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“Il ruolo del cinema nella lotta contro il maschilismo” 7 maggio 2018 Anno Accademico 2017/2018 Corso di Media digitali e genere Presentazione a cura di Matteo Da Fermo

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“Il ruolo del cinema nella lotta contro il maschilismo”

7 maggio 2018

Anno Accademico 2017/2018 Corso di Media digitali e genere

Presentazione a cura di Matteo Da Fermo

Page 2: “Il ruolo del cinema nella lotta contro il maschilismo” · • L'aspettativa secondo cui i ‘Veri Uomini’ siano sempre e comunque interessati al sesso, al fare sesso, e pronti

Jay-Z, intervista a cura di David Letterman in My Next Guest Needs No Introduction, Netflix, 6 aprile 2018

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Mascolinità tossica

•  La mascolinità tossica è «uno dei modi in cui la società patriarcale danneggia gli uomini. Si riferisce alle attitudini costruite socialmente che descrivono il ruolo di genere mascolino come violento, non emotivo, sessualmente aggressivo, e così via. […] Da non confondere con la mascolinità in generale. […] Si riferisce a una mascolinità "obbligata" e forzosa che viene spinta sugli uomini dagli uomini (e anche da alcune donne)».

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Mascolinità tossica Esempi:

•  L'idea pervasiva delle interazioni maschio-femmina come competizione, non cooperazione

•  L'idea secondo cui gli uomini non possono veramente comprendere le donne, e vice versa

•  L'aspettativa che i ‘Veri Uomini’ siano forti, e che mostrare emozioni sia incompatibile con l'essere forti. La rabbia viene inquadrata o come l'eccezione alla regola, o non come un'emozione

•  L'idea che un ‘Vero Uomo’ non può essere vittima di abuso, o che parlarne sia qualcosa di cui vergognarsi

•  L'aspettativa secondo cui i ‘Veri Uomini’ siano sempre e comunque interessati al sesso, al fare sesso, e pronti a fare sesso la maggior parte delle volte se non sempre

•  L'idea che i ‘Veri Uomini’ debbano essere preparati ad essere violenti, anche quando la situazione non lo richiede

•  L’idea che gli uomini non possano essere persone emotive, mostrare emozione, piangere, fare cose "da donne" come lavare i piatti o le faccende di casa, apprezzare cose "frivole" come i drink zuccherati "da ragazze", gli stili romantici, i video di animali carini, le commedie romantiche; capire le donne, esservi empatici[…].

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Perché è importante parlare agli uomini?

•  Se si vuole davvero arrivare ad un’uguaglianza di genere, se si vuole scardinare il maschilismo dall’interno, c’è bisogno di sensibilizzare coloro che legittimano - più o meno consciamente - tale ideologia: gli uomini

•  C’è bisogno di far capire che il maschilismo, oltre ad essere “sbagliato”, è anche dannoso per la loro psiche

•  Ad esempio, un recente studio del “Journal of Counseling Psychology” ha dimostrato come gli uomini che cercano di conformarsi maggiormente agli stereotipi machisti abbiano un maggior rischio di sviluppare patologie depressive

•  Il punto è proprio che molti uomini, di qualsiasi età o classe sociale, non sono assolutamente consapevoli che c’è una “via alternativa” e tendono a reprimere la loro natura per conformarsi a quella che è percepita come “normalità”. Come ha suggerito Stefano Ciccone: «è necessario invece che, innanzitutto nel maschile, si apra una riflessione, ma anche un conflitto, che metta al centro la costruzione della nostra identità di uomini e produca pratiche capaci di cambiare comportamenti e modi di pensare sé stessi e il mondo».

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Perché è importante parlare agli uomini?

