecaUniversitaria poté incamerare solo una par-te del patrimonio, soffermandosi in partico-lar modo su quelli provenienti dalle libreriedegli Eremitani e di Santa Giustina, di inte-resse più strettamente padovano.Ai saggi delle studiose fa seguito il catalogovero e proprio della mostra: il ricco appara-to iconografico è corredato da descrizionispecifiche di ogni manoscritto e di un’esau-stiva bibliografia finale. | Sara Pierobon |

Pietro Bembo e l’invenzione del Rinascimento,catalogo della mostra (Padova, Palazzo delMonte di Pietà, 2 febbraio - 19 maggio 2013),a cura di Guido Beltramini, Davide Gaspa-rotto e Adolfo Tura, Venezia, Marsilio,2013, 4°, ill., pp. 439, s.i.p.

La mostra organizzata dalla FondazioneCassa di Risparmio di Padova e Rovigo e dalCentro Internazionale di Studi di Architet-tura Andrea Palladio con la collaborazionedel Ministero per i Beni e le Attività cultu-rali celebra uno dei grandi protagonisti delRinascimento italiano: il letterato, umanistae mecenate veneziano Pietro Bembo.

In linea con il convegno di studi Pietro Bem-bo e le Arti organizzato nel 2011 presso l’Ac-cademia Galileiana di Scienze Lettere e Arti,l’esposizione sottende un’operazione cultu-rale di alto livello, per l’intreccio di compe-tenze, ricerche e collaborazioni interdiscipli-nari volte a evocare un personaggio e un am-biente di centrale importanza per l’elabora-zione della cultura italiana ed europea. Lamostra racconta la sua vita attraverso l’e-sposizione delle opere che facevano partedel “Museo Bembo”, la sua straordinariacollezione padovana che aveva sede nell’at-tuale Museo della Terza Armata. Mettere inscena la raccolta significa restituire la per-sonalità intellettuale di Pietro Bembo, il suorapporto con l’arte, la cultura, le personalitàpiù influenti del tempo, delineando un cli-ma culturale che è quello che ha dato origi-ne al Rinascimento italiano. L’attenzione èrivolta in primo luogo a Bembo letterato,che in una Italia frammentata è riuscito acreare un’identità culturale basata sull’uni-ficazione linguistica. Ma Bembo è anche co-lui che promuove un rinnovato linguaggiodell’arte, individuandolo nell’opera di Raf-faello e Michelangelo. L’intenzione dei cu-ratori è quella di descrivere la genesi di unnuovo mondo e di una nuova cultura, attra-verso l’individuazione di alcune testimo-nianze chiave in campo letterario e artistico.Vengono quindi presentate le edizioni diAldo Manuzio e la nuova tipologia di librodi piccolo formato, gli Asolani e l’interpreta-zione neoplatonica dell’amore, la culturaantiquaria e la ricezione del mondo classicoattraverso monete, medaglie e sculture, lenuove tendenze artistiche nel campo dellaritrattistica con i capolavori di Giorgione,Tiziano e Raffaello.Il pregevole volume rispecchia le sezionidella mostra, che riassumono i momentidecisivi della vita di Bembo, a partire dairapporti con il padre Bernardo, passandoper il mondo delle corti fino al periodo ro-mano. Le opere, tutti pezzi di grandissimovalore provenienti dalle maggiori istituzionimuseali, sono affrontate con grande com-petenza e rigore scientifico nelle ricchissi-me schede. La mostra e il rispettivo catalogo si presen-tano come un elogio alla bellezza dellagrande arte del Rinascimento, raccontata at-traverso gli occhi di Bembo. Un’operazionecomplessa, ma definitivamente riuscita,grazie a un lavoro di ricerca e approfondi-mento a cura di un’équipe di professionistinel campo della disciplina artistica che han-no presentato al pubblico la nascita della“maniera moderna”. | Barbara Ceccato |

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Giorgione a Padova. L’enigma del carro, cata-logo della mostra (Padova, Musei Civici agliEremitani, 16 ottobre 2010 - 16 gennaio2011), a cura di Davide Banzato, Franca Pel-legrini, Ugo Soragni, Milano, Skira, 2010,4°, pp. 239, ill., s.i.p.

In occasione delle celebrazioni del quintocentenario della morte di Giorgione, anchela città di Padova ha voluto rendere omaggioal maestro della rinascenza veneta attraversouna mostra volta a riconoscere un legame tral’artista e la città. L’evento, ideato e promos-so dalla Direzione regionale per i beni cultu-rali e paesaggistici del Veneto e dai MuseiCivici di Padova, ha avuto come scopo l’inse-rimento della città in un importante ciclo dieventi che hanno interessato il territorio ve-neto. Centro dell’esposizione è stato il dipin-to noto come La Tempesta, conservato pressole Gallerie dell’Accademia di Venezia. Si trat-ta di una delle opere più enigmatiche e mi-steriose di Giorgione, il cui significato nonha ancora trovato una conferma univocapresso la critica. Numerose sono state infattile proposte interpretative sul soggetto, a par-tire dalla descrizione di Marcantonio Mi-chiel, che cita il quadro visto in casa di Ga-briele Vendramin nel 1530 con queste parole:“el paesetto in tela con la tempesta con la ci-gana e il soldato […]”. La proposta alla basedella mostra padovana è che la città ritrattasullo sfondo del quadro sia proprio Padova. Il catalogo dell’esposizione presenta una se-rie di saggi che tentano di gettare nuova lucesui rapporti di Giorgione con Padova, a so-stegno dell’ipotesi di un interesse giorgione-sco nei confronti della città e di una possibi-le committenza padovana. In linea con glistudi di Enrico Guidoni degli anni Sessantadel XX secolo, Ugo Soragni cerca di riaffer-mare il legame dell’artista di Castelfrancocon la città, insistendo sul rapporto con Giu-lio Campagnola, ricordando un presunto in-teresse di Giorgione nei confronti della pe-ste e proponendo di riconoscere nella Tem-pesta non solo la rappresentazione del carrocarrarese ma anche della Torre di Ezzelino,interpretando lo sfondo come una veduta diPadova, secondo le recenti tesi pubblicate daAntonio Boscardin nel 2005. Le sezioni delcatalogo rispecchiano il percorso espositivodella mostra e concentrano l’attenzione sualcuni capitoli chiave di questo approcciocritico: Giulio Campagnola, gli ebrei a Pado-va, gli artisti attivi in città prima e dopo Gior-gione, la filosofia naturale come chiave di ac-cesso al significato della Tempesta.L’ermetica figura di Giorgione, ancora unavolta, si presta al dibattito della storiografiacritica continuamente alla ricerca di unanuova prospettiva sul pittore volta a dare lucea una personalità e a una produzione nonancora del tutto svelate. | Barbara Ceccato |

Tesori della musica veneta del Cinquecento. La policoralità, Giovanni Matteo Asola e Gio-vanni Croce, catalogo della mostra (Venezia,17 aprile - 2 giugno 2010), a cura di Iain Fen-lon e Antonio Lovato, Venezia, FondazioneLevi, 2010, 8°, pp. 195, ill., ess. mus., s.i.p.

Il titolo del volume riprende quello della mo-stra che si tenne, dal 17 aprile al 2 giugno2010, presso le Sale monumentali della Bi-blioteca Nazionale Marciana di Venezia.L’occasione che la generò furono le celebra-zioni del quarto centenario della morte didue celebri polifonisti veneti: Giovanni Mat-teo Asola (Verona, 1524 - Venezia, 1609) eGiovanni Croce (Chioggia, 1557 - Venezia,1609), cui sono ascrivibili importanti pro-duzioni di musiche sacre improntate allapolicoralità, ossia da eseguirsi con due o piùgruppi corali.Grazie al contributo della Regione del Ve-neto, e alla costituzione di un Comitato re-gionale deputato alle celebrazioni, oltre allamostra si realizzarono conferenze, conve-gni, giornate di studio, concerti, che coin-volsero Venezia, Chioggia, Padova, Treviso,Verona e Vicenza. Nel progetto figurano an-che l’edizione critica in DVD delle musichedi Asola e Croce e la realizzazione del cata-logo tematico delle loro composizioni, partefondante e maggiormente qualificante del-l’ambizioso progetto.Il catalogo della mostra offre 28 schede chedescrivono minuziosamente strumenti efonti musicali, manoscritte e a stampa, deisecoli XVI e XVII, ossia di quell’epoca chevide la nascita e la diffusione della prassi po-licorale nei territori della Serenissima Re-pubblica, grazie all’opera dei maestri e deicantori delle cappelle musicali delle princi-pali chiese di Venezia, Bergamo, Treviso,Verona ecc. Esemplari, nella loro concezio-ne, le schede che, oltre alla descrizione codi-cologica (per le fonti musicali) e organologi-ca (per gli strumenti), affrontano la storia deisingoli reperti e il loro ruolo nella prassi mu-sicale cinquecentesca, coadiuvate da un riccoapparato iconografico e bibliografico.Precedono il catalogo quattro interventi bi-lingue (italiano-inglese) a cura di Antonio Lo-vato, Laura Moretti, Iain Fenlon e Laura Mau-ri Vigevani, dedicati alla nascita e alla diffu-sione della policoralità nel Veneto, agli spaziarchitettonici (chiese, cattedrali e basiliche diPadova, Bergamo, Venezia e Treviso) cheospitarono la policoralità dai primi vagiti allasua fastosa esplosione, alle origini di questaprassi nella veneziana basilica di San Marco,e all’impiego degli strumenti nella musicasacra eseguita presso le chiese di Venezia edei suoi territori. | Francesco Passadore |

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Ospiti al Museo. Maestri veneti dal XV al XVIII

secolo tra conservazione pubblica e privata, ca-talogo della mostra (Padova, Musei Civiciagli Eremitani, 31 marzo - 17 giugno 2012),a cura di Davide Banzato ed Elisabetta Gastaldi, Padova, Il Poligrafo, 2012, 8°, pp. 180, ill., e 30,00.

La fisionomia delle raccolte di molti museiitaliani si è venuta a formare nel corso deltempo anche grazie ai lasciti e alle donazio-ni del collezionismo privato. Questa mo-stra, promossa e organizzata dall’Assesso-rato alla Cultura del Comune di Padova edai Musei Civici con il sostegno di Fonda-zione Antonveneta, è stata presentata comeun omaggio alla passione collezionisticaprivata, che spesso ha avuto il merito di sal-vare le opere dalla dispersione, conservan-dole e valorizzandole. Dipinti di proprietàcivica sono stati messi a confronto con pre-gevoli capolavori di proprietà dei maggioriantiquari e galleristi italiani ospitati nellesale del museo.Davide Banzato, nel saggio introduttivo alcatalogo, descrive il pubblico e il privatocome due mondi a confronto, tra i quali lamostra ha creato un dialogo avvicinandoopere di uno stesso artista provenienti dallasfera privata e dalle collezioni museali pa-dovane. Un’occasione per aprire una rifles-sione sulla cospicua parte di patrimonio ar-tistico ancora di proprietà privata e sullafruizione di queste opere, per migliorarnela conoscenza attraverso il confronto conquelle musealizzate.Esperti storici dell’arte hanno messo a dispo-sizione le proprie competenze per schedarele opere esposte attraverso una rigorosa di-samina del materiale, con il merito di farconoscere e ammirare al pubblico operepoco note, molte delle quali inedite, databi-li dal tardo Quattrocento fino al XVIII seco-lo. Tra gli artisti presentati spiccano i nomidi Jacopo Parisati da Montagnana, attivo aPadova alla fine del XV secolo, di Paolo Ve-ronese, del rappresentante del tardomanie-rismo veneto Palma il Giovane, di Dario Va-rotari detto il Padovanino, del bellunese Ga-spare Diziani, conosciuto in città soprattut-to come frescante, e di Francesco Guardi.L’attenzione non è posta tuttavia soltantosulla pittura, ma anche sulle arti plastiche,attraverso l’opera dell’orafo veronese Ga-leazzo Mondella detto il Moderno, attivo traQuattro e Cinquecento, del celebre bronzi-sta Andrea Briosco detto il Riccio, degli scul -tori Antonio Minelli, attivo anche al Santo,e Giovanni Bonazza. Il volume presenta un’impostazione di me-todo che può offrire agli esperti di settore lapossibilità di arricchire la conoscenza di pit-tori e artisti attraverso novità e aggiunte alloro catalogo, grazie ai ritrovamenti di ope-

re ritenute perdute e con la scoperta di nuo-vi capolavori non ancora noti. Inoltre, que-sto lavoro si presenta anche come un puntodi partenza per tutti coloro che vogliono ri-flettere sul funzionamento e sul ruolo delmercato dell’arte, sui meccanismi del colle-zionismo e dell’evoluzione del gusto, in undialogo tra pubblico e privato all’insegnadella conservazione e valorizzazione del pa-trimonio artistico. | Barbara Ceccato |

Caravaggio, Lotto, Ribera. Quattro secoli di ca-polavori della Fondazione Longhi a Padova,catalogo della mostra (Padova, Musei Civiciagli Eremitani, 19 novembre 2009 - 28 mar-zo 2010), a cura di Mina Gregori, Maria Cri-stina Bandera, Davide Banzato, Milano, Fe-derico Motta Editore, 2009, 4°, pp. 207, ill.,e 39,00.

Il grande storico dell’arte Roberto Longhi èstato celebrato a Padova attraverso l’esposi-zione di alcuni pezzi della sua raccolta oggiappartenenti alla Fondazione Longhi, natanel 1971 per volontà testamentaria dello stu-dioso “per vantaggio delle giovani genera-zioni”. All’interno del panorama della criti-ca d’arte, la figura di Roberto Longhi spiccaper le sue competenze di conoscitore raffi-nato e di scrittore eccellente. Il suo nome silega a pietre miliari della storiografia nove-centesca, come la monografia su Piero del-la Francesca (1927), gli studi sulla pitturaferrarese raccolti in Officina Ferrarese(1934), il Viatico per cinque secoli di PitturaVeneziana (1946), i fondamentali contribu-ti su Caravaggio e i Caravaggeschi. Le pagi-ne di Longhi sono ancora oggi prove supre-me, anche grazie alla sua maestria lettera-ria, nell’evocare la grandezza delle persona-lità artistiche e nell’aver dato risalto a scuo-le e tendenze meno note. Non va dimenti-cata, inoltre, la passione per il contempora-neo, testimoniata dalla monografia su CarloCarrà (1937) e dall’amicizia con GiorgioMorandi. Collezionare, per Longhi, non erasolo l’appagamento di un piacere estetico,ma la volontà di costituire una raccolta fun-zionale all’esercizio critico e alla ricerca. Il catalogo della mostra allestita nelle saledel Museo Civico agli Eremitani di Padova siapre con un saggio di Mina Gregori che cipresenta Longhi collezionista esaminando leopere della sua raccolta, testimonianza nonsolo degli interessi presunti dello studioso,ma anche dell’instancabile spirito di scoper-ta che ha animato la sua carriera.Maria Cristina Bandera, attraverso l’analisidel celeberrimo dipinto Fanciullo morso daun ramarro, introduce uno dei risultati criti-

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ci maggiori di Longhi, la definizione dellapersonalità artistica di Caravaggio, esaltatoin rapporto al contemporaneo, perché l’oc-chio critico si muove continuamente dall’an-tico al moderno e viceversa, e per Longhi erafondamentale ricercare un paragone tra i fat-ti d’arte, in un sottile gioco di rimandi e diintese perché “la storia passata sempre si ri-colorisce da quella del presente”. MentreBruno Toscano riflette su alcune presenzeottocentesche nella collezione Longhi a par-tire dai disegni di Fortunato Duranti, DavideBanzato si concentra sui legami tra lo stu-dioso e l’arte padovana, ricordando i suoi in-terventi sulla pittura veneta raccolti nel Via-tico e nel Calepino Veneziano, che costitui-scono il punto della situazione dopo anni diricerche sul fenomeno dell’arte veneta. Leschede illustrano la cinquantina di opere se-lezionate per l’esposizione quali testi rappre-sentativi del gusto eclettico e specialistico diquella che Longhi stesso preferiva chiamareraccolta e non collezione. | Barbara Ceccato |

Il Settecento a Verona. Tiepolo, Cignaroli, Ro-tari, la nobiltà della pittura, catalogo dellamo stra (Verona, Palazzo della Gran Guar-dia, 26 novembre 2011 - 9 aprile 2012), a cu -ra di Fabrizio Magani, Paola Marini, AndreaTomezzoli, con la collaborazione di IlariaTurri, Cinisello Balsamo (MI), Silvana Edito-riale, 2011, 4°, pp. 271, ill., e 34,00.

Questo catalogo è il risultato della grandemostra organizzata al Palazzo della GranGuardia a Verona in collaborazione con laSoprintendenza per i Beni Storici, Artisticie Etnoantropologici di Verona, Rovigo e Vi-cenza, che ha avuto il merito di mettere inscena uno dei momenti della civiltà pittori-ca scaligera non ancora indagato in manie-ra puntuale, quello del pieno Settecento.Questa ricerca si è posta come il seguitodella storica mostra organizzata da LiciscoMagagnato nel 1978 intitolata La pittura aVerona tra Seicento e Settecento e cerca di colmare una carenza di studi sugli artisti at-tivi in questo decisivo momento della pittu-ra veronese. Il XVIII secolo è un periodo importante perla storia di Verona, in quanto si assiste auna crescita economica ed edilizia, a un ge-nerale incremento degli studi archeologici escientifici, allo sviluppo editoriale e a unarinnovata vivacità artistica. In città soggior-na Giambattista Tiepolo e gli artisti localidanno avvio a una scuola pittorica impron-tata a un nobile classicismo che riscuote ungrande successo europeo. Bettino Cignarolie Pietro Antonio Rotari sono i nomi di spic-

co di questi anni e insieme agli altri artistiveronesi sono presentati in un itinerariocritico, riflesso nelle schede del catalogo,ricco di novità e di descrizioni emozionantie coinvolgenti, che gettano luce su opereche hanno fatto la storia di Verona nel Set-tecento, attraverso un’indagine completache considera dipinti, disegni e incisioni. Il catalogo mira a mettere in evidenza gliaspetti di originalità e di autonomia dellapittura veronese rispetto a coeve esperienzefigurative, in primis veneziane, e ne consi-dera il ruolo in un più ampio contesto in-ternazionale. Anche a Verona, sulle orme diAntonio Balestra, a cui va riconosciuto ilruolo di leader nei primi quattro decenni delsecolo, si crea un peculiare linguaggio diavanguardia basato sullo studio della naturae della statuaria antica. La declinazione sca-ligera del barrocchetto, impreziosita di deco-ro e grazia, caratterizza le opere di Cignaro-li, fondatore dell’Accademia di Pittura, e diRotari, decretando per quest’ultimo l’appel-lativo di “pittore della corte russa” per il suc-cesso riscosso presso gli Zar. Entrambi sifanno interpreti di un classicismo e di unapoetica dei sentimenti di grande modernità. I saggi del volume attraversano i diversiaspetti del Settecento veronese, dedicandospazio al quadro degli avvenimenti storici esociali, all’architettura civile, alla produzionelibraria, ed entrando nel vivo della vicendaartistica dei pittori, in Italia e all’estero. Uncapitolo ricco di novità è infine dedicato allastoria, alle vicende conservative e all’analisidelle sovrapporte e del grandioso soffitto tie-polesco di Palazzo Canossa, gravementedanneggiato dagli avvenimenti bellici che necausarono il crollo. | Barbara Ceccato |

Tiepolo, Piazzetta, Novelli. L’incanto del libroillustrato nel Settecento veneto, catalogo dellamostra (Padova, Musei Civici agli Eremitanie Palazzo Zuckermann, 24 novembre 2012 -7 aprile 2013), a cura di Vincenza CinziaDonvito e Denis Ton, Crocetta del Montello(TV), Antiga, 2012, 4°, pp. 479, ill., e 35,00.

Dopo la mostra del 2009 intitolata “Le Musetra i Libri. Il libro illustrato veneto del Cin-que e Seicento”, la Biblioteca Universitariadi Padova e il Comune hanno presentatoun’esposizione che ha avuto come centro diinteresse l’editoria illustrata del Settecentoveneto, all’interno di un più vasto progettoculturale di valorizzazione del patrimoniodelle Biblioteche e dei Musei della città.Venezia e il Veneto nel XVIII secolo sono iprotagonisti dell’editoria europea e dell’evo-luzione dell’illustrazione libraria che si ac-

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compagna a una rivisitazione dei grandiclassici, alla pubblicazione di novità lettera-rie, alla divulgazione di ricerche storiche,geografiche e scientifiche. L’estro e il virtuosismo dei grandi artisti set-tecenteschi viene messo al servizio dell’im-magine libraria. Sono Tiepolo, Piazzetta,Novelli, Balestra e Fontebasso i grandi nomiche decorano le più pregiate imprese edito-riali di questi anni, capaci di racchiudere inuna pagina tutta la grandiosità compositivadella pittura. Il merito è degli editori, i veriprotagonisti, come Giambattista Albrizzi eAntonio Zatta, capaci di creare fruttuose col-laborazioni con gli artisti, immettendo nelmercato prodotti raffinati, eleganti, ricercatidal collezionismo di lusso. La decorazione li-braria rispecchia il gusto della pittura sette-centesca, aprendosi al mondo arcadico e pa-storale. Scorrendo le pagine di questi volumisi respirano atmosfere classiche, raccontateattraverso l’elegante e vivace decorazione ditestatine, finalini e capilettera e attraverso larappresentazione di un mondo idilliaco,dove l’attenzione si concentra non più sullabattaglia e l’avvenimento tragico, ma sullascena di genere, più licenziosa e aneddotica,trattata con uno stile fresco e allo stesso tem-po raffinato ed elegante.La mostra, allestita a Padova nelle sale deiMusei Civici Eremitani e a Palazzo Zucker-mann, ha avuto il merito di presentare que-sti capolavori del secolo dei Lumi, alcuni inedizioni rare, avvicinando lo spettatore a unprodotto artistico spesso di difficile fruibilità.Il volume, frutto della ricerca e della colla-borazione di numerosi esperti del settore,delinea con precisione il contesto culturaledi questi anni concentrandosi sui principaliartisti, presentando novità e ultime propo-ste. L’attenzione non è rivolta soltanto aipiù celebri testi illustrati della letteratura ca-valleresca, come la Gerusalemme Liberatasu disegno di Giambattista Piazzetta, maanche a opere di altro carattere, come i poe-mi eroicomici, i libri d’occasione, i testi acarattere scientifico. Le schede dei volumi mettono in risalto ilpregio artistico di queste immagini, risulta-to dell’abilità e del virtuosismo tecnico degliincisori e dei disegnatori. Si tratta di una ri-cerca di grande rilevanza, per conoscere eapprezzare una delle forme d’arte più pre-stigiose e raffinate del Settecento. Comescrive Denis Ton in apertura del catalogo, sitratta di un’occasione per abbassare losguardo verso la pagina decorata e sentire lastessa piacevole vertigine che si prova quan-do si guarda verso l’alto un soffitto affrescato.| Barbara Ceccato |

Il diletto dell’immagine. Volti, storie, paesaggi nel-le stampe della collezione Carlo Bocchi, a cura diBarbara Ceccato, Padova, Il Poligrafo, 2012,4°, pp. 292, ill., e 28,00.

Singolare personaggio l’adriese Carlo Boc-chi (1752-1838): uomo pubblico che ha se-gnato con la sua presenza la storia del cen-tro polesano tra Sette e Ottocento, in un’e-poca di rivoluzioni e cambiamenti, tra Sere-nissima, Francia e Austria, ma anche mece-nate e appassionato collezionista, come te-stimonia questo catalogo, che riporta allaluce una collezione, oggi conservata pres-so la Fondazione Scolastica “Carlo Bocchi”di Adria, frutto del suo personale gusto ededicata per larga parte alla produzione in-cisoria. Nota la curatrice della pubblicazio-ne, Barbara Ceccato, che con il nome diCarlo Bocchi “ci si trova di fronte a una per-sonalità erudita, dotata di una passione arti-stica multiforme, testimoniata dalle sue rac-colte, che comprendevano anche dipinti ealtri oggetti d’arte”. Ripercorrere le paginedel volume è un modo per seguire alcunedelle tappe principali della storia dell’inci-sione, da Albrecht Dürer ai bulini della fa-miglia Sadeler, dai protagonisti secenteschia quelli del Settecento, senza dimenticare leabili “traduzioni” in incisione di grandiopere dei maestri della pittura come Raf-faello e Michelangelo. Prosegue ancora lacuratrice, presentando il proprio lavoro:“Catalogare questa collezione ha significatoapprofondire sotto numerosi aspetti la sto-ria dell’incisione, dovendo affrontare artisti,opere e soggetti molto diversi tra loro”.Un’opera meritoria, destinata a valorizzareuno dei tanti tesori culturali e artistici cu-stoditi dalla provincia veneta. Tra i maggio-ri ostacoli al completamento dell’impresa dicatalogazione della raccolta, si rileva lo statodi conservazione di molte delle stampe quiriprodotte, che nel biennio 1992-1993 ave-vano già conosciuto un restauro pressol’Abbazia di Praglia. | Barbara Da Forno |

Atlante Trevigiano. Cartografie e iconografiedi città e territorio dal XV al XX secolo, catalogodella mostra (Treviso, Spazio Bomben, 22 gennaio - 17 aprile 2011), a cura di MassimoRossi, Treviso, Fondazione Benetton Studi Ri-cerche - Antiga, 2011, 4°, pp. 108, ill., e 25,00.

Il catalogo della mostra organizzata dallaFondazione Benetton Studi Ricerche èun’opera ricca e finemente curata da Massi-mo Rossi, geografo responsabile della Car-toteca della Fondazione Benetton e coordi-natore della sezione di Storia della cartogra-

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fia del Centro italiano per gli studi storico-geografici, che si preoccupa di corredare icontenuti fotografici con interventi e descri-zioni puntuali del materiale presentato. Massimo Rossi parte della descrizione dellacollezione di Domenico Vianello Bote, cu-stodita a Casa Vianello, acquisita dalla Fon-dazione Benetton nel 2008, segnando l’ini-zio di questo progetto: da qui si è partiti nonsolo per lo studio e la catalogazione dellecarte, ma anche per la ricostruzione delrapporto intrattenuto lungo tutto il corsodel Novecento dalla città di Treviso con lacartografia storica, scandito da numeroseesposizioni e iniziative. Il catalogo è organizzato in due sezioni: nel-la prima, vengono descritte secondo un cri-terio cronologico le carte raffiguranti la cit-tà di Treviso, a partire dalle prime rappre-sentazioni urbane del XV secolo contenutenel Supplementum Chronicarum e dalle inci-sioni realizzate da mano fiamminga traCinque e Seicento nelle Civitates orbis terra-rum, seguite da numerosi epigoni. Dal Set-tecento, la rappresentazione cartografica sifa sempre più moderna, permettendo di os-servare così, nei mutamenti registrati dallecarte nel corso del secolo successivo, le tra-sformazioni politiche e territoriali subitedalla città. Il percorso si conclude con le to-pografie cittadine del Novecento e il pianoregolatore del 1946. Segue una seconda sezione, dedicata alle car-te raffiguranti i territori della Marca trevigia-na, affrontate secondo un criterio temporalee con particolare attenzione al contesto cul-turale da cui sono nate; per le carte più anti-che, molto rilievo è riservato alla ricostruzio-ne delle opere in cui erano contenute, raccol-te o atlanti, che solo nella loro completezzadanno senso compiuto alla singola carta.L’ultima parte del catalogo, intitolata Dalframmento al tutto, vuole dimostrare, attra-verso il caso di un disegno manoscritto aopera di Giovanni Pinadello, quanto siacomplessa la rete di legami che è possibileattivare a partire da una singola opera, colle-gandola ai personaggi coinvolti nell’opera, ai loro epistolari e alle opere coeve, in mododa ricostruirne la complessa dimensionestorica. Compito della ricerca è quella di re-cuperare i legami interni ed esterni a ognidocumento, per comprenderli così a pieno.Va sottolineato che la ricchezza dello studiodella cartografia risiede proprio nel fatto chein essa siano contentuti, oltre ai dati mera-mente geografici, una visione del mondo deltutto unica e particolare dell’epoca, impor-tanti informazioni sul modo di guardare ecatalogare la realtà circostante, esempi diun’attività critica che forse oggi rischia discomparire, se non si fa uno sforzo di anali-si di fronte ai materiali, pur precisissimi,forniti dalla tecnologia. | Arianna Volpini |

Antonio Suntach. Un incisore del Settecentotra Bassano, Roma e l’Europa, catalogo dellamostra (Bassano del Grappa - VI, Museo Remondini - Palazzo Sturm, 28 gennaio - 1° maggio 2012), a cura di Giuliana Ericanie Federica Millozzi, Bassano del Grappa(VI), Comune di Bassano del Grappa, 2012,4°, pp. 84, ill., cd-rom allegato, s.i.p.

