icsart n.07 2016 rolando tessadri

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PERIODICO della icsART N.7 - Luglio ANNO 2016 icsART

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Rivista di arte e cultura

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Page 1: IcsART N.07 2016 Rolando Tessadri

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Page 2: IcsART N.07 2016 Rolando Tessadri

In copertina: ROLANDO TESSADRI, TESSITURA, 2011, tecnica mista su tela, 50x50 cm

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Copyright icsART Tutti i diritti sono riservatiL’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare

Intervista ad un artista Rolando Tessadri

News dal mondo

pag. 4

pag. 5

pag. 6-19

Università di Trento: primaPolitiche culturali

Editoriale Il Re è nudo

pag. 22-23

pag. 20-21

Arte & robot

Mercato dell’arte? Peter Doig

Robby-Robot

icsARTsommario07Luglio 2016, Anno 5 - N.7

Storia dell’arte pag. 24-25Chi Vespa mangia le mele

pag. 29

pag. 28

pag. 32

pag. 30

pag. 31

Cabin essence, 1993-94

Pine House, 1994

Blue Boat on the Golden Beach, 2016

Gasthof, 2002-2004

Swamped, 1990

PETER DOIG

PETER DOIG

PETER DOIG

PETER DOIG

Omaggio a PETER DOIG

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EDITORIALE

IL RE E' NUDO

Parafrasando Forrest Gump, si potrebbe dire che «Artista è, chi l'artista fa». Il mese scorso tutti i mass media hanno dato grande rilievo a un fatto banalissimo accadu-to al MOMA, Museum of Modern Art di San Francisco. Teejay Khayatan, uno studente di 17 anni, mentre nessuno lo notava, ha posto i suoi occhiali da vista sul pavimento dinnanzi a una parete libera del museo; molti visitatori si sono fermati interessati a osservarli, altri, addi-rittura, li hanno fotografati credendoli un'opera d'arte importante (visto che erano esposti in

una istituzione). Il giovane ha caricato le foto dell'esperimento-provocazione sul suo profilo Twitter riscuotendo un notevole successo di pubblico che è poi rimbalzato su centinaia di media internazionali che gli hanno dedicato servizi televisivi e articoli sarcastici. Ma come si spiega tutta questa visibilità a un fatto assolu-tamente minimale, poco più di una goliardata?In buona parte si motiva con il piacere maligno degli opinionisti di aver trovato la (ennesima) conferma a un'opinione piuttosto diffusa mol-to critica nei confronti di certa arte moderna. Chi, infatti, davanti alle infinite provocazioni di opere d'arte inguardabili esposte in luoghi pre-stigiosi, non ha mai pensato fantozzianamente: ma questa roba è una boiata pazzesca? Pochi si arrischiano a esprimere questo concetto ad alta voce, la gente si limita a guardare in un attonito e incredulo silenzio. L'atto estemporaneo del giovane Teejay ha sca-tenato un astio represso contro un certo tipo di arte tutta intellettuale che gode del favore (peloso) degli addetti ai lavori, critici, galleri-sti, curatori, i quali magnificano opere che il pubblico in cuor suo ignora o disprezza. In re-altà, siamo tutti condizionati dal 'packaging', dal contenitore, e ciò che altrove sarebbe una scemenza, si carica di mille contenuti e valori (tranne la bellezza che non interessa a questi artisti) nelle lussuose sale di un museo che ne certifica la qualità. Ecco quindi, che la notizia dello scherzo diventa un momento catartico e liberatorio per giornalisti, lettori e telespettato-ri perché vi trovano la prova provata che l'arte contemporanea, oltre ad essere ovvia, noiosa e incomprensibile, è un bluff che un ragazzotto con i suoi occhiali posati sul pavimento di un grande museo, ha avuto l'impertinenza di sve-lare dimostrando che "il re è nudo".

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POLITICA CULTURALE

UNIVERSITA' DI TRENTO: PRIMA

Ogni tanto, almeno dal Trentino, arrivano delle buone notizie che fanno ben sperare per il fu-turo: come quella che l’Università di Trento an-che quest'anno è di nuovo prima tra gli atenei italiani statali. È quanto emerge dalla classifica del Censis per La Repubblica 2016-2017 appena pubblicata. UniTrento ottiene il voto finale migliore di tutte le università statali, inoltre, risulta la prima an-che tra quelle di medie dimensioni.L’Ateneo trentino, mantenendo il voto finale di 99,8, quest’anno risulta prima nella classifica assoluta e anche capolista tra le università di medie dimensioni comprese tra i diecimila fino ai 20 mila iscritti. Il voto d’ateneo deriva dalla media aritmetica dei punteggi ottenuti su cin-que parametri valutati in una scala compresa tra 66 e 110. L’Università di Trento, nel dettaglio, ha ottenuto i seguenti punteggi: 93 per i servizi rispetto a 96 precedente; 102 per la spesa relativa a borse di studio e altri interventi a favore degli studenti (rispetto a 98); 103 per le strutture (rispetto a 105); per comunicazione e servizi digitali 108 mentre l’anno scorso la voce “web” era a 102 e, infine, 93 per internazionalizzazione rispetto a 98. Si deduce che servizi, strutture e internazio-nalizzazione sono lievemente arretrati, mentre sono migliorati gli interventi a favore degli stu-denti e la comunicazione-servizi digitali.Da sottolineare che l’Università di Trento si di-stingue anche nella classifica assoluta di tutti gli atenei statali italiani seguita dall’Università di Siena (seconda anche nella categoria delle medie). Per quanto riguarda la didattica, ottiene un ot-timo piazzamento il corso di laurea magistrale a