•  Una prova di tale ‘‘inconsapevolezza’’ è riscontrabile, ad esempio, nel modo in cui i media trattano la tematica violenza sulle donne. Vengono usati spesso termini come ‘‘emergenza’’ o ‘‘raptus’’, nonostante i numeri a riguardo in Italia sono gli stessi da decine d’anni e sono peraltro del tutto simili a quelli del Nord Europa

•  Viene immediato quindi capire come la violenza sia più legata alla dimensione psicologica rispetto a quella sociale. La psicologia ha infatti dimostrato come, spesso, la fatica a conformarsi ad un ideale condiviso possa creare tensione emozionale alle persone, in questo caso agli uomini. Questa tensione, se non percepita e quindi non trattata, può essere davvero dannosa in alcuni casi, portando ad episodi di violenza

•  Per questo motivo negli ultimi anni stanno cominciando a nascere associazioni e sportelli d’aiuto che, per quanto numericamente ancora pochi, hanno avuto il coraggio di intraprendere un processo di autocoscienza collettiva nel mondo maschile.

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Perché è importante parlare agli uomini?

•  Come mai sono così pochi gli uomini attivi in tali riflessioni?

à In primo luogo c’è da dire che l’universo maschile, non essendo storicamente vittima del giudizio sociale, a differenza delle donne, non ha mai sviluppato strumenti di riflessione per una propria autocoscienza

à Inoltre, un uomo che cerca di muoversi nella critica al maschilismo, rischia di esser preso di mira dalle frange femministe più estremiste da un lato e dagli uomini stessi dall’altro. Come ha scritto Stefano Ciccone: «Un uomo che sceglie di investire nella riflessione sulla propria identità sessuata appare, infatti, ancora oggi, un po’ eccentrico»

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Perché è importante parlare agli uomini?

•  Come disse Kelley Temple: «Gli uomini che vogliono essere femministi non hanno bisogno di avere spazio nel femminismo. Hanno bisogno di prendere lo spazio che hanno nella società e renderlo femminista»

•  Come dare concretezza ad un tale pensiero? Un ruolo importante può essere svolto dalla cultura.

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Il ruolo della cultura

•  Bruno Forte disse: «Se una cultura è viva e vitale, essa è anche in grado di avviare un processo di mutuo scambio e di reciproca comprensione con l'identità altrui che venga ad abitarla» .

•  Sono numerose le ricerche che, da decine di anni, affrontano il tema del rapporto tra cultura e società. Un’attenzione particolare negli ultimi anni si è cominciata a dare al mondo del cinema e delle serie tv e al loro modo di ‘influenzare’ le persone.

•  La quasi totalità degli studi relativi ai film afferma che l’esperienza cinematografica influenza la psiche attraverso due meccanismi: la proiezione e l’identificazione. Attraverso la prima dinamica le persone vanno ad attribuire al personaggio parti del proprio Sé; attraverso la seconda invece lo spettatore fa propri tutti i tratti caratteristici di quel determinato attore e li modella su sé stesso.

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Il ruolo della cultura •  Nella stessa direzione va una recente ricerca, pubblicata sulla rivista “Group Processes & Intergroup

Relations” , riguardante le serie tv:

à Campione rappresentativo: 193 americani bianchi

à Visione di due programmi: una telenovela canadese (intitolata “Little Mosque on the Prairie”, la quale trattava della vita di una famiglia musulmana in una piccola città) e “Friends”, la popolare serie tv degli anni ’90 “Friends”, in cui c’era una quasi totale assenza di persone di colore

à Risultati: gli spettatori della prima sitcom avevano sviluppato un’attitudine maggiormente positiva verso gli arabi, decisamente differente da quelle che erano le loro idee pregresse a riguardo

•  Nello studio si può leggere: «L'educazione-intrattenimento sembra essere uno dei metodi più efficaci per migliorare le relazioni e promuovere la diversità». Il motivo di questo avvicinamento secondo il saggio sembrerebbe essere l’entrata in contatto con la diversità attraverso la serie tv, modalità del tutto simile secondo gli autori ad un contatto reale tra umani.