Il catalogo della mostra omonima ripercor-re l’attività dell’incisore Antonio Suntach(1744-1828), artista nato a Venezia, ma cheper la maggior parte della sua esistenza vis-se e operò a Bassano del Grappa, lavorandopresso la celebre calcografia e tipografia Re-mondini, e poi in proprio a partire dal 1772e fino al 1816, prima di cedere i rami dellapropria impresa editoriale alla più solida“casa madre” bassanese. La catalogazione scientifica delle opere di An-tonio Suntach muove invece da un lavoro pio-nieristico svolto dalla studiosa Franca Brunet-ti, quarant’anni orsono, per la sua tesi di lau-rea discussa all’Università di Padova. L’espo-sizione, ospitata al Museo Remondini, com-pleta quella prima ricognizione dell’opera diSuntach degli anni Settanta e raccoglie prin-cipalmente materiali oggi custoditi presso ilGabinetto Disegni e Stampe del Museo Civi-co di Bassano, testimonianza del forte rap-porto che ha unito l’incisore alla città di Bas-sano e, in particolare, alla ditta Remondini,realtà conosciuta e apprezzata in tutta l’Euro-pa del tempo per la qualità della sua produ-zione. Di particolare interesse per la ricostru-zione della figura di Suntach e del clima cul-turale in cui egli si trovò ad operare sono isaggi di Giuliana Ericani (Antonio Suntach e iRemondini), Maria Antonella Fusco (Suntachall’Istituto Nazionale per la Grafica) e FedericaMillozzi (Introduzione al catalogo). Il dvd allegato al volume contiene le imma-gini digitali delle opere schedate, rispettan-do il medesimo ordine cronologico del vo -lume. | Barbara Da Forno |

Corot e l’arte moderna. Souvenirs et Impres-sions, catalogo della mostra (Verona, Palazzodella Gran Guardia, 27 novembre 2009 - 7 marzo 2010), a cura di Vincent Pomarède,Venezia, Ministero per i Beni e le Attività Cul-turali - Regione del Veneto - Provincia di Ve-rona - Marsilio, 2009, 4°, pp. 278, ill., s.i.p.

La mostra, dedicata alla pittura di Jean-Bap-tiste Camille Corot, è stata possibile graziealla sinergia tra il Comune di Verona e ilprestigioso Musée du Louvre, che ha per-messo l’istituzione di un protocollo d’intesaper una collaborazione pluriennale (fino al

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2015): un traguardo significativo per la de-mocratizzazione dei musei ma anche per lapolitica culturale della Regione.Il catalogo si apre con quattro saggi che in-quadrano in modo approfondito la figura ela fortuna di Corot: Vincent Pomarède de-scrive gli scenari e le visioni che in sessan-t’anni di carriera “il più inimitabile pittore dipaesaggio” ha esplorato, in un’articolata ri-costruzione della sua vita e dell’opera; Na-thalie Michel-Szelechowska si sofferma sul-le influenze e i maestri ai quali Corot si eraavvicinato coniugando tradizione e moder-nità; Michael Pantazzi analizza l’influenzaesercitata sui contemporanei e su quanti sa-rebbero poi diventati Impressionisti, fin dal-le sue prime esposizioni al Salon (ClaudeMonet, Camille Pissarro, Berthe Morisot,Alfred Sisley, Pierre-Auguste Renoir, RenéGimpel sono solo alcuni dei molti rimasti af-fascinati dalla sua tecnica); David Liot tracciainvece un confronto tra le avanguardie, chesi sarebbero affermate dopo la sua morte, e le opere di Corot.La parte centrale e più consistente del volu-me è costituita dal catalogo delle opere, con-cepito e articolato in tre sezioni: “L’ultimodei classici”, “Gli ‘ornamenti’ della Natura”e infine “Corot. Il primo dei moderni”. | Barbara Da Forno |

De Nittis, catalogo della mostra (Padova, Pa-lazzo Zabarella, 19 gennaio - 26 maggio2013), a cura di Emanuela Angiuli, Fernan-do Mazzocca, Venezia, Marsilio, 2013, 4°,pp. 239, ill., e 35,00.

La Fondazione Bano di Padova, nell’ambitodell’attività decennale di promozione dellapittura dell’Ottocento italiano, ha omaggia-to con questa mostra Giuseppe De Nittis,che condivide insieme a Boldini la fama diuno dei più grandi italiani a Parigi. L’espe-rienza artistica di De Nittis può essere para-gonata a un viaggio che dal Sud – Barletta,l’Ofanto, il Tavoliere delle Puglie – lo con-duce al Nord, passando per Napoli, Firenze,Roma, fino a giungere a Parigi e Londra. Il 1867, quando il giovane barlettano sog-giorna nella città francese, costituisce il mo-mento di svolta alla conquista della capitaledell’arte. L’incontro con il celebre criticoAdolphe Goupil, nonostante il controversorapporto, è il trampolino di lancio per l’arti-sta, che diventa uno dei più acclamati pitto-ri di quegli anni. Pur rispettando le esigen-ze della Maison Goupil di una pittura di ge-nere à la mode, De Nittis non dimentica laformazione giovanile come pittore di pae-saggio, gli scenari di campagna e mare dove

si esercita a registrare le variazioni della natura, della luce e dei cieli insieme adAdriano Cecioni e agli artisti della Scuola diResina. L’ambiente naturale, il ritratto e lavita moderna sono i temi ricorrenti dellasua pittura fatta di luce, colore e sensazioni.Il suo è un talento raffinato, chiamato a ren-dere il lato elegante della natura in tutte lesue sfaccettature. Parigi e Londra sono ledue metropoli delle quali De Nittis catturale diversità e le atmosfere, ritraendone lamodernità esaltante, rappresentando viali,strade e piazze affollate, riprese con taglidal fotografico al cinematografico, vere eproprie istantanee di vita. Il catalogo dell’esposizione delinea la perso-nalità di De Nittis analizzandone la carrieraattraverso le testimonianze degli amici e del-la critica contemporanea. Numerose sonoinoltre le citazioni tratte dal Taccuino, unasorta di diario degli anni 1870-1884 compo-sto dalla moglie, che raccoglie pensieri e ri-flessioni autobiografiche dell’artista. I saggiaffrontano i diversi momenti della sua attivi-tà, dalla scuola di Resina ai soggiorni parigi-ni e londinesi, approfondendo il suo interes-se verso l’arte giapponese e la fotografia. Leopere descritte nelle schede di catalogo pro-vengono dai principali musei, da collezioni-sti privati e soprattutto dalla Pinacoteca diBarletta, che possiede una straordinaria rac-colta dei dipinti dell’artista, alcuni rimastinell’atelier, donati dalla moglie al museodopo la morte del marito. | Barbara Ceccato |

Il divisionismo. La luce del moderno, catalo-go della mostra (Rovigo, Palazzo Roverella,25 febbraio - 24 giugno 2012), a cura diFrancesca Cagianelli e Dario Matteoni, Ci-nisello Balsamo (MI), Silvana Editoriale,2012, 4°, pp. 239, ill., e 34,00.

Palazzo Roverella di Rovigo ha aperto leporte a una delle più emozionanti stagionidella storia dell’arte italiana. Dopo L’Otto-cento elegante, la Fondazione Cassa di Ri-sparmio di Padova e Rovigo ha promosso lamostra sul Divisionismo per celebrare il colore e la luce della pittura in Italia a caval-lo tra Ottocento e Novecento. Attraverso un articolato percorso tematicocostellato di eccellenti opere, sono stati mes-si in evidenza i sentimenti, le passioni e leistanze teoriche di una generazione di artistitra il 1890 e la Grande Guerra. Le opere diquesti anni sono il risultato di una speri-mentazione pittorica basata sull’accosta-mento di colori complementari, in linea con le ultime indagini scientifiche relativealle caratteristiche fisiche e percettive dei co-

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lori e della luce da parte dell’occhio umano.Gli artisti italiani rispondono in manieraoriginale al pointillisme e al neoimpressioni-smo francese, specializzandosi in una pittu-ra fatta di pennellate filamentose, dove laluce viene catturata in tutte le sue vibrazio-ni e l’attenzione è rivolta al gioco cromatico.Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza daVolpedo e Gaetano Previati sono i principaliinterpreti di questa stagione pittorica, capacidi raccontare per immagini le tematiche im-pegnate del nuovo secolo. L’evoluzione ver-so il moderno, la rottura con il passato, iconflitti sociali sono i soggetti ricorrenti deidipinti, insieme alla rappresentazione inti-ma e simbolica, spesso onirica, della natura,del paesaggio e dei sentimenti umani. Il volume che accompagna l’esposizione sicompone di cinque saggi che delineano l’e-voluzione di questo stile pittorico dalle origi-ni fino agli albori delle avanguardie storiche.Gli autori si propongono in primo luogo diampliare e valorizzare le geografie di unmovimento che incrocia le diverse tradizio-ni regionali, mostrando caratteri di origina-lità in relazione al contesto di attività deisingoli pittori. | Barbara Ceccato |

Felice Carena e gli anni di Venezia, catalogodella mostra (Venezia, Istituto Veneto diScienze, Lettere ed Arti, 27 marzo - 18 lu-glio 2010), a cura di Virginia Baradel, Ve-nezia, Marsilio, 2010, 4°, pp. 207, ill., s.i.p.

La mostra, promossa dalla Regione e dall’I-stituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, haavuto come obiettivo quello di portare al cen-tro dell’attenzione un’importante stagionedell’arte italiana del Novecento, ripercorren-do gli anni veneziani di Felice Carena. La cu-ratrice del catalogo, Virginia Baradel, mettein evidenza come il caso di Felice Carena ac-comuni molti artisti che hanno vissuto lecontraddizioni e la complessità del XX secolo.Celebrato negli anni tra le due guerre, Ca-rena viene ingiustamente rimosso dalla sce-na dell’arte a partire dal secondo dopoguer-ra, inglobato in quel fenomeno di rimozio-ne che ha gettato ombra sulla scena artisti-ca di quegli anni. La mostra e il rispettivocatalogo intendono rivalutare la sua carrierae il suo ruolo di esponente di primo pianodella pittura realista del Novecento italiano,partendo dalla fase finale della sua attivitàartistica, gli anni veneziani.Venezia è la città chiave per rileggere l’inte-ra vicenda artistica e umana di Carena, pit-tore piemontese nato a Cumiana nel 1879,che nel 1906 si trasferisce a Roma e nel1909 espone per la prima volta alla Bienna-

le di Venezia. Dal 1924 al 1945 insegnapresso l’Accademia di Belle Arti di Firenzee infine si trasferisce nella città lagunare,dove risiede per il resto della vita.Eccellente pittore, Carena con la sua operasimboleggia la tendenza dell’arte di quel pe-riodo a riappropriarsi del passato: i classicidella pittura sono per lui un’importante e di-chiarato modello di riferimento. Le naturemorte e i temi sacri sono i soggetti ricorren-ti nei suoi dipinti, che dimostrano un’atten-zione ai fondamenti esistenziali e alla tecni-ca pittorica, in costante sperimentazione,come spiega Luigi Cavallo nel suo saggio. Ilrapporto di Carena con l’arte e i protagoni-sti del Novecento è l’oggetto di indagine diElena Pontiggia, che delinea un giudiziocritico nei confronti dell’artista attraverso letestimonianze dei contemporanei. Giovan-ni Bianchi ripercorre la sua partecipazionealla Biennale di Venezia tra il 1909 e il1956, che costituisce di volta in volta l’occa-sione per fare il punto sulla sua ricerca pit-torica e presentarla al pubblico. Gli altri interventi del volume approfondi-scono il legame tra l’artista e Venezia, chein quegli anni si presentava come un signi-ficativo luogo di incontro per artisti e intel-lettuali, dove la vecchia tradizione pittoricaconviveva con le più aggiornate sperimenta-zioni artistiche. A Venezia, Carena potevaconfrontarsi con la grande pittura del Rina-scimento e con il colore e la luce di una cit-tà che si specchia sull’acqua.Il merito di questa ricerca è l’aver creatouna nuova prospettiva sul pittore, attraversouna generale rivalutazione della sua operain relazione al contesto. Un tassello in piùper comprendere una fase importante del-l’evoluzione artistica italiana in uno dei pe-riodi più complessi della nostra storia. | Barbara Ceccato |

Angelo Dall’Oca Bianca e l’universo femmi-nile. La pelle della pittura, catalogo della mo-stra (Verona, Casa di Giulietta, 30 novem-bre 2012 - 10 marzo 2013), a cura di PatriziaNuzzo, Cinisello Balsamo (MI), Silvana Edi-toriale, 2012, 8°, pp. 64, ill., e 14,00.

La mostra dedicata ad Angelo Dall’OcaBianca è stata realizzata in occasione delsettantesimo anniversario della sua morte,a suggello di un legame tra Verona e unodei suoi più apprezzati artisti e di quello trala tematica della femminilità e l’importanzastorica e simbolica della Casa di Giulietta.Tre saggi introduttivi – di Paola Marini, Pa-trizia Nuzzo e Diego Arich – scandaglianol’universo di Angelo Dall’Oca Bianca, le te-

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matiche a lui care (prima fra tutte quella del-la sensualità femminile), il suo rapporto conla città di Verona, la fortuna di questo gran-de maestro nel suo tempo e ai giorni nostri. La mostra è stata scandita in sezioni cheprendono il titolo da dipinti significativi:Verona in un mattino di Primavera (dedica-ta al rapporto tra le donne veronesi e la cit-tà), Dolce catena (incentrata sul rapportoamoroso che lega in vincoli indissolubili),Naufraghi d’amore (che racconta il temadella sensualità più travolgente), Va benecosì, signor pittore? (che intende raccontareil mondo delle modelle e delle donne “inposa”). Ogni sezione vuole così rinarrare ilfascino che sul pittore sempre esercitaro-no i volti e i corpi femminili, mai disgiun-ti dallo sfondo di una Verona quanto maiviva e romantica, seconda protagonista diquesta mostra.Chiudono il volume un saggio di Elena Ca-sotto, dedicato a una puntuale ricostruzio-ne biografica del pittore, e un contributodi Fernanda Lomartire, che descrive e recanotizia di una raccolta di 594 lastre negati-ve attribuite ad Angelo Dall’Oca Bianca econservate al Museo di Castelvecchio, chenel 1998 ha provveduto a restaurarle. | Gessica Indorato |

Galanterie di vetro. Il Risorgimento vetrario diMurano nella collezione de Boos-Smith, cata-logo della mostra (Venezia, Palazzo Lore-dan, 17 marzo - 2 maggio 2010), a cura diRosa Barovier Mentasti, Venezia, Marsilio,2010, 4°, pp. 144, ill., s.i.p.

La mostra organizzata dall’Istituto Veneto diScienze Lettere ed Arti e ospitata nelle saledel piano terra di palazzo Loredan, riaperteper l’occasione, ha proposto l’importantecollezione di vetri veneziani di Fiorella ePhilip de Boos-Smith, gentilmente prestataper l’occasione. Il ricco catalogo dei pezzipresentati è introdotto da un saggio della cu-ratrice Rosa Barovier Mentasti, che ripercor-re la fortuna oscillatoria dei vetri veneziani,in Italia e all’estero, nel corso dell’Ottocento;fortuna che non può essere scissa dall’im-magine della città lagunare stessa, che du-rante la prima metà del XIX secolo sarà sog-getta a una forte propaganta negativa distampo giacobino, volta a preparare e giusti-ficare l’invasione napoleonica, e che perdu-rerà in una parte della letteratura romantica,accostata però anche all’immagine di Vene-zia città splendida e morente che attirerà nu-merosi viaggiatori illustri. Il secolo si eraaperto con una profonda crisi economica,che vide la stasi e il progressivo smantella-

mento della antiche “arti” o corporazioni,compresa quella dei vetrai. La crisi di questosettore, oltre a essere figlia della difficile si-tuazione generale, era legata soprattutto alcalo di richiesta dei vetri veneziani, il cui sti-le era ormai ritenuto fuori moda, soppianta-to dalla produzione inglese e boema.Emergono così alcune importanti figure dimastri vetrai, che riescono, attraverso lo stu-dio, l’innovazione e il recupero di tecnicheantiche, a far fronte alla crisi: Benedetto Bar-baria con la produzione di intarsi di vetriopachi colorati, Lorenzo Radi che riscopre ilcalcedonio, Domenico Bussolin che recupe-ra la tecnica della filigrana e retortoli. Inquesto clima, l’avvocato vicentino AntonioSalviati avvia, nel 1859, un laboratorio di artemusiva, dando inizio a un percorso che con-dusse i vetri e i mosaici dell’atelier fino all’Esposizione universale parigina del 1867.Nella seconda metà dell’Ottocento la produ-zione vetraria riprende finalmente vita, re-cuperando gli stili antichi e del passato, etrova fertile mercato nell’importante flussoturistico che in questo periodo invade Ve-nezia. Una nuova crisi della produzione ar-riverà nei primi anni del Novecento, fati-cando Venezia ad adattarsi all’Art Nouveaue ai nuovi gusti internazionali: crisi che ver-rà superata con grande sforzo e con il recu-pero fondamentale della tecnica della mur-rina, che grande fortuna avrà tra gli artistid’avanguardia.Sulla produzione compresa fra queste duecrisi si concentra la mostra, costituita preva-lentemente di opere provenienti proprio dal-la vetreria Salviati e collocate dal 1850 circafino ai primi anni del Novecento, testimonidelle differenti tecniche approntate dai ma-stri vetrai per ridare vita alla propria arte. | Arianna Volpini |

Miniature di vetro. La bomboniera d’artista,catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Lo-redan, 24 marzo - 10 giugno 2012), a cura diRosa Barovier Mentasti, Sandro Pezzoli eCristina Tonini, Venezia, Marsilio, 2012,8°, pp. 160, ill., e 25,00.

Il volume Miniature di vetro nasce in corre-lazione all’omonima mostra promossa dal-l’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti,nella successione di occasioni culturali dicui si occupa ogni anno a partire dal 2004:l’evento è un omaggio all’arte del vetro diMurano, antica tradizione artigianale am-mirata ben oltre i confini veneziani. Ne èconvinto pienamente Sandro Pezzoli, colle-zionista di oggetti e bomboniere in vetro,grazie al quale è stato possibile realizzare

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questa mostra e questo volume. L’usanzadella bomboniera come dono agli ospiti inoccasione di nozze o altre cerimonie specia-li è subordinata alla già diffusissima (a par-tire dal Trecento) tradizione dell’offerta deiconfetti, durante banchetti di vario genere,spesso contenuti in calici, ciotole e confet-tiere realizzate nelle più variegate e lussuo-se fogge. La “bomboniera” intesa in sensomoderno compare sul finire del XIX secolo,sull’esempio della scatola d’argento che Vit-torio Emanuele di Savoia donò in occasionedel matrimonio con Elena di Montenegroagli ospiti, e la maestria degli artigiani diMurano ricopre un ruolo di primo pianonella diffusione di questa tradizione. Nel volume, ampio spazio è dedicato ai lavoridi artisti e artigiani, a partire dalla prestigiosavetreria Fratelli Toso, che proponeva dopo laPrima Guerra mondiale “bomboniere” (neicataloghi dell’epoca si registra l’uso di tale de-nominazione) realizzate con la tecnica dellamurrina soffiata in forma di elegantissimi ce-stelli colorati. Rosa Barovier Mentasti e Cristi-na Tonini, nel saggio che apre il volume, in-dividuano nella fine degli anni Sessanta l’ini-zio del cambiamento di gusto e della fase incui si preferiscono ai contenitori di confettioggetti di vario genere.Una seconda parte del volume è incentratasulla riproduzione fotografica di Miniature divetro, suddivisa a sua volta in tre capitoli dedi-cati rispettivamente agli eleganti oggetti pro-dotti da vetrai-artisti di Murano 1920-2011, aquelli prodotti in Europa 1940-1990, e ai Vetrid’artista 1960-2011, realizzati da personalitàinternazionali rapite da questo sensazionaletrionfo di maestria artigiana ed estro artistico.Chiude il volume un capitolo dedicato all’or-dinato catalogo delle Schede delle opere, per-chè di vere opere d’arte si tratta: piccole, vir-tuose esplosioni di colore e delicatezza. | Barbara Da Forno |

Tony Cragg in 4D. Dal fluire alla stabilità / Et-was festes aus dem Strömenden, catalogo del-la mostra (Venezia, Ca’ Pesaro, 28 agosto2010 - 9 gennaio 2011; Merano, 4 febbraio -29 maggio 2011), a cura di Silvio Fuso e Valerio Dehò, testi di Silvia Fuso, ValerioDehò, Jon Wood, Venezia, Marsilio, 2010,4°, pp. 194, ill., s.i.p.

Il catalogo, che raccoglie gli esiti di una mostra che ha avuto due suggestive colloca-zioni, Ca’ Pesaro e Merano Arte, ha unospessore scientifico, grazie ai contributi deicuratori, Silvio Fuso e Valerio Dehò, e diJon Wood, che ne fa un volume eccezional-mente prezioso, d’ora in avanti, per lo stu-

dio dell’opera di Tony Cragg. Silvio Fuso in-troduce il lettore alla sua poetica: la rinun-cia alla mistificazione, l’interrogarsi circa ilsenso delle cose, “l’amorevole rispetto chedovremmo portare nei confronti della mate-ria in cui viviamo e che ci costituisce”, conparole dell’artista. Un’estetica colta e soffer-ta, che vive la scultura come strumento per“liberare” lo spirito dell’uomo – già in que-sto molto vicino a Michelangelo. Jon Woodci offre, invece, una lettura psicoanaliticadell’opera di Cragg: muovendo dalla passio-ne di Freud per il collezionismo di piccolesculture, in cui egli trovava “una testimo-nianza tridimensionale di come funzionas-se la mente dei nostri progenitori”, Woodarriva a definire la concezione di Cragg peruna scultura vissuta come “proiezione ma-teriale di contenuti psicologici ed emotivi”,particolarmente eloquente nel soggetto“gruppo”, ove gli elementi di famiglia e fol-la, intimità e alienazione, possono espri-mersi con maggior forza, propria anche del-la cultura postbellica in cui Cragg si è for-mato. Valerio Dehò, infine, si sofferma sulrapporto di Cragg con l’antico e la tradizio-ne scultorea, in particolare dal Rinascimen-to in poi, da una parte per lo straordinario lavoro di ricerca attorno alla plasticità, da Michelangelo a Bernini – le colonne tortilidel Baldacchino in San Pietro, ad esempio –, dall’altra per la scelta di misurarsi con ope-re di grandi dimensioni che si proiettanonell’ambiente, come “sintesi di spazio ecreatività”. Un contributo fondamentale percomprendere la complessità di un artistaparadossalmente tanto vicino all’arte poverae alla cultura del dopoguerra. Ma vicino an-che ad una certa tradizione classica è per lasua profonda ricerca di spiritualità, pur nel-la sua laicità: un artista che “tocca i verticidel simbolico, sempre che si condivida ilpensiero di Goethe per il quale simbolico èsoltanto ciò che corrisponde perfettamentealla natura”. | Barbara Da Forno |

Gianni Braghieri. Architetture senza tempo,catalogo della mostra (Stra, Museo Nazio-nale di Villa Pisani, 20 aprile - 12 giugno2010), a cura di Giovanni Furlan e Alessan-dro Tognon, con un contributo fotograficodi Giovanni Chiaramonte, Padova, Il Poli-grafo, 2010, 8°, pp. 104, ill., e 24,00.

Il volume presenta la mostra dedicata all’ar-chitetto bergamasco Gianni Braghieri, ospi-tata nel suggestivo contorno di Villa Pisanie della sua Orangerie, allestimento docu-mentato dall’apparato fotografico firmatoda Giovanni Chiaramonte. Alle immagini

immagine tratta daTony Cragg in 4D. Dal fluire alla stabilità...

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della mostra, ricca di modelli, scenografie edi un’ampia quadreria, si aggiungono le fo-tografie delle opere di Braghieri, delle qualiviene messa in luce, attraverso gli interven-ti di – fra gli altri – Fabio Reinhart, PaoloZermani e Giovanni Furlan, il continuo dia-logo con gli spazi urbani in cui la sua archi-tettura si innesta, il rapporto con la storia ela progettualità sociale e civile. Il volume èredatto in doppia lingua, italiano e inglese.| Arianna Volpini |

Stefan Müller. L’architettura della città di Pa-dova, catalogo della mostra (Padova, Cortilepensile di Palazzo Moroni, 29 giugno - 29 luglio 2012), a cura di Cinzia Simioni eAlessandro Tognon, Padova, Il Poligrafo,2012, 8°, pp. 88, ill., e 20.00.

Come in un moderno grand tour, il fotogra-fo tedesco Stefan Müller, classe 1965, sce-glie la città di Padova come oggetto di ri-flessione e ricerca artistica, decidendo diimmortalarne le architetture e gli scorci:così nasce la mostra ospitata a Palazzo Mo-roni e qui confluita nella sezione Architettu-re padovane: ventisei fotografie. Le immaginiimmortalate da Müller comprendono detta-gli, come quello dedicato al Palazzo del Bo,e scorci più ampi, tra cui ad esempio PiazzaInsurrezione, testimoniata da più scatti. Tra gli altri luoghi scelti dal fotografo persperimentare nuovi contrasti di luce e chia-roscuri, si trovano il Duomo, l’interno dellachiesa di Santa Giustina e il caffè Pedrocchi. Alle immagini padovane, segue una selezio-ne di fotografie di opere architettoniche scat-tate tra Germania, Paesi Bassi e Svizzera. | Arianna Volpini |

Antonio Monestiroli. Prototipi di architettura,catalogo della mostra (Padova, Palazzo dellaGran Guardia, 15 settembre - 7 ottobre2012), a cura di Massimo Ferrari, ClaudiaTinazzi, Cinzia Simioni e Alessandro To-gnon, Padova, Il Poligrafo, 2012, 8°. pp. 144,ill., e 27,00.