ciclo unico in Giurisprudenza che, dal sesto po-sto del 2014-15 sale al secondo posto. Stabili in quinta posizione i corsi di laurea triennale del gruppo linguistico. Passano dal 15° al 7° posto, a pari merito con quelli dell’Università di Pavia, i corsi di laurea triennali del gruppo ingegneria. Dei leggeri peggioramenti si registrano negli al-tri gruppi: quello socio-politico passa dal quar-to al quinto posto; quelli del gruppo psicologico scendono dal secondo al quarto posto mentre i corsi del gruppo economico-statistico ottengo-no un 6° posto rispetto al 4°. Ottava posizione per le lauree triennali del gruppo scientifico (erano al quarto posto) e pas-saggio dal 21° al 24° posto del corso magistrale a ciclo unico in Ingegneria Edile-Architettura. Si nota, invece, un vistoso crollo nel gruppo letterario-umanistico sceso alla diciasettesima posizione mentre l'anno scorso era alla settima. Per quanto riguarda le università comprese tra i dieci e i ventimila iscritti, troviamo dopo Trento - prima con 99,8 punti - Siena con 99,4, Sassa-ri (95,8), Trieste (93,6), Marche (91,2), Brescia (90,2), Modena e Reggio Emilia (88,8), Udine (88,8), Salento (86,8) l'unica università del Sud, Urbino (84,6), Venezia (84,4), Bergamo (84,0) e Ferrara (82,8).

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Intervista a ROLANDO TESSADRI

In basso: TESSITURA, 2014, tecnica mista su tela 50x100 cm

A sinistra: TESSITURA, 2016, tecnica mista su tela 100x70 cm

L'artista rivoluzionario russo Kazimir Malevitch con i suoi dipinti visionari eseguiti nel 1915 - «espres-sione pura senza rappresentazione» - è il padre riconosciuto di tutti i monocromi che sarebbero se-guiti. Nel corso di un secolo, però, questo "genere pittorico" che ha contato e conta numerosissimi estimatori, è andato perdendo i connotati politici originari per caricarsi dei contenuti più vari. Ro-lando Tessadri è un pittore trentino che da oltre venti anni realizza monocromi caratterizzati da una gamma cromatica molto ampia e da una cifra personale che li rende particolarmente identificabili: una texture definita 'tessitura', cioè una leggera griglia distesa sull'intera superficie della tela. Le sue opere influenzate dal Minimalismo statunitense e dalle teorie della Pittura analitica italiana degli anni '70, sono il risultato di una tecnica raffinata e curatissima che opera all'interno di un ambito ben delimitato da cui sono programmaticamente espulse la figurazione e l'espressione. La struttura razionale che ordina e regola lo spazio indifferenziato e concettualmente illimitato dei suoi mono-cromi, è la griglia geometrica, organizzazione cartesiana fisica ma anche mentale di un'idea costan-temente perseguita. Il processo compositivo di Tessadri si fonda su limitati elementi grammaticali di base: la superficie (forma, dimensione e orientamento), il colore (gamma cromatica ridotta e colori stesi a campiture piatte o sfumate) e la texture (a maglia stretta o larga), declinati secondo una meti-colosa e sistematica progettualità combinatoria. Una pittura, appunto, analitica, in cui l'atto creativo avviene sperimentando sulla pura superficie bidimensionale innumerevoli variazioni cromatiche e tonali (a volte appena percepibili), alla ricerca ininterrotta di una perfezione assoluta.Una risposta di Rolando è illuminante per comprendere la sua concezione di un'arte così radicale: «Non è necessario andare oltre o retrocedere, è sufficiente permanere». Vale a dire che, contraria-mente a quanto si potrebbe ritenere, nel lavoro dell'artista non è tanto importante la ricerca di un tema nuovo, quanto l'impegno nell'approfondire le implicazioni e le potenzialità di quello prescelto.

Paolo Tomio

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Quando e perché hai cominciato ad interessarti all’arte e dedicarti alla pittura?

Il mio interesse per la pittura è maturato nella prima adolescenza. Probabilmente sono stato stimolato dall'ambiente familiare, ma è difficile dire perché sia cresciuta questa passione. Fat-to sta che mi sono iscritto all'Istituto d'Arte di Trento e lì ho avuto la fortuna di avere come insegnanti degli ottimi artisti, come Bruno De-gasperi e Giancarlo Vitturini. Dopo la maturità ho frequentato l'università e mi sono laureato in storia del cinema con una tesi su Argan. È in quegli anni che ho precisato la mia ricerca in di-rezione della pittura e che sono entrato in con-tatto con Mauro Cappelletti, Diego Mazzonelli e Gianni Pellegrini, artisti con i quali successi-vamente ho anche esposto in varie occasioni.

Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato?

Da ragazzo mi piacevano Burri e Morandi. Poi ho conosciuto il minimalismo (in particolare Ry-man, LeWitt, successivamente Martin e Andre) e le altre ricerche degli anni Sessanta: Dorazio, Castellani, Lo Savio, Alviani, Biasi ecc. Poi anche la pittura analitica degli anni Settanta. Infine, fra gli artisti trentini, Schmid e Senesi.

Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’ar-te contemporanea?

Mi interesso soprattutto agli sviluppi attuali dell'astrazione, ma mi incuriosiscono anche le ricerche sul versante dell'oggettualità e del-la figurazione. Non mi piace invece quando le opere assumono un carattere troppo didascali-co, per cui l'immagine perde la propria forza e viene sostituita dalla parola.

Come definiresti il tuo linguaggio? Quali sono,

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In basso: TESSITURA, 2011, tecnica mista su tela 50x200 cm

secondo te, le caratteristiche che ti rendono ri-conoscibile?