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Il ruolo della cultura •  «Quando gli spettatori si identificano con i personaggi, imparano dalle loro esperienze e li

prendono a modello tanto da cambiare le proprie attitudini e comportamenti - si legge nello studio -. Possono identificarsi con membri appartenenti allo stesso gruppo d'origine, ma imparare da loro ad essere più aperti, amichevoli e liberi dai pregiudizi verso l'altro. Di conseguenza, possono iniziare ad agire in maniera non offensiva, plasmare le proprie aspettative e le proprie credenze su persone di altre culture»

•  In poche parole le serie tv e i programmi che guardiamo plasmano la nostra idea del mondo. Secondo gli autori noi spettatori ci identifichiamo in maniera molto forte e spesso inconscia con i personaggi, i quali ci influenzano a tal punto da modificare le idee che abbiamo su noi stessi, sugli altri e anche sui nostri pregiudizi, dando loro credito o riducendoli

•  Praticamente, lo stesso concetto sviluppato da Malavasi: «Il cinema ha un valore formativo quando rivela una dimensione sconosciuta della realtà che percepiamo, invisibile nella comune rappresentazione del mondo o dimenticata, negletta nel fluire vorticoso dell’esperienza».

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Il ruolo della cultura

•  Il cinema italiano, da Alvaro Vitali ai cinepanettoni, ha da sempre interiorizzato molte delle dinamiche maschiliste

•  Come ha scritto Stefano Ciccone: «Il nostro cinema di serie B ripropone in mille commedie l’immagine di un desiderio maschile schiacciato sullo sguardo dei vari personaggi interpretati da Lino Banfi, Pierino, Renzo Montagnani: uomini brutti, meschini, ridicoli sempre intenti a sbirciare dal buco della serratura infermiere, insegnanti, liceali, donne belle, giovani, in genere più evolute e libere. E in un gioco di specchi Fantozzi, sorpreso dalla moglie a guardare un film di questa serie in televisione, incarna l’immagine di un’umanità maschile goffa e volgare. Si può dire che questa cinematografia abbia influenzato l’educazione sentimentale di diverse generazioni di uomini. Lo spettatore si rispecchia in quelle figure maschili: accede al nudo femminile desiderato, attraverso la mediazione di un modello maschile che gli rimanda un’immagine di miseria del suo desiderio e della sua corporeità»

•  Spostandoci nell’attualità e nel cinema destinato al mercato mondiale, il quadro non è troppo differente.

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‘’50 sfumature di grigio’’: un esempio di interiorizzazione del maschilismo

•  Film del 2015 tratto dal fortunato romanzo di Erica Leonard James

•  I protagonisti sono Christian Grey, ricco dirigente d'azienda, e Anastasia Steele, una giovane ed umile studentessa

•  Parola d'ordine di tutto il lungometraggio: “sottomissione”, concretizzata sia in ambito sessuale che nella quotidianità

•  Con il tempo il controllo da parte di Christian diventa a tutto tondo: arriva ad ordinare pedinamenti nei confronti della ragazza ai suoi sottoposti, le trova un lavoro nel settore che lei desidera per poi ricattarla, non le permette di fare quasi nulla in autonomia, fa insomma di tutto per alimentare il suo potere

•  Si viene a concretizzare in poche parole la figura del cosiddetto “padre padrone”

•  Il punto di vista dominante nel film è quello maschile: male gaze. In altre parole è fortemente evidenziato il desiderio dagli occhi dell'uomo, arrivando a disegnare la donna come un mero oggetto sul quale esercitare controllo sessuale.