Con la mostra dedicata al grande architettomilanese, docente e preside per molti annipresso la Facoltà di Architettura civile delPolitecnico di Milano, si chiude a Padova ilbiennio di mostre, convegni e conferenzededicate a La città: Forma e Spazio. Architet-ture in Italia e Germania. Si è scelto di con-cludere quest’esperienza con la figura di

Monestiroli, poiché la sua opera, accompa-gnata dalla profonda riflessione teorica,esprime al meglio l’intrinseca unione e lacoerenza che deve esserci fra queste duefacce del mestiere dell’architettura. L’operadi Monestiroli è affrontata per tipologie(primi progetti, case, torri, cimiteri, chiese,aule), ciascuna delle quali è accompagnatada approfondimenti teorici firmati, oltreche da Monestiroli stesso, da Raffaella Neri,Carlo Moccia, Bruno Messina, TommasoMonestiroli e Massimo Ferrari. L’ultima se-zione, esclusivamente fotografica, è dedica-ta agli edifici costruiti e in particolare a seiopere realizzate dagli anni Ottanta a oggi.Anche questo volume, come tutti quelli del-la collana, è redatto in italiano e inglese.| Arianna Volpini |

Equivivere. Per un’architettura sostenibile, ca-talogo della mostra (Cittadella, Palazzo Pre-torio, 22 maggio - 4 luglio 2010), a cura di ARCHITETTANDO associazione culturale,Padova, Il Poligrafo, 2010, 4°, pp. 224, ill., e 30.00.

L’associazione Architettando, nata a Citta-della, in provincia di Padova, nel 1994 daun gruppo di studenti univesitari con l’o-biettivo di animare il dibattito sull’architet-tura, ha dedicato una mostra-rassegna, laterza della serie, al tema della sostenibilità.Al bando di selezione hanno risposto ses-santasei professionisti con ottantuno pro-getti, di cui sedici sono stati scelti per esse-re presentati in mostra e sono poi confluitiin questo volume. Le opere selezionate,geograficamente sparse dal Trentino AltoAdige alla Sicilia, sono accomunate dalla ri-cerca, condotta secondo linee e prospettivediversificate e originali, di un’architetturasostenibile nell’uso dei materiali e nel con-sumo energetico, elaborando una ricercaestetica che tenga conto del paesaggio in cuiva a inserirsi.La rassegna delle costruzioni è introdotta da una serie di interventi che vanno a esplo-rare tutte le sfumature di quell’ambito di ri-cerca in grande crescita negli ultimi anniche viene individuato da molteplici eti-chette: ecosostenibilità, ecocompatibilità,bioarchitettura ecc. Tra gli autori che han-no contribuito al volume – oltre ai membridel comitato di selezione della mostra Fla-vio Albanese, Federico Bucci, Fulvio Irace eLuigi Scolari – si segnalano, tra gli altri,Emilio Caravatti, che si sofferma sulla pro-spettiva di una nuova “architettura del biso-gno”, Benno Albrecht sul senso di respon-sabilità che deve essere alla base di una pro-

gettazione sostenibile che abbia a cuore ilfuturo dell’uomo e del pianeta, Viviana Fer-rario e Paola Viganò che, in due inteventidistinti, affrontano il problema della cittàdiffusa. In chiusura viene posta la sezione dedicataalle opere internazionali, escluse dalla sele-zione, ma comunque scelte per permettereun confronto di più ampio respiro, cheprenda in esame cotruzioni nate in altricontesti: tra Europa, Asia e Americhe. Il vo-lume è redatto in doppia lingua, italiano einglese. | Arianna Volpini |

Paesaggio/Paesaggi. Il Veneto Orientale, cata-logo della mostra (Torre di Mosto - VE, Mu-seo del Paesaggio, 17 settembre - 28 no-vembre 2011), testi di Enrico Abrate, Gior-gio Barrera, Luca Casonato, Costa Natura,Marcello Mariana, Lowlands, Venezia, Ci-cero, 2011, 4°, pp. 144, ill., s.i.p.

Il Museo del Paesaggio ha deciso di dedica-re la propria sezione fotografica al tema delPaesaggio di Bonifica italiano del ’900, foca-lizzando in questa occasione l’attenzionesul Veneto Orientale, zona scelta comecampione rappresentativo delle terre delNord Italia sottoposte a bonifica nel corsodel secolo scorso: l’esposizione si è articola-ta in tre momenti, il primo dedicato all’a-spetto storico di questo territorio, il secondoall’aspetto artistico e il terzo alla rappresen-tazione della situazione attuale. A questaterza sezione, che ha deciso di affidarsi aireportages di quattro fotografi selezionati at-traverso un concorso nazionale, è dedicatoil presente volume, raccogliendo il lavoropresentato dai quattro artisti, che testimo-niano l’intenso mutamento subito dal terri-torio nella seconda metà del XX secolo, polarizzato dallo sviluppo industriale e urbano al nord e dalla creazione di un lito-rale balneare continuo a sud, con conse-guente penalizzazione e impoverimentodella fascia agricola.La frammentarietà del territorio è colta daEnrico Abrate, che sceglie di ripercorrereciò che rimane della romana via Annia, in-contrando una molteplicità di paesaggi di-versi, agricoli e urbani, accompagnando leimmagini scattate con citazioni di Strabonee Vitruvio sull’antica conformazione palu-dosa di queste zone. Anche Luca Casonatosceglie di muoversi secondo una precisa di-rezione, ma con esiti decisamente opposti:il fotografo veneziano – ma trapiantato aMilano – percorre il litorale che va da Pun-ta Sabbioni a Caorle, avvalendosi anche delcontributo dell’architetto Sebastiano Bran-

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cataloghi di mostre e musei

dolini, autore del testo di interpretazionedello spazio Spazio e cemento che correda leimmagini. Il litorale è fotografato sempreorizzontalmente, con la linea dell’orizzontesempre alla stessa altezza, mostrando laperfetta continuità di questo territorio.In modo diverso si sono mossi Giorgio Bar-rera e Marcello Mariana, procedendo a campione; Barrera realizza un serie di “car-toline viventi”, video realizzati a camera fis-sa, registrando ogni minimo mutamentodel territorio nel corso del tempo, nel terri-torio tra la laguna e gli argini dei fiumi:nonostante la lentezza, la sensazione finale,espressa dall’accostamento dei differenti vi-deo, è di frammentazione. Mariana inveceha scelto di percorrere il territorio in bici-cletta, secondo strade arginali e secondarie:i luoghi privi di presenza umana e caratte-rizzati da un’estrema orizzontalità hannostimolato la riflessione fotografica sul con-cetto di deserto. | Arianna Volpini |

Augusto Murer. Legni e bronzi delle Dolomitifra tradizione e innovazione, catalogo dellamostra (Belluno, 27 novembre 2010 - 30 gennaio 2011), a cura di Antonella Albane Franca Visentin, Venezia, Regione del Veneto - Belluno, Comune di Belluno - Crocetta del Montello (TV), Antiga, 2010,4°, pp. 144, ill., s.i.p.

Con viva soddisfazione per gli estimatori diquesto artista “della montagna”, come è sta-to più volte definito, il Comune di Belluno,insieme alla Regione del Veneto e alla Pro-vincia bellunese, ha promosso una mostrainteramente dedicata alle opere di AugustoMurer, “grande scultore classico, seminato-re di arte e di culture”. A venticinque annidalla sua morte, viene così celebrato un ar-tista che per tutta la sua vita è rimasto an-corato al territorio dove è cresciuto e doveha voluto mantenere sempre il suo atelier.Le strade e le piazze della città da lui tantoamata, Belluno, sono state disseminate, perl’occasione, di sculture che ne ricordano lagrandezza e arrivano al cuore della gente, diquella stessa gente di cui Murer parla. Il volume si apre con il contributo di Anto-nella Alban sull’opera di Murer scultore del-l’Uomo, che ripercorre l’evoluzione dei temie delle tecniche utilizzati dall’artista, daitemi sacri alla rappresentazione autenticadella guerra, attraverso la raffigurazione diuomini e donne che ne sono simbolo, al-l’approdo a temi più lirici e universali, mapur sempre sintetizzati in immagini di per-sone; allo stesso modo evolve la scelta deimateriali e di conseguenza la tecnica: se il

legno va lavorato eliminando la materia ineccesso, per arrivare all’immagine nascosta,approdare all’utilizzo del bronzo significainvece aggiungere, modellare e plasmare lamateria. Segue l’intervento di Massimo DeGrassi su Augusto Murer scultore “civile”, chemostra come la passione di Murer per laraffigurazione dell’uomo sia inscindibile dauna proiezione dell’individuo nella realtà enella storia, che si concretizza nella riccaproduzione di sculture e monumenti per glispazi pubblici, disseminati in tutto il Vene-to e non solo. Alessandro Bonesini si sof-ferma invece sugli aspetti che rendono lesculture dell’artista figure sempre in cam-mino, in esilio, in cui la Resistenza diventauna condizione interiore di tutti e dell’os-servatore, diviene quell’impulso che portaad abbandonare la consuetudine, a metterein discussione le certezze e a sentirsi quin-di in movimento sempre.Il catalogo vero e proprio della mostra, poi,riporta in sezioni distinte le sculture in le-gno e quelle in bronzo, le opere esposte inaltre sedi, in particolar modo quelle disse-minate per il centro storico di Belluno, lesculture e gli schizzi esposti al Museo Civi-co e presso il Circolo di Cultura e Stampabellunese.L’artista, equiparato alle figure di TizianoVecellio, Sebastiano Ricci e Andrea Brusto-lon, ottiene così un riconoscimento per ilsuo talento e per l’amore per il territorio,che contribuiscono a dare significato all’i-dentità bellunese. | Barbara Da Forno |

immagini tratte daPaesaggio/Paesaggi. Il Veneto Orientale

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Tiepolo, Rinaldo e Armida osservati da Ubaldo

e Carlo, 1755 ca Chicago, The Art Institute

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cultura popolare

veneta

Collana di studi e ricerchesulle culture popolari venete realizzatasu iniziativa della Regione del Veneto

La collana “Cultura popolare ve ne ta”, inizia-tiva editoriale sorta dalla collaborazione trala Giunta Regionale del Veneto e la Fonda-zione Giorgio Cini di Venezia, proseguenella propria opera di conoscenza e diffusio-ne di un ricco patrimonio di tradizioni, fol-clore e culture locali. I due volumi che qui sipresentano costituiscono ulteriori opportu-nità per riuscire ad ampliare e per corri-spondere in pieno a quella che è stata, findagli inizi, la principale finalità del la collana:individuare, promuovere e diffondere unaserie di “testi basilari per la conoscenza del-la realtà popolare veneta, manifestatasi inmaniera estremamente ricca e varia”. La collana ospita volumi inerenti l’ambien tefisico urbano, i sistemi economici, le strut -ture familiari e sociali, le manifestazioni cul -turali e religiose, i mestieri, i linguaggi, letradizioni, le credenze ecc. che costituisconoil patrimonio della cultura popolare e dellastessa civiltà veneta. L’iniziativa – attuata congrande rigore scientifico e metodologico – è volta ad approfondire la conoscenza diquesto prezioso patrimonio, a promuovernela salvaguardia, la diffusione e la divulgazio-ne, per riavvicinare la gente del Veneto alleproprie radici e alla propria identità. Ciascuna singola uscita che viene compresaall’interno di questo articolato progetto edito -riale è quindi un nuo vo tassello che può per-mettere al pub blico dei lettori di conoscerenuovi aspetti della ricca tradizione culturaleveneta, concentrandosi di volta in volta suparticolari realtà sedimentate nella memoriacollettiva o magari dimenticate, superate dal-la moderna civiltà tecnologica, su costumi eabitudini che hanno accompagnato la vitadell’uomo (il suo lavoro, il suo “quotidiano”,le sue relazioni ecc.) lungo i secoli e hannocontribuito a definirne l’identità. Gli ultimivolumi della collana sono stati recensiti sul“Notiziario Bibliografico” n. 60.

PAUL SCHEUERMEIER, Il Veneto dei contadini1921-1932, a cura di Daniela Perco, GlaucoSanga, Maria Teresa Vigolo, traduzioni diCarla Gentili, Costabissara (VI), Angelo Col-la editore, 2011, 4°, pp. 354, ill., s.i.p. (“Cul-tura popolare veneta”, Collana di studi e diricerche sulle culture popolari venete realiz-zata su iniziativa della Regione del Veneto,Serie terza, 8)

Lo zurighese Paul Scheuermeier (1888-1973), stimolato dai suoi maestri, i linguistisvizzeri Karl Jaber e Jakob Jud, che avevanoin progetto un Atlante linguistico ed etnogra-fico dell’Italia e della Svizzera meridionale(Sprach- un Sachatlas Italiens und derSüdschweiz – AIS), tra il marzo del 1921 e ilgiugno dell’anno successivo giunse nel Ve-neto per compiere una serie di rilevazionilinguistiche ed etnografiche, accompagnateda una serie di fotografie che documentas-sero la vita dei contadini veneti. Oltre alleschede linguistiche, che dovevano essereutilizzate per l’Atlante, Scheuermeier redas-se anche un diario, ricco di brevi ma acuteosservazioni, di questa sua campagna di ri-cerca, che ci permette di seguire il suo pe-regrinare per le terre venete al fine di inter-vistare i contadini e raccogliere i terminiusati per indicare la realtà concreta del loromondo. Il ricercatore svizzero ritornò nelVeneto una seconda volta tra il 1931 e il1932, per una ricerca a Mirano, accompa-gnato da Paul Boesch, che disegnò conestrema precisione gli oggetti utilizzati quo-tidianamente dai contadini nel lavoro deicampi. Ne risultò un ricchissimo materiale,finora conservato all’Università di Berna eora raccolto in questo volume, dal quale, aldi là dell’importante censimento linguisti-co, si delinea un preciso affresco della real-tà contadina veneta della prima metà del se-colo scorso che ha, secondo noi, un grandevalore documentario anche sul piano socio-logico e storico.La figura e il lavoro di Scheuermeier sonoampiamente delineati e discussi dai saggiintroduttivi di Glauco Sanga (Paul Scheuer-meier nel Veneto: un montanaro in pianura),Daniela Perco (Un viaggio tra uomini e cose:il Veneto di Paul Scheuermeier), Danilo Ga-sparini (Le ubertose… calde campagne venete),Marta Maddalon (Le interviste), John Trum-

per (Le trascrizioni dell’AIS nelle inchieste ve-nete) e, infine, con le precise e accurateschede di Alberto Zamboni e Maria TeresaVigolo (Tra nomi e cose. Commenti lessicali eonomasiologici allo Scheuermeier veneto).Il linguista svizzero, come ricordato, duran-te il suo primo soggiorno veneto, tenne undiario nel quale non solo sono annotate letappe del suo viaggio e le attività di ricercasvolte, ma anche compaiono osservazionipersonali sulla realtà contadina di un Vene-to che, dopo la Prima Guerra mondiale enegli anni dell’incipiente fascismo, sta cam-biando e trasformandosi, anche se rimanepur sempre un territorio agricolo arretrato.Scheuermeier registra le difficoltà dei tra-sferimenti da un luogo all’altro, i contatticon le persone autorevoli di ogni località (ilparroco, il bibliotecario, il farmacista) perconvincere i contadini a farsi intervistare,ma talora aggiunge che è opportuno sce-gliere i contadini da intervistare non tra notisocialisti per evitare le ritorsioni dei fascisti(siamo a Fratta Polesine) oppure che SanGiovanni Lupatoto ha “molta migrazione”.Non mancano spunti più personali: l’acqui-sto de La città morta di D’Annunzio (lettapoi tutta d’un fiato) o la meraviglia per ilpaesaggio che si apre davanti alla casa di Pe-trarca ad Arquà.Le belle foto di Scheuermeier documentanocon precisione la campagna veneta deglianni venti del Novecento: ora le possiamoanche guardare con nostalgia per un mon-do scomparso, ma tutte queste foto riguar-dano realtà specifiche cui corrispondono al-trettanto precise forme linguistiche: le case,il lavoro dei campi, gli utensili. Altrettanto interessanti sono il carteggiocon Jaber e Jud e le cartoline spedite dallevarie località venete. | Mirco Zago |

GIUSEPPE GRAVA - GIOVANNI TOMASI, La fie-nagione nelle Dolomiti venete, Costabissara(VI), Angelo Colla editore, 2012, 4°, pp. 223,ill., s.i.p. (“Cultura popolare veneta”, Colla-na di studi e di ricerche sulle culture popo-lari venete realizzata su iniziativa della Re-gione del Veneto, Serie terza, 9).

Giuseppe Grava e Giovanni Tomasi prose-guono il percorso iniziato nel 1999 con la

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l’editoria nel veneto

immagini tratte da

Il Veneto dei contadini

La fienagione nelle Dolomiti venete (ultime due in basso)

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pubblicazione, a cura della FondazioneCini, de La fienagione nelle Prealpi, spostan-do qui l’area di ricerca alla parte settentrio-nale del bellunese, andando così a com-prendere le zone del Cadore, di Zoldo e del-l’Agordino. Si tratta quindi di zone caratte-rizzate da una fortissima varietà linguistica,ricostruita dagli autori non senza difficoltà,dovute soprattutto al venir meno di parlantinativi competenti nella pratica della fiena-gione, di cui qui vengono catalogati i termi-ni specifici, suddivisi fra attrezzi e azioni. Caratteristica peculiare di questo studio èinfatti la scelta di non concentrarsi esclusi-vamente sul lessico che descrive gli utensiliutilizzati, ma di aprire la ricognizione an-che alle espressioni riferite alle azioni che liaccompagnano – linguaggio specifico diquesta attività rurale – colorando così que-sta ricerca linguistico-etnologica di tratti an-tropologici, poiché attraverso lo studio deitermini che andavano a descrivere il lavorosi può comprendere al meglio lo spirito ca-ratterizzante la vita tradizionale in questeterre.L’opera si articola in diverse sezioni: a unabreve descrizione delle zone geografichecui si fa riferimento, segue la catalogazionelessicale dei termini inerenti gli attrezzi del-la fienagione, le attività a essi legate, il tra-sporto del fieno, i fienili e la stalla. A com-pletare il lavoro, un ricchissimo apparato diimmagini: un atlante dei luoghi in cui si èsvolto lo studio, fotografie dei particolarifienili delle Dolomiti oggi e ritratti in im-magini d’epoca, dipinti che raffigurano le at-tività della fienagione. Questa attività ormaiin via d’estinzione viene così salvaguardataquantomeno nella memoria lessicale e con-creta delle sue peculiarità. | Arianna Volpini |

il veneto contadino:

la memoria

delle tradizioni

Omaggio a Dino Coltro

Mirco Zago

Appare particolarmente meritoria la ripub-blicazione di quest’opera monumentale, lacui prima edizione risale al 1982, frutto distudi di una vita dedicati al mondo contadi-no da parte di Dino Coltro, scomparso nel2009. Al volume, che con La terra e l’uomodello stesso Coltro costituisce un unicoorizzonte di ricerca, è stata data una nuova

veste editoriale di gran pregio, con un ric-chissimo apparato iconografico cui si ag-giunge una profonda revisione del testo.Coltro, come si diceva, ha dedicato al mon-do contadino veneto (e in particolare vero-nese) una lunga serie di studi che trovanoin quest’opera una vera e propria “summa”:non si tratta solo di un’ampia e amorevolericerca etnografica, folclorica, sociologica edeconomica del mondo contadino fino aglianni Ottanta del secolo scorso, ma una verae propria raccolta di espressioni, proverbi,singole parole, canzoni e filastrocche cherinviano a un mondo nella sua complessitàdi articolazioni, che senza questo lavoro diconservazione e di analisi rischierebbe diandare perduto per sempre.Questo rischio incombe sul mondo conta-dino a causa di una doppia minaccia: la so-stanziale fine della società agricola veneta(ma ciò vale anche a livello nazionale) pro-prio all’altezza temporale della prima pub-blicazione di quest’opera e, parallelamentee contemporaneamente, il progressivo esau-rirsi del dialetto come lingua viva di una co-munità, come espressione di una visionedel mondo e di un patrimonio culturale. In-fatti, come annotava Coltro nell’Introduzio-ne del 1982, la vita contadina si colloca inuna dimensione naturale, in strettissima relazione con i ritmi della natura, e la tra-smissione dei suoi valori e dei suoi saperi è affidata alla comunicazione orale. Quandoquella dimensione naturale e quella tra-smissione orale sono venute meno per ipro fondi cambiamenti determinati dallamodernizzazione delle campagne e dallatrasformazione delle condizioni di vita, larealtà contadina, così come si era costituitain una storia secolare, è stata in buona so-stanza spazzata via. Da questa constatazio-ne, che vale oggi ancor più di trent’anni fa,nasce il certosino lavoro di Coltro.Un’ultima osservazione preliminare: percomprendere davvero la realtà contadina,secondo Coltro, non bisogna mai dimenti-care il fondamentale legame fra la tradizio-ne orale e l’insegnamento ecclesiastico, checaratterizza in modo inequivocabile la visio-ne del mondo delle masse rurali. Il ritmodelle stagioni e il calendario liturgico si fon-dono, determinando la percezione del tem-po e della storia propria dei contadini. Neconsegue un senso circolare del tempo, peril quale lo scorrere delle stagioni si presen-ta come rassicurante ripetizione, alla basedelle conoscenze astronomiche (e delle pre-visioni astrologiche) e meteorologiche.Ma la società contadina può sembrare omo-genea solo a uno sguardo frettoloso. Il lavo-ro dei campi, infatti, determina relazioni di-verse, di cui Coltro propone un’attenta feno-menologia: salariati fissi, braccianti obbliga-ti, braccianti giornalieri, affittuari, mezzadri,

coltivatori diretti. Come si diceva, il calen-dario delle attività è legato alle stagioni. La cellula fondamentale di questa società èla famiglia, che si identifica nella casa in cuivive e che ha un carattere fortemente pa-triarcale. Il padre di famiglia e la moglie ac-cudiscono i figli, nella speranza di una con-tinuità nel futuro, e sono devoti agli anzia-ni, custodi della tradizione. Si crea così al-l’interno della famiglia una ruota della vita,come la chiama Coltro. Il fatto che la giova-ne moglie rimanga incinta è considerato lagaranzia del matrimonio. L’esistenza delnuovo arrivato viene scandita da alcune tap-pe fondamentali, che ripetono esattamentequelle dei padri: la prima comunione e lacresima, che accompagnano la formazionedei piccoli, il matrimonio, con cui si dà ori-gine a nuova vita, infine la morte, accettatacome un evento doloroso ma naturale e nonoccultata o rimossa. Il momento deputatoalla trasmissione dei ricordi e del sapere diquesta realtà è, come si sa, il “filò”.La citazione dei proverbi, delle filastrocche,come quelle dei bambini, dei canti (religiosi,per il ballo, per i lavori, dei coscritti), testi chel’autore salva dalla fugacità ed estemporanei-tà dell’oralità, costituisce una specie di libronel libro: una documentazione che è quasiuna raccolta folclorica. Anche le numerosis-sime foto del testo, raccolte con pari passio-ne dei testi orali, non sono un semplice ac-compagnamento, ma diventano un secondopiano testuale che dialoga col primo. Daqueste foto viene documentata una realtàmateriale (luoghi, oggetti quotidiani, attrez-zi per il lavoro, vestiti ecc.) che “viveva” ac-canto alle persone nell’uso concreto; e insie-me emergono dal passato volti, espressioni,atteggiamenti di donne e uomini che sem-brano appartenere a un altro mondo.

DINO COLTRO, Mondo contadino. Società e ritiagrari del lunario veneto, nuova edizione,Sommacampagna (VR), Cierre, 2009, 4°,pp. 590, ill., e 58,00.

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per una storia

dell’architettura

nel veneto

Opere, protagonisti, modellidall’antichità ad oggi

Guido Galesso Nadir

Una collana dedicata alla “Storia dell’archi-tettura nel Veneto”: promossa dalla Regio-ne del Veneto con il patrocinio del CentroInternazionale di Studi di Architettura An-drea Palladio di Vicenza, questa impresaeditoriale, di cui qui si presenta il volumededicato al Settecento, si propone di colma-re l’assenza di un’opera destinata a consi-derare complessivamente l’architettura nelVeneto. L’opera prevede dieci volumi estesidall’antichità romana a Carlo Scarpa, dal-l’Arena di Verona alla tomba Brion di Alti-vole, ognuno curato da distinti studiosichiamati a coordinare i contributi di espertidei differenti periodi. Affrontare la produ-zione architettonica, nelle intenzioni diGuido Beltramini e Howard Burns che nedirigono la realizzazione, significa rinnova-re nel metodo gli studi, con nuove campa-gne di ricerca capaci di considerare l’archi-tettura come esito e sintesi di molteplici fat-tori, politici, economici, istituzionali, espres -si dalle società. Questo approccio esige l’ap-porto di specifiche competenze di studio e ilconcorso di esperti, italiani e internazionali,in precedenza affermati nei distinti ambiti.I precedenti volumi della collana sono statirecensiti sul “Notiziario Bibliografico” n. 63.

Storia dell’architettura nel Veneto. Il Sette-cento, a cura di Elisabeth Kieven e SusannaPasquali, fotografie di Fulvio Orsenigo,Venezia, Regione del Veneto - Marsilio,2012, 4°, pp. 376, ill., e 90,00.

Il nuovo volume della collana dedicata allastoria dell’architettura del Veneto, promos-sa dalla Regione del Veneto in collaborazio-ne con il CISA “Andrea Palladio” di Vicenza,si rivolge al Settecento. Il volume, coerentecon l’intenzione originaria di Guido Beltra-mini e Howard Burns, che ne dirigono larealizzazione, rinnova l’approccio metodo-logico dello studio della cultura architetto-nica, considerata quale luogo di sintesi dimolteplici fattori – politici, economici, isti-tuzionali – espressi dalle società. I saggi che lo compongono disegnano unquadro approfondito e articolato dell’inizia-tiva architettonica entro la complessa situa-zione della Serenissima, nel secolo che nevide la caduta. Venezia continuò ad essere

una città aperta alla cultura internazionale,pur se nell’impossibilità ormai di esercitareuna propria politica estera. Le relazioni di-plomatiche permisero all’aristocrazia di es-sere partecipe della cultura europea. Prote-sa nella ricerca della magnificenza delle di-more private di città e di campagna, potéelaborare in modo singolare la disgiunzio-ne fra l’eredità barocca del secolo preceden-te e le nuove tendenze stilistiche neoclassi-che, ma seppe altresì immaginare una fun-zione pubblica dell’architettura come feceAndrea Memmo per il Prato della Valle aPadova.Il saggio di Walter Panciera descrive con ef-ficacia la condizione politica, sociale ed eco-nomica segnata da una sostanziale incapa-cità di attuare piani di riforma in ambito isti-tuzionale e fiscale, in assenza dei quali fuimpossibile un rilancio economico, nonostan-te fossero presenti le condizioni per lo svi-luppo industriale dei territori. L’assetto chene emerge pone una nitida base su cui sisviluppano i puntuali contributi rivolti al-l’architettura e alle diverse attività ad essaconnesse.I tratti specifici della cultura architettonicanel Veneto e le conseguenti linee guida delvolume emergono dal contributo di Susan-na Pasquali. Aspetto peculiare riscontratonell’architettura veneta del Settecento, inassenza di una istituzione didattica, è l’af-fermazione della figura del “gentiluomo ar-chitetto”, capace di elaborare una teoria gui-da della prassi affidata ai maestri formatisinelle botteghe. L’ampia riflessione sulla di-sciplina, alimentata dall’irradiazione delpensiero di padre Carlo Lodoli, seppe supe-rare i modelli barocchi, grazie alla ripropo-sizione dell’opera di Palladio. Pasquali sbar-ra d’altra parte la strada a una illusoria au-tonomia culturale, capace di rinnovarsi soloattingendo ai propri modelli cinquecente-schi: la vitalità dell’architettura veneta sa-rebbe incomprensibile senza la stretta rela-zione con l’Inghilterra. Significativo è ilconcetto di “specchio inglese”, propostodalla studiosa per sottolineare come il rin-novato interesse per Palladio avvenga grazieai diretti contatti degli esponenti con l’ari-stocrazia britannica, in particolare con LordBurlington. Esclusa dalla gestione del pote-re, l’aristocrazia veneta poteva ottenere unadeguato prestigio nel dibattito sull’archi-tettura e nel suo esercizio.