La mia è una ricerca su alcuni elementi classici del linguaggio pittorico, come il colore, la linea e la superficie. Prediligo l'approccio analitico e questo credo renda riconoscibile il mio lavoro, perché si sviluppa in modo coerente nel tempo e mantiene inalterate alcune costanti, soprat-tutto per quanto riguarda l'elaborazione della superficie a texture.

Hai subito sperimentato il linguaggio astratto o hai frequentato anche forme più tradizionali di espressione?

Negli anni della mia formazione mi interessa-vo all'astrazione, ma mi piacevano anche altre cose, come i quadri di Paladino o di Cucchi. Mi incuriosiva anche il pop e il graffitismo. Le pri-me esperienze artistiche sono caratterizzate da

una grande libertà stilistica, ma credo sia ab-bastanza normale che all'inizio si sperimentino linguaggi diversi. Invece non mi ha mai interes-sato il naturalismo. Anche quando studiavo di-segno a scuola, i miei insegnanti apprezzavano più la mia sensibilità ai materiali che la capacità di resa del dato naturale. La scelta dell'astrazio-ne come campo di indagine esclusivo è avvenu-ta più o meno verso la metà degli anni Novanta.

Perché hai sempre lavorato solo sul tema dell'a-strazione geometrica sostanzialmente bidimen-sionale?

Mi piace la progettualità e quindi mi viene ab-bastanza naturale fare uso di elementi geome-trici. Apprezzo la gestualità nel lavoro dei miei colleghi, ma non la pratico perché non è nelle mie corde.

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In tutte le tue opere il protagonista è il colore. Cosa rappresenta per te?

Il colore è l'aspetto che mi avvicina maggior-mente alla sfera delle emozioni. Mi muovo per cicli ed ogni ciclo ha tendenzialmente delle cro-mie che lo identificano. Ci sono colori che accentuano la componente strutturale dei lavori ed altri che ne evidenzia-no gli aspetti evocativi. Nelle ultime opere ad

esempio ho recuperato un'intonazione blu scu-ra che garantisce uno sfondamento in profondi-tà dell'immagine. È quello che cerco e il colore che scelgo mette in atto la mia volontà. In altri momenti ho lavorato sul bianco e sui minimi contrasti di luce, perché mi interessava rallen-tare la lettura, e così via.

L'altra protagonista è la "tessitura", una griglia ortogonale di fondo che regola e ordina la su-perficie di tutti i tuoi quadri.

TESSITURA, 2008, tecnica mista su tela110x110 cm

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TESSITURA, 2014, tecnica mista su tela80x120 cm

La griglia mi invita a spostarmi fisicamente davanti al quadro e a indagarne la superficie, osservandone i mutamenti, anche minimi. Lo sguardo si organizza seguendo le ortogonali che a tratti dissimulano la trama della tela e a tratti la lasciano riemergere. La lettura quindi è lenta e comporta probabilmente anche uno sforzo di carattere concettuale. Tuttavia qualcuno ha ri-conosciuto a queste trame anche una funzione semplicemente decorativa. E questo mi sembra bello perché apre una via di fuga dagli schemi classici del cinetismo e invita a vivere la pittura nella sua componente più schiettamente con-solatoria, come fosse un momento di distacco dalle tristezze della contingenza.

Il termine "tessitura" rimanda ad un concetto industriale di tessuto o è solo una similitudine?

La parola “tessitura” rimanda più che altro al

termine “texture” con cui si definisce una par-ticolare lavorazione della superficie pittorica. È vero che le textures sono state studiate in modo sistematico da chi si è occupato di de-sign, come Munari, ed hanno trovato una vasta applicazione nella produzione industriale, però io non ho mai avuto esperienza concreta con questo mondo. Mi sento vicino piuttosto ad un fare di tipo artigianale. Il termine “tessadro” in passato indicava la figura del tessitore. Quindi il Bauhaus mi offre una tensione morale e ideale che trova scarsa corrispondenza nella concre-tezza dell'agire.

Tu ottieni questo effetto applicando a ogni tela una tua tecnica personale piuttosto elaborata? Utilizzo dei pannelli in legno preparati con dei

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fili da cucito su cui tendo la tela. Il colore viene quindi steso a pennello sulla superficie e rimos-so rapidamente con una racla, che è una specie di grande spatola in gomma morbida. Il reticolo di fili sottostanti in questo modo riemerge at-traverso il frottage e da vita alle mie textures.

L'artista deve essere un "creativo" o, come ritie-ne qualcuno, un "ossessivo"?

Un classico esempio di artista “creativo” credo sia Picasso, uno che ha saputo rivoluzionare il proprio linguaggio ad ogni stagione, ottenendo invariabilmente dei risultati di altissimo livello. Morandi invece mi pare piuttosto “ossessivo”: in un certo senso l'antitesi di Picasso; uno che per tutta la vita si è concentrato su pochi ele-menti e che li ha saputi ricomporre all'infinito senza mai perdere di intensità. Credo sia una questione di temperamento e quindi, in definitiva, penso che nel campo

dell'arte si “debba” essere soprattutto se stessi.

In un tuo catalogo ti definisci rigoroso: cosa si-gnifica per un artista essere rigoroso?

“Astrazione rigorosa” è il titolo dato a una mo-stra che ho realizzato di recente con Bruno Querci a Livorno. Con questo titolo ritengo si volesse porre l'accento sul fatto che l'approccio analitico implica un certo rigore nella scelta del metodo da utilizzare. Essere rigorosi significa portare avanti la ricerca cercando di mantenere una linea di condotta possibilmente coerente, senza però essere ri-gidi.