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‘’50 sfumature di grigio’’: un esempio di interiorizzazione del maschilismo

•  Si possono trovare poi momenti che incarnano il maschilismo in maniera più sottile o l’omofobia, come quando in una delle prime scene, Anastasia chiede al ragazzo se sia gay in quanto non si è mai fatto fotografare in compagnia di una ragazza

•  L’ideologia di fondo del film è quella di una mascolinità attiva ad ogni costo realizzata opprimendo la donna, in quanto solo così si può ottenere il “vero” amore

•  Ciò che più crediamo debba far riflettere, al di là di tutto, è il fatto che il film abbia avuto ‒ in tutti e tre i suoi capitoli ‒ un enorme successo proprio sulle donne, pur rispecchiando ed amplificando pienamente i canoni del maschilismo

•  Una qualsiasi donna andando a vedere “50 Sfumature di Grigio” accetta l’idea di provare piacere spettoriale condividendo intrinsecamente l’idea del patriarcato

•  La popolarità di questo film deve far riflettere: rappresenta appieno lo specchio di quella fetta della nostra società che non riesce a vedere i lati negativi del maschilismo avendone assorbito, purtroppo, tutte le dinamiche, arrivando quindi a considerare “normale” un film ben lontano dall’esserlo.

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‘‘Chiamami col tuo nome’’: quando il cinema racconta le emozioni nel modo giusto

•  Film del 2017 diretto da Luca Guadagnino, adattamento cinematografico del romanzo omonimo di André Aciman. Vincitore di un premio Oscar nel 2018

•  Protagonisti due ragazzi: Oliver, un venticinquenne dottorando americano ospite per qualche settimana in Italia nella residenza estiva dell’altro giovane, Elio, anch’egli americano, in quanto il padre, professore, ogni estate accoglie i suoi tesisti nella sua residenza estiva nelle campagne lombarde per lavorare insieme

•  Il tempo passato assieme fa capire ad Elio, diciassettenne come tanti nel bel mezzo di un’età difficile, di provare qualcosa per Oliver

•  Con il tempo, nonostante qualche frequentazione con alcune ragazze per entrambi, la passione e la voglia di condividere emozioni ha la meglio sulle incertezze ‒ e anche sulla razionalità, in un’Italia di quarant’anni fa poco tollerante con gli omosessuali ‒ dando vita ad un’intensa storia.

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‘‘Chiamami col tuo nome’’: quando il cinema racconta le emozioni nel modo giusto

•  La storia tuttavia è destinata a terminare alla fine della permanenza di Oliver in Italia. La situazione devasta il cuore di Elio, che trova però l’affetto e la saggezza di suo padre ad accoglierlo

•  Il genitore infatti è protagonista di uno splendido dialogo con il figlio nel quale, senza alludere all’omosessualità, spiega come sia bello e importante aver vissuto una storia tanto intensa, anche se terminata, suggerendo di non fare gli stessi errori da lui commessi e provare a viere la vita fino in fondo senza reprimere alcun sentimento

•  Il viaggio emozionale infatti trova il punto massimo prima in quest’ultima scena e in una successiva poi, quella finale, in cui, successivamente ad una chiamata di Oliver ‒ nella quale comunica i piani futuri al ragazzo ‒ Elio scoppia in un pianto liberatorio.

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‘‘Chiamami col tuo nome’’: quando il cinema racconta le emozioni nel modo giusto

•  Queste scene incarnano due chiavi di lettura cruciali del film, abbastanza connesse:

à Nel film il rapporto tra i due protagonisti non viene visto in modo scandaloso da nessun membro della famiglia di Elio. L’universo omosessuale è illustrato ‒ a differenza di altri film ‒ senza alludere alla presunta diversità di esso rispetto al mondo eterosessuale. Come ha specificato Gudagnino in un’intervista, “Chiamami col tuo nome” è semplicemente una storia d’amore tra due persone e «non ha nessuna aderenza a una sorta di costrutto identitario di genere, relativo a categorie che nascono dalle fondamentali rivendicazioni dei diritti civili»

à Si può rintracciare in tutta la pellicola la volontà del regista di sovvertire alcuni principi cardine del maschilismo: nella storia d’amore prima ‒ disegnata come un rapporto alla pari, in cui le fragilità di ognuno diventano terreno di condivisione e di supporto per l’altro ‒ e in altre scene poi, lo sceneggiatore ha voluto dare spazio alla sensibilità, all’empatia, alle incertezze, emozioni che appartengono indistintamente a uomini e donne ma che spesso si preferisce non raccontare a livello cinematografico per alimentare, di contro, la figura del “vero uomo”.