INDICE: Elisabeth Kieven, Il Veneto e l’Europa1700-1750 | Susanna Pasquali, Gli architetti venetie l’invenzione della storia dell’architettura, 1750-1800 | Walter Panciera, Economia, stato e societànel Settecento veneto | Susanna Pasquali, Dentro efuori le mura: città e campagne della terraferma |Fulvio Lenzo, Venezia | Edoardo Piccoli, Treviso,

Castelfranco e la cerchia dei Riccati | Martina Frank,Il Friuli | Helena Serazin, La Stato da Mar | Roberta M. Dal Mas, Belluno e Feltre | DanielM.C. Reynolds, Padova | Franco Barbieri, Vi-cenza | Eleonora Pistis, Verona | Mauro Bonet-ti, Brescia e Bergamo | APPARATI: Mauro Bonetti,Gli architetti e i loro disegni | Mauro Bonetti,Biografie degli architetti | Fulvio Lenzo, Editoriadi architettura a Venezia | Bibliografia | Indice deinomi | Indice dei luoghi | Referenze fotografiche.

Volumi pubblicati nella collana

Storia dell’architettura nel Veneto. Il Seicento, a cura di Augusto Roca de Amicis, fotografie diFulvio Orsenigo e Alessandra Chemollo, Vene-zia, Regione del Veneto - Marsilio, 2008, 4°, pp. 338, ill., e 90,00.

Storia dell’architettura nel Veneto. L’altomedio-evo e il romanico, a cura di Juergen Schulz, fotografie di Filippo Romano, Venezia, Regionedel Veneto - Marsilio, 2009, 4°, pp. 214, ill., e 90,00.

Storia dell’architettura nel Veneto. Il Gotico, a cura di Juergen Schulz, fotografie di Piero Codato e Massimo Venchierutti, Venezia, Re-gione del Veneto - Marsilio, 2010, 4°, pp. 205,ill., e 90,00.

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l’editoria nel veneto

Vedute di Prato della Valle, Padova (prime due in alto)

Villa Pisani, Stra (Venezia), veduta aerea (in centro a sinistra)

Chiesa di Santa Maria Assunta dei Gesuiti, Venezia, facciata (in centro a destra)

Villa Cordellina, Montecchio Maggiore, Vicenza (in basso a sinistra)

Villa Contarini, Piazzola sul Brenta, Padova (in basso più a destra)

Villa Albizzi Franchetti, Preganziol, Treviso (ultima in basso)

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neri pozza:

le opere complete

Iniziative editoriali nel centenariodella nascita dello scrittore veneto

Mariangela Lando

Neri Pozza nasce a Vicenza il 5 agosto 1912da Ugo Pozza, scultore antifascista (1882-1945), e da Redenta Volpe (1887-1950), cheda ragazza lavorò nella nota sartoria vicenti-na delle sorelle Dionisi. Nel 1935 inizia l’at-tività di incisore e scultore presso la bottegadel padre: negli anni acquisì una profondaconoscenza dell’arte e collaborò come criti-co a riviste e giornali, fra cui “Corrente”,“L’Opinione”, “La Stampa”, “Il Mondo” e“La Fiera Letteraria”.Nel 1938 fonda con i suoi amici, una picco-la brigata di “teste calde” tenuta d’occhiodalla polizia fascista, le edizioni dell’“AsinoVolante” per dare alle stampe La gaia gio-ventù, una raccolta di poesie di Antonio Ba-rolini. Nel 1941 dà vita a una nuova siglaeditoriale, “Il Pellicano”, e nel 1942 pubbli-ca la fortunata antologia Saffo e altri liricigreci, curata da Manara Valgimigli, che co-nosce ben tre edizioni. Tra il 1944 e il 1945viene incarcerato per due brevi periodi persospetta attività antifascista. Alla fine del1945 si trasferisce a Venezia, dove incontrala compagna della sua vita, la scrittrice LeaQuaretti, di cui pubblicherà le opere più im-portanti. Nel 1946 escono i primi due titolidi Neri Pozza Editore: Peter Rugg: l’errantedi William Austin e Paludi di André Gide,entrambi tradotti da Aldo Camerino. Oltre ad essere stato un grande editore chenel dopoguerra raccolse attorno a sé autoridel calibro di Eugenio Montale, Dino Buz-zati, Carlo Emilio Gadda, Goffredo Parise,Massimo Bontempelli, Mario Luzi e altri,oltre ad essere stato un artista di rilievo so-prattutto con le sue incisioni, Neri Pozza fuanche scrittore e poeta sofisticato, apprez-zato dalla critica letteraria. Muore a Vicenzail 6 novembre 1988.Nel 1912, in occasione del centenario dellasua nascita, la cultura italiana gli ha resoomaggio con manifestazioni, convegni e unagrande attenzione da parte della stampa. La casa editrice fondata da Neri Pozza lo hacelebrato pubblicando – con il sostegno dellaRegione del Veneto – l’edizione delle Operecomplete, curate da Giorgio Pullini (gli scrittiin prosa) e da Fernando Bandini (le poesie).

NERI POZZA, Opere Complete, prosa a cura diGiorgio Pullini, poesia a cura di FernandoBandini, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2011,8°, 2 voll., pp. 1501-1310, e 75,00.

In questa edizione completa delle opere diNeri Pozza emergono, nei racconti ambien-tati tra Ottocento e gran parte del Novecen-to in Veneto, ricordi appartenenti alla sferafamiliare dell’autore (Commedia familiare) eil legame con la tradizione letteraria veneta.Gli scritti, in due tomi, attraversano un pe-riodo storico, culturale e sociale della storiaveneta che si intreccia con quella nazionale:l’uccisione di Matteotti, le dispute tra i fa-scisti a Vicenza, i primi scioperi, la guerra ela politica del tempo. In Una città per la vita si racconta il periododella carestia a Vicenza, del grande lavorofemminile di inizio Novecento, dei primiscioperi con la nascita delle prime associa-zioni di mutua assistenza, e si sente moltoforte anche la presenza religiosa in Veneto.In Le luci della peste è sempre Vicenza a fareda sfondo narrativo fra tradizione antica esquarci narrativi in cui prevale la trasversali-tà dell’arte; l’opera Tiziano presenta un ri-tratto inedito della vita del pittore e le figurefemminili arricchiscono la narrazione di sfu-mature emozionali intense. Affascina che,della Vita di S. Antonio, l’incipit del raccontosia ambientato sul mare: viene descritto ilviaggio che il santo conduce da Lisbona finoa giungere in Umbria e infine a Padova. Il messaggio pastorale di S. Francesco saràfondamentale per la vocazione pastorale diSant’Antonio. In Le Storie veneziane e Personaggi e inter-preti vi è la forte caratterizzazione di alcunipittori e artisti conosciuti da Neri Pozza e lacui arte si coniuga con la loro personalità;l’autore presenta un mondo poetico ricco ditraslati e trasposizioni: dal maestro di Aso-lo, all’esperienza di Ubaldo a Parigi, a Me-dardo a Milano, ad Arturo Martini, al rac-conto del pittore, musicista e scultore Gior-gio Morandi. Con la lettura de L’ultimo del-la classe ci si può immedesimare nell’espe-rienza scolastica del protagonista e del suocomplesso rapporto con la società, una nar-razione che ha echi meneghelliani. Tra i Ritratti vicentini emergono le figure di ToniGiuriolo, esponente del Partito d’Azione aVicenza, e di Renato Ghiotto, scrittore caroa Luigi Meneghello. Ne Il pidocchio di ferro ealtre storie del periodo fascista, Gli anni idealie Libertà di vivere ritornano alcuni avveni-menti cruciali nella lotta politica contro ilfascismo in Veneto e poi l’inizio dell’Italiarepubblicana democratica. Ma è soprattutto il linguaggio narrativo a ri-sultare interessante in questi scritti: il dia-letto e l’italiano, in alcune opere, s’intrec-ciano in modo del tutto personale con gar-

bo e ironia, sempre controllati da un sa-piente lavoro letterario, utilizzati come acco-stamenti di vocabolari diversi, come registri,come strumenti di evocazione del passato edel presente. Nelle storie raccontate, il vec-chio e il nuovo si scontrano nella descrizio-ne delle scene, ma soprattutto instaurano undialogo linguistico. In alcuni racconti il dia-letto, come lingua madre, permette all’auto-re di esplorare diversi mondi con uno stru-mento che, scandagliando il mistero dellavita, ne indaga anche il senso.Chiude il volume un intenso corpus poeticoconsiderato da Pasolini di “vero realismodel secondo Novecento”: ciò permette al-l’autore di creare un universo poetico cherappresenta per il lettore la vivezza di un’e-sperienza attuale.

NERI POZZA, L’educazione cattolica, a cura diMarco Cavalli, nota al testo di Giulia Basso,Costabissara (VI), Angelo Colla Editore,2012, 8°, pp. 256, e 16,50.

Anche l’editore Angelo Colla, storico colla-boratore di Neri Pozza, ha voluto omaggia-re il maestro con la pubblicazione di questovolume, che contiene due romanzi che sisnodano tra autobiografia e memoria stori-ca: nel primo, L’ultimo della classe, lo sfondodegli accadimenti della Prima Guerra mon-diale si intreccia ai ricordi biografici delleprime esperienze scolastiche del protagoni-sta, accompagnate dalle vicende familiari.La formazione scolastica di Salvatore, il pro -tagonista, viene a coincidere con l’attraver-samento di un mondo che, rispecchiandol’ideologia dominante, tende a imporre aigiovani studenti un modello culturale indi-scutibile e retorico. Raccontare gli anni sco-lastici, dall’infanzia all’adolescenza, è per loscrittore anche l’occasione di indagare, te-stimoniando attraverso la propria esperien-za, un preciso momento della cultura ita-liana, le complesse dinamiche di un’educa-zione. Si delineano i contorni di una scuo-la che tende a imporre modelli letterariprecisi e a cui il giovane studente non ade-risce con entusiasmo: Carducci, Alfie -ri, Mazzini, De Amicis tra questi. Presto ilprotagonista, bocciato al ginnasio, abban-dona l’esperienza scolastica pubblica perentrare a lavorare in un laboratorio artigia-nale di mobili. Una successiva e miglior si-stemazione lavorativa e l’indipendenza eco -nomica gli permetteranno comunque difrequentare una scuola di disegno serale edi specializzarsi come artigiano, esperien-ze che saranno rilevanti nel suo percorso diformazione successiva.

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l’editoria nel veneto

Nel secondo racconto, L’educazione cattoli-ca, fin dal titolo l’autore evoca il particolarebinomio culturale caratteristico di tutte lecomunità prevalentemente rurali. Il Venetoè un luogo, tra il 1914 e il 1934, dove anco-ra lo spazio e il tempo sono segnati e scan-diti dai ritmi e dai rituali delle due pratichepiù antiche nella storia dell’uomo: il lavoroe il culto religioso. In special modo sarà lazia Lieta, una donna dalle radicate convin-zioni religiose, a creare nel protagonistaun’avversione per il credo e le pratiche reli-giose a cui è particolarmente legata la don-na. La frequentazione dei luoghi del culto(Monte Berico in particolare), il linguaggioe i racconti della dottrina, la confessione e la stessa figura del sacerdote aprono un nuo -vo capitolo nell’educazione estetica, etica esentimentale del ragazzo, a volte per lui incomprensibile: un clericalismo troppotradizionale che il protagonista percepisceovunque come un’adesione troppo passivaalla religione cattolica.L’autore ha saputo rappresentare, anche at-traverso l’accostamento con l’irriverenzadello spirito tipico adolescenziale, le cre-denze della fede popolare; nel prosieguodella vicenda, sarà proprio la stessa fede,però, l’ultimo appiglio a cui tenderà lamano il protagonista, nella ricerca di unagiustizia e speranza di una grazia divina infavore di una persona amata.

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John Everett Millais,Ofelia, 1852

Londra, Tate Gallery

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l’accademia

di belle arti di venezia

Dalla nascita ai nostri giorni:cenni storici e attività odierna

Sileno Salvagninivicediretore

Un decreto del Senato Veneto del 24 set-tembre 1750 autorizzò ad aprire una stanzaal Fonteghetto della Farina, a Venezia, af-finché i giovani potessero destreggiarsi col“dissegno” al fine “[del] maggior lustro del-la Dominante”. Il disegno rappresentava in-fatti un aspetto essenziale nel superamentodelle corporazioni medievali, cardine dell’in-segnamento fin dall’Accademia fiorentinadelle Arti del Disegno, creata da Giorgio Va-sari nel 1563. Fu tuttavia a metà del Seicen-to che nacque in Francia il prototipo di tut-te le accademie moderne, l’Académie Royalede la peinture et de la sculpture, che teorizza-va lo studio del nudo attraverso il disegnoquale momento più significativo nell’ap-prendimento delle discipline artistiche, econcepiva esposizioni periodiche dei lavoridegli allievi, mentre le opere dei maestri ve-nivano presentate nei cosiddetti Salons.Poco dopo la morte del Piazzetta (1754), pri-mo “direttore della Pubblica Accademia diPittura e Scultura”, che si potrebbe definiresperimentale, i Riformatori dello Studio diPadova autorizzarono in via permanente laScuola seguendo i dettami del Piazzetta.Importanti accademici furono Giovan Batti-sta Tiepolo – primo presidente a partire dal1756 –, Giannantonio Selva, Antonio Diedo,Gaspare Diziani, Giacomo Marieschi, PietroLonghi, Antonio Visentini. Dopo le soppres-sioni napoleoniche, nel 1807 l’Accademia sitrasferì nella nuova sede dell’ex Conventodella Carità. Imponente fu il piano del suopotenziamento studiato dal nuovo presiden-te, il conte Leopoldo Cicognara. Intellettua-le, scrittore, erudito, filosofo, grande amicodi Antonio Canova, collezionista, Cicognaraebbe per obiettivo quello di recuperare lagrande cultura veneta quale elemento inso-stituibile nella nuova – e utopica – Europache si andava formando, attraverso quadri,

sculture, architetture e la stessa storia del-l’arte. Un progetto, anni più tardi, persegui-to con strumenti diversi anche dal marche-se Pietro Selvatico, che in ossequio ai fervo-ri neoromantici sostenne la necessità di tor-nare alle antiche botteghe per recuperare lospirito della grande arte del passato, da unlato; ma anche di lasciare agli allievi, duran-te i concorsi a premi, la massima libertànella scelta dei temi da trattare.Durante l’Ottocento transitarono per l’Ac-cademia allievi e docenti particolarmente si-gnificativi: tra i primi, Francesco Hayez,Giovanni De Min, Michele Fanoli; fra i se-condi, Teodoro Matteini, Michelangelo Gri-goletti, Pompeo Molmenti, Giacomo Fa-vretto, la famiglia Ciardi. Nel 1882, al paridi quanto accadde con le altre Accademie diBelle Arti italiane, lo Stato centrale separò laparte museale dalla scuola vera e propria.Così, le grandi tele di Carpaccio, Tiziano,Tintoretto, messe insieme da Cicognaracome materiale didattico di straordinarioimpatto per gli studenti, furono affidate,nelle nuove Gallerie dell’Accademia, a unconservatore indipendente. Non si potrebbecompletare la storia del XIX secolo senza ri-cordare che la Biennale di Venezia, nata nel1895, di fatto ebbe per primo presidente lostesso presidente dell’Accademia, il sindacodi Venezia Riccardo Selvatico, e un Comita-to ordinatore formato da nove membri, dicui otto erano docenti dell’Accademia.Nel secolo scorso, pittori, architetti e sculto-ri come Amedeo Modigliani, Umberto Boc-cioni, Virgilio Guidi, Guido Cadorin, Artu-ro Martini, Bruno Saetti, Afro Basaldella,Armando Pizzinato, Alberto Viani, CarloScarpa, Mario Deluigi, Giuseppe Santoma-so, Emilio Vedova, Carmelo Zotti, che furo-no talvolta prima allievi dell’Accademia,quindi suoi docenti, rappresentarono unavoce importante nella storia dell’arte del no-stro Paese. A seguito dell’ampliamento delle Gallerie,infine, nel 2004 l’Accademia si è trasferitanell’ex Ospedale degli Incurabili, edificio at-tribuito a Jacopo Sansovino, ubicato pressole Fondamenta delle Zattere: un posto mi-rabile, a poche decine di metri dalla PeggyGuggenheim Collection e dalla FondazioneVedova, di fronte alla splendida facciata del-la palladiana chiesa del Redentore, che si

trova di là del canale della Giudecca. Qui,oltre ai laboratori e ad alcuni gessi, sono sta-ti portati anche l’Archivio e il Fondo Stori-co, il primo gestito da una studiosa esterna,Piera Zanon, il secondo da Diana Ferraracon la collaborazione di un’esperta anch’es-sa esterna, Angela Munari.Sempre più legata al territorio, oggi l’Acca-demia mantiene le relazioni culturali pre-gresse o ne crea di nuove, sia con enti pub-blici veneziani che con istituzioni straniere.E ciò per mezzo di una grande varietà di la-boratori artistici, perno della sua sfida almondo moderno, volta al nuovo, ma con losguardo che non disdegna il passato. Tra i molti laboratori, da ricordare, in pri-mis, quelli di pittura. La “scuola di pittura”rappresenta forse, fin dalle origini, l’ele-mento più caratteristico dell’Accademia.Negli ultimi anni, dopo il trasloco agli Incu-rabili, oltre alle aule vere e proprie di pittu-ra, va ricordato il workshop di Carlo Di Racoa Forte Marghera: grandi capannoni utiliz-zati come luogo estivo di ritrovo ma soprat-tutto di lavoro nel campo pittorico, dove gliallievi possono sperimentare le diverse tec-niche pittoriche, e che, nel 2012, ha vistoanche una collaborazione con gli studentidella Summer School di Ca’ Foscari. Ma aForte Marghera, in altri capannoni, si sonoanche realizzate le scenografie per operettegiovanili di Gioacchino Rossini come L’in-ganno felice e L’occasione fa il ladro, messepoi in scena al Teatro Malibran: gli allievidell’Accademia, diretti da Poppi Ranchetti,hanno prodotto scene, luci e costumi, coin-volti direttamente dai vertici del Gran Tea-tro La Fenice. Ma l’Accademia non è soltanto quella delleScuole di Pittura, Scultura, Scenografia, De-corazione, Grafica, Anatomia; di recente, al-l’Isola di San Servolo è stata istituita laScuola di Nuove Tecnologie per l’Arte, co-ordinata da Gloria Vallese e Luca Farulli. Ilquale ultimo, anche qui per fare un sempli-ce esempio, lo scorso anno ha organizzatouna serie di seminari di progettazione mul-timediale interattiva, coinvolgendo espertiesterni come Alberto Del Bimbo (Universi-tà di Firenze) e Paolo Rosa (Studio Azzurrodi Milano). Significativa poi l’attività nel settore mostre.Fra maggio e settembre 2012, l’Accademia

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istituzioni e cultura

ha partecipato con materiali espositivi delproprio Fondo Storico e con testi alla grandemostra San Michele in Isola - Isola della cono-scenza. Ottocento anni di storia e cultura ca-maldolesi nella laguna di Venezia, svoltasinelle sale della Biblioteca Marciana e delMuseo Correr. Per fare ancora un esempiodell’attività espositiva, va ricordata la mostraIl prof. Rodcenko. Fotografie dal VCHUTEMAS,organizzata al Magazzino del Sale 3 dall’Ac-cademia in collaborazione con lo CSAR (Cen-tro di Alti Studi sulla Cultura e le Arti dellaRussia, Università Ca’ Foscari) e con l’Acca-demia Stroganov di Mosca. Oltre cento fotodi Alexander Rodcenko offerte al pubblico,tutte da lastre originali, e alcune sviluppatedirettamente dall’artista, che rappresentava-no ritratti di persone conosciutissime, comela madre, Vladimir Majakovskij, Lilja e OsipBrik, la moglie Varvara Stepanova; oppureimmagini di città: una semplice scala antin-cendio (1925), l’Edificio del Mossel’prom(1926), una veduta del Cremlino con la piaz-za accanto al Tempio di Cristo Salvatore(1925). Completava la mostra – curata da Sil-via Burini (Università Ca’ Foscari), Alek-sandr Lavrentiev (Accademia Stroganov),Guido Cecere (Accademia di Venezia) – unvideo con le ricerche fotografiche di studen-ti delle due accademie, realizzato da Gaeta-no Mainenti, autore anche dell’impeccabileallestimento. Ancora, è da menzionare l’atti-vità espositiva nello stesso luogo che coin-volge le differenti scuole dell’Accademia: frale ultime mostre, quella di Scultura curatada Giuseppe La Bruna e Roberto Pozzobon. L’attività a 360° dell’Accademia si misuraanche con i convegni che essa organizza:come quello che nel 2008 ha celebrato ilcentenario della nascita di Elena Bassi,grande studiosa di storia dell’arte e in parti-colare di Antonio Canova, oltre che direttri -ce dell’Accademia, convegno realizzato conl’Università Iuav di Venezia e con Ca’ Fo-scari. A proposito di anniversari, in occasio-ne dei 150 anni dell’Unità d’Italia, dal MIUR

(Ministero dell’Istruzione, dell’Università edella Ricerca) l’Accademia ha ricevuto nel2011 l’incarico di organizzare una mostradei migliori allievi delle 25 accademie italia-ne più importanti formatisi nel primo de-cennio degli anni 2000. Uno sforzo ingen-te, coronato da un catalogo bilingue edito daSkira, che ha visto impegnati in primis ilpresidente dell’Accademia Luigino Rossi eil direttore Carlo Di Raco – che ne è statoanche il curatore: per alcuni mesi, il pubbli-co ha potuto così ammirare, in tre grandicapannoni all’Arsenale, centinaia di operedi 152 artisti di ogni parte d’Italia, trovandoconferma della centralità dell’esperienzacreativa nelle accademie, che si realizza es-senzialmente all’interno dei laboratori arti-stici come frutto del confronto fra giovani,

non solo italiani, appartenenti a culture etradizioni diverse. Sempre fra i convegni,ultimo in ordine di tempo, Gemmazioni.Arte, formazione, ambiente, giornata di studisull’ecosostenibilità, cui hanno preso partefunzionari della Provincia di Venezia e del-la Regione Veneto, e docenti dell’Accade-mia, dell’Università Ca’ Foscari, dell’Uni-versità Iuav, dell’Università di Padova. Nonmeno significative le singole conferenze:per menzionarne qualcuna dell’ultimoanno e mezzo, quelle di Piergiorgio Odi-freddi, Gabriella Belli, Paolo Portoghesi,Christian Boltansky, Fabrizio Plessi, Ga-briella Cardazzo, Luca Massimo Barbero,Guido Zucconi. Non poteva mancare in unIstituto d’Alta Cultura come l’Accademial’attività editoriale, che si propone sottomolte forme, tra cui la pubblicazione, a par-tire dal 2010, di un “Annuario”, a cura diAlberto Giorgio Cassani edito da Il Poligra-fo, il cui ultimo numero (2012) consta di ol-tre 700 pagine; e il progetto di Storia del-l’Accademia di Belle Arti di Venezia in tre vo-lumi, da pubblicarsi in tre anni, il primo cu-rato da Giuseppe Pavanello (FondazioneGiorgio Cini), il secondo da Nico Stringa(Università Ca’ Foscari), il terzo da SilenoSalvagnini (Accademia di Venezia), proget-to che coinvolge studiosi, oltre che di molteistituzioni culturali veneziane, anche delleUniversità di Padova e Udine.