Nel corso della tua attività hai sperimentato al-tre tecniche artistiche?

Recentemente mi sono occupato di decorazio-

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TESSITURA, 2010, tecnica mista su tela, 40x160 cmne vetraria. Ho realizzato tutte le vetrate della nuova cattedrale di Antibari in Montenegro, in collaborazione con un laboratorio di Bolzano ed uno di Verona. È un'esperienza che mi auguro possa avere un seguito anche in futuro.

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti o emozioni?

Il momento creativo presuppone sempre una partecipazione emotiva molto intensa, però l'e-spandersi incontrollato delle emozioni non mi porta mai lontano. Mi interessa invece che il la-voro si sviluppi in continuità con ciò che ho già fatto e che ponga delle ipotesi per l'immediato futuro. Quindi, più che una rappresentazione nelle mie tele cerco una rielaborazione in ter-mini di poetica.

Sei interessato a un “messaggio” nell’opera?

Sinceramente no, perché con il linguaggio astratto è piuttosto difficile riuscire a veicola-re dei messaggi. Si parte dall'idea che l'opera abbia una propria autonomia e ci si concentra prevalentemente su aspetti di carattere forma-le. La lettura del lavoro ruota attorno a concetti come quelli di segno, superficie, colore, mate-ria, trasparenza ecc. Insomma, si presuppone che l'immagine abbia una forza tutta sua e che non abbia bisogno di altri supporti per manife-starsi.

Con i tuoi monocromi sei giunto a una sintesi oltre la quale sembra difficile andare: cosa ti immagini per il futuro?

Nel mio percorso fino ad ora non ci sono stati momenti di rottura o ribaltamenti negli obbiet-tivi da raggiungere. Quindi immagino che per

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il prossimo futuro procederò come ho sempre fatto, selezionando nel mio lavoro ciò che sen-to vivo e rielaborandolo in una nuova forma. Il monocromo mi si offre ancora come un campo di ricerca estremamente vasto. Non è neces-sario andare oltre o retrocedere, è sufficiente permanere.

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? Cosa manca al Trentino per poter essere

TESSITURA, 2014, tecnica mista su tela100x100 cm

più presente sul mercato esterno?

La pittura in Trentino è praticata da alcuni ar-tisti della mia generazione e da quelli della ge-nerazione che mi ha preceduto. Alcuni di loro in realtà sono legati solo in parte al territorio trentino ed espongono prevalentemente fuori regione o all'estero. I giovani invece sono orien-tati verso linguaggi che sono abbastanza lonta-ni dalla pittura, con poche eccezioni. Ma questo non vuol dire molto, perché sono comunque ar-tisti molto preparati e capaci di muoversi con grande disinvoltura sia sul mercato nazionale

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TESSITURA, 2006, tecnica mista su tela, 50x50 cmsia su quello estero, anche grazie al supporto intelligente delle gallerie locali.

Segui la politica culturale trentina: pensi che si possa fare di più per il settore artistico?

L'ente pubblico in Trentino dovrebbe, nei limiti

del possibile, fornire un buon supporto finan-ziario alle attività artistiche ed avere il coraggio di puntare sul contemporaneo. Ci sono realtà museali locali che mostrano vitalità e che vanno sostenute. Così come vanno sostenute tutte le iniziative tese ad avvicinare il pubblico all'arte

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A destra: TESSITURA, 2015, tecnica mista su tela 120x60 cm

In basso: TESSITURA, 2011, tecnica mista su tela 70x100 cm

contemporanea.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

Non ricerco mai la bellezza e sinceramente non possiedo nemmeno gli strumenti culturali per poterla definire. Cerco invece di fare in modo che l'opera, una volta finita, abbia senso com-piuto, che stia in piedi da sola senza che abbia bisogno di essere sorretta da alcuna parola.

Chi è l’artista?

L'artista è un professionista che opera in un si-stema e che lavora a stretto contatto con altre

figure professionali indispensabili al suo fun-zionamento, come il critico, il gallerista, il col-lezionista, l'editore ecc. Produce delle opere che hanno un valore culturale, ma anche eco-nomico. Quando questi due aspetti sono equi-librati e l'artista ha una sufficiente autonomia decisionale sugli sviluppi della propria ricerca il sistema è sano.

E, per finire, cosa è per te l’arte?

L'arte è qualcosa che mi identifica rispetto al mondo in cui sono nato e in cui vivo perché mi fa sentire partecipe di una vicenda che affonda le sue radici nel passato e che proietta le sue fronde verso il futuro.

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ROLANDO TESSADRI

è nato nel 07/08/1968, vive e lavora a Salorno (BZ).Conseguita la maturità d’arte applicata presso l’Istituto Statale d’Arte di Trento ha frequentato il corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università di Udine, dove si è laureato con una tesi su “Gli scritti cinematografici di Giulio Carlo Argan”.Nel 1996 è presente all'80^ mostra collettiva della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, dove si aggiudica il premio per il manifesto e la copertina del catalogo. A partire dalla fine degli anni '90 inizia la produzione delle Tessiture, opere nelle quali l'elemento caratterizzante è la presenza di una griglia ortogonale ottenuta mediante la tecnica del frottage, applicando dei pigmenti colorati sulla tela e asportandoli con una racla serigrafica. L'interesse per le strutture primarie del linguaggio visivo lo porta quindi a sviluppare la propria ricerca in direzione decisamente minimalista.Nel 2003 espone al MART di Rovereto, nell'ambito di Situazioni – Trentinoarte; nel 2008 è invitato da Claudio Cerritelli alla Fondazione Zappettini di Chiavari per la mostra Aniconica: nuove presenze nella pittura; nello stesso anno è presente allo Spazio SASS di Trento nell'evento parallelo a Manifesta7, Formato Arte – Capolinea Underground; nel 2011 partecipa alla mostra Le silenziose vie dell'astrazione presso Castel Ivano insieme a Mauro Cappelletti, Ennio Finzi, Carlo Nangeroni, Michele Parisi, Gianni Pellegrini e Luigi Senesi. L'anno successivo, presso la Galleria Upload di Trento e NeroCubo di Rovereto, partecipa a Cantos,