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Conclusioni

•  Alla luce di questa analisi dovrebbe essere abbastanza immediato comprendere quanto possa essere importante un film per un’intera società, ma qualora non fosse così automatico capirlo, basterebbe riflettere su due avvenimenti:

à “Chiamami col tuo nome” è stato finanziato solo in minima parte dall’Italia (come ha tenuto più volte a specificare il regista in maniera non troppo entusiasta)

à Il film è stato letteralmente censurato in alcuni Paesi, uno su tutti la Cina

•  Viene ora elementare comprendere l’impatto di un tale prodotto culturale: se fosse stato “innocuo” avrebbe ricevuto più facilmente finanziamenti e non sarebbe stato oggetto di limitazioni. Un punto sul quale riflettere indubbiamente, anche in relazione al successo e alla popolarità avita da “50 Sfumature di Grigio” e da pellicole simili.

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Conclusioni

«Ragazzi, non dovete comportarvi “da uomini” per essere considerati uomini; siete già uomini, quindi

siate semplicemente voi stessi. Non dovete provare la vostra mascolinità a nessuno»

(Miya Yamanouchi)

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Bibliografia • Alexander J., La costruzione del male. Dall'olocausto all'11 settembre, Il mulino, Bologna, 2006

• Ciccone S., Essere maschi: tra potere e libertà, Rosenberg & Seller, Torino, 2009

• Forte B., La Torre di Babele del nostro tempo, in Il Sole-24 Ore, 18 aprile 2009

• Kupers Terry A., Toxic Masculinity as a Barrier to Mental Health Treatment in Prison, Journal Of Clinical Psychology, Wiley Periodicals, Hoboken

(New Jersey) 2005

• Malavasi P., Interpretare il testo filmico tra fascinazione e riflessione pedagogica, a cura di P. Malavasi, S. Polenghi, P. C. Rivoltella, Cinema,

pratiche formative, educazione, Milano, Vita e Pensiero, 2005

• Marzano M., Sii bella e stai zitta, Mondadori, Milano, 2010

• Morin E., Le cinéma ou l’homme immaginaire. Essai d’anthropologie sociologique, 1956 Traduzione italiana Il cinema o l’uomo immaginario, Milano,

Cortina, 2016

• Vigna C., Zamagni S., Multiculturalismo e identità, Vita e pensiero, Milano, 2002

• Yamanouchi M., Embrace Your Sexual Self: A Practical Guide For Women, Booktango, Bloomington, 2015.

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Sitografia

• http://espresso.repubblica.it/visioni/cultura/2018/01/17/news/interista-a-guadagnino-1.317254 - Consultato il 21/04/2018

• http://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/1368430216682350 - Consultato il 13/04/2018

• http://www.adnkronos.com/salute/medicina/2014/05/09/ricerca-guardando-impara-visione-filmati-migliora-performance-

cervello_7m4iigAmx9x1hZ9Auh6a6J.html - Consultato il 12/04/2018

• http://www.apa.org/news/press/releases/2016/11/sexism-harmful.aspx - Consultato il 14/04/2018

• http://www.repubblica.it/scienze/2014/11/25/news/uomini_e_donne_diversi_ma_tanto_uguali_lo_dice_la_scienza-101379801/ - Consultato il 2/04/2018

• https://twitter.com/kelley_temple/status/254880851110813696 - Consultato il 2/04/2018

• https://www.psiconline.it/articoli/per-saperne-di-piu/come-sogna-lo-schermo-concetti-psicodinamici-nella-rappresentazione-filmica-del-sogno.html -

Consultato il 16/04/2018

• https://www.wikisessualita.org/wiki/Mascolinit%C3%A0_tossica - Consultato il 20/04/2018