Accademia di Belle Arti di Venezia

Presidente: Luigino RossiDirettore: Carlo Di RacoVice-Direttore: Sileno SalvagniniConsiglio accademico: Carlo Di Raco (presidente),Guido Cecere, Silvia Ferri, Paolo Fraternali,Gaetano Mainenti, Marina Manfredi, Giordano Montorsi, Roberto Pozzobon, Giuseppe Ranchetti

Sede e recapiti

Ex Ospedale degli IncurabiliDorsoduro, 423 - 30123 VeneziaTel. +39 041 2413752 - Fax +39 041 [email protected]@accademiavenezia.itbiblioteca@accademiavenezia.itwww.accademiavenezia.it

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istituzioni e cultura

nella pagina di sinistra, dall’alto in basso

Cristofano Robetta, Allegoria dell’Invidia, 1520 ca,stampa, bulino, mm 259×182 (ABAVe, Fondo Storico Stampe, 1/10)

Francesco Hayez, Giove pregato da Teti, Alunnato di Roma 1809, matita su carta, mm 410×585 (ABAVe, Disegni, n. 3189)

Giovanni Carlo Bevilacqua, Angeli in volo e Trinità,inizio sec. XVIII, matita su carta, mm 476×279(ABAVe, Fondo Giovanni Carlo Bevilacqua, n. 240)

Anonimo, Prospetto di edificio con torri campanarieangolari, sec. XVI, matita rossa e penna su carta gialletta, mm 260×340 (ABAVe, Disegni antichi, n. 1215)

in questa pagina

Il cortile colonnato dell’ex Ospedale degli Incurabili,attuale sede Accademia di Belle Arti di Venezia;edificio della seconda metà del XVI secolo, attribuito a Jacopo Sansovino

Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi davantiall’ingresso dell’Accademia di Belle Arti di Venezia in occasione del Bicentenario della sua fondazione,1950 (ABAVe) (a destra, in alto)

Cerimonia del Bicentenario della nascitadell’Accademia di Belle Arti di Venezia, 1950. Da sinistra, in primo pianio, Giuseppe Cesetti, Elena Bassi, Bruno Saetti, Guido Cadorin, Venanzio Creocetti (ABAVe)(a destra, in basso)

Anonimo, Copia da statua, matita su carta, mm 620×420 (ABAVe, Disegni, n. 1000)(a sinistra, in basso)

Antonio Pelanda, I Premio per l’invenzione, 1828,Scuola di architettura, matita e acquerello su carta,mm 670×490 (ABAVe, Disegni, n. 1705)(in basso, al centro)

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il circolo filologico

linguistico padovano

Dal 1963 ad oggi: cinquant’anni di scambi, incontri e cultura

Gianfelice PeronUniversità di Padova, Segretario del CFLP

Il “Circolo filologico-linguistico padovano”cominciò la sua attività nel dicembre del1963 per impulso di Gianfranco Folena, ar-rivato a Padova nel 1954 in qualità di pro-fessore di Storia della Lingua italiana e poidi Filologia Romanza presso l’Università.Folena volle riproporre, con intenti inno -vativi, l’esperienza da lui vissuta tra Pisa eFirenze accanto a maestri come GiorgioPasquali e Bruno Migliorini, con i quali siera formato. L’iniziativa padovana dovevacostituire un’occasione d’incontro e di con-fronto, di natura non esclusivamente acca-demica, per dibattere e approfondire, inuna prospettiva di relazione fra le varie di-scipline, problemi, orientamenti e ricerchedi filologia, linguistica e letteratura. Nasce-va come un’associazione, svincolata da spe-cifici obblighi statutari e da altri legami, at-tiva all’interno dell’Università ma aperta adaltre esperienze culturali, con il sostegnodell’istituzione universitaria ma anche dienti esterni.Le ragioni fondative e le finalità sono stateripetutamente indicate da Folena stesso.Nella presentazione del primo “Quadernodel Circolo”, dedicato alla lingua della poe-sia italiana contemporanea, ad esempio, ab-bozza un breve excursus di storia dei primicinque anni dell’iniziativa, sorta “per gene-razione spontanea e per via non gerarchi-ca”, e sottolinea la consuetudine di incontrisettimanali, ormai consolidatasi: “La nostraè un’iniziativa tanto più limitata e modesta,ma insieme appassionata e tenace, nata peril piacere di ritrovarci puntualmente intor-no a un tavolo per scambiare esperienze edidee, per favorire ogni volta che è possibilel’incontro con studiosi lontani, e soprattuttoper incoraggiare i giovani a esprimersi, aconfrontare metodi e indirizzi diversi e ascegliere fra questi liberamente la propriavia, in un contatto non solo interdisciplina-re, com’è di moda dire oggi, ma personale eumano. Il nostro Circolo non vuole dunquené può vantare prerogative teoriche o meto-dologiche; ad esso noi siamo affezionati co-me al nostro particolare Zirkel im Verstehen,un confortante luogo d’incontro e di com-prensione, fra la lettura individuale e la con-versazione comune, in un’epoca incline alformalismo logico e all’astrazione spessodogmatica, in cui rimane sempre meno tem -

po per leggere e per conversare, e mentre siattribuisce tanto rilievo al processo della ‘co-municazione’, si finisce non di rado perperdere di vista l’oggetto della comunica-zione, le cose e il valore delle cose” (Folena1966, p. IX).Un’altra rapida ma precisa digressione ètratteggiata nella premessa al “Quaderno”comprendente gli atti del primo convegnodel Circolo a Bressanone. Allo scadere deiprimi dieci anni (1973) Folena rilevava, tral’altro, che quella era la prima seduta extramoenia e notava con soddisfazione che ilCircolo si era dotato di una sua essenzialefisionomia organizzativa con un segretario(tra i primi ci furono Daniela Goldin e poiBruno Brizi), un registro delle presenze, uncalendario di sedute settimanali, giunte or-mai al numero di trecento. Era una cifra giànotevole anche se in sé “vana”, come eglistesso riconosceva, ma di grande significatose contestualizzata nelle problematiche delperiodo in cui il Circolo si era sviluppato:“So bene che la vanità del numero è la piùvana di tutte le vanità, ma questa cifra si-gnifica per noi una somma familiare diesperienze, in un decennio di profonda evo-luzione intellettuale e di radicali mutamen-ti di rapporti umani”. Folena metteva l’ac-cento anche sul carattere “eclettico” del“Circolo” che non rappresentava “una scuo-la bensì l’incontro di molte e varie scuole” esoprattutto sull’“apertura e lo scambio in-ternazionale, e quel confronto di metodo-logie e conoscenze che oggi si chiama ‘in-terdisciplinarità’, ma che io, anche perché,vecchio e impenitente scolaro di GiorgioPasqua li, non sono ancora convinto dell’esi-stenza delle ‘discipline’, preferirei ancorachiamare circolarità, o se volete con Schleier-macher e Spitzer, Zirkel im Verstehen” (Fole-na 1975, pp. 4-5; Spitzer 1966, p. 94).In dieci anni il Circolo era cresciuto e si eraimposto come una realtà capace di attrarrerelatori e frequentatori di diverse universitàitaliane ed europee. Prova evidente di questaaumentata vitalità fu anche l’avvio di unanuova iniziativa: dal 1973, infatti, alle sedutepadovane si affiancò un convegno. Fu l’ini-zio, fuori della sede consueta, a Bressano-ne, di un’esperienza destinata a durare neltempo, ideata come un prolungamento esti-vo e annualmente conclusivo dell’attività delCircolo stesso, ma anche come un’ulteriorespinta alla sua apertura europea (dapprimaverso il mondo germanico) e internazionale.Nei passi citati, Folena si richiama esplicita-mente alla derivazione e all’aggancio da econ il modello del “Circolo linguistico fio-rentino”, indicando le differenze e gli obiet-tivi, senza presunzione o pretese di compe-titività con quel “Circolo” e con altre piùnote associazion affini. Nelle parole di Fole-na si coglie piuttosto il senso della conti-

nuità con una tradizione a cui voleva anco-rare la sua nuova istituzione, ma anche lanetta volontà di distinguersi da quella. Al-cuni dei principi e delle idee su cui si basa-va il Circolo padovano, infatti, erano similia quelli del Circolo fiorentino, come si rica-va facilmente da un confronto con quantoscrive Giacomo Devoto (un altro dei maestria cui guardava Folena) nella sua premessaal volumetto celebrativo delle mille sedutedi quel Circolo: analoghe affermazioni dimodestia e analogo rifiuto di scuole e gerar-chie, analoga attenzione ai “maestri” e aigiovani, analoghi intenti di interdisciplina-rità. Non celando questi collegamenti e ri-badendo l’intenzione di non voler rappre-sentare una scuola né di allinearsi con altrescuole, Folena dà delle indicazioni più per-sonali, significative per il loro valore opera-tivo e le implicazioni di ordine culturale,quali la convinzione pasqualiana dell’esi-stenza di “problemi” piuttosto che di disci-pline (Mengaldo 1992b, p. 321; Ciociola 1992,p. 21) e ancor più il principio spitzeriano del“circolo della comprensione” o, appunto,del “circolo filologico” come procedimentodi approccio ai fenomeni filologici, lingui-stici e letterari. Nel secondo brano citato, inparticolare, Folena, rilevando la conflittuali-tà che si era introdotta nei rapporti tra lin-guistica e filologia, sostiene con convinzio-ne la necessità del loro “coniugio”, riaffer-mando implicitamente la funzione del Cir-colo padovano come quella di una sede pri-vilegiata nella quale le questioni relative aidue ambiti potevano e dovevano continuaread essere messe a confronto.Il Circolo filologico linguistico padovano pre-se dunque il via il 3 dicembre 1963, quandoun gruppo ristretto di studenti e collabora-tori si riunì attorno a Folena per la primaseduta, che fu inaugurata da Pier VincenzoMengaldo. Dapprima il martedì, poi il mer-coledì, da ottobre (qualche anno da novem-bre) a giugno alle ore 17 (poi 17.30), le se-dute del Circolo si sono susseguite con pun-tuale regolarità, in sedi che sono via viacambiate: dall’originario Palazzo del Bo, alLiviano, fino alla Sala di Palazzo Malduraoggi intitolata a Gianfranco Folena; e nonsono mancate riunioni aggiuntive al di fuo-ri dei luoghi e dei giorni canonici.Dei due termini individuati per contraddi-stinguere l’intitolazione del Circolo, il pri-mo, “linguistico”, rinviava all’esperienzafiorentina, l’altro, “filologico”, indicava lanovità padovana e foleniana e dimostravala volontà di assumere una propria auto-noma immagine. Il fatto poi che quel bi-nomio aggettivale rispecchiasse la perso-nalità e gli interessi di Folena come stu-dioso e docente fu una contingenza im-portante, anche se non determinante perla scelta del nome: “quella denominazione

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– ha scritto Mengaldo – nacque in Folenadall’idea, profondissimamente radicata inlui – e poi nella massima parte dei suoi al-lievi – della circolarità e osmosi di lingui-stica (storica) e filologia, intesa in sensoampio” (Mengaldo, 1992a, p. XI; Mengal-do, 1992b, p. 328).Il Circolo iniziò “come appendice più crea-tiva da parte dei discenti, di quelle riunioniper laureandi che Folena allora teneva informa collettiva”, attesta ancora Mengaldo(Mengaldo, 1992a, p. X), e si qualificò pre-sto come luogo di dibattiti vivaci e concreti.La presentazione e la discussione di volu-mi e di studi significativi (i primi tre fu-rono Storia linguistica dell’Italia unita di De Mauro, Preistoria dell’endecasillabo diAvalle, Lingua, stile e società di Segre) necontrassegnarono gli esordi. Complessiva-mente, inglobando argomenti non solo lin-guistici e filologici, ma anche storici, musi-cali, teatrali, si puntò a realizzare quella in-terdisciplinarità (o anche “circolarità” delsapere e della cultura) che era uno degliobiettivi programmatici. Nell’anno accade-mico 1964-1965, ad esempio, fu prevalentel’esame della lingua poetica contempora-nea, nel 1965-1966 quella del teatro dalCinque al Settecento, nel 1967-1968 quelladella traduzione (parallelamente al crescen-te interesse di Folena per i problemi tradut-tivi, sfociato nel suo saggio einaudiano suVolgarizzare e tradurre e nella fondazionedel Premio “Città di Monselice”).Soggetti omogenei potevano unire trasver-salmente relazioni di anni diversi, comequelle che formarono il quarto “Quaderno”del Circolo, dedicato alla lingua della narra-tiva italiana novecentesca. In qualche casole sedute si svolsero a più voci e si configu-rarono come delle piccole tavole rotonde odei mini-convegni. Poi, a partire dal 1973, latendenza a riunire in cicli monografici gliargomenti trattati nelle sedute fu assorbitadai convegni interuniversitari di Bressano-ne. Un cospicuo manipolo di quegli incon-tri fu destinato allo studio dei moltepliciaspetti della retorica (di cui a Folena piace-va rilevare il “carattere interdisciplinare”,1975, p. 10), nelle sue svariate connessioni.Al primo, centrato sull’“attualità della reto-rica”, seguì una serie quasi decennale di al-tri appuntamenti, finalizzati all’esame delrapporto della retorica con la politica, con lapoetica, con i generi letterari, con l’icono-grafia, con le classi sociali. Altri colloquisono stati imperniati sullo studio dei generiminori o ‘minimi’ (il diario, la lettera fami-liare, il detto, il motto, l’aforisma); altri han-no affrontato le problematiche del testo,delle sue strategie e partizioni. Negli annisuccessivi alla morte di Folena, avvenutanel 1992, anche sulla scia di alcune sue ideerimaste incompiute, sono state trattate te-

matiche europee (l’unità culturale dell’Eu-ropa, l’italiano in Europa – omaggio all’o-monino volume einaudiano dello stesso Fo-lena –, l’Europa degli italiani, l’Europa e l’e-sotico). Seguirono due dittici su “Medioevoe modernità” e “Attualizzazioni modernedell’antico” (1996-1997) e quindi su “Cul-tura, arti e idea di nazione” e “Culture re-gionali, nazionali, sovranazionali” (1998-1999); ad essi si aggiunse nel 2000 un con-vegno su “Plurilinguismo e letteratura”.Con attenzione agli aspetti retorico-poetici e filologici sono stati discussi i temi del-l’obscuritas e della memoria oppure, con ilritorno ancora a tematiche di carattere piùstrettamente retorico, della citazione e dellaripetizione o relative al Contrafactum e al“discorso polemico”, sempre in una pro-spettiva diacronica dall’antichità al tempopresente; infine (2007-2009) un pregevoletrittico di convegni è stato dedicato ai tregrandi romanisti del Novecento Auerbach,Curtius e Spitzer, con un’appendice su “Filologia e modernità” (2010), per passarepoi nel 2011 a una disamina sulla “liricamoderna”, riconsiderata in un’ottica am-plissima, focalizzata su aspetti teorici, mo-vimenti e singoli poeti.La fitta e prolungata operosità del Circolo èdocumentata principalmente dalla pubbli-cazione di una collana di volumi, i “Qua-derni del Circolo Filologico Linguistico Pa-dovano”, divenuti tra il 1985 e il 1987 “Qua-derni di retorica e poetica”, rivista seme-strale, e infine ritornati all’intitolazione pri-mitiva, ma anche da altri volumi apparsi insedi diverse, che raccolgono gli interventidei partecipanti e degli allievi di Folena pre-senti nelle attività del Circolo.Fin dalle sue origini, il Circolo è stato dun-que programmaticamente aperto a studiosialle prime prove (in qualche caso anche astudenti) e per molti allievi di Folena harappresentato la prima opportunità di af-frontare il pubblico e la discussione, ma haaccolto principalmente studiosi e scrittori il-lustri. Spiccano, tra i molti, i nomi di lin-guisti e filologi italiani e stranieri (Avalle,Contini, Maria Corti, De Mauro, Dionisotti,Greimas, Jakobson, Martinet, Segre, Wein-rich, Zumthor ecc.) e quelli di alcuni tra ipoeti più notevoli (Rafael Alberti, Attilio Ber-tolucci, Giorgio Caproni, Franco Fortini,Giovanni Giudici, Franco Loi, Mario Luzi,Vittorio Sereni, Andrea Zanzotto ecc.) enarratori contemporanei (Eco, Meneghello,Magris ecc.).Il Circolo si è progressivamente affermatocome luogo di esperienze culturalmente sti-molanti e talora indimenticabili. Per circatrent’anni Folena ne è stato l’indiscusso re-gista e coordinatore, affiancato dall’apportoefficace e crescente degli allievi: tra quelli“storici”, oltre a Pier Vincenzo Mengaldo,

vanno ricordati almeno Alberto Limentani eLorenzo Renzi. Il modo nel quale Folena in-terpretava il suo ruolo era uno dei motivi diattrazione, pari spesso all’interesse e alle at-tese suscitati dagli studiosi ospitati, al pun-to che paradossalmente Renzi ha potutodire che “alle sedute del Circolo si andava sìper ascoltare questo o quello studioso, maanche e forse soprattutto per ascoltare Fole-na” (Mengaldo, 1992a, p. X). I suoi inter-venti in apertura di discussione, infatti, era-no spesso delle aggiunte articolate, che ar-ricchivano la relazione appena ascoltata e inqualche caso potevano perfino “risolle-vare il tono di conferenze anche modeste”(Daniele 1994, p. 536). Al Circolo, Folenadette sempre un contributo di prim’ordineanche come relatore e, se le circostanze lo ri-chiedevano, facendo fronte di persona allarinuncia improvvisa di qualche ospite, se-condo un’abitudine ripetuta poi dai suoicontinuatori.Tra le numerose iniziative incentivate daFolena come organizzatore di cultura, ilCircolo fu la prima e ad essa rimase parti-colarmente affezionato: “è sempre stata lapiù amata da Folena, quasi la sentisse, co-m’era, più diretta emanazione di se stesso”,ha scritto Mengaldo (1992b, p. 330). Nullain linea di principio lo poteva tenere lonta-no da una seduta, come affermò in una im-portante intervista rilasciata a GiampieroBrunetta per “Il Mattino di Padova” nel1983. Folena però non personalizzò mai ilCircolo; lo tenne invece aperto e disponibi-le alla collaborazione di allievi diretti e indi-retti, offrendolo come occasione di discus-sione. Andava particolarmente fiero dellasua longevità, perché la considerava unaprova tangibile della vitalità e della conti-nuità della sua istituzione; vedeva che il Cir-colo era seguito e frequentato con simpatiae interesse, che era diventato un valido pun-to di riferimento culturale per l’Italia e perl’estero. Con l’apertura interdisciplinare di Folena, macon l’impronta personale, particolarmenteevidente nelle acute e accurate presenta-zioni dei relatori e nelle discussioni, ha pro-seguito Pier Vincenzo Mengaldo, impri-mendo il suo stile di fine critico e studioso.Si è mantenuta la consuetudine di invitarestudiosi affermati e giovani agli inizi, in par-ticolare dottorandi, e di concludere le sedu-te padovane con un incontro-dibattito conpoeti, narratori o saggisti importanti.Dopo Mengaldo c’è stato un avvicendamen-to più articolato nella gestione del Circolo edei convegni brissinesi, animati in partico-lare dalla competenza e dall’energia di Fu-rio Brugnolo, ma con l’apporto fattivo deglialtri allievi formatisi alla scuola di Folena – alcuni docenti a Padova come Paccagnel-la, Cortelazzo, Lachin; altri come Mancini,

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Leso, Daniele, Zambon, Milone in universi-tà in cui la scuola foleniana si era irradiata(Bologna, Verona, Udine, Trento, Venezia) ene avevano condiviso le iniziative, continuan-do in vari modi a sostenere e a rafforzare le at-tività del Circolo, che nel frattempo aveva rag-giunto nuovi rilevanti traguardi.Nel 2012, ventennale della scomparsa diFolena, il Circolo ha festeggiato i quarant’an-ni dei Convegni interuniversitari di Bressa-none con un colloquio dedicato all’“ereditàdi Folena”, mentre con l’avvio dell’attivitàseminariale del presente anno accademico2012-2013 è entrato nel suo cinquantesimoanno di vita, segnalandosi come una delleistituzioni più longeve, e forse la più longe-va in assoluto, tra quelle operanti nell’Uni-versità di Padova. Longevità (le sedute at-tualmente hanno raggiunto l’invidiabile ci-fra di 1726) e qualità degli interventi testi-moniano la serietà e la vitalità di una inizia-tiva che fa onore alla lungimiranza del suofondatore e all’affettuosa costanza con cuigli allievi si sono impegnati nella sua prose-cuzione sulle linee da lui tracciate. Il Circo-lo si è radicato come luogo di produzione esperimentazione di esperienze culturali escientifiche, ma anche come luogo di in-contri e di amicizia, anzi di “umanità”, nelquale hanno trovato espressione e pratica“filologia e umanità”, due termini sintoma-ticamente confluiti nel titolo di una raccoltapostuma di saggi dello stesso Folena. Perchi ne continua l’opera, il Circolo costitui-sce un patrimonio prezioso e importante, di grande valore rispetto alle aspettativeesterne, ma anche un emblematico e saldopunto di riferimento per la tradizione e lacoesione della scuola padovana di Folena.

Bibliografia di riferimento

G.P. Brunetta (a cura di), Intervista con Gian-franco Folena, “Il Mattino di Padova”, 3 luglio1983, p. 17.

C. Ciociola, La filologia di Folena, in GianfrancoFolena dieci anni dopo, a cura di I. Paccagnella eG. Peron, Padova, Esedra, 2006, pp. 15-65.

A. Daniele, Gianfranco Folena, “Belfagor”, IL,1994, p. 536.

G. Devoto, Un esempio di modestia, in Mille. I di-battiti del Circolo linguistico fiorentino. 1945-1960,Firenze, Olschki, 1970, pp. 1-6.

G. Folena, Presentazione, in Ricerche sulla linguapoetica contemporanea, Padova, Liviana, 1966,pp. IX-XV (“Quaderni del Circolo Filologico Pa-dovano”, 1).

G. Folena, Parole introduttive: vecchia e nuova re-torica, in Attualità della retorica, Padova, Liviana,1975, pp. 3-11 (“Quaderni del Circolo FilologicoLinguistico Padovano”, 6).

G. Folena, Filologia e umanità, a cura di A. Da-niele, Vicenza, Neri Pozza, 1993.

P.V. Mengaldo, Premessa, in Mille sedute, a curadi M.A. Cortelazzo, M. Doni, I. Paccagnella, G. Peron, Padova, Editoriale Programma, 1992a,pp. IX-XI (“Quaderni del Circolo Filologico Lin-guistico Padovano”, 15).

P.V. Mengaldo, Ricordo di Gianfranco Folena,“Giornale storico della letteratura italiana”,CLXIX, 1992b, pp. 322-333.

G. Peron, Il Circolo Filologico Linguistico Padova-no, “Padova e il suo territorio”, XI, fasc. 62, lu-glio-agosto 1996, p. 54.

G. Peron, Folena e il Circolo Filologico LinguisticoPadovano (prima e dopo), “Progetto Bo”, 7, lu-glio 2000, pp. 21-25.

G. Peron, Il Circolo a mille e cinquecento, in Mil-le e 500 sedute, Padova, Centro Stampa PalazzoMaldura, 2006, pp. 1-4.

G. Peron, Folena organizzatore culturale e altro,in Gianfranco Folena dieci anni dopo, cit.,pp. 229-236.

L. Spitzer, Critica stilistica e semantica storica,Bari, Laterza, 1966, pp. 73-105 (UL, 29).

istituzioni e cultura

Gianfranco Folena (in alto)

Pier Vincenzo Mengaldo (in basso)

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istituzioni e cultura

Giuseppe Frascheri,Dante e Virgilio

incontrano Paolo e Francesca, 1846

Genova-Nervi, CivicaGalleria d’Arte Moderna

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Francesco Hayez, Rinaldo e Armida, 1812-1813 Venezia, Gallerie dell’Accademia (in deposito a Ca’ Pesaro)

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del novecentonb

ricordo di neri pozza

Letterato, editore, intellettuale veneto

Angelo Colla

Neri Pozza (Vicenza, 5 agosto 1912 - 6 no-vembre 1988) fu un grande protagonistadella cultura veneta contemporanea: scritto-re ed editore, fu anche artista, incisore e col-lezionista d’arte. Nella sua città, Vicenza,frequentò il Liceo “Pigafetta”, per poi avvici-narsi alla scultura e, in seguito, alla poesia.Fu membro attivo della Resistenza vicenti-na. Dall’immediato dopoguerra impegnò leproprie energie nella creazione e nella dire-zione della casa editrice che ancora oggiporta il suo nome, per la quale nel 1946uscì il primo titolo: Paludi di Andrè Gide. Ilsuo catalogo si arricchirà presto di nomiprestigiosi come quelli di Vincenzo Carda-relli, Eugenio Montale, Dino Buzzati, CarloEmilio Gadda, Goffredo Parise, Mario Luzi.Parallelamente, Neri Pozza porterà avanti ilsuo impegno civile all’interno della sua cit-tà, come consigliere comunale per il PartitoRepubblicano. Amico di artisti e intellettua-li, vorrà donare a Vicenza la propria colle-zione di dipinti di arte contemporanea,ospitata attualmente presso la Pinacotecacivica di Palazzo Chiericati. Le opere poeti-che di maggior rilievo sono Maschera in gri-gio (1946) e La prigione ed altri versi (1969),cui si unisce la raccolta Poesie (1989). Dellasua produzione narrativa fanno invece par-te libri come Commedia familiare (1975),Storie veneziane (1977), Le luci della peste(1982), L’ultimo della classe (1986), Il pidoc-chio di ferro e altre storie del periodo fascista(1988). In queste righe Angelo Colla, che alungo ne fu il principale collaboratore inambito editoriale, ne traccia un ritratto per-sonale e partecipato. Neri Pozza incominciava la sua giornata dieditore verso le 9 del mattino e, dopo unapausa pranzo abbastanza breve, la protraevafino a ora di cena. Quando le impiegatestaccavano alle 18, si rimaneva noi due solia fare quello che le continue interruzioni dipostulanti, amici, pratiche burocratiche ciavevano impedito di portare a termine du-

rante il giorno: lui la stesura dei suoi mano-scritti, io il controllo di bozze urgenti e l’ag-giornamento dei piani di lavoro delle diver-se edizioni.Verso le 19.30 mi chiamava nel suo studioper il rito del congedo. L’uno di qua e l’altrodi là della scrivania, due dita di whisky nelbicchiere (e, negli ultimi anni, di amaroCarlassare), si faceva il bilancio della gior-nata, e Pozza annotava sui fogli volanti delsuo diario i lavori fatti, le persone incontra-te, le impressioni avute. Poi il discorsoprendeva a divagare a seconda dell’estro odelle sue preoccupazioni. Spesso finiva sultasto dolente degli autori ritardatari e man-catori di parola che gli impedivano di con-segnare l’edizione in corso nei tempi con-cordati con i librai e recensori, o con i com-mittenti delle opere sponsorizzate. “Bugiar-di schifosi” li definiva Neri Pozza, con iquali si proponeva di non avere più nulla daspartire. E per ricordarselo, dal momentoche le sue ire si manifestavano con violenzaesplosiva ma erano di breve durata, volevache io aggiornassi la “colonna infame”, cioèl’elenco di coloro per i quali mi diceva: “Col-la, se mi vede accettare un altro scritto dacostui, mi sputi in faccia”. La “colonna infa-me” era affissa all’interno dell’anta del mo-bile bar che, di fronte a lui, conteneva, oltreil Johnnie Walker per l’aperitivo serale, lasua collezione di cognac (i pezzi migliori unArmagnac Armador del 1900 e un Arma-gnac Perrat del 1930). Come a dire che unodei pochi aspetti amari del piacevole lavorodell’editore era quello denunciato da quella“colonna infame”, che si è allungata di sta-gione in stagione, e che ha finito per regi-strare brusche interruzioni di lunghi rap-porti di collaborazione con autori e anchedolorose rotture di amicizie. Oltre ai dannieconomici provocati dalle mancate conse-gne, Pozza non riusciva a perdonare agliautori o ai curatori ritardatari il disprezzoche con il loro comportamento manifesta-vano nei confronti del lavoro suo e dei suoicollaboratori. L’accumulo dei ritardi diven-ne per lui insopportabile quando gli sembròche compromettesse la sua ultima impe-gnativa impresa culturale, la pubblicazionedella Storia di Vicenza. Diceva che i ritardinelle consegne gli accorciavano la vita, e chetemeva di non vederla finita; e, in effetti,

cinque dei sei volumi dell’opera videro laluce soltanto dopo la sua scomparsa.Alle 8 di sera, dunque, si spegnevano leluci degli uffici e si scendeva. Qualche volta– quando la sede della Casa editrice era giàin Contrà Oratorio dei Servi – si faceva unabreve sosta nel salone al piano terra, doveNeri Pozza teneva esposta gran parte dellacollezione di dipinti moderni messi insie-me da sua moglie, Lea Quaretti, e dove te-neva l’archivio dei disegni e delle incisioniantiche e moderne raccolte da lui. La con-templazione dei fogli dei grandi maestri – le Carceri e le Vedute di Roma di Piranesi,La Maddalena che si asciuga i capelli di Lucadi Leyda, il Cavaliere e la morte di Dürer, Il piccolo orefice di Rembrandt ecc. – lo ri-storava delle fatiche della giornata e lo ri-conciliava con il mondo. Aveva immaginatodi fare del saloncino, sul cui lato corto ave-va impalcato e occultato con un velario glioriginali e le copie in bronzo delle sue scul-ture, un luogo deputato per mostre d’arte epresentazioni di libri. Ma, dopo la mortedella moglie nel 1981, e superati i settan-t’anni, una sorta di stanchezza e di senso diinutilità del lavoro che non fosse quello spe-cifico dell’editore e dell’incisore, gli feceroabbandonare l’idea.Il tragitto che percorreva per tornare a casa,a ponte San Michele, ci conduceva per Stra-della dei Servi, Piazza delle Biade, ContràGazzolle. Giunto all’altezza della Prefettu-ra, di fronte a Palazzo Volpe, più di una vol-ta mi ha detto: “Chissà se un giorno gli am-ministratori di Vicenza si ricorderanno dimettere qui una targa a ricordo della sededella Casa editrice”. Gli sembrava di averecontribuito al prestigio della sua città so-prattutto come editore di libri apprezzati inogni parte d’Italia e noti all’estero. E in effetti, se fosse dipeso da lui, non si sa-rebbe mai allontanato da quella prima sedestorica che si trovava nel cortile interno diPalazzo Volpe. Da lì erano passati tutti isuoi autori più importanti: Alvaro, Buzzati,Carrà, Carlo Antoni, Leonardo Castellani,Cecchi, Chastel, Folena, Margherita Gui-dacci, Fritz Heinemann, Agostino Lombar-do, Parodi, Pasquali, Ragghianti, Gadda,Montale, per nominare solo alcuni dei per-sonaggi che io non feci a tempo a vedere poinella sede di Contrà Oratorio dei Servi (oltre