mostra collettiva che vede anche la presenza di Italo Bressan, Giuliano Dal Molin, Giorgio Griffa, Gianni Pellegrini, Nelio Sonego, Rolando Trenti e Valentino Vago. Fra le mostre personali si segnalano: Duale, presso la Galleria La Liba di Pontedera, presentata nel 2006 da Giorgio Bonomi; Igino Legnaghi – Rolando Tessadri, realizzata nel 2010 presso la Galleria Ars Now Seragiotto di Padova, con la presentazione in catalogo di Walter Guadagnini; Arte nello studio, incontri con l’arte contemporanea in uno spazio di lavoro, sempre nel 2010, presso lo Studio Reina Spena Zanolini Ziglio di Trento, con la presentazione di Andrea Viliani; del 2013 è Rolando Tessadri: Casa Gallo, presso l'appartamento Gallo di Carlo Scarpa a Vicenza, presentata da Daria Ghirardini e Gabriele Salvaterra. Fra le pubblicazioni di rilievo si segnala infine il volume Rolando Tessadri, curato da Claudio Cerritelli e Giorgio Bonomi nel 2008, per la collana Percorsi del Colore, edizioni Nicolodi Rovereto.

Principali mostre personali

1998 Hofkeller, Salorno (BZ), Opere-Werke, a cura di Fiorenzo Degasperi2000 Biblioteca pubblica, Eppan (BZ), Il salto della mente, a cura di Tilly Meazzi2002 Galleria Ennevu, Bologna a cura di Orietta Berlanda2006 Galleria La Liba, Pontedera, Duale, Tessadri-Fiorucci, a cura di Giorgio Bonomi2008 Grado 12, Trento2009 Ragenhaus, Bruneck2010 Galleria Ars Now Seragiotto, Padova, Legnaghi-Tessadri (con Igino Legnaghi), a cura di Walter GuadagniniStudio Reina Spena Zanolini Ziglio, Trento, Arte nello studio, incontri con l’arte contemporanea in uno spazio di lavoro2011 Galleria Pananti, Firenze2013 Casa Gallo, Vicenza, a cura di Gabriele Salvaterra e Daria Ghirardini2014 Galleria Upload, Trento, Confronti, a cura di Federico Mazzonelli2015 Galleria Giraldi, Livorno, Un'astrazione rigorosa: Bruno Querci – Rolando Tessadri, a cura di Giorgio Bonomi2016 Villa Salvadori-Zanatta, Meano (TN), L'angolo bello: Gianni Pellegrini – Rolando Tessadri, a cura di Gabriele Salvaterra

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icsART N.7 2016Periodico di arte e cultura

della icsART

Curatore e responsabile Paolo Tomio

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E' possibile scaricare tutti i numeri

2012-2013-2014-2015 e 2016

della rivista icsART (ex FIDAart)

http://issuu.com/tomio2013 cliccando "condividere" (share)

e poi "scaricare" (download)

icsART

Principali mostre collettive

1996 Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia1997 Spazio Hajech, Milano, Menotrenta1999 Galleria Linea 70, Verona, Duemila2001 Accademia di San Luca, Roma, Premio Accademia Nazionale di San Luca2003 MART, Rovereto, Situazioni - Trentinoarte 20032004 Casa Iellici, Tesero, Trio2006 Galleria Fedrizzi, Cles, Arte e solidarietà per la fondazione Ivo de Carneri2008 Fondazione Zappettini, Chiavari, Aniconica. Nuove presenze nella pittura, a cura di Claudio CerritelliSpazio SASS, Trento, Formato Arte - Capolinea Underground (evento parallelo a Manifesta7), a cura di Riccarda Turrina e Franco de Faveri2009 Villa Betteloni, Antico incontra contem-poraneo, S. Pietro in Cariano (Vr)2010 Villa Ciani Bassetti, Lasino (Tn), Piacere di vederti, a cura di Riccarda TurrinaGalleria Ars Now Seragiotto, Padova, Ars Now For Ethiopya2011 Ragenhaus, Bruneck, E se fosse musica, Castel Ivano, Ivano Fracena; Spazio Klien, Borgo Valsugana; Le silenziose vie dell’astrazione (con Mauro Cappelletti, Ennio Finzi, Carlo Nangeroni, Michele Parisi, Gianni Pellegrini, Luigi Senesi) a cura di Fiorenzo Degasperi.2012 Galleria Ars Now Seragiotto, Padova, 2008-2012: PercorsiGalleria Upload - NeroCubo, Trento-Rovereto, Cantos: (con Italo Bressan, Giuliano Dal Molin, Giorgio Griffa, Gianni Pellegrini, Nelio Sonego, Rolando Trenti, Valentino Vago) a cura di Federico Mazzonelli2013 Studio Caracciolo, Padova, Ars Now in Notarunion2015 MAG – Museo Alto Garda, Riva del Garda, Supernova, a cura di Dennis Isaia e Federico Mazzo- nelli2016 Hortus Artieri, Trento – Biblioteca Civica Tartarotti, Rovereto, Nel segno del libro Galleria Giraldi, Livorno, ReviewFotografie delle opere: Nicola Eccher; fotografia di

Rolando Tessadri: Gabriele Salvaterra.