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protagonisti veneti del novecento

Neri Pozza con Lea Quaretti a Venezia nel marzo 1946 (in alto a sinistra)

Neri Pozza riceve, con Andrea Zanzotto,la Laurea honoris causa dall’Università di Venezianel marzo 1982 (Archivio della casa editrice Angelo Colla)(in alto a destra)

Neri Pozza in varie foto d’epoca

Carlo Diano, Neri Pozza e Lea Quaretti nel 1968 (in basso a destra)

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protagonisti veneti del novecento

naturalmente ai vicentini; mentre i venezia-ni come Camerino, Dazzi, Valeri ecc. li ve-deva a Venezia quando, per il weekend,scendeva nella casa di Lea Quaretti in Calledegli Avvocati). Da Contrà Gazzolle uscì il meglio della pro-duzione editoriale di Neri Pozza destinataalla libreria (le collane di narrativa e poesia,i cataloghi di musei e collezioni, le due “bi-blioteche di cultura”); fu il momento di pro-duzione più intensa, di maggiore rischioma anche di maggiori soddisfazioni e visi-bilità per l’editore. Tra gli anni ’50 e ’60Neri Pozza pubblicò una ventina di titoli al-l’anno, e in un paio di casi superò la trenti-na. Una mole di lavoro incredibile per lastruttura esigua della Casa editrice, che al-lora non disponeva né di computer né di fo-tocopiatrice. Il lavoro aumentò quando Poz-za si imbarcò nella Storia della Cultura Ve-neta, un’opera ideata da Gianfranco Folenae conclusa da Girolamo Arnaldi, Manlio Pa-store Stocchi e Ginetta Auzzas, e finanziatadall’Istituto Federale delle Casse di Rispar-mio: 10 volumi pubblicati in undici anni,dal 1976 al 1987, che diedero stabilità eco-nomica alla Casa editrice ma che avevanobisogno di un segretario che tenesse i con-tatti con i circa 200 autori e i vari redattoricoinvolti nell’impresa. Folena e Pozza pen-sarono a me, e così io cominciai a frequen-tare, mezzo dentro e mezzo fuori, la sede diContrà Gazzolle. Pozza mi aveva attrezzato uno studiolo alpiano terra, contiguo al magazzino-scrigno,dove erano conservate le edizioni numeratee di pregio, i fuori catalogo d’antiquariato,le cartelle di incisioni sue e di artisti amici(Castellani, Balest, Barriviera, Valeria Vec-chia): la sua “musina”, mi diceva Pozzaquando, cercando di raffinarmi la sensibili-tà artistica e svilupparmi il senso degli affa-ri, me ne illustrava i pregi e il valore econo-mico. In realtà quel fondo di rari, unito allegiacenze di libri correnti per un valore a co-pertina di 9 miliardi di vecchie lire, fu lamusina di chi gli succedette. Quando infat-ti nel 1993, dopo diversi cambi societari, laNeri Pozza approdò all’Athesis e fu parteci-pata dal gruppo Longanesi, e si decise, pernon morire, di avviare una drastica ricon-versione della produzione, per alcuni anniil bilancio fu salvato dalla svendita del ma-gazzino, il quale proprio grazie a quel teso-retto poté essere quotato alcuni punti in piùdel solito 3,5-4% del prezzo di copertina pa-gato di regola dai grossisti del metà prezzo.La casa editrice vera è propria era al primopiano di Contrà Gazzolle. Vi si accedeva dauna scala elicoidale in cima alla quale c’eraun abbondante nudo femminile sbozzatonel legno da Nereo Quagliato. Gli uffici era-no quattro: quello delle impiegate, un salot-tino di ricevimento, l’ufficio dell’ammini-

stratore Andrea Tadiello, lo studio di NeriPozza. Nel mio sgabuzzino al piano terra,in una specie di limbo, io stavo bene, per-ché al riparo dai frequenti temporali chesentivo rumoreggiare in alto e che scoppia-vano di solito tra l’ufficio di Tadiello e lostudio di Neri Pozza: questioni di budgetsuperati dall’editore contro il parere del-l’amministratore, di autori e fornitori nonpuntuali, di insoluti delle librerie o degliagenti. Io, che dovevo salire molte volteogni pomeriggio perché repertori, vocabola-ri, enciclopedie erano nello studio di NeriPozza (mentre la biblioteca di consultazio-ne era nel passaggio tra lo studio e il bagno,dove c’era pure una brandina per qualcheminuto di riposo pomeridiano nel caso Poz-za non staccasse per il pranzo), cercavo ilmomento di bonaccia. Ma qualche volta lagrandinata si abbatteva anche su di me,come quando avevo osato dichiarare la miaincapacità a supplire il mio Maestro nellosvolgere una lezione di storia dell’editoriaveneta all’Università Internazionale dell’Ar-te di Venezia. Era quello il suo modo di con-vincermi a misurarmi con qualche nuovadifficoltà.Arrivò poi il tempo in cui potei accedere sta-bilmente al piano nobile. Successe quandovenne a mancare Tadiello e io occupai il suoufficio. Da allora ebbi la ventura di vedernascere e concretizzarsi tutte le edizioni diNeri Pozza. Anche quando su richiesta diAdone Maltauro, che aveva bisogno di ac-quisire all’attività della sua azienda gli spa-zi occupati dalla Casa editrice, la sede fu tra-sferita in Contrà Oratorio dei Servi, il mioufficio fu contiguo a quello dell’editore.Non era ampio ma sufficiente a contenere,oltre la scrivania e l’armadio dell’archiviodella Cultura veneta e della Storia di Vicenza,di cui ero divenuto segretario, tutti gli stru-menti di consultazione che mi servivanoper la redazione, eccetto la Treccani chePozza conservava nello scaffale alle suespalle. Ai muri aveva voluto che mi appen-dessi una piccola ma preziosa collezione didipinti ottocenteschi: sei Giovanni Costa,un ritratto femminile di Francesco Gnoli edue altri ignoti macchiaioli che aveva acqui-stato negli anni e ai quali era particolar-mente affezionato. Lo spostamento della sede non significò al-cun cambiamento. Il personale rimase lostesso: Angela Berto curava l’amministra-zione, Daniela Dobrovich con Claudia Sar-tori i rapporti con distributori, librai, enti ebiblioteche, Daniela Domaschi la corrispon-denza e l’archivio. Ma tutte poi, chi più chimeno, dovevano provvedere alla battituradei manoscritti di Neri Pozza, prodotti gior-nalmente e in grande quantità: introduzio-ni e presentazioni dei libri suoi e di altri,bandelle e quarte di copertina, articoli per il

Neri Pozza raffigurato in un dipinto e un disegno

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giornale, racconti e memorie personali cheandarono infittendosi negli anni Settanta eOttanta. Era incredibile la mole di lavoroche Pozza svolgeva quotidianamente: ri-usciva a riempire il tempo di quattro impie-gate e ad assicurare lo stipendio puntuale aloro e al magazziniere Mario Musci.Anche il metodo di lavoro era rimasto quel-lo di Contrà Gazzolle: personalissimo e ac-centratissimo. Neri Pozza non ha mai avu-to un ufficio stampa che curasse le relazio-ni con recensori e giornali, non un ufficiodiritti per i contratti con gli autori e le caseeditrici straniere, né un ufficio tecnico per irapporti con i fornitori, come succede peruna casa editrice normale. Ma neppure hamai avuto un redattore interno a tempo pie-no e neanche un grafico per gli inserti illu-strativi e le copertine, le schede per i librai eil materiale di promozione. Pozza facevaquasi tutto da sé.Il suo lavoro sui libri era davvero artigianale,anche nel senso che Pozza metteva mano di-rettamente a ogni sua pubblicazione. A par -tire dal manoscritto. Non c’erano proteste diautore, per quanto illustre, che potesserosmuoverlo dal principio che un libro è unacosa diversa dal manoscritto e che questopuò essere migliorato, nella struttura e nellascansione delle parti qualche volta, nello sti-le quasi sempre. Per questo nel corso della

sua lettura scioglieva, con una penna nera orossa, garbugli sintattici, fluidificava passag-gi, spezzava periodi troppo lunghi, cancella-va qualche aggettivo di troppo. Soleva dire:“Bisogna diffidare di chi usa due aggettiviquando ne basta uno: è un individuo capacedi uccidere la propria madre”. Ci teneva alla correzione delle bozze, e luistesso si reputava un buon correttore. Lo sa-rebbe stato, se avesse avuto il tempo di de-dicarvisi con la tranquillità d’animo e la cal-ma che questo lavoro esige. Ma, in questo,una mano gliela davo io, e una gliela dava-no gli stessi tipografi. Perché i tipografi concui Pozza ha avuto la fortuna di lavorareerano persone di grande mestiere: il protodella tipografia Dal Molin di Arzignanodove si stampava la Cultura veneta, il signorLionello, era in grado di segnalarci gli erro-ri nelle citazioni in greco, mentre il suo cor-rettore interno, un sordomuto che non sa-rebbe stato distratto neanche dalle canno-nate, coglieva i refusi delle parole italianeleggendo a rovescio le forme di piombo te-nute insieme, come allora si costumava,con lo spago.I libri di Neri Pozza avevano un aspetto ri-conoscibile fin dalle copertine, improntate aeleganza e misura. Nessun titolo gridato,nessuna immagine stravagante o di puro ef-fetto. Eppure spesso erano allestite all’ulti-

mo momento, quando il libro era già stam-pato e in fase di cucitura. Quello a cui ba-dava erano soprattutto i rapporti tra l’altez-za dei titoli e dei sottotitoli e l’ampiezza del-le interlinee: li indicava al compositore conprecisione, disegnandoli con matita e ri-ghello, attento alle proporzioni come fosse-ro architetture. La stessa cura, la stessa si-curezza e alla fine la stessa armonia caratte-rizzavano i corposi inserti illustrativi deisuoi volumi d’arte. I menabò li allestiva dasolo, calcolando sulle diagonali delle foto glispazi di ingombro che le immagini avreb-bero avuto in pagina e lavorando poi di for-bice e colla con le prove di stampa. Sceglie-va con cura i tipi dei caratteri e alternava,nella pagina, corpi diversi in modo che te-sto, infratesto e note rispondessero a criteridi massima leggibilità e che le tonalità deiloro neri risultassero armoniche. Una sen-sibilità per i bianchi e i neri che era propriadell’incisore. Ogni libro alla fine era una creazione an-che dal punto di vista del manufatto, per-ché Neri Pozza, da grande artista-artigianoqual era, non amava ripetersi e – diceva – isuoi libri non dovevano viaggiare in divisa,ma assumere una veste intonata all’autoree all’opera e, aggiungo io, intonata all’edi-tore che li accoglieva in casa propria.

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protagonisti veneti del novecento

Giuseppe Bottani, Armida cerca

di uccidersi, part., 1766 Firenze, Uffizi

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Honoré Daumier, Cervantes, don Quijote,

1868Monaco,

Neue Pinakothek

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spoglio dei periodici

di lettere e filosofia

(2010-2012)

Il precedente spoglio dei periodici di “Letteree filosofia” era stato presentato sul “NotiziarioBibliografico” n. 61 e prendeva in considera-zione gli anni 2007-2010. Il presente aggior-namento si riferisce pertanto alle riviste usci-te principalmente nel periodo 2010-2012,a partire dall’ultimo fascicolo segnalato sul“Notiziario Bibliografico” n. 61. Delle rivistenuove si dà lo spoglio, dove possibile, dal pri-mo numero uscito.

Annali di Ca’ Foscari

rivista della Facoltà di Lingue e Letteraturestraniere dell’Università Ca’ Foscari di Veneziadirettore resp.: Giuliano Tamanicomitato di redazione: Serie occidentale: Eugenio Bernardi, Maria Teresa Biason, Eugenio Burgio, Marinella Colummi Camerino, Donatella Ferro,Loretta Innocenti, Rosella Mamoli Zorzi, Lucia Omacini, Daniela Rizzi, Paolo UlvioniSerie orientale: Laura De Giorgi, Rosella Dorigo,Gian Giuseppe Filippi, Bonaventura Ruperti,Giuliano Tamani, Boghos L. Zekiyanperiodicità: quadrimestraleeditore: Studio Editoriale Gordini, Padovasede della redazione: Dipartimento di Studi eu rasiatici - Università Ca’ Foscari di Venezia - San Polo 2035 - 30125 Veneziatel. 041/2348851 - fax 041/2348858

a. XLVIII, 1-2, 2009 Prima Parte. Tom Stoppard e La costa dell’U-topia, a cura di Sergio Perosa: Premessa | Lo-retta Innocenti, Il costo dell’Utopia: Stoppard eil 1917 | Sergio Perosa, Coste e naufragi del-l’Utopia | Giovanni Maniscalco Basile, TheCoast of Utopia di Tom Stoppard: la costa dinessuna terra | Fausto Malcovati, Mosca non èBroadway | Gregory Dowling, A Free Mindwithin a Disciplined Form: l’impegno del di-simpiego di Tom Stoppard | Seconda Parte. Margherita Cannavacciuolo, Las síntesis de loscontrarios en “Taita Hicotea y Taita Tigre” de

Lydia Cabrera. Lydia Cabrera y el tema negroen Europa y Amèrica | Isabella Ferron, Schel-ling und die Sprache. Einige Anmerkungen zuSchellings Nachdenken über die Sprache. Von derPhilosophie der Kunst bis zu pasigraphischen Ver-such | Rosella Mamoli Zorzi, The Correspon-dence of Henry James and Isabella StewartGardner | Alice Mazzotti, Madri di Haiti, traschiavitù e rivoluzione (Saint-Domingue, XVII-XIX secolo) | David Newbold, By-product of Bo-logna. A Minimum Level of English for EuropeanUniversity Students | Armando Pajalich, Hy-phenated Renegotiations in Mambo Italiano, theMovie | Ludovica Paladini, Mito, tragedia griegay transculturación cubana: Electra Garrigó deVirgilio Piñera | Eugenia Sainz, Negación res-trictiva y condición. El caso de hasta que | Da-niele Vecchiato, “Enttäuscht buchstabiert man Ve-ne-dig, und es klingt wie ‘Erledigt’”. Kritische Annäherungen an Durs Grünbeins Venedig-Gedichte.

a. XLVIII, 3, 2009 (serie orientale 40)Ferial J. Ghazoul, Preface | Antonella Gher-setti, Introduction | Départs: à l’origine de lalittérature arabe: Abdelfattah Kilito, La cha-melle égarée | Départs réels, départs métapho-riques, départs textuels: l’espace littéraire auMoyen Âge: Angelika Neuwirth, Al-H. arırı’sTravel in Search of Distraction: al-Rih. la fı t.ala-bi l-istit.raf | Jaakko Hämeen-Anttila, MaqamaHeroes on the Road. Departures in Ibn al-As-tarkuwı’s al-Maqamat al-luzumiyya | Abou-bakr Chraïbi, Quand les amoureux s’en vont |Giovanna Calasso, Les multiples départs des vo-yageurs musulmans du Moyen Âge et les con-tours mouvants du dar al-islam | Brigitte Fou-lon, “Al-Rih. la al-qasriyya”, ou le départ con-traint, dans la littérature andaluse | SébastienGarnier, Departures in al-Tiganı’s Rih. la | Dé-parts. En quête de Dieu: Ferial J. Ghazoul, De-parture in Search of the Divine in the Arabo-Per-sian and Franco-English Traditions | Richardvan Leeuwen, “Ya rah. ıl!” Reasons for Travel-ling in al-G

·azalı’s Ih. ya�culum al-dın | Départs,

identité(s), découverte(s). L’espace littéraire àl’époque moderne: Maria Pia Pedani, Am-bassadors’ Travels from the East to Venice | Ju-lia Bray, Starting out in New Worlds. UnderWhose Empire? High Tradition and SubalternTradition in Ottoman Syria, 16th and 19th/20th

Centuries | Rosella Dorigo, A Guide of Paris forTourists Coming from Orient | Maria Elena Pa-niconi, La thématisation du départ et la

(trans)formation du personnage fictionnel dansal-Saq cala l-saq d’Ah.mad Faris al-Sidyaq | LucDeheuvels, Départ et structuration diégétique:la relation de voyage au Caire de Zayd Mut.ı

cDammaǧ.

a. XLIX, n. 3, 2010 (serie orientale 41)Martina Censi, Erotismo e intimismo nell’ope-ra Ra� ih. at al-qirfa di Samar Yazbik | MarcoSalati, Note in margine ai Banu Zuhra/al-Zuhrawı/Zuhra zada di Aleppo: alcuni docu-menti dai tribunali sciaraitici della fine del XVII

e l’inizio del XVIII secolo (1684-1701) | PaoloLucca, Versioni armene di testi siriaci. Brevepanoramica sulle traduzioni armene dal siria-co nei secoli V-XIII e le loro caratteristiche | Bo-gos Levon Zekiyan, Dalla passione per lo stu-dio allo studio per passione. L’itinerario di ri-cerca di Adriano Alpago Novello oltre i confinidi Bisanzio e il Centro di studi armeni da luifondato nel V anniversario della sua scoparsa |Gaga Shurgaia, Tra costruzione e/o distruzio-ne. A proposito di un tentativo di ricostruzionedel processo di autocoscienza nazionale geor-giana | Daniele Guizzo, Nota etimologica sulcurdo bûmelerze | Gianni Pellegrini, L’Upa-nis.ad del cuore di Rudra: alcune considerazio-ni | Thomas Dänhardt, La valenza dell’amorenei versi di un poeta indiano fra passato e pre-sente: il personaggio e le ghazal di Jigar Mu-radabadı (1890-1960) | Maurizio Scarpari, Atthe Center of the Universe | Laura De Giorgi,La nascita della “nuova Cina” sui giornali ita-liani: le corrispondenze del Corriere della Se-ra e dell’Unità nel 1949 | Fiorenzo Lafirenza,There’s a Tense for Every Activity Under Hea-ven. Strategies for Choosing Verbal Tenses in Li-terary Translation from Chinese into Italian |Giuseppe Giordano, Il Kokinshu nelle poesiestagionali dello Shinkokinshu. Uno studio sul-la honkadori.

Con i fascicoli “Annali Orientali 2009/2010”e “Annali Occidentali 2009” si interrompe la pubblicazione del periodico “Annali di Ca’ Foscari”. Il numero 50 sarà pubblicatoon-line e comprenderà gli indici degli “An-nali di Ca’ Foscari” dal numero 1 (1962) al 49 (2010).

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Anteremrivista di ricerca letteraria

direttore: Flavio Ermini direttore resp.: Domenico Cararedattori: Giorgio Bonacini, Davide Campi,Mara Cini, Marco Furia, Madi son Morrison,Rosa Pierno, Ranieri Tetiperiodicità: semestraleeditore: Anterem Edizioni, Veronasede della redazione: via Zambelli, 15 37121 Veronae-mail: [email protected] web: www.anteremedizioni.it

serie VI, n. 81, II semestre 2010Poetiche del pensieroEditoriale | Pascal Gabellone, “Ma Edipo ha unocchio in più…” | Friedrich Hölderin, L’au-tunno, trad. Giampietro Moretti | FrancisPonge, My creative methode, trad. AdrianoMarchetti | Camillo Pennati, Poesie | Giaco-mo Leopardi, L’infinito, trad. Yves Bonnefoy |Remo Bodei, Giacomo Leopardi tra filosofia epoesia | Gonzalo Márquez Cristo, Poesie, trad.Silvana Lavina | Davide Campi, Orbite | OsipMandel’stam, Dal Primo quaderno di Voronez,trad. Maria Pia Pagani | Paolo Donini, Ante-riorità della parola poetica | Rosa Pierno, So-miglianze e differenze | Francesco Camera,Paul Celan. Di fronte al Nulla | Paul Celan, Da“Niemandsrose”, trad. Mario Ajazzi Mancini |Marina Cvetaeva, Il mirto, trad. Elena Corsi-no | Mara Cini, Frammenti 2010 | ShoshanaRappaport-Jaccottet, Prose, trad. Anna ChiaraPeduzzi | Madison Morrison, Existentialismeet matérialisme dialectique, trad. Alessio Ro-soldi | Premio di Poesia Lorenzo Montano.

serie VI, n. 82, I semestre 2011Pathos del dire ulterioreEditoriale | Giacomo Bergamini, [Una narra-zione incompiuta] | Félix Duque, Da La pellee me, trad. Lucio Sessa | Bernard Vergaftig,Conoscere nomina, trad. Franc Ducros | IdaTravi, La sorgente. Cronaca di una crisi | Ame-lia Valtolina, Di un altro logos | Claude Royet-Journoud, Kardia, trad. Alessandro De Fran-cesco | Giorgio Bonacini, Poesie scritte | Fran-co Rella, Pathos logos verità | Francis Ponge,L’uomo a grandi tratti, trad. Adriano Mar-chetti | Ranieri Teti, Da Entrata nel nero | Ro-sa Pierno, Mente e corpo | Giorgio Franck, Laparola del figlio | Madison Morrison, Each. Ca-pitolo 6, trad. Alessio Rosoldi | Aldo Trione,Mistica delle cose | Sandro Varagnolo, La ve-duta forma | Carlo Sini, Il carattere memorialedella parola | Yves Bonnefoy, Il crepuscolo del-le parole, trad. Anna Chiara Peduzzi | Premiodi Poesia Lorenzo Montano.

serie VI, n. 83, II semestre 2011Di un altro direEditoriale | Silvano Martini, [La ricerca di unorientamento] | Edmond Jabès, L’immortalità

del tempo, trad. Alberto Folin | Alejandra Pi-zarnik, Il desiderio della parola, trad. Alessan-dro Ghignoli | Vincenzo Vitiello, Il linguaggiodella filosofia | Pierre Oster, Un vuoto non piùmediano, trad. Adriano Marchetti | RomanoGasparotti, Lo stupore | Amelia Valtolina, Sulconfine di un incontro | Antonio Pietropaoli,Pensare l’impensabile? | Davide Campi, Le co-se nella luce | Lucio Saffaro, Trasformazioni etrattati | Carlo Penco, Frege, tra logica e poesia |Marco Furia, Idiomatica foggia | Mara Cini,Da Il secondo sguardo | Félix Guattari, “Unabella catastrofe e via”, trad. Ilaria Gremizzi |Lorenzo Barani, All’ascolto dei margini | Hu-bert Haddad, Semplicissima riflessione in unospecchio, trad. Margherita Orsino | DanieleMaria Pegorari, “A te convien tenere altro viag-gio” | Yves Bonnefoy, Le grandi ombre, trad.Anna Chiara Peduzzi | Flavio Ermini, Amorfati | Premio di Poesia Lorenzo Montano.

serie VI, n. 84, I semestre 2012La contiguità alle coseEditoriale | Per Aage Brandt, [C’è qualcosa pri-ma delle parole], trad. Eva Kampmann | Andrédu Bouchet, Da Ici en deux, trad. Maria Obi-no | Lucio Saviani, Buoni vicini delle cose pros-sime | Domenico Brancale, Poesie | Paul Wühr,Salve Res Publica Poetica, trad. Riccarda No-vello | Clemens-Carl Härle, Lectio rerum | Ce-sare Milanese, Da La battaglia del Taglia-mento | Marco Ercolani, Carteggi apocrifi |Mara Cini, Altri frammenti | Rosa Pierno, Es-sendo non amore divenuto | Bertrand Badiou,Poesie, trad. Alessandro De Francesco | Ceci-lia Rofena, Di ciò che può dirsi in versi | Gior-gio Bonacini, Poesia del passaggio | MadisonMorrison, Ognuno. Capitolo 8, trad. GiuliaNiccolai | Aldo Masullo, Solitudine e poesia |Alfonso Cariolato, Il testo di Beckett | RobertDesnos, Minuit à quatorze heures, trad. Fi-delio Bonaguro | Premio di Poesia Lorenzo Montano.

serie VI, n. 85, II semestre 2012L’irriducibile al séEditoriale | Jacques Derrida, [La dissémination] |Paul Celan, Atemkristall, trad. B. Maj | Fede-rico Ferrari, L’immaginazione creatrice | Davi-de Campi, Iterazioni | Evelyne Grossman, In-spirazione, ispirazione, trad. A.C. Peduzzi |E.M. Cioran, Variazioni sulla morte, trad. A. Marchetti | Tiziano Salari, Ombra di vita |Roberto Diodato, Dentro tutto quel vento | Gia-como Bergamini, [Ultime precisazioni sul do-lore] | Ranieri Teti, Poesie della vita apparente |Bruno Conte, Da Deritratti | François Bruzzo,Che cosa uno scrittore ha da dire di primor-diale? | `Abd al-Rahmân Jâmî, [In quella nottealtissima], trad. M. Basiri e C. De Bellis | YvesBonnefoy, Due nuove varianti della cacciata dalgiardino, trad. F. Paoli | Francesco Tomatis,L’estasi della parola poetica | Gustave Roud, Dueritratti, trad. M. Bottoni - C. Corazza - R. Men-nuti | Marco Furia, Tacite se ne vanno | Mauro

John William Waterhouse, Ofelia, 1894 Londra, Pyms Gallery

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Maldonato, Pensare poeticamente | Flavio Er-mini, L’incessante racconto dell’infelicità | Jac-ques Derrida, [La disseminazione], trad. D. Brancale | Premio di Poesia Lorenzo Montano.

I castelli di Yalequaderni di filosofia

direzione: Giancarlo Carabelli, Mario Mieggedirettore resp.: Giancarlo Carabelliredazione: Marco Bertozzi, Marco Bresadola,Sandro Cardinali, Silvana Vecchio, Paola Zanardieditore: Il Poligrafo, Padova (dal n. 5)sede della redazione: Dipartimento di ScienzeUmane - Facoltà di Lettere e Filosofia - via Savonarola, 38 - 44100 Ferrara tel. 0532/293518 - 293520 fax 0532/293508e-mail: [email protected]

a. X, n. 10, 2009Il tema. L’infinita varietà del gusto. Filosofia,arte e storia di un’idea dal Medioevo all’età moderna.Francesca Cappelletti - Paola Zanardi, Intro-duzione | Giorgio Stabile, Sulla fisiologia delgusto: dal palato alla mente | Silvana Vecchio,Gusto, piacere, peccato nella cultura medievale |Massimo Montanari, Dal gusto gastronomicoal buon gusto intellettuale. Le radici medievalidi un percorso culturale “moderno” | Paola Go-retti, Il gusto del vestire nelle corti padane traCinque e Seicento | Elio Franzini, Gusto e giu-dizio nell’estetica del Settecento | Andrea Gatti,Le oscillazioni del gusto. Teoria e prassi del giu-dizio estetico in età moderna | Paola Spinozzi,Anti-pittorialismo sublime e ragione etica: ladialettica del gusto nella “Inquiry” di EdmundBurke | Ranieri Varese, Il gusto della città |Marco Bresadola - Sandro Cardinali, Dallatazzina del diavolo al mondo in una tazza | Re-censioni.

a. XI, n. 11, 2010-2011Il tema. Hume, Nuovi saggi / Hume, New Essays.Paola Zanardi, Introduzione/Introduction |Roger L. Emerson, Enlightened ages, ages ofimprovement, and the Scottish Enlightenment |Cristina Paoletti, Restoring necessary connec-tions: Lady Mary Shepherd on Hume and theearly nineteenth-century debate on casuality |Giuliano Sansonetti, For a history of effects:Hume and German anti-rationalism | EmilioMazza - Edoardo Piccoli, “Disguised in scar-let”. Hume and Turin in 1748 | Francesca Pon-giglione, Bernard Mandeville’s influence onAdam Smith’s Wealth of Nations | Luigi Tur-co, Philosophy and religion. Some recent bookson British moralists | Andrea Gatti, Hume’staste for standards. Experience and aesthetic

judgement reconsidered | Paola Zanardi, Phi-losophy and economics. Some recent books onHume’s political economy | Recensioni.

a. XII, n. 12, 2012Il tema. La conversazione: un tema fra storia,arte e filosofia dal Medioevo al Settecento.Paola Zanardi, Introduzione | Peter Burke,The rise of conversation studies | Carla Casa-grande - Silvana Vecchio, Dalla aedificatio al-l’affabilitas. Le virtù della conversazione nellacultura medievale | Benedetta Craveri, L’artedella conversazione e le sue metamorfosi nella ci-viltà europea d’Antico Regime | Novella Maco-la, Dotte conversazioni davanti ai Sei poeti to-scani di Vasari | Mariacarla Gadebusch Bon-dio, Verità e menzogna nel dialogo fra medico epaziente (XV-XVII sec.) | Marta Cavazza, Dallebiblioteche dei dotti alle tolette delle dame. Laconversazione filosofica e scientifica nell’Italiadei lumi | Andrea Gatti, Dialogo filosofico e ar-te della conversazione. La retorica dell’empiri-smo | Andrea Tagliapietra, Tra corpo e spirito.Kant e l’abbozzo di un’antropologia della con-versazione | Recensioni.

Ermeneutica letterariarivista internazionale

direttore resp.: Paolo Leoncinicomitato direttivo: Carlo Alberto Augieri, Alfonso Berardinelli, Ilaria Crotti, Pietro Gibellini, Paolo Leoncini, Ricciarda Ricorda, Filippo Secchieriperiodicità: annualeeditore: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa - Romasede della redazione: Università Ca’ Foscari di Venezia - Dipartimento di Italianistica e Filologia romanza - Dorsoduro, 3484/D -30123 Venezia - tel. 041/2347211 - fax 041/2347250e-mail: [email protected]

a. VII, n. 7, 2011I carteggi: Edoardo Ripari, Un articolo perdu-to e una lettera ritrovata. Carteggio Contini-Cec-chi-Raimondi | Giorgio Delia, Appunti per ilcarteggio Pierro-Contini | Carolina Marconi,Gianfranco Contini - Mario Dell’Arco. Il car-teggio (1946-1949) | Marco Gaetani, Per un bi-lancio (provvisorio) dell’epistolografia continia-na | Eredità continiane: Roberto Antonelli, Si-stema e varianti in Contini | Ottavio Besomi,La corrispondenza Contini-Pozzi | GiuseppePorta, La strada che Contini indicava | Chri-stian Genetelli, Dante Isella e Gianfranco Con-tini, una lunga fedeltà | Tiziana Piras, L’erme-neutica variantistica di Pietro Gibellini | Plura-lità delle ermeneutiche: Roberta Dreon, Que-stioni e possibilità dell’ermeneutica | Paolo

Manuel Domìnguez Sànchez, Margherita davanti allo specchio, 1896Madrid, Prado

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Leoncini, Gianfranco Contini: nuclei e nessidell’ermeneutica.

a. VIII, n. 8, 2012Paolo Leoncini, Filippo Secchieri: una scom-parsa prematura | Matteo Giancotti, Un ricor-do di Filippo Secchieri | Ermeneutica lettera-ria. Teoria e testualità: Jean Grondin, L’erme-neutica da Heidegger a Gadamer | Paolo Leon-cini, Ermeneutica letteraria: una proposta trateoria e testualità | Mario Ruggenini, L’esigen-za del senso e l’evento del vero in virtù della pa-rola | Carlo Alberto Augieri, Nella “lotta” enun-ciativa tra personaggio e autore: per un’erme-neutica patemica della narrazione | GiovanniBottiroli, L’inganno del cortile centrale. Inter-pretazione della Phèdre come testo diviso | Eme-rico Giachery, Esercizio su un testo breve | Al-fredo Luzi, La teoria della ricezione di Jauss inItalia. Tra ermeneutica e antropologia | FilippoSecchieri, Tra lector e scriptor: le ermeneuti-che autoriali | Roberta Dreon, Leggere, comu-nicare, fare. Wolfgang Iser dalla teoria della let-teratura all’antropologia | Fabiola Falappa, Lalibertà della verità. Ripensare l’ermeneutica apartire da Schelling | Sebastiano Garanti Grol-lo, Il deserto della scrittura. Levinas tra erme-neutica e letteratura | Francesca Grisot, Visio-ni e narrazioni. Storie migranti tra antropolo-gia ed ermeneutica | Teoria e prassi: FrancescaFistetti, Letteratura e postmoderno: elementi peruna riflessione | Elena Porciani, Sulla svolta er-meneutica dello studio letterario dei temi | Re-cuperi e sperimentazioni: Anna Guzzi, Inter-linee di critica e teoria: le rovine di Calvino, Bor-ges, Peirce | Monica Bisi, Letteratura, desiderioe sacrificio: una proposta di lettura girardianaper la nostra tradizione | Marco Faini, La scrit-tura al patibolo. Ideale della patria e fantasmidel desiderio in Vittorio Imbriani | TommasoTarani, Il tragico doppio del teatro: mimesis emathesis in Hystrio di Mario Luzi.

Filologia venetaLingua, letteratura, tradizioni

direzione: Antonio Daniele, Ivano Pacca gnel la, Gianfelice Peronperiodicità: annualeeditore: Esedra, Padovasede della redazione: c/o Esedra - via Palestro, 8 -35138 Padova - tel. e fax 049/723602e-mail: [email protected]: www.esedraeditrice.com

X, 2010Tra filologia, storia e tradizioni popolari. PerMarisa Milani (1997-2007), a cura di LucianoMorbiato e Ivano Paccagnella.Luciano Morbiato - Ivano Paccagnella, Pre-messa | Fernando Bandini, Il paese di Marisa.

Una testimonianza, dieci anni dopo | Alexan-dru Niculescu, Ricordo di Marisa Milani(1935-1997) | Glauco Sanga, Marisa Milani ele tradizioni popolari | Rachele Fassanelli, Latesi di laurea in “Letteratura delle tradizioni po-polari” dirette da Marisa Milani | Antonio Da-niele, Notizie pavane | Luca D’Onghia, Gli stu-di pavani di Marisa Milani e una nuova edi-zione della Moschetta di Ruzante | ChiaraSchiavon, Intorno alla sintassi dell’ultimo Ru-zante | Ivano Paccagnella, La conclusione delVocabolario del Pavano | Carlo Cenini, Rimeextravaganti di Magagnò e Menon (e un auto-grafo di Magagnò) | Luciano Morbiato, Rileg-gendo i “pavani” con Marisa Milani: alcuni ap-punti di storia dal basso | Andrea Savio, Notaidi fronte al soprannaturale | Daniela Perco,Raccogliere fiabe a fine Ottocento: la corrispon-denza tra Angela Nardo Cibele e Giuseppe Pi-trè | Giuliano Scabia, Contro le puttane?

Italia medioevale e umanistica

direttore resp.: Gianvito Restaperiodicità: annualesegreteria di redazione: Marco Baglio, Carla Maria Monti, Marco Petolettieditore: Antenore, Roma-Padovasede della redazione: c/o Antenore - via Vala dier, 52 - 00193 Roma

L, 2009Marco Petoletti, I carmina di Lovato Lovati |Carla Maria Monti, Il corpus senecano dei Pa-dovani: manoscritti e loro datazione | Gian Ma-ria Varanini, Appunti sull’Eloquium superarengis del notaio veronese Ivano di Bonafine“de Berinzo” | Giavanna M. Gianola, Ipotesi suun’edizione trecentesca delle opere storiografichedi Albertino Mussato | Rino Modonutti, Il Lu-dovicus Bavarus di Albertino Mussato: genesi etradizione | Maria Chiara Billanovich, Il testa-mento superstite del vescovo Ildebrandino Conti |Giuseppe Billanovich, Cola di Rienzo tra Pe-trarca, Ildebrandino Conti e Bartolomeo da Val-montone | Maria Chiara Billanovich, Un col-laboratore di Ildebrandino Conti: Bartolomeo daValmontone, vescovo e diplomatico pontificio |Paolo Sambin - Donato Gallo, La lettera di Il-debrandino Conti sul tribunato di Cola di Ri-enzo (1347) e la sua tradizione testuale | Simo-ne Signaroli, L’edizione veneta di AlbertinoMussato (1636) e l’erudizione europea di primoSeicento | Miscellanea: Giordana Mariani Ca-nova, Per i classici di Rolando da Piazzola: Ne-rio miniatore a Padova e il Cicerone Gudiano.

LI, 2010Enrico Malato, Ricordo di Gianvito Resta | Lu-ciano Gargan, Biblioteche bolognesi al tempo diDante. I libri di un professore di arti (1340) |

Jacopo del Sellaio, Orfeo ed Euridice, 1450 ca Rotterdam, Museum Boymans-Van Beuningen

Anselm Feuerbach, Laura nel parco di Valchiusa, 1864 Spira, Historisches Museum

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Marco Baglio, “Parla secondo l’oppinione de’ pa-gani”: chiose trecentesche al Seneca in volgare |Carla Maria Monti, Le biografie di Seneca e diLucano nel De viris claris di Domenico Bandi-ni | Emilio Giazzi, Due biblioteche giuridiche aCremona sul finire dell’episcopato di GiacomoAntonio Della Torre (1481-1484) | Lisa Bene-detti, Il copista Manuele Atrapes e il Demoste-ne Ambrosiano D 112 sup | Anna Bellettini, Latradizione umanistica di Quinto Sereno “Sam-monico” e l’Accademia romana | Rossella Bian-chi, L’insegnamento di Paolo Marsi allo “Stu-dium Urbis” e il suo commento ai “Fasti” di Ovi-dio | Helen M. Dixon, Pomponio Leto and histeachers Lorenzo Valla and Pietro Odo da Mon-topoli: evidence from work on Lucretius | Mi-scellanea: Dennis E. Rhodes, Un’aggiunta al-la bibliografia di Celso Maffei.

Janusquaderni del Circolo glossematico

direttore resp.: Romeo Galassicomitato scientifico: Cosimo Caputo, Romeo Galassi, Massimo Prampolinicomitato di redazione: Romeo Galassi, Cristina Zorzellaperiodicità: annualeeditore: ZeL Edizioni, Treviso sede della redazione: c/o Terra Ferma - via delle Industrie, 1 - 31035 Crocetta del Montello (TV) tel. 0423/86268 - fax 0423/665416e-mail: [email protected]

n. 10, 2012Glossematica e semiotica: loro espansioni, a cura di Romeo Galassi, Cristina Zorzella e Lorenzo Cigana.Massimo Prampolini, I Principi della Glosse-matica e il “Criterio di riformulazione” di Emi-lio Garroni | Emanuele Fadda, La nozione di“economia” in linguistica e il Principio di Eco-nomia in Hjelmslev | Lorenzo Cigana, Defini-re è costruire: il sistema delle definizoni nellaGlossematica di Hjelmslev | Alberto Cam-mozzo, Né rizoma né albero: metafore auto-poietiche nella rappresentazione della conoscen-za | Tommaso Guariento, Osservazioni pre-teoriche sul problema della produzione segnica |Luca Peloso, Lingua, linguaggio e filosofia neiQuaderni del carcere di Gramsci | Simone Au-rora, Deleuze, Guattari e le macchine semioti-che | Anna Stomeo, Teatro e semiotica tra strut-tura e nuova teatrologia | Cristina Zorzella -Maurizio Cappi, L’uomo come specie di co-municazione. Bio-logica e strutture della signi-ficazione nella semiotica di Giorgio Prodi.

Lettere italiane

Rivista trimestrale fondata nel 1949, già diretta da Vittore Branca e Giovanni Getto.Redatta negli Istituti di Letteratura Italianadelle Università di Padova e di Torinodirettori: Carlo Ossola, Carlo Delcornodirezione: Gian Luigi Beccaria, Carlo Delcorno, Cesare De Michelis, Maria Luisa Do glio, Giorgio Ficara, Marc Fumaroli, Giulio Lepschy, Carlo Ossola, Gilberto Pizzamiglio, Jean Starobinskiredattore capo: Gilberto Pizzamiglioredazione: Giovanni Baffetti, Attilio Bettinzoli,Bianca Maria Da Rif, Fabio Finotti, Nella Giannetto, Claudio Griggio, Giacomo Joriperiodicità: trimestraleeditore: Olschki, Firenzesede della redazione: Dipartimento di Italianistica - Università degli Studi di Padova - via Beato Pellegrino, 1 - 35137 Padova -tel. 049/8274858

a. LXII, n. 3, luglio-settembre 2010Yves Bonnefoy, Dante et les mots | Corrado Bo-logna, La filologia e le origini del Moderno |Francesco Lucioli, D’ogni cortese amor ni-mico vero. Della (s)fortuna di Anteros nel Ri-nascimento | Note e rassegne: Damiano Fas-sina, Appunti sul carteggio Poliziano-Beroaldo:la mediazione pichiana e gli esordi della corri-spondenza tra i due umanisti | Elisa Curti, Gliozi di Pietro Bembo. Echi letterari e passione an-tiquaria nella “descriptio horti” bembesca |Amedeo Benedetti, L’ultimo periodo fiorentinodi Adolfo Bartoli | Guglielma Giuliodori, Zan-zotto cosmopolita di provincia in “Gnessulógo”e oltre | Recensioni | I libri.

a. LXII, n. 4, ottobre-dicembre 2010Cesare De Michelis, La repubblica dei letteratid’Italia | Jiří Špička, Petrarca e l’impero roma-no | Enrico Zucchi, La figura corale nelle trage-die alfieriane | Note e rassegne. Notizie di ma-noscritti: Alfredo Troiano, Lo Specchio di cro-ce di Domenico Cavalca. Censimento (mano-scritti delle biblioteche venete) | Francesca Bat-tera, Oceani di stanze. Un labirinto nel Gatto-pardo | Matteo Giancotti, Parise e gli ultrasuo-ni dei comportamenti. Il crematorio di Viennafra iterazioni e novità | Recensioni | I libri.

a. LXIII, n. 1, gennaio-marzo 2011Antonio Stäuble, Tipologia dei prologhi nellecommedie del Cinquecento | Beatrice Alfonzet-ti, La “fine veemente”. Sul finale dei Sepolcri |Fabio Finotti, Il realismo integrale di Fogazza-ro | Laura Barile, Sereni e Lugano. Una poesiae una prosa | Note e rassegne: Luca D’Onghia,Appunti su un florilegio bernardiniano | Fran-cesca Favaro, Antonio Canova fra poesia e pro-sa nelle pagine di Isabella Teotochi Albrizzi | Ve-

Dante Gabriel Rossetti, Beata Beatrix, 1864-1870 Londra, Tate Gallery

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ga Tescari, Lettura di un’immagine di LallaRomano. II. Erranze | Recensioni | I libri.

a. LXIII, n. 2, aprile-giugno 2011 Carlo Ossola, Dante, poeta d’Italia | Carlo Del-corno, Dare ordine al male (Inferno XI) | Er-minia Ardissino, “Ciascuna cosa qual ell’è di-venta” (Paradiso XX, 78). Metamofosi e vitabeata | Jean-Pierre Ferrini, Becket lecteur deDante | Note e rassegne: Luca Lombardo, Inmargine all’edizione Carrai della Vita Nova |Francesco De Nicola, Su Dante in Saba | Gre-ta Cristofaro, “Avenues of feeling”. Il Dante uma-nista di Irma Brandeis | Giacomo Jori, “Franci-scus vir catholicus”. Un inedito francescano diNatalino Sapegno | Recensioni | I libri.

a. LXIII, n. 3, luglio-settembre 2011 Daniela Delcorno Branca, Sulla tradizione del-la Spagna in rima. Una recente edizione e al-cune note sul combattimento di Orlando e Fer-raù | Armando Balduino, Cultura, lingua eidentità nazionale | Carlo Ossola, Pulsations dela voix. À Fernando Bandini genevois | Note erassegne: Sara Natale, L’indovinello bolognese.Il “sonetto della Garisenda” visto da Strada Mag-giore | Alberto Castaldini, Giovanni Battista Fo-lengo: un esegeta biblico nel dibattito teologico delCinquecento | Amedeo Benedetti, SalomoneMorpurgo nelle lettere agli amici letterati | Re-censioni | I libri.

a. LXIII, n. 4, ottobre-dicembre 2011Simona Morando, Petrarca al vaglio degli af-fetti. Su alcuni commenti primo-secenteschi |Giacomo Jori, Le avventure di Telemaco. Tas-so, Mozart, Leopardi | Carlo Ossola, AndreaZanzotto. Commiato | Ilenia Pautasso, Peruna riconsiderazione dei Versi giovanili di An-drea Zanzotto | Note e rassegne: Stefano Giaz-zon, La Hecuba di Lodovico Dolce: appunti peruna analisi stilistica | Jacob Blakesly, Giovan-ni Giudici: “una lingua strana” | Recensioni |I libri.

a. LXIV, n. 1, gennaio-marzo 2012Laura Sanguineti White, Le tentazioni di reCarlo: Decameron X, 6 | Uberto Motta, Spazi(e luoghi) nelle scritture letterarie del primo Ri-nascimento | Ivo Iori, Per Renato Serra | EzioRaimondi, Il carteggio Serra-Ambrosini | Mari-no Biondi, Serra e Ambrosini. Dall’Epistolarioal Carteggio | Note e rassegne: Johnny L. Ber-tolio, Leonardo Aretino e Berto Senese: un’ami-cizia nel segno dell’Umanesimo | Daniela Gol-din Folena, Esiste un primo Metastasio? | Gior-gia Casara, “L’anima delle cose”. Leopardi nellapoetica di Fernando Pessoa | Roberto Norbedo,A proposito di una recente edizione di lettere epoesie giovanili di Biagio Marin | Recensioni.

a. LXIV, n. 2, aprile-giugno 2012Attilio Bettinzoli, Boccaccio, Claudiano e l’eter-nità | Luciano Canfora, Il Fozio di Compagno-ni | Giorgio Forni, Rousseau, Leopardi e il sog-

getto moderno | Paola Cattani, Maurice Barrès ele riviste fiorentine di inizio secolo: gli articoli ri-trovati di Charles Du Bos | Note e rassegne. No-tizie di manoscritti: Fabiana Di Brazzà, Venti-quattro lettere all’abate Antonio Conti (1714-1743) nel Fondo Bartolini di Udine | AntonioFranceschetti, A proposito del titolo di un’operadi Francesco Algarotti | Sabine Verhulst, La noiadi Adamo. Immagini postume del libro in Vita-liano Brancati | Recensioni | I libri.

a. LXIV, n. 3, luglio-settembre 2012Giovanna Cordibella - Stefano Prandi, Preli-minari per l’edizione critica del Pasquino inestasi di Celio Secondo Curione | Cristiana Gre-span, Tracce umanistiche per una rilettura delConte di Carmagnola | Francesca Battera,“Dalla rea progenie degli oppressor discesa”.Considerazioni sull’Ermengarda manzoniana| Note e rassegne: Ida Campeggiani, SulleStanze per il carnevale: Bembo, Castiglione el’utopia | Giovanni Catalani, Verità e dubbi suun incontro con Voltaire: Bettinelli scrive a Van-netti | Carla Lunardi, Il buon fanciullo di Ce-sare Cantù. Lettura di un antecedente del Cuo-re | Recensioni | I libri.

Medioevorivista di storia della filosofia medievale

direttore resp.: Riccardo Quintodirezione: Francesco Bottin, Ilario Tolomiocomitato scientifico: Stefano Caroti, Marta Cristiani, Pieter de Leemans, Alain de Libera, Gerhard Endress, Gian franco Fioravanti, Mariateresa Fumagalli,Alessandro Ghi salberti, Tullio Gregory, Henri Hugonnard-Roche, Gregorio Piaia,Pasquale Porro, Cesare Vasoli, Gerd Van Riel, Graziella Federici Vescoviniredazione: Giovanni Catapano, Cecilia Martini, Roberto Plevano, Riccardo Quinto, Caterina Tarlazziperiodicità: annualeeditore: Il Poligrafo, Padovasede della redazione: Centro interdipartimentaleper ricerche di filosofia medievale - Università degli Studi di Padova - piazza Capitaniato, 3 - 35139 Padova -tel. 049/8274718 - 8274716 - fax 049/8274701 e-mail: [email protected]

XXXV, 2010Riccardo Quinto, Presentazione | FrancescoBottin, Unibilitas. Back to the Source of theSoul’s Unibility to the Body | Marco Rainini,“Claruit sub Conrado imperatore tertio”. Corra-do di Hirsau e le testimonianze di Johannes Tri-themius: una riconsiderazione | Constant J.Mews-Clare Monagle, Peter Lombard, Joachim

rivisteria veneta

in questa pagina

Jean-Auguste-Dominique Ingres, Ruggiero libera Angelica, 1839 ca Londra, National Gallery

Arnold Böcklin, Ruggiero e Angelica, 1871-1874 Berlino, Germäldegalerie

nella pagina di destra

Dante Gabriel Rossetti, La Pia de’ Tolomei, 1868-1880 Lawrence (Kans.), University of Kansas, Museum of Art

Edward Burne-Jones, Il sonno eterno di Artù ad Avalon, 1881-1898 Porto Arico, Museo de Arte de Ponce

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of Fiore and the Fourth Lateran Council | MarkClark, Peter Comestor and Stephen Langton:Master and Student, and Co-Makers of the Hi-storia scholastica | Magdalena Bieniak - Gio-vanni Paolo Maggioni - Riccardo Quinto, Lequaestiones di Stefano Langton sui doni delloSpirito Santo e sul sacrificio di Abramo | Mas-similiano d’Alessandro, La quaestio di Stefa-no Langton su uita contemplatiua et actiua |Irene Zavattero, La definizione di philosophiamoralis dell’anonimo Commento di Parigi(1235-1240) | Note e documenti: Caterina Tar-lazzi, Il manoscritto 469 della Biblioteca Tere-siana di Mantova e Alchero “di Clairvaux” |Riccardo Quinto, Ricordo di Louis-Jacques Ba-taillon OP.

XXXVI, 2011Ilaria Tolomio, Presentazione | Miguel ÁngelGonzález Manjarrés, Tamquam fores ani-mae: los ojos en la fisiognomía medieval | Bea-trice Parolin, Il trattato De separatione primiprincipii attribuito ad Averroè | Joke Spruyt,The “Realism” of Peter of Spain | Laura Ca-puzzo, Il verbum mentis nella polemica trafrancescani e domenicani: Ruggero Marston cri-tica Tommaso d’Aquino | Frédéric Goubier,Wyclif and the Logica Augustini | Note e do-cumenti: Caterina Tarlazzi, L’Epistola de ani-ma di Isacco di Stella: studio della tradizione ededizione del testo | Magdalena Bieniak, WhoCreated the Light? A Critical Edition of StephenLangton’s Question on “Fiat Lux” (Gen. 1, 3) |Marta Vittorini, Il commento di Walter Burleyal De substantia orbis: un’edizione | Luisa Va-lente, In ricordo di Alfonso Maierù.

XXXVII, 2012Giovanni Catapano - Beatrice Cillerai, Pre-sentazione | Luigi Gioia, Una deviazione onto-logica e teista nella dottrina trinitaria di Agosti-no? | Enrico Moro, Miracolo, natura e rationescausales. Il libro III del De trinitate e i libri VI

e IX del De Genesi ad litteram | Nathaniel Bul-thuis, A Puzzle about Divine Personhood in Detrinitate, VII and VIII | Peter King, Augustine’sTrinitarian Examples | Charles Brittain, Self-knowledge in Cicero and Augustine (De trinita-te, X, 5, 7-10, 16) | Scott MacDonald, Revisi-ting the Intelligibles: The Theory of Illuminationin De trinitate, XII | Christian Tornau, Mens,notitia, amor. Eine Kontroverse über AugustinusDe trinitate im Sentenzenwerk des Robert vonMelun (1100-1167) | Lydia Schumacher, Bo-naventure’s Journey of the Mind into God: ATraditional Augustinian Ascent? | Andrea Col-li, Ab utroque notitia paritur. Il De trinitate eil processo astrattivo aristotelico tra XIII e XIV se-colo | Gustavo Barreto Vilhena De Paiva, OneSingle Yet Manifold Soul. Augustine’s De trini-tate and Aristotle’s De anima in John Duns Sco-tus’ Doctrine of Intellection.

Paradossorivista di filosofia

direttore resp.: Margherita Petranzancomitato direttivo: Massimo Cacciari, Um ber to Curi, Sergio Givone, Giacomo Mar ra mao, Carlo Sini, Vincenzo Vitielloperiodicità: semestraleeditore: Il Poligrafo, Padova (dal 1997)sede della redazione: c/o Il Poligrafo - piazza Eremitani - via Cassan, 34 - 35121 Padova -tel. 049/8360887 - fax 049/8360864e-mail: [email protected]

2010Per una concettualità del presente, a cura diBruna GiacominiBruna Giacomini, Introduzione | ChristophWulf, La performatività di immagine e immagi-nazione | Jean-Michel Rey, L’età dei concetti |Francesca Rigotti, La decodificazione del mon-do | Laura Anna Macor - Marco Sgarbi, Linea-menti per una concettualità del presente | FabioGrigenti, Carenza, intermedietà e vergogna. Laposizione dell’uomo | Maria Teresa Costa, Il di-battito sull’immagine a partire dall’Iconic Turn |Barbara Scapolo, Nella direzione di ciò che sisottrae. “Fiducia” e “credito” come problema |Silvia Capodivacca, I due labirinti: immensopresente, eterno ritorno in Nietzsche e Borges |Erika Mancuso, Il ruolo della téchne: la chairmerleaupontyana.

2012/IL’affettività del pensiero, a cura di Umberto Cu-ri e Bruna GiacominiEditoriale | Umberto Curi, Introduzione | Sag-gi: Bruna Giacomini, “Che cosa ci fa pensare?”.Pathos e filosofia in Hannah Arendt | ChiaraPasqualin, All’origine del concetto di situazioneemotiva: la lettura heideggeriana della Retoricadi Aristotele nel semestre estivo 1924 | AlfonsoCariolato, Risplendere dell’immagine. Über dieSixtina di Martin Heidegger | Laura Sanò, Ilcanto e le grida. Sul rapporto intelligenza-sensi-bilità in Essere e tempo | Mariannina Failla,Sul coraggio della ragione pura | Alberto Gia-comelli, “Spirito è la vita che taglia nella pro-pria carne”. Zarathustra e il pathos del lin-guaggio | Silvia Capodivacca, Psychopatologi-ca del pensiero astratto | Alessandra Vigolo,Sentire il reale. L’affettività del gesto ne Les 400coups di Truffaut | Testi inediti: Chiara Pas-qualin, “Piacere” e “dolore”: le situazioni emo-tive fondamentali dell’essere-nel-mondo. Un te-sto di Martin Heidegger | Martin Heidegger,Dal corso del 1924 sui concetti fondamentali del-la filosofia aristotelica | In discussione: CarloSini, In vino veritas | A piè di pagina: Percorsibibliografici sull’affettività del pensiero, a curadi Barbara Scapolo.