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MERCATO DELL’ARTE ?

PETER DOIG (1959), Swamped (Sommerso), 1990, olio su tela, 180x230,5 cm, venduto da Christie's New York 2015 a $ 25.925.000 (€ 23.389.600) (vedi a pag. 23). Questo lavoro del 1990 che ha stabilito il nuovo record di prezzo per questo autore, è uno dei suoi primi dipin-ti di canoe e considerato un esempio di quello che si potrebbe definire lo "stile Doig".Nato a Edimburgo nel 1959, si trasferisce a Trinidad quando è bambino e subito dopo in Canada dove trascorre la maggior parte della sua giovinezza; nel 1979 si trasferisce a Londra

dove studia arte alla Wimbledon School, alla S.Martin School e, infine si laurea alla Chelsea School. Nel 1991, subito dopo la laurea, vince il prestigioso Premio Artista Whitechapel e una mostra personale presso la Whitechapel Galle-ry Art nel corso della quale presenta per la pri-ma volta una serie di tele di grande formato (tra cui, appunto, "Swamped") fondamentali per il suo futuro lavoro. Nel 2002, raggiunta una buo-na fama, decide di lasciare Londra per ritornare a Trinidad dove tuttora vive e lavora. Doig dipinge paesaggi, ma non avrebbe sen-so definirlo un 'paesaggista' perché egli crea luoghi immaginari, luoghi lontani, luoghi della memoria, abitati per di più da bizzarri perso-naggi. Paesaggi riccamente stratificati, sia for-malmente e concettualmente in cui si riconosce un'ampia varietà di riferimenti storico-artistici: quasi dipinti onirici che combinano una tavoloz-za allucinatoria con una pennellata espressiva fortemente influenzata da artisti come Munch, Monet, Kirchner, Friedrich, Klimt e Hopper ma anche con tali influenze dell'arte moderna che, secondo qualcuno, lui non è un pittore di imma-gini ma un pittore concettuale.Dopo un'ascesa lenta e progressiva, Doig di-venta una star internazionale nel 2007 quan-do un suo olio del 1990-1991, "White Canoe" (vedi a destra), stimato da Sotheby's di Londra 800mila-1.200.000 £, è battuto a 5,7 milioni di sterline (11,3 milioni di $), allora il prezzo più alto mai pagato per l'opera di un artista euro-peo vivente. Dopo questa asta le quotazioni dell'artista continuano a salire fino a raggiun-gere l'anno scorso con "Swamped" la cifra sba-lorditiva di quasi 26 milioni di dollari. Oggi le sue opere, osannate dalla critica e ricercate da collezionisti e musei, segnalano un'inversione in atto dei gusti a favore di un ritorno alle forme

PETER DOIG, Country-rock (Wing-mirror), 1999 olio su tela, 195x270 cm, venduto da Sotheby's Londra 2014 a $ 14.513,560 (€ 10.600.000)

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PETER DOIG

e ai contenuti della grande tradizione pittorica. Caratteristica fondamentale di ogni dipinto di Doig è la sorpresa delle sue atmosfere, la capa-cità di disorientare ed emozionare allo stesso tempo l'osservatore il quale fatica a trovare il filo conduttore e le ragioni che legano quadri tanto diversi tra di loro che appaiono (almeno inizialmente) talmente onirici da risultare in-spiegabili. E' la creazione ambigua di luoghi e situazioni tipica di Doig che rende la sua arte così affascinante e stuzzicante: dipinge giun-gle e montagne innevate, isole paradisiache e rifugi, leoni, piscine e campi da gioco, architet-ture moderne e mari esotici popolati da perso-naggi normalissimi eppure inquietanti. Il tutto rappresentato con una ricchezza esasperata e coinvolgente di forme e colori.La biografia di questo pittore-viaggiatore per-mette di comprendere la coesistenza di mondi lontani e improbabili (Canada, Londra, Trinidad) mentre la conoscenza del processo creativo of-fre una chiave di lettura dando un senso alla sua produzione non immensa (l'artista realizza solo sette-otto dipinti l'anno) e agli strani soggetti che vi si ritrovano. E' con il 1991 che Doig inizia a dare forma ai suoi dipinti prendendo lo spun-to dalle immagini più diverse che lo colpiscono: fotografie personali o trovate su riviste, carto-line, film ecc., e che lui reinventa utilizzandole liberamente all'interno di altri contesti estranei o incongrui. E' il caso, ad esempio, di "White Canoe", la canoa bianca derivata dall'immagi-ne della scena finale del film horror del 1980 "Venerdì 13" che tanto lo aveva colpito da gio-vane, oppure "Gasthof " (vedi a pag. 29) in cui i due bizzarri personaggi in primo piano che si stagliano su un paesaggio surreale, derivano da una vecchia foto in bianco e nero in cui il pittore e un suo amico sono travestiti con dei costumi

PETER DOIG, The Architect’s Home in the Ravine 1991, olio su tela, 200x250 cm, venduto a

Christie Londra 2013 a $ 11.898.600 (8.846.542 €)

PETER DOIG, White Canoe,1990-91, olio su tela, 201x241 cm, Sotheby's Londra 2007 a

$ 11.300.000 (5.700.000 £)

teatrali. Ogni opera di Doig sembra prendere le mosse da episodi e fatti normali o accidentali ma tali da far scattare nell'artista un interesse, un ricordo, un'associazione d'idee e innescare una loro rappresentazione con nuove immagini pittoriche reinterpretate in modo assolutamen-te imprevedibile.