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2012/IIForme della vita e statuti del vivente. Filosofiae biologia, a cura di Florinda CambriaFlorinda Cambria, Introduzione | Saggi: Ma-nuela Monti - Carlo Alberto Redi, Dalla de-scrizione alla sintesi del vivente (clonazione, em-brioni, cellule staminali, biologia sintetica: bio-politica e cittadinanza scientifica) | Carlo Sini,Darwin e la psicozoologia | Rossella Fabbri-chesi, Considerazioni in ordine sparso su evo-luzionismo e genealogia | Franco Rebuffo, Ilprogramma disconosciuto di Darwin: compren-dere lo sviluppo co-costruttivo dell’intera biosfe-ra | Andrea Parravicini, Un oceano di conse-guenze imprevedibili. Teleologia, evoluzione econtigenza secondo una prospettiva darwinistae pragmatica | Barbara Stiegler, Nietzsche, labiologia e la politica. Prolegomeni a ogni criticafutura del neoliberismo? | Federico Leoni, Il ra-gno e la mosca. Note intorno ad Ambiente ecomportamento di Jakob von Uexküll | Testiinediti: Stephen Jay Gould, L’eccellenza exat-tativa dei pennacchi come termine e prototipo |A piè di pagina: Manuela Monti - Carlo Al-berto Redi, Rassegna bibliografica ragionatasullo stato della ricerca intorno a genoma e sta-minali | Andrea Parravicini, Rassegna bibliogra-fica ragionata su darwinismo e pragmatismo |Carlo Sini, Rassegna bibliografica ragionata sultema del corpo nella Scuola di Milano.

Quaderni di lingue e letterature

rivista della Facoltà di Lingue e Letteraturestraniere dell’Università degli Studi di Ve ronacomitato di redazione: Raffaella Bertazzoli,Anna Bognolo, Daniela Carpi, Gian Paolo Marchi, Isolde Schiffermüller,Alessandra Tomasellisegreteria di redazione: Anna Maria Babbiperiodicità: annualeeditore: Università degli Studi di Veronasede della redazione: Università degli Studi di Verona - Istituto di Lingue straniere - vicolo dietro San Francesco - 37129 Verona -tel. e fax 045/8028461

n. 35, 2010M. Alberta Belloni, Alcuni documenti inediti diGabriele D’Annunzio e Luisa Baccara | ElisaBordin, Dalla lussuria alla genealogia: rappre-sentazioni di paternità nera in Boyz N the Hoode La ricerca della felicità | Elena Dal Maso, Laira y el miedo. Análisis conceptual de la metáfo-ra lexicalizata en español e italiano | Mariagiu-lia Garufi, De/Re-constructing female identity in(auto)biography: Clara. A Novel by Janice Gal-loway | Lídia Carol Geronès, Nuova origine:Manuel de Pedrolo e il romanzo post-apocalitti-co | Miriam Zanelli, Florence de Rome e il mi-to delle origini troiane | Andrea Zinato, Dal ghet-

to di Venezia all’isola di Zante: la vicenda di Ja-cob Uziel, autore del poema biblico-eroico David(Venezia, 1624) | Recensioni.Quaderni Veneti

editi sotto gli auspici del Centro Interuni versitario di Studi Venetidirettore: Francesco Brunicomitato di redazione: Tiziana Agostini, Michele Bordin, Eugenio Burgio (segretario),Emilio Lippi, Ricciarda Ricorda, Silvana Tamiozzo Goldmann, Piermario Vescovoperiodicità: semestraleeditore: Longo, Ravennasede della redazione: c/o Longo - via Paolo Costa, 33 - 48100 Ravenna -tel. 0544/217026 - fax 0544/217554e-mail: [email protected]

n. 49-50, gennaio-dicembre 2011A. Andreose, Censimento dei testimoni della “La-mentatio Beate Virginis” di Enselmino da Mon-tebelluna. III | P. Gennari, Sui rapporti tra i co-dici della redazione VB del Milione | V. Gobbato,La Historia della Armenia di Marco Polo. Il ms.Palatino 318 della Biblioteca Palatina di Parma ela tradizione di un rimaneggiamento veneto delMilione | M.T. Laneri, Lorenzo Zane. Allievo,amico e protettore di Lorenzo Valla | M. Nardo,Il viaggio di Bianchetti a Corfù. Fra antichi e mo-derni, la via veneta al Romanticismo | J. Gutiér-rez Carou, Ancora su Carlo Gozzi e la VenetaLetteraria Accademia: gli apporti del Fondo Goz-zi | G. Nicoletti, Dal testo al contesto: città e cam-pagna nel romanzo Fine d’anno di Paola Drigo| A. Verri, Appunti su Domani improvvisa-mente di Pier Maria Pasinetti | L. Nascimben,Tra la fedeltà “a quel mondo arcaico” e la ricercadel “dire primitivo”. Note sul lessico nella narrati-va di Mauro Corona | G. Iacoli, Notizie da un co-mune paesaggio. Riflessioni a partire da due volu-mi recenti su Zanzotto e Piovene | D. Benvegnù,Intervista con Gian Mario Villalta | L. Renzi, Au-lo Donadello (1936-2009) | Recensioni.

Con questo numero la rivista cessa la pubbli-cazione. Dal 2012 inizia la pubblicazione di“Quaderni Veneti Nuova Serie Digitale”.

Quaderni Venetinuova serie digitale

editor: Eugenio Burgiocomitato scientifico: Rossend Arqués Corominas,Ginetta Auzzas, Cristina Benussi, Francesco Bruni, Eugenio Burgio, Patrizia Cordin, Andrea Fabiano, Ronnie Ferguson, Franco Fido, John H. Hajek, Giulio C. Lepschy, Carla Marcato, Ivano Paccagnella, Manlio Pastore Stocchi, Brian Richardson,Ricciarda Ricorda, Gianpaolo Romanato, Guido Santato, Silvana Tamiozzo Goldmann,

Lorenzo Tomasin, Edward F. Tuttle, Pier Mario Vescovo, Alfredo Viggianosede della redazione: Dipartimento di StudiUmanistici - palazzo Malcanton Marconà, III piano, Dorsoduro 3484/d - 30123 Veneziaeditore: Edizioni Ca’ Foscarie-mail: [email protected]: edizionicf.unive.it/index.php/QuaVen

I, 1, 2012Eugenio Burgio, Quaderni Veneti. Nuova seriedigitale | Giovanni Puglisi, Il veneto: tradizione,tutela, continuità | Christopher Moseley, Lan-guage and dialect in Italy and the wider Europein the context of the UNESCO Atlas | Flavia Ursi-ni, Sono vitali le varietà venete? Parametri dia-gnostici a confronto | Gianna Marcato, Valore esignificato dei dialetti nella storia linguistica delVeneto | Arturo Tosi, Chi parla in veneto pensain veneto? | Ronnie Ferguson, Primi influssi cul-turali italo-veneti sull’inglese: la testimonianzadei venezianismi in Florio, Coryate e Jonson | Lu-ca D’Onghia, Quattrocento sperimentale veneto:un diagramma e qualche auspicio | Giulio C.Lepschy, Il veneto dall’estero.

Studi Buzzatianirivista del Centro Studi Buzzati

direttore: Bianca Maria Da Rifdirettore resp.: Eldo Candeagocomitato direttivo: Marie-Hélène Caspar, Paolo Conte, Ilaria Crotti, Gilberto Pizzamiglioredazione: Patrizia Dalla Rosa, Maudi De March, Manuela Gallina, Cinzia Mares, Isabella Pilo, Eleonora Rossiperiodicità: annualeeditore: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Romasede della redazione: Centro studi Buzzati - via Luzzo, 1 - 32032 Feltre (BL) -tel. 0439/888202 - fax 0439/840194 e-mail: [email protected]

a. XV, 2010Saggi e note: Leda Cavalmoretti, Le edizioniscolastiche dei titoli buzzatiani: primi studi | Sil-via De Min, Quando è di scena un narratore: mo-dalità informative del teatro buzzatiano | Da-niele Zangirolami, Macchia nera e parola d’or-dine nel tempo del Deserto | Daniele Combe-riati, Altro da sé/Altro sé: il racconto Uomo inAfrica di Dino Buzzati | Marialuigia Sipione,La “leggerezza nella pensosità”: per un’interpre-tazione “calviniana” dei Sessanta racconti di Di-no Buzzati | Alessio Paini, Poema a fumetti:da libro d’artista a libro per tutti | Testimonian-ze e interviste: Francesco Schiavon et alii, Daun’intervista di Francesco Schiavon a VivianoDomenici | Serena Mazzone, In teatro “è più sa-

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piente chi si fa ingannare”. Intervista a Lamber-to Puggelli | Esperienze didattiche: Patrizia Dal-la Rosa et alii, Magari avessimo il lupo! Orsi,aquile, corvi… Animali del Parco Nazionale Do-lomiti Bellunesi nella pagina di Dino Buzzati |Bibliografie: Manuela Gallina, Bibliografia del-la critica buzzatiana 2008 e integrazioni per glianni 2003-2008 | Eleonora Rossi, Sitografiadella critica buzzatiana 2009 | Recensioni.

a. XVI, 2011Saggi e note: Meris Nicoletto, Il narratore Buz-zati e il regista Zurlini nel Deserto dei Tartari |Elisa Martínez Garrido, Variaciones sobre unmismo tema. El caso de Inviti superflui | Gian-luca Merler, Dino Buzzati “cronista d’arte”: lin-gua e stile | Testimonianze e interviste: SilviaZangrandi, Le camicie di Buzzati: conversazio-ne con Giorgio Lucini | Esperienze didattiche:Fabio Atzori - Stefano Lazzarin, Come spiegareun Buzzati “inesplicabile”. Lettura di Inesplica-bile contegno di tre penne a sfera… (di PaoloVita-Finzi) | Bibliografie: Manuela Gallina, Bi-bliografia della critica buzzatiana 2009 | Eleo-nora Rossi, Sitografia della critica buzzatiana2010 | Recensioni.

a. XVII, 2012In ricordo di Maudi De March | Saggi e note:Oreste Palmiero, “Fuga dall’uomo”: Buzzati ela musica contemporanea | Barbara Babic , Mu-siche per Buzzati: le esperienze radiotelevisive edil caso di Battono alla porta di Riccardo Mali-piero | Fabio Atzori, Racconti in scena: sulla lin-gua teatrale di Buzzati | Inediti e rari: BiancaMaria Da Rif, Buzzati agli antipodi. Uno scam-bio di lettere con un lettore australiano | Dal ma-gnetofono: Bianca Maria Da Rif, Lunga ricer-ca nella notte di Natale | Recensioni.

Studi novecenteschirivista di storia della letteraturaitaliana contemporanea

direttore: Cesare De Micheliscondirettori: Armando Balduino, Saveria Che motti, Silvio Lanaro, Anco Marzio Mutterle, Gior gio Tinazziredazione: Beatrice Bartolomeoperiodicità: semestraleeditore: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Romasede della redazione: c/o Dipartimento di Ita lianistica - Università di Padova - via Beato Pel legrino, 1 - 35137 Padova -tel. 049/8274841 - fax 049/8274840

a. XXXVII, n. 80, 2010, 2Saggi vari: Ida Campeggiani, Montale e la let-teratura tedesca di Leone Traverso con un’Ap-pendice di lettere di Montale a Traverso | Carlo

Tenuta, Valeri uno e trino: sulla prosa di DiegoValeri | Enrico Bernard, Il “giallo fulminante”nella narrativa di Carlo Bernari | MariassuntaBorio, Gli strumenti umani di Vittorio Sereni.Genesi, struttura e “silenzio creativo” | Paola Cu-licelli, Eresia e tradimento ne La Gloria di Giu-seppe Berto | Stefano D’Ambrosio, Un taccui-no inedito di Giovanni Raboni | Recensioni.

a. XXXVIII, n. 81, 2011, 1Saggi: Maiko Favaro, “Sintomatiche tangen-ze”: Umberto Saba fra prosa e poesia | Arman-do Balduino, Sull’“Isola” di Ungaretti e suqualche altra isola | Beatrice Laghezza, Meta-fisica e allegoria nei doppi di Alberto Savinio |Johnny Felice, Quel peccato sublime. Tracced’un amore antinomico nelle opere di GiuseppeBerto | Francesca Favaro, “Chi piange in sé”: leforme del dolore per Anna Maria Ortese | Al-berto Godioli, La figura dell’esule in Bassani: ilparadigma della novella moderna | MaddalenaSarti, Un poeta dialettale veneto del Novecento:Nani del Borgo | Giulia Brian, Nel “brolo” diLuigi Meneghello, là dove fioriscono le parole |Simona Abis, Cristina Campo e l’etica dellasprezzatura | Epifanio Ajello, Elogio del perso-naggio strambo. Per Gianni Celati ed ErmannoCavazzoni | Recensioni

a. XXXVIII, n. 82, 2011, 2Saggi: Alessandro Zattarin, Storia di una pa-rentesi. Pascoli poeta per musica | Alberto Lu-ciano, Ungaretti e la morte di Dio. Una letturadi Solitudine | Francesco Laurenti, “Avere unatradizione è meno che nulla, è solo cercandolache si può viverla”: Pavese e la scoperta dei dia-letti italiani attraverso la traduzione degli ame-ricani | Giuseppe Sandrini, Preghiera allapoesia. Vittorio Sereni lettore di Antonia Pozzi |Veronica Pesce, Appunti partigiani: origini emetamorfosi del paesaggio fenogliano | LorenzoCarpané, Capre, anatre, ragni: come ti disturboil lettore. Calvino e l’umorismo “librario” nel Vi-sconte dimezzato e nel Barone rampante |Bruno Mellarini, La geometria delle passioni.Rappresentazione e racconto nel “Cuore borghe-se” di Francesca Sanvitale | Andrea Gialloreto,Il narratore inattendibile. I romanzi “disastra-ti” di J.R. Wilcock | Silvia Zangrandi, La gio-stra senza ordine del tempo. Memoria, struttu-ra e tematiche in Piccoli equivoci senza im-portanza di Antonio Tabucchi | Elisabetta Gra-ziosi, Se il tempo è matto di Luigi Ballerini |Stefano Colangelo, Una pioggia di primi versi.Su alcune morfologie balleriniane | Raffello Pa-lumbo Mosca, Al di là del romanzo/dentro ilromanzo. Signore delle lacrime di AntonioFranchini | Recensioni.

a. XXXIX n. 83, 2012, 1Scrittori del Novecento: Bruno Mellarini,Giorgio Voghera “archivista della fine”. Per unritratto dello scrittore triestino | Saggi: FilippoCaburlotto, La donna del lago: fra sogno, real-tà e D’Annunzio | Manuele Marinoni, Mito

Gustave Moreau, Desdemona, 1875-1878Giappone, Collezione Hiroshi Matsuo

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classico e follia moderna: un incontro teatralepresso un sito archeologico | Agata Irene De Vil-li, Mimesis del possibile. Bontempelli e il gioconello specchio | Andrea Raimondi, Le cime tem-pestose del giovane Fenoglio | Andrea Penso, SuLa tregua di Primo Levi. Spunti per un’analisitestuale | Gianni Cimador, Ariosto rivisitato daCalvino ai tempi del Web | Raffaele Guadagnin,Ellie o dell’istanza generatrice in Laborintus diEdoardo Sanguineti | Giuseppe De Marco, Una“impensata germinazione di realtà attonite”: Ve-nezia tra incessanti “forse” di Andrea Zanzotto |Recensioni.

Studi Petrarcheschi

rivista promossa dall’Accademia Petrarca di Lettere Arti e Scienze di Arezzodirettore resp.: Giovanni Bertia cura di: Gino Belloni, † Giuseppe Billanovich,Giuseppe Frasso, Giuseppe Vellisegreteria di redazione: Claudio Griggio, Carla Maria Montiperiodicità: annualeeditore: Antenore, Roma-Padovasede della redazione: c/o Antenore - via Vala dier, 52 - 00193 Roma -tel. 06/32600370 - fax 06/3223132e-mail: [email protected]

n.s., XXII, 2009Í. Ruiz Arzálluz, Terencio, Landolfo Colonna,Petrarca | A. Zago, Un carme religioso attri-buito a Petrarca | A. Malanca, La Vita del Pe-trarca di Pietro da Castelletto | F. Forner, Ladiffusione manoscritta delle opere petrarchescheoltre le Alpi: Dresda | A. Torre, Fragmenta em-blematici: un percorso di ricerca | Micellanea:A. Balduino, Petrarca e le “contraddizioni” delCanzoniere | A. Pancheri, Una prima testi-monianza della fortuna del codice degli abboz-zi | Recensioni.

n.s., XXIII, 2010A. Bellieni, Le postille del Petrarca a Cassiodo-ro, De anima | A. Piacentini, Petrarca e il “dol-ce concento” delle sfere celesti | S. Stroppa, Quelche Dio non può fare. La consolatoria e il pen-siero della morte (Rvf, 270) | M. Rossi, Il ms. 4della Biblioteca del Seminario vescovile di Pa-dova | A. Petrina, “With his penne and langa-ge laureate”: the symbolic significance of the Lau-rel Crown | Miscellanea: A. Piacentini, L’epi-taffio per il cane Zabot attribuito a Petrarca.

Testo a fronterivista semestrale di teoria e pratica della traduzione letteraria

comitato direttivo: Franco Buffoni, Paolo Proietti, Gianni Puglisicomitato scientifico: Friedmar Apel, Luca Canali, Carlo Carena, Gianni D’Elia,Tullio De Mauro, Giovanni Giudici, Valerio Magrelli, Pietro Marchesani, Henri Meschonnic, Jacqueline Risset, Luigi Russo, Cesare Segre, Giuliano Soria,Maria Luisa Spaziani, George Steiner, Lawrence Venuti direttore resp.: Franco Buffoniperiodicità: semestraleeditore: Marcos y Marcos, Milanosede della redazione: c/o Marcos y Marcos - via Padova, 221 - 20127 Milano - tel. 02/26305145 - fax 02/25902455 e-mail: [email protected]

a. XXII, n. 43, II semestre 2010Michael Wachtel, Il metro e i suoi significati(a cura di Eleonora Gallitelli e GabriellaSchiaffino) | Paolo Giovannetti, Traduzionimetriche e teoria del verso. Idee per ricomincia-re | Stefano U. Baldassarri, Capolavoro o“spamming” cinquecentesco? Il Discorso intor-no alla nostra lingua attribuito a Machiavelli |Vincenzo Pepe, L’Orazio “napoletano” di Ga-briele Quattromani | Gherasmin Luca, L’ecodel corpo (a cura di Sonia Gentili) | NachoemWijnberg, Poesie (a cura di Pierluigi Lanfran-chi) | Lauernt Grisel, PP (a cura di Andrea In-glese) | Franco Buffoni, Ricordo di Luciano Er-ba | Quaderno di traduzioni. Poesia | Qua-derno di traduzioni. Prosa | Recensioni | Se-gnalazioni, a cura di Edoardo Zuccato.

a. XXIII, n. 44, I semestre 2011Vincenzo Salerno (a cura di), “In form, then,as a rose, pure, brilliant, white”: le traduzionidella Commedia in Inghilterra. Paradiso,XXXI: traduzione di Robin Kirkpatrick | Do-menico Ingenito (a cura di) “Questi versi unafica li ha cantati”. La Dama del Mondo (JahanMalek Khatun): tradurre la maggiore poetessadell’islam medievale | Matteo Brera, Sir PhilipSidney’s Astrophil and Stella. A TranslationProject | Maria Pia Pagani, Il teatro italiano nel-le traduzioni di Aleksej Karpovič Dživelegov(1875-1952) | Stefano Boselli, Le didascalie tra-dotte alla prova: George Bernard Shaw e le ver-sioni dei Plays Pleasant e Unpleasant | SibillaDestefani, L’ultimo poeta maledetto | ChristosBintoudis, La morte nell’opera di Kavafis. Que-stioni di traduzione ne I cavalli di Achille | Car-lo Carena, Alfieri traduttore | Franco Buffoni,Alfieri e l’Inghilterra | Luca Manini, Omaggioa David Gascoyne | Quaderno di traduzioni.Poesia | Quaderno di traduzioni. Teatro |Quaderno di traduzioni. Prosa | Recensioni.

rivisteria veneta

Frederick Sandys, Medea, 1868 Birmingham, Birmingham Museums and Art Gallery

William Holman Hunt, Isabella e il vaso di basilico, 1867Newcastle, Laing Art Gallery

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a. XXIII, n. 45, II semestre 2011Irene Ranzato, Culturespecific Humour,Sounds and Laughter: Strategies in AudiovisualTranslation | Matteo Lefèvre (a cura di),Omaggio alla Catalogna: la “Scuola di Barcel-lona” e la poesia civile nella Spagna di Franco |Vincenzo Pepe, La Dissertation… del Foscolo,ovvero del riscatto dell’esule | Patrizio AlbertoAndreaux, Montale from Translation to Poetryand Back. The Legacy of an Old Bitch: Trans-lating Pound’s “Hugh Selwyn Mauberley V” in-to Montale’s Italian | Maria Corti, Traduzionee autotraduzione di Beppe Fenoglio | MassimoBacigalupo, Lawrence Ferlinghetti traduttore diPasolini | Franco Nasi (a cura di), L’analepre eil coniglio | Andrea Chiurato, Oltre le frontieredel racconto. Note sulla ricezione e sulla tradu-zione di Michel Butor in Italia | Jean Portante,Il lavorio dell’ombra (a cura di Camilla Diez eFrancesco Fava) | José Emilio Pacheco, Il si-gnor Morón e La Fanciulla d’Argento, o un’im-magine del desiderio (a cura di Stefano Ber-nardinelli) | Sir Gawain and the Green Knight,vv. 343-466. Nella versione di Simon Armitage,trad. it. di Massimo Bocchiola | Franco Buf-foni, Ricordo di Giovanni Giudici | Franco Buf-foni, Scambio epistolare con Andrea Zanzotto |Quaderno di traduzioni. Poesia | Quadernodi traduzioni. Teatro | Quaderno di traduzio-ni. Prosa | Recensioni.

a. XXIV, n. 46, I semestre 2012Paolo Luzi (a cura di), Nicolas Bonnet. Il ca-rattere dialogico della traduzione letteraria, al-cuni aspetti | Eleonora Gallitelli, Le versioni diGatsby. Un’analisi comparativa delle nuove tra-duzioni del romanzo di F.S. Fitzgerald | SimonWest, Alla ricerca di un vernacolo eloquente.Appunti sulla poesia australiana contempora-nea | Christian Orsini (a cura di), John Clare,Poesie | Luca Manini (a cura di), La morte diDio nella letteratura vittoriana | RaymondRoussel, Nouvelles impressions d’Afrique /Nuove impressioni d’Africa, trad. di TommasoSabbatini | Andrea Breda Minello (a cura di),Omaggio a Catherine Pozzi (1882-1934) | GianMario Villalta, Michel Valensi. Tradurre infrancese le voci di Biagio Marin e Pier Paolo Pa-solini. Un esperimento suggestivo | Franco Buf-foni, Allen Mandelbaum 1926-2011 | Quader-no di traduzioni. Poesia | Recensioni | Se-gnalazioni, a cura di Edoardo Zuccato.

a. XXIV, n. 47, II semestre 2012Danielle Ristérucci-Roudniky, La “funzionepalinsesto” del testo tradotto (a cura di AndreaChiurato) | Bernard Banoun, A monte e a val-le: le ragioni del ritradurre (a cura di AndreaChiurato) | Federica Bartesaghi - Bruno Osi-mo - Silvia Zecca, La nota del traduttore. Unsondaggio | Jacob Blakesley, Poet-translators inModern Italy: a Statistical Survey | Andrea Cor-tellessa, Dinamiche dell’intruso. Il cuore rivela-tore del tradurre, con Jean-Luc Nancy | Gio-vanni Nadiani, Dalla dolce vita alla vita agra.

La figura del traduttore in Italia tra cinema, let-teratura e rete come paradigma dell’intellettua-le precario ed emarginato: dall’anonimo perso-naggio di Luciano Bianciardi a Fulvio Sant |Apollonio Rodio, Argonautiche, Libro III, tra-duzione di Stella Sacchini | Publio VirgilioMarone, Georgicon Liber Quartus (a cura diMarco Munaro e Gianfranco Maretti Tre-giardini) | Francesco Giusti (a cura di), TheWife’s Lament / Il lamento della sposa | AlasdairGray, Poesie (a cura di Daniela Salusso) | MaryOliver, Poesie, traduzione di Elena Buia |Claudia Scandura (a cura di), Poeti russi aMantova | Franco Buffoni, Ricordo di PietroMarchesani | Quaderno di traduzioni. Poesia |Recensioni | Segnalazioni, a cura di EdoardoZuccato.

ALTRE RIVISTE SEGNALATE

Gruppo letterario Formica NeraQuaderni padovani di poesia e tecnica

direttore: Lidia Maggioloredazione: Luciano Nanniperiodicità: trimestraleeditore: Cleup, Padovasede della redazione: via Dignano 2A -35135 Padovae-mail: [email protected]: www.cleup.it

Inversorivista di Poesia. Nuova serie

redazione: Francesco Manna, Beppe Mosconi,Roberto Segala Negriniperiodicità: quadrimestraleeditore: Imprimitur, Padovasede della redazione: c/o Francesco Manna, via Eulero, 11 - 35143 Padova - tel. 049/8686795e-mail: [email protected]: manna-inverso.com

La nuova Tribuna Letterariaperiodico di lettere ed arte

fondatore: Giacomo Luzzagnidirettore resp.: Stefano Valentini direttore: Natale Luzzagni

vicedirettore: Pasquale Matroneperiodicità: trimestraleeditore: Venilia Editrice, Montemerlo (PD)sede della redazione: via Chiesa, 27 - 35034 Lozzo Atestino (PD) tel. 0429-644414 - 338-5865311e-mail: [email protected]

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periodico della Giunta regionale del Veneto

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Giunta regionale del VenetoDirezione Attività Culturali e Spettacolo 30121 Venezia - Palazzo Sceriman - Cannaregio Lista di Spagna 168

periodicità quadrimestralePoste Italiane SpA Spedizione in abbonamento postale - 70% NE/PDtaxe perçue - tassa riscossain caso di mancato recapito restituire al mittenteif undeliverable return to Padova CMP - Italy

ISSN 1593-2869

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La Regione Veneto per i beni culturali.Valorizzare la cultura, valorizzare il territorioMarino Zorzato

Il Veneto e la Grande Guerra.Il dovere della memoria: verso il centenario della Prima Guerra mondiale (1915-1918)Fausta Bressani

recensioni e segnalazioni

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l’editoria nel veneto

Cultura popolare veneta.Collana di studi e ricerche sulle culture popolari venete

Per una storia dell’architettura nel Veneto.Opere, protagonisti, modelli dall’antichità ad oggi

istituzioni e cultura

L’Accademia di Belle Arti di Venezia.Dalla nascita ai nostri giorni: cenni storici e attività odiernaSileno Salvagnini

Il Circolo Filologico Linguistico Padovano.Dal 1963 ad oggi: cinquant’anni di scambi, incontri e culturaGianfelice Peron

protagonisti veneti del novecentoRicordo di Neri Pozza.Letterato, editore, intellettuale venetoAngelo Colla

rivisteria venetaLettere e Filosofia

in copertinaAnselm Feuerbach

(Spira 1829 - Venezia 1880), Paolo e Francesca, part., 1864

Monaco, Schack-Galerie

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