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INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Che i robot eseguano certi lavori come e me-glio degli uomini, è risaputo. Nessuna persona, infatti, è in grado di lavorare 24 ore su 24 tutti i giorni eseguendo alla perfezione operazioni complesse; i robot, sì. In pochi decenni queste macchine hanno preso il posto dei lavoratori in gran parte dei settori avanzati dell'industria creando, per la prima volta nella storia, le con-dizioni per liberare l'umanità dalla schiavitù del lavoro. Questa è la visione che viene presentata dai fautori della "robotizzazione"; l'altra faccia della medaglia è, invece, quella di milioni di persone che si trovano senza un'occupazione e, di conseguenza, privi del salario necessario per acquistare le merci che i robot creano a ciclo continuo. Insomma, l'inizio di un sogno per i li-beristi oppure l'avveramento di un incubo per i luddisti. Forse è troppo presto per prefigurarsi gli sviluppi futuri, o forse, è già troppo tardi.

Nonostante la nostra innata tendenza ad antro-pomorfizzare tutto ciò che imita i movimenti e, a volte, anche l'aspetto dell'uomo, i robot fino-ra prodotti sono delle macchine estremamen-te semplici che svolgono perfettamente solo le funzioni per cui sono stati programmati. Ed è sempre l'uomo che li inventa, li progetta e li controlla: almeno, per ora. Siamo ancora lon-tani dal futuro prefigurato dalle tre 'Leggi del-la Robotica' di Asimov perché i loro software non sono ancora sufficientemente sofisticati. Nei laboratori di Silicon Valley è allo studio un hardware dotato di AI (Intelligenza Artificiale) in grado di coordinare contemporaneamente le due competenze principali richieste per dipin-gere un quadro originale: un'abilità "manuale" altamente complessa e una capacità "creativa" autonoma, non controllata dall'esterno. La prima competenza è stata risolta realizzan-do una vera e propria mano artificiale dotata di micromovimenti simili a quella umana. Più complicato e difficile l'approccio alla creatività il cui funzionamento non è facilmente riprodu-cibile poiché fondato, oltre che su considerazio-ni logiche anche su quel pizzico di 'irrazionali-tà' - intuizione, fantasia, casualità, soggettività ecc. - difficile da inserire nel "cervello" di un robot. Esistono da tempo delle macchine in grado di ricopiare meccanicamente - con risul-tati piuttosto modesti - semplici disegni artistici utilizzando strumenti grafici rigidi come penne o matite. Ma gli obbiettivi che si sono posti i ricercatori sono più ambiziosi: realizzare un androide capace di inventare un dipinto e rea-lizzarlo utilizzando la tecnica pittorica, cioè con strumenti estremamente difficili da controllare come pennelli e colori fluidi. Il problema da affrontare, quindi, era duplice: mettere a punto un software capace di eseguire

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INTELLIGENZA ARTIFICIALE ROBBY-ROBOT

un'opera d'arte interamente originale e costrui-re un robot dotato di una manualità quanto più simile a quella del pittore quando stende i co-lori sulla tela. Nonostante le enormi difficoltà teoriche e pratiche, sono stati messi a punto i primi modelli della serie Arbot (Arte-robot) che hanno permesso di definire via via tutti i pa-rametri fondamentali e arrivare così a un pro-totipo che soddisfa tutte le esigenze richieste. L'ultimo robot, chiamato Robby, è collegato a un elaboratissimo algoritmo il quale consulta archivi di milioni di dati relativi a stili artistici storici e moderni attinenti al soggetto voluto e, operando un'interpolazione sulla base di para-metri prestabiliti, ottiene per "analogia" delle sintesi particolarmente innovative. Pare che il robot riscontri le maggiori difficoltà con l'arte figurativa mentre raggiunge dei livelli più che accettabili in quella astratta; la qualità estetica dei dipinti finora ottenuti non è eclatante (vedi immagini) ma non tanto peggiore di opere pro-dotte da artisti veri. Dopo aver realizzato una proposta giudicata interessante dall'equipe, il robot è in grado di eseguirne anche altre, uguali oppure connotate da vari gradi di libertà tecni-ca o espressiva. L'altro grosso problema incontrato dall'equipe di tecnici si è rivelato la costruzione di un'arti-colazione braccio-mano che sapesse eseguire in tempo reale e senza la tipica rigidità meccanica i comandi inviati per attuare senza soluzione di continuità il flusso di dati inviati dal programma centrale. I movimenti naturalmente fluidi del braccio, del polso e della mano di un artista, sono stati scomposti in fasi e riprodotti in una mano artìficiale dotata di cinque dita indipen-denti, ciascuna capace di controllare gli oggetti con la massima precisione. Ogni dito possiede la particolare sensibilità che serve per racco-

gliere, stendere e sovrapporre il colore in pasta, materiale morbido, plastico, soggetto a varia-zioni fisiche imprevedibili, tramite il pennello, strumento dal comportamento imprevedibile e controllabile solo attraverso la contemporanea applicazione di più piccole azioni coordinate tra di loro. Poiché, infatti, il rapporto tra materia, strumento e 'tocco pittorico' non può essere ripetuto in modo sempre uguale, per ottenere le giuste tonalità, Robby deve riprodurre con velocità diversificate i movimenti complessi ne-cessari per maneggiare il pennello. Il grosso sal-to di qualità di questo robot rispetto ai modelli precedenti è che il suo software, correggendo via via gli errori che gli vengono segnalati dagli esperti, è capace di continuare ad apprendere e migliorare le proprie abilità.

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STORIA DELL’ARTE CHI VESPA MANGIA LE MELE

«Chi "Vespa" mangia le mele (chi non Vespa no)» era la frase assurda, incomprensibile, qua-si demenziale, apparsa nel 1969 sui manifesti stradali sopra due mele rosse piuttosto evoca-tive. Nessuno capiva il senso di quella frase che rivoluzionava il linguaggio di tutta la pubblicità precedente dato che erano presenti solo labi-li riferimenti all'oggetto reclamizzato: "Vespa" con la V maiuscola e la minuscola scritta 'Piag-gio', ma sta di fatto che dopo 47 anni tutti ri-cordano ancora quello slogan. L'oggetto del de-siderio dei mangiatori di mele era la Vespa, lo scooter inventato dall'ingegnere della Piaggio, Corradino D’Ascanio: un veicolo assolutamente

originale e rivoluzionario rispetto alle motoci-clette a ruote alte allora in circolazione. Dopo la seconda guerra mondiale la Piaggio, uno dei maggiori produttori italiani di aerei passeggeri e bombardieri, sceglie di riconvertire gli stabi-limenti distrutti e incarica D'Ascanio di studiare un mezzo di trasporto che risponda alle esi-genze della nuova Italia. Per eliminare la cate-na, l'ingegnere immagina un mezzo con scocca portante e il motore a presa diretta sulla ruota e, per facilitare la sostituzione delle ruote, so-stituisce alla tradizionale forcella un braccio di supporto simile ai carrelli degli aerei. Il condut-tore sta in posizione eretta comodamente se-duto con i piedi sulla pedana con il cambio sul manubrio e una carrozzeria che lo protegge da-gli organi meccanici e dalle intemperie. La pri-ma Vespa 98 cc, così nominata per la sua somi-glianza all'insetto, è brevettata il 23 aprile 1946, subito messa in produzione e posta in vendita lo stesso anno in due versioni: il tipo "norma-le" per 55.000 lire e il tipo "lusso" per 61.000 lire. Nella Vespa V98 del 1946 (vedi immagini in basso), c'è già tutta l'idea che si svilupperà poco a poco nel corso degli anni successivi con in più alcuni simpatici dettagli come la pedana allungata e vicina a terra (dove stava in piedi il figlioletto), il manubrio a bicicletta, la ruota anteriore carenata di derivazione aeronautica con il fanale integrato nel parafango, un unico sellone con eventuale portapacchi posteriore dove sedeva la moglie con il bimbo piccolo. La 'carrozzeria' si caratterizza per il telaio curvili-neo, molto trendy ancor oggi con i due gusci coprimotore bombati dalla forma aerodinami-ca a goccia che gli facevano un baffo agli attuali curvilinei virtuosismi di Zaha Hadid. Quest'anno il Gruppo Piaggio celebra il 70° anniversario della Vespa la quale, con oltre 17

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STORIA DELL’ARTE

milioni di unità prodotte, è annoverata tra i pro-dotti industriali italiani più conosciuti nel mon-do. Un mito che anche Holliwood con il film "Vacanze romane" del 1953, di William Wyler, interpretato da una bellissima Audrey Hepburn e un rigido Gregory Peck, ha contribuito a dif-fondere (vedi locandina a destra).Già 10 anni dopo, con la Vespa GS 150 del 1955, la forma definitiva è raggiunta: linea più com-patta, pedana rialzata da terra, sellone lungo a due posti, fanale in alto sul manubrio, e tale rimarrà a lungo per la gioia dei 'vespisti' riva-li storici dei 'lambrettisti'. Ancor oggi la Vespa non denuncia i suoi 70 anni proprio perché tutti gli scooter che sono seguiti al primo modello del '46, sono sempre stati solo piccoli migliora-menti di un prodotto dal design eccezionale. Da sottolineare anche i colori delle Vespe storiche, particolarmente eleganti nelle tinte pastello o metallizzate di derivazione aeronautica, che portavano un tocco di originalità e fantasia in un Paese che usciva dalla guerra affacciandosi alla modernità con una nuova voglia di vivere. Dopo un periodo di concorrenza da parte delle piccole utilitarie, le Vespe, sottoposte a oppor-

tuni restyling, sono ritornate in auge per la loro capacità di muoversi nel traffico delle città e re-galare libertà ai giovani dimostrando che le idee intelligenti sopravvivono sempre. Come canta Cesare Cremonini: «Ma quanto è bello andare in giro con le ali sotto ai piedi se hai una Vespa Special che ti toglie i problemi...»

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News dal mondo

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Cabin essence, 1993-94

Pine House, 1994

Blue Boat on the Golden Beach, 2016

Gasthof, 2002-2004

Swamped, 1990

Luglio 2016, Anno 5 - N.7

PETER DOIG

PETER DOIG

PETER DOIG

PETER DOIG

Omaggio a PETER DOIG

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PETER DOIG (1959), Swamped, 1990, olio su tela, 180x230 cm, venduto da Christie's New York, 2015 a $ 25.925.000(€ 23.389.600)

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PETER DOIG, Gasthof, 2002-2004, olio su tela, 275x200 cmvenduto da Christie's Londra 2014 a 17.040.550 $

(€ 12.459.300)

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PETER DOIG, Cabin essence, 1993-94, olio su tela, 230x250 cm, venduto da Christie's Londra 2015 a $ 14.856.000(€ 13.407.458)

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PETER DOIG, Pine House, 1994, olio su tela, 180x230 cm venduto da Christie's New York 2015 a $ 18.100.000

(€ 14.547.500)

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PAOLO TOMIO, Omaggio a PETER DOIGBlue Boat on the Golden Beach, 2016, fine art su tela

238x168x5 cm